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Autore: Utrem    13/07/2019    1 recensioni
Merope decide di partorire all'Ospedale di San Mungo.
Cosa cambierà? O meglio, cosa non cambierà?
Scopriamolo attraverso un romanzo di formazione con protagonista Laurie Langton, Prefetto di Corvonero nel 1944, quando di Prefetti ne nominavano ancora tre per Casa e non sei. Grindelwald ha appena finito di attraversare l'Europa e la Gran Bretagna sente l'eco dei suoi discorsi: così riferisce il suo amico Cecil. A questi complotti però Laurie preferisce di gran lunga trascorrere tempo spensierato insieme a Lucille Dean, ovvero Lucy, la sua ragazza e, perché no? Studiare. Tom Riddle è diventato Caposcuola, ovviamente; insieme ad Allie, pedante e perfezionista oltre ogni dire, strappando il posto, secondo molti, proprio a Lucy.
Intanto, Merope, che è stata licenziata dall'Ospedale quello stesso maggio, ha fatto domanda per lavorare come Custode della Scuola, approfittando del posto vacante. Vivrà l'anno intero a Hogwarts, la scuola che non ha mai frequentato, molto vicina al figlio, che non è mai riuscita ad educare. Forse?
DISCLAIMER: nel corso della storia sceglierò a mia discrezione di adottare o non adottare dettagli, sottotrame o dati contenuti nei film della saga di "Animali Fantastici".
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La sua scelta '
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24 novembre 1944
 
"Oh, ma che piacere! Tom Riddle!"
La sarta mise una mano sulla spalla del ragazzo, stringendo un po'.
"Continui a farti sempre più alto, è incredibile! Oh, e hai anche le spalle più larghe! Sta proprio diventando un uomo! "
"Sì, signora Carter" annuì Merope, con un gran sorriso "E sa la novità? Adesso gli piace venire a
provare i vestiti."
"Oh!" la bocca della donna diventò un minuscolo cerchio "Ma come? Non ti piaceva venire da me prima?!"
Merope si accinse a rispondere, ma Tom parlò prima di lei:
"Niente di personale, signora Carter, ma non davo molta importanza ai vestiti. Adesso, per fortuna, ho cambiato idea"
Merope assentì con soddisfazione e la signora Carter giunse le mani insieme.
"Oh, benissimo! Per cosa posso esserti utile, quindi?"
"La divisa gli è venuta piccola, proprio perché continua a crescere..." Merope posò la divisa su un tavolo "Poi le dirà lui cosa altro vuole-"
"Darò un'occhiata alle camicie esposte, grazie" la interruppe Tom discretamente.
"Benissimo! Io Servitevi pure, nel caso chiedete!"
Come la signora Carter si ritirò, Tom cominciò a parlare distrattamente:
"Io non credo che tu riesca a sostenere queste spese."
Merope corrugò la fronte e disse, continuando a guardare:
"Ma sì! Che dici? "
"Questa donna fa pagare al minuto. Userò i miei soldi."
"TOM!"
Tom guardò dietro, per vedere se la sarta si era accorta del suo sbottare.
"No, madre. Se spendi i tuoi soldi in miei vestiti non ne avremo più abbastanza per mangiare o vivere decentemente nei prossimi due mesi. Ho accumulato un mio patrimonio apposta per evitare-"
"Ma tesoro, sono i tuoi soldi..."
"Sì, siamo costretti a usare i miei soldi per non  andare in bancarotta! Se davvero non volevi che li usassi potevi pensarci due volte prima di farti licenziare."
A quel punto, Merope abbassò la testa e tacque, mentre guardava qualche maglione e il relativo prezzo.
"Questi non li possiamo prendere" obiettò Tom, venendole davanti "Andiamo di là."
Ancora con la testa bassa, Merope lo seguì.
Tom iniziò a guardarne uno in lana scuro, mentre la signora Carter tornava pimpante:
"Tom, caro, ti prendo le misure. Vieni qui"
Magicamente si srotolò un metro che rapidissimo misurò altezza, vita, lunghezza del busto e delle gambe.
La signora Carter confrontò il tutto con un foglietto che aveva in mano:
"Eh sì, sei cresciuto proprio tanto. Mi sorprende che ti stesse ancora  l'altra divisa"
"L'avevo allargata, infatti... Ma non potevo scommetterci troppo."
"Hai fatto bene. Vado a sistemarla e ti dico come risulta. Intanto.. Oh! Che bella camicia che ti provi! Poi devo vedere, ti starà benissimo."
Tempo che la signora Carter sparì di nuovo, Tom si tolse con energia la maglia e infilò l'altra. Merope lo osservò un po', per poi tirargli le maniche, rassettare il bordo alla vita e sistemare il colletto. Tom attendeva mentre gli tirava ancora un po' giù la parte davanti e gli alzava il mento.
"Penso che sia piccolo..."  concluse infine, con tristezza.
"Lo ingrandirò" rispose lui con indifferenza.
"Ma chiediamo di sistemarlo... Pago io, davvero. Non posso sopportare che ti compri cose che non ti stanno."
"Sai che so ingrandire i vestiti al millimetro. Non manca molto qui. E poi, se paghi adesso ovviamente finirei per pagare io il resto delle spese, come ho già detto."
Merope serrò la bocca, amareggiata. Mise una mano sulla schiena di Tom, mentre andava a specchiarsi.
" Stai molto bene" gli disse. Lui non rispose e si levò la maglia; lei non levò la mano e lo tenne stretto a sé.
Sentì un primo scatto di impazienza del figlio, che era a torso nudo davanti allo specchio: ma non mollò la presa e accoccolò la testa poco sotto il suo braccio.
"Ti voglio bene" sussurrò dolcemente.
"Devo cambiarmi."
Allora Merope lo guardò in viso, togliendo la mano: Tom si infilò l'altra maglia, facendola aderire con la magia, e lo abbracciò di nuovo.
Tom non disse più niente e non resistette più.
Merope si commosse, come le succedeva sempre quando si avvicinava a lui...
"Oh, Tom! Mi sono persa tutto... Andava bene la camicia?"
"Sì, signora Carter. Penso proprio di prenderla."
"Ottimo, ottimo!"
"Pago io, anche per la divisa. Ho guadagnato i miei soldi e ho intenzione di spenderli."
"Che ragazzo straordinario! Bello, così in gamba e già così responsabile! Signora Gaunt, è proprio fortunata!"
Lei annuì con la testa, guardandolo, mentre il petto le tremava.


"Siamo solo noi."
Grindelwald era dall'altro lato del tavolo.

Cercava di incontrare il suo sguardo, senza successo.
Allora tirò di poco indietro la sedia e si sedette, piano, per non far rumore.
Tom esitò, con la mano sullo schienale della sua sedia: poi, fece un passo avanti, guardando prima la superficie del tavolo, la parete dietro, e si sedette.
"Si chiama Legiliubiquitus." spiegò Grindelwald gravemente, con le mani giunte. A quel punto Tom corrugò la fronte "Una pietra speciale che mi consente di vedere il cuore delle persone, dovunque mi trovi. Tua madre è stata la prima ad assumerla - volontariamente. Forlorn Selwyn le parlò molto di me, quando lavorava ancora all'ospedale. Così, un giorno decise di mandarmi una lettera per parlare del suo più grande sogno."
Grindelwald si interruppe.
"Penso che lo abbia raccontato anche a te. Io lo trovo sinceramente... meraviglioso."
Tom rimase immobile. Solo la sua gola sembrava lievemente malferma.

"Questo perché, per quanto sciocco, nasce da un incrollabile desiderio di pace e di amore: i miei semplicissimi e massimi principi."
 "Ah... Tom. Non credi a una singola parola di quello che sto dicendo."
Grindelwald sospirò profondamente.
"Vedi tutto in un'ottica di potere. Questa, per te, è la mia motivazione. In realtà credo sarebbe molto triste: lavorare interi decenni, farsi dei nemici, ripudiare degli amici... per sedere più in alto degli altri? Avere più oro per comprarmi i vestiti? Se odiassi me stesso, forse; se mi pensassi in termini così concreti e meschini, allora sì, avresti ragione. Però no, Tom. Se sono riuscito a fare quello che ho fatto è stato perché ho guardato ben oltre me stesso. "
Grindelwald sciolse la mani: Tom era ancora fermo, a guardare alrove.
"Sono i ragionamenti di un ragazzo. Ricordo quando io pensavo la stessa cosa, pur dietro la patina del grande ideale. Volevo essere meglio di tutti gli altri. Adesso, Tom... pensi che debba ancora dimostrare qualcosa a qualcuno? Guardami: ho sessant'anni. Di certo non vivrò per sempre, per citare il bellissimo sogno di tua madre. Per chi è questa rivoluzione, se non per gli altri? I maghi e le streghe dopo di me, che non dovranno più nascondersi come Vera, ma che troveranno nei Babbani dei compagni di vita?"  
Tom chiuse gli occhi, sempre senza dir niente.
Grindelwald sospirò di nuovo. Tirò indietro le mani dalla tavola, senza smettere di osservarlo.
"Io vedo in te... la paura. Una paura che inghiottisce ogni cosa, che ti ossessiona e ti fa impazzire: la paura dell'altro. Sei intimamente convinto che gli altri, prima o poi, data la possibilità, ti toglieranno tutto. Ecco perché rifiuti gli scrupoli e finisci per commettere azioni che gli altri ritengono...immorali? Malvagie? Questa paura così radicata dentro di te ti ha portato a dubitare persino... di lei. La donna che ti ama più al mondo!"
A quel punto, Tom pestò un piede e abbassò la testa.
"Sì! Non ha mai smesso di amarti, Tom! Ha scelto la mia causa per non farti sentire più in pericolo! Se non te lo avesse nascosto, glielo avresti impedito! Se educhiamo i Maghi e i Babbani alla pace, alla concordia, in pochi anni i conflitti diminuiranno. Non ti sentirai più attaccato da tutte le parti. Forse... si convincerà anche tuo padre..."
Tom strinse i pugni.
"Forse anche lui diventerà parte integrante del mondo nuovo e abbandonerà i suoi pregiudizi. Per principio, non escludiamo nessuno. Non è mai troppo tardi... per nessuno."


I salvataggi proseguivano.
Una dopo l'altra, nell'incavo del pavimento apparivano immagini di "soldati" Babbani recuperati, curati, ricongiunti alle proprie famiglie.
Aveva già controllato Lucy: sembrava completamente guarita ed era insieme agli altri pazienti dell'ospedale. La domanda era: dove l'avrebbero portata? L'avrebbero fatta uscire?
Vera trascorreva ore seduta sul letto. Laurie sapeva che i suoi genitori e fratelli vivevano ancora nella villa, mentre gli zii e il cugino erano stati trasferiti temporaneamente in una qualche prigione. Come Barreus, Eric, Samuel e gli altri... vedeva solo una vasta cella che li conteneva, e null'altro.
Hogwarts era stata chiusa.
Laurie sentiva in testa una costante confusione. Gli era parso che Grindelwald volesse parlargli, ma non sapeva se lo aveva sognato o no.
Tutto era inframmezzato da quelle immagini, persistenti, ma pacifiche, e in fondo belle... se solo...

Non ci poteva credere.
Nascosta nella radura, vide che stava arrivando Oakley.
Sperò che non si fosse fatto seguire: gli guardò alle spalle, alzando il collo; cercò di sentire se cresceva il vento, ma tutto sembrava tranquillo.
"Grindelwald non sta uccidendo i suoi nemici. Vuole dare una prova di pace... e ipocrisia, visto quello che ha fatto in passato. I ragazzi sono tutti rinchiusi a Nurmengard e ci aspettano. Inoltre, ho ricevuto notizie... da Silente."
"Anche io: una profezia. Tuttavia non mi ha chiarito molto le idee... avrebbe potuto essere più chiaro, ma suppongo non lo abbia fatto per scampare a intercettazioni pericolose."
Gli porse il cartoccio. Il signor Oakley se lo rigirò fra le mani e disse poi con emozione:
"Me ne aveva parlato... significa che i ragazzi sono davvero in pericolo. Io... se solo lo avessi fermato..."
Si mise una mano sugli occhi.
"... sono sempre stato troppo permissivo con lei. Sempre. E ora paga le conseguenze."
"Non è colpa sua, signor Oakley. Non solo..." cercò di rassicurarlo Louise, continuando a pensare "Quali sono le altre notizie che ha ricevuto da Silente?"
"Il motivo per cui Grindelwald ha ingaggiato Merope."
Louise allargò gli occhi e gli fece cenno di continuare.
"Lui da decenni è alla ricerca dei Doni della Morte. Non è solo una fiaba e quel segno, il suo simbolo, non è inventato: è il simbolo dei Doni. Si narra che Ignotus Peverell avesse il Mantello dell'Invisibilità e, con delle indagini, Silente ha scoperto che i Potter sono i suoi discendenti diretti... Grindelwald, dunque, avrebbe rapito i Potter per impossessarsene: questo avendo già la Bacchetta di Sanbuco, la Stecca della Morte. Ecco: si dice che Cadmus Peverell, che era in possesso della Pietra della Resurrezione, fosse un discendente di Salazar Serpeverde... come la famiglia Gaunt. Allora Merope, forse senza saperlo, ha ereditato la Pietra in qualche forma, e la ha ancora. A Grindelwald manca solo la Pietra, per diventare Padrone della Morte... ma qualcosa gli fa sospettare che non la abbia ancora; che Tom la possegga, non lei, e che avendo intuito che potrebbe volerla, pur non conoscendo la leggenda, la tenga in qualche modo nascosta..."

Louise scosse la testa, sconvolta.
"Mi aveva comunicato queste cose... già in parte, ad Hogwarts, ma non aveva certezze. Questo ha detto."
"Tom è già stato catturato! Perché non lo può fermare? Hogwarts è stata chiusa, ora! Cosa lo trattiene, ancora?! Cosa comporterebbe, diventare Padrone della Morte?!"
"Invincibilità... si suppone." commentò Oakley, disanimato.
"Meglio non supporre! Cos'ha intenzione di fare, mentre noi vaghiamo così?! Grindelwald va FERMATO! E a questo punto, lo faremo NOI, se non c'è nessun altro!"
Louise si schiarì la gola, per pensare meglio.
"Non possiamo farci catturare. Finirebbe per controllarci" pensò ad alta voce.
"Abbiamo delle informazioni. Possiamo usarle" continuò lui.
"In modo controllato, però, o ci si ritorceranno contro. Oh-"
Louise spalancò la bocca e lo guardò, affranta.
"Conosco il modo. Non mi piace affatto, ma lo conosco" si interruppe, per deglutire "Devo tendere una trappola a Merope."
"Come?"
"Dai discorsi che ci aveva fatto, non sa che Grindelwald la sta usando. Cosa ho di meglio che dirle la verità? Mi ascolterà se sarò io ad avvicinarmi. È stato anche grazie al Basilisco che Grindelwald ha respinto così facilmente gli Auror e preso controllo del Ministero... se riusciamo a farla rivoltare contro di lui, o almeno a defezionare, avremmo una grande minaccia in meno...!"

"Quindi penetreremo il Ministero."
Louise annuì.
"Useremo la Polisucco; l'effetto svanirà, ma dobbiamo scommettere."
D'un tratto, dei rumori li circondarono.
Si strinsero vicino, sfoderando le bacchette: alla fine qualcuno aveva seguito Oakley.
"Abbiamo ascoltato il vostro piano."
Uscì allora dai cespugli, un folto gruppo misto di ragazzi e Auror.
"Rieccoti, Louise" disse una donna alta con i capelli rossi. Riconobbe la sua rivale Grifondoro più giovane...
Alastor Moody fece un passo davanti a tutti, insieme all'ex capo della difesa Ulric Kuror, e disse:
"Agiremo insieme."
 
 
La solitudine lo annichiliva.
Era il senso del niente. Del non potere niente.
Odiava quel niente, ma a malapena sentiva l'odio.
Si chiese di tutti: sperò che il giorno prima di Grindelwald Humphrey fosse davvero andato a Ilvermorny.
Sperò, e sentì la testa che gli girava.
Aveva sbagliato: quel pensiero non doveva essere stato molto gradito.
La porta si aprì e Grindelwald apparve con le braccia aperte.
"Puoi uscire, Laurie. Vieni con me"

 La stanza era più spoglia delle altre, ma le pareti infondevano... calma.
Allora vide Vera, Tom... e Lucy. Uno vicino all'altro.
Grindelwald andò a sedersi dall'altra parte del tavolo. Tirò piano la sedia avanti, delicatamente.
"Accomodati pure, Laurie. Adesso che siamo tutti riuniti, potete cominciare. Sentitevi liberi di farmi qualsiasi domanda."
"Quanto rimarremo qui, ancora?" gli venne subito spontanea.
"Tornerete presto dalle vostre famiglie." rispose lui, con naturalezza "Non siete prigionieri, qui. Purtroppo, ho avuto delle faccende da sbrigare in questi due giorni e non sono riuscito prima, ma la mia intenzione era poter parlare tutti insieme di quello che sarà e di ciò che significherà per voi. La rivoluzione. Il mondo migliore per tutti. Cosa ne pensate, adesso? Non sentitevi inibiti: parlate e ascolterò."
"Non mi convince" disse Vera rapidamente.
Il sorriso di Grindelwald si incrinò un poco, ma in modo comprensivo.
"Tu, Vera, sarai la maggiore beneficiaria di questo cambiamento. Lo vedrai."
"Non credo che le persone possano cambiare... i miei zii e mio cugino, non cambieranno mai."
"Neanche se avranno le prove dei loro errori? Neanche vedendo coi loro occhi il bene che maghi e Babbani riescono a fare insieme? Abbi fiducia. So che adesso tutto questo ti sembra lontano, ma il tempo farà il suo corso... tutti si redimeranno presto."
"Anche tu?"
Laurie la guardò; Lucy corrugò la fronte, preoccupata.
Solo in quel momento Vera parve rendersi conto: ma Grindelwald si limitò a sorridere.
"Spero di riuscire sempre a vedere i miei errori, Vera. Il giorno in cui non ci riuscirò più... sarà quello in cui avrò perso l'orgoglio. Per questo sto cercando di insegnarvi, ora, a riconoscere i vostri pregiudizi."
"Noi non abbiamo pregiudizi..." rispose Lucy, con un po' incertezza.
"Non ve ne rendete conto, certo. Ma... Lucy, Laurie, voi siete Purosangue come me. Avevate compreso la gravità della sanguinosa, orribile guerra in corso fra i Babbani? Si chiama Seconda Guerra Mondiale... ed è terrificante. Noi ne siamo venuti a conoscenza anni fa, e da subito ci siamo messi a disposizione per bloccarla, frenarne le conseguenze. Finalmente, ora, siamo riusciti a salvare quelli che non ancora non erano stati inghiottiti dalle bombe o rastrellati dai fucili. Ditemi: non era stato il vostro pregiudizio a farvi trascurare il dolore provocato da questa guerra, solo perché non vi riguardava? Se non fossimo intervenuti, per portare pace! in tutto il mondo... sarebbe stato meglio?"
Lucy e Laurie si guardarono, ammutoliti: poi abbassarono la testa, con la fronte rugosa.
   
 
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