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Autore: Abby_da_Edoras    18/07/2019    5 recensioni
Questa storia è il sequel della mia precedente long fic "Il mio nome è mai più" e dunque si ispira ancora una volta alla serie TV "I Medici- Lorenzo il Magnifico", con il mio personaggio originale Antonio Orsini che, innamorato di Jacopo Pazzi, decide di mettere a posto le cose tra le due famiglie fiorentine. E, come in ogni mia ff che si rispetti, nonostante tutto ognuno avrà il suo "lieto fine"! Questa ff è incentrata interamente sulla congiura e sul modo in cui Antonio proverà a "scongiurarla" XD... e ovviamente tutto andrà letto in chiave umoristica e leggera, anche se per me questi personaggi sono veri e reali!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a autori, registi e produttori della serie TV "I Medici".
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo quattordicesimo

 

Vivo per lei al limite
Anche in un domani duro
Vivo per lei al margine
Ogni giorno una conquista
La protagonista
Sarà sempre lei

Vivo per lei perché oramai
Io non ho altra via d'uscita
Perché la musica, lo sai
Davvero non l'ho mai tradita

Vivo per lei perché mi dà
Pause e note in libertà
Ci fosse un'altra vita la vivo
La vivo per lei…

(“Vivo per lei” – Andrea Bocelli e Giorgia)

 

Jacopo guardò la folla riunita sotto il Palazzo dei Priori e, per un attimo, credette di sognare. Quello era ciò che aveva sempre desiderato, che Lorenzo gli lasciasse la parola e che la gente di Firenze fosse lì per lui, per ascoltare ciò che aveva da dire. Quello era stato per tanti anni il suo sogno ma, stranamente, adesso che lo stava vivendo non riusciva a sentirsi pienamente appagato.

Non poteva esserlo perché non c’era Antonio al suo fianco, Antonio non era lì a condividere il suo trionfo, a guardarlo e a sorridergli ammirato…

“Messer Jacopo, avanti, tocca a voi adesso” lo incoraggiò Lorenzo con un sorriso sincero. “Firenze ha bisogno anche della vostra guida.”

Era ciò che Jacopo avrebbe sempre voluto sentirsi dire da Lorenzo (e vi pareva che io me lo lasciavo sfuggire?) e questo lo motivò. Antonio sarebbe stato bene, si sarebbe occupato di lui ogni giorno della sua vita, ma prima doveva salvare la sua città.

“Cittadini di Firenze, questo è un momento di grave pericolo ma, al contempo, è una grande opportunità per tutti noi” esordì, con voce potente. “Tutti noi abbiamo il dovere di difendere la nostra città dagli invasori stranieri che vogliono strapparcela!”

La folla si lasciò subito conquistare dalle parole infiammate di Jacopo e mostrò una certa emozione: ora non aveva più paura, ma piuttosto voglia di lottare contro quegli invasori che si permettevano di oltraggiare la loro Firenze.

“Messer Lorenzo ha inviato le sue guardie a chiudere le porte della città, in modo da impedire che altri eserciti nemici possano entrare a Firenze” spiegò Pazzi. “Purtroppo, però, un piccolo drappello di uomini era già riuscito a penetrarvi con l’inganno (beh, ovviamente Jacopo non poteva certo rivelare che parte avesse avuto lui nella faccenda, no?) ed è per questo che adesso dobbiamo lottare insieme: voi, noi, tutti quelli che amano Firenze e la vogliono libera!”

La folla esultò e anche Giuliano, suo malgrado, dovette dirsi affascinato dal discorso di Jacopo.

“Odio doverlo ammettere, ma è veramente un piacere ascoltare Jacopo… quando, per una volta, parla a nostro favore e non contro di noi” rivelò sottovoce al fratello.

E poi, se veramente abbiamo fortuna, non metterà di mezzo il solito Pazzino de’ Pazzi, pensò.

“In questo momento la salvezza di Firenze, la difesa della sua libertà, deve essere messa al di sopra di ogni cosa e tutti dobbiamo unirci per respingere l’invasore!” esclamò Jacopo con veemenza. “Firenze unita sarà sempre più forte, Firenze unita è invincibile! Anche la mia famiglia e quella dei Medici, da sempre rivali, oggi sono pronte a unirsi e a lottare fianco a fianco, perché quello che davvero conta è Firenze e non i nostri interessi personali. E così Firenze trionferà su tutti i suoi nemici!”

Sì, ovviamente Pazzi aveva usato un leggero eufemismo nel parlare della rivalità tra la sua famiglia e i Medici… ma quello che era veramente importante era l’effetto sulla folla che lo stava ascoltando. Fu il delirio. Popolani, mercanti, artigiani, donne, uomini, giovani e vecchi, tutti erano ormai rassicurati dal discorso di Lorenzo e infiammati dalle parole di Jacopo, tutti erano pronti a difendersi e a combattere con armi di fortuna… e peggio per i soldati di Montesecco che fossero finiti nelle loro grinfie!

“Medici! Medici! Pazzi! Pazzi!”

“Firenze! Firenze!”

Le grida esultanti dei cittadini provocarono un’emozione violentissima ai tre uomini che si trovavano alla finestra dell’ufficio del Gonfaloniere. Lorenzo e Giuliano si abbracciarono, mentre Jacopo ostentava la solita aria altezzosa… ma aveva gli occhi lucidi.

Il suo nome scandito dalla gente di Firenze: il suo desiderio che si avverava.

Era commosso e turbato, il suo cuore una tempesta di sentimenti, ma la sua soddisfazione non poteva essere completa.

Avrebbe tanto voluto che Antonio fosse lì con lui, che potesse vederlo in quel momento.

Antonio aveva sempre creduto in lui, lo aveva accolto e ascoltato, lo aveva fatto sentire importante: adesso che anche Firenze riconosceva la sua grandezza (così pensava lui…) non era lì a godere del suo trionfo ed era tutta colpa sua, perché si era intestardito in quella congiura idiota con quel gruppo di deficienti invece di ascoltare il ragazzo che gli voleva veramente bene.

Se fosse accaduto qualcosa ad Antonio non se lo sarebbe mai perdonato e nemmeno tutti gli onori e i poteri del mondo avrebbero potuto sostituire il suo dolcissimo ragazzino…

Ma torniamo alle notizie da Firenze: i cittadini avevano accolto con encomiabile entusiasmo gli incoraggiamenti di Lorenzo prima e di Jacopo poi. In capo a quella memorabile giornata, i soldati mercenari di Montesecco furono fatti a pezzi da una folla inferocita con bastoni, zappe, forconi e tutto quello che era riuscita a trovare. Probabilmente non aspettavano altro che una scusa per malmenare ben bene qualcuno, ma vabbè… Gli eserciti di Niccolò da Tolentino e Girolamo Riario compresero che qualcosa non era andato esattamente secondo i piani dei congiurati e così si guardarono bene dal tentare di invadere Firenze: fecero rapidamente dietro-front e tornarono a casa con la coda tra le gambe.

Montesecco e Salviati furono processati sommariamente nell’ufficio del Gonfaloniere e impiccati senza tanti complimenti alle finestre del Palazzo dei Priori, come monito per chiunque altro imbecille avesse pensato di tentare qualche bestialità del genere. Jacopo assisté alla scena senza batter ciglio, al fianco di Lorenzo e Giuliano. Conosceva appena Montesecco e non gli piaceva per niente e, in quanto a Salviati, era ben felice di toglierselo dai piedi: lo considerava una minaccia per Antonio, inoltre hai visto mai? Poteva anche decidere di dire qualcosa per salvarsi, qualcosa che avrebbe coinvolto anche lui, e non era proprio il caso, no?

Era ormai il tramonto quando i due fratelli Medici e Jacopo Pazzi giudicarono che fosse ora di tornare alle loro case. Lorenzo, a sorpresa, propose di accompagnare Jacopo al suo palazzo.

“Ma perché?” domandò Giuliano, sconvolto. Non aveva già trascorso quasi tutta la giornata con quell’uomo? Perché doveva sopportare oltre la sua presenza?

“Non vuoi sapere come sta Antonio? Francesco e Guglielmo lo hanno portato a Palazzo Pazzi e io voglio vedere se si sente meglio. Tu no?” spiegò il giovane Medici.

Giuliano dovette ammettere che Lorenzo aveva ragione e così, seppure a malincuore e con delle forti fitte allo stomaco, si costrinse a restare ancora per qualche tempo in compagnia di quell’individuo

I tre si incamminarono verso Palazzo Pazzi. Per le strade la situazione si era calmata, i soldati di Montesecco erano tutti morti o scappati e le persone, ormai tranquillizzate, erano rientrate nelle proprie case. Questo risollevò molto l’animo di Lorenzo che temeva sommosse in città o, ancora peggio, una divisione in fazioni come già era accaduto fin troppo spesso in passato.

Mentre si avvicinavano al palazzo di Jacopo, Lorenzo notò che l’uomo era sempre più turbato e angosciato. Sembrava invecchiato di almeno dieci anni, aveva il volto pallido e scavato e gli occhi infossati. Sulle prime il giovane pensò che Pazzi fosse stanco o, magari, preoccupato per la possibilità che i Medici sospettassero ancora di lui per la congiura (e non avrebbe avuto tutti i torti…) e così, alla fine, decise di domandarglielo direttamente.

“Messer Jacopo, vi sentite bene? So che questa è stata una giornata particolarmente faticosa per tutti, ma…”

“Io sto bene” rispose l’uomo con voce grave, “ma… non riesco a non pensare alla ferita di Antonio. Più mi avvicino a casa e più temo di scoprire che sia più grave del previsto, che Antonio sia peggiorato. Io… io non potrei sopportarlo!”

Lorenzo non aveva mai visto Jacopo in queste condizioni, era devastato dal dolore e dall’angoscia. In un istante il giovane comprese anche ciò che l’uomo non voleva dire: la sua non era soltanto paura per la vita di Antonio, lui si sentiva anche terribilmente in colpa. Comunque fosse andata, che fosse coinvolto più o meno nella congiura, Pazzi non si era tirato indietro e per questo Antonio era stato costretto a intervenire di persona… ed era stato colpito da Vespucci. Jacopo si sentiva come se avesse colpito lui stesso Antonio ed era questo a schiantarlo, in quel momento avrebbe dato volentieri la sua stessa vita pur di salvare quella del ragazzo e questa rivelazione turbò profondamente Lorenzo. Pazzi, dunque, un cuore ce lo aveva, da qualche parte, e adesso era pieno di amore, dolore e ansia per Antonio.

Così il giovane Medici fece qualcosa che non si sarebbe mai aspettato: posò una mano sulla spalla di Jacopo e gli parlò in tono incoraggiante.

“Non temete, Jacopo, sono sicuro che Antonio si riprenderà presto: il dottore ha detto che la lama non ha colpito organi vitali, perciò deve solo riposare e rimettersi in forze” disse.

Riconoscente, l’uomo annuì e si sforzò di abbozzare un sorriso stiracchiato.

Quando i tre giunsero a Palazzo Pazzi ed entrarono, nella dimora era rimasto solo Francesco, anche lui particolarmente provato.

“Zio” mormorò, andando verso Jacopo. I due si abbracciarono e in quell’insolito gesto di affetto ci stavano mille emozioni e sentimenti: sollievo, magari, ma anche preoccupazione per Antonio e un senso di solidarietà profonda come mai prima.

“Guglielmo ha accompagnato Bianca e Novella a Palazzo Medici, erano molto stanche” disse Francesco. “Io sono rimasto e ho voluto consultare altri due dottori per essere più sicuro sulle condizioni di Antonio. Entrambi hanno detto che non corre pericolo di vita, ma anche che la ferita è profonda, ha causato un’infezione e un indebolimento del suo fisico. Antonio adesso ha la febbre…”

Lorenzo e Giuliano si scambiarono uno sguardo addolorato. Jacopo parve accasciarsi su se stesso.

“Voglio andare da lui, voglio vederlo subito” mormorò. Poi sembrò ricordare che i fratelli Medici erano lì con lui e che anche loro erano in ansia per Antonio. “Volete… volete venire anche voi?”

Se un fulmine si fosse abbattuto su Palazzo Pazzi, incenerendolo, i due Medici non sarebbero stati altrettanto sbalorditi: Jacopo Pazzi che si mostrava gentile con loro? Doveva essere veramente preoccupato per Antonio e il suo affetto per lui gli aveva fatto perdere la ragione!

Giuliano avrebbe voluto accettare l’invito e salire a vedere Antonio… in fondo aveva sopportato di accompagnare Jacopo a casa sua proprio per quello! Ma Lorenzo gli mise una mano sul braccio per trattenerlo.

“Poiché adesso ha la febbre è meglio se non lo affatichiamo troppo salendo tutti da lui” disse. “Andate voi da Antonio, Messer Jacopo, noi torneremo domani a fargli visita e sicuramente sarà riposato e starà meglio. Francesco, vieni con noi a Palazzo Medici, sono certo che Novella non vede l’ora di riabbracciarti.”

“Anch’io non vedo l’ora di abbracciarla” replicò Francesco, accettando volentieri l’invito di Lorenzo.

Così i due Medici e Francesco tornarono al loro palazzo mentre Jacopo saliva in camera da Antonio.

Il ragazzo giaceva nel letto dell’uomo, pallidissimo e con i capelli arruffati. La febbre non era altissima e tuttavia lo indeboliva. Eppure, non appena vide Jacopo, il suo volto si illuminò e ogni stanchezza sembrò svanire. Antonio sorrise e tese le braccia verso di lui.

“Messer Pazzi” mormorò con dolcezza, “vi ho aspettato tanto. Volete raccontarmi com’è andata in città?”

Jacopo esitò. Desiderava con tutto se stesso prendere Antonio tra le braccia, baciarlo e tenerlo stretto a sé ma, in qualche modo, non se ne sentiva degno (la coscienza in vacanza si era degnata di tornare a fargli visita, dunque!). Provava un terribile senso di colpa, aveva rovinato tutto, lo sapeva, a causa sua quel ragazzo adorabile e meraviglioso era quasi stato ucciso… non se lo meritava, non era degno di lui e non capiva come Antonio potesse ancora guardarlo in faccia.

Ma Antonio lo aveva atteso per tutto il giorno e voleva solo perdersi tra le sue braccia, l’unico luogo in cui si sentisse in pace e al sicuro.

Jacopo fece qualche passo, prima incerto e poi sempre più sicuro, verso il letto e, infine, strinse il ragazzo tra le braccia, sentendolo caldo e morbido mentre si abbandonava a lui.

“Ti racconterò tutto domani, Antonio” gli disse con dolcezza, accarezzandogli i capelli. “Adesso sei stanco e devi riposare, avresti già dovuto dormire da un po’.”

“Non potevo addormentarmi senza di voi” replicò Antonio, aggrappandosi al suo uomo.

Jacopo entrò nel letto accanto a lui, stando ben attento a non sfiorare il fianco ferito. Lo strinse a sé e lo baciò a lungo, profondamente e con tenerezza, desiderando sollo che quella giornata orribile scomparisse per sempre dai suoi ricordi. Voleva pensare soltanto ad Antonio, a stare con lui. Non gli interessava che la gente di Firenze avesse ascoltato le sue parole, che avesse acclamato il suo nome, no. Solo Antonio contava, solo Antonio riempiva il suo cuore e la sua vita. Lasciò che il ragazzo si addormentasse tranquillo e sereno tra le sue braccia e, sebbene anche lui fosse stanco e provato dalla giornata, si impose di vegliare sul sonno di Antonio per assicurarsi che la febbre non salisse e che lui non avesse bisogno di nulla.

Erano trascorse solo una manciata di ore da quella mattina di Pasqua quando lui aveva partecipato alla Messa solenne aspettando l’assassinio dei fratelli Medici, ma sembrava che fossero passati secoli da allora. Jacopo Pazzi non era più lo stesso uomo di quella mattina e non lo sarebbe stato mai più. Il terrore e il senso di vuoto totale provati alla prospettiva di perdere Antonio lo avevano cambiato nel profondo. Certo, sarebbe rimasto sempre un po’ bastardo, ma mai come prima, ecco.

Adesso Jacopo sperava solo che il suo prezioso e dolcissimo ragazzino guarisse presto e che fosse ancora disposto a dividere la vita con lui.

Fine capitolo quattordicesimo

 

 

 

 

 

   
 
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