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Autore: _Bri_    22/07/2019    9 recensioni
[Storia Interattiva - Iscrizioni Chiuse]
Mentre ad Hogwarts si sta svolgendo il Torneo Tre Maghi, da qualche parte, in Inghilterra, esiste un "Giardino Segreto" apparentemente bellissimo ed unico, ma che nasconde ben più degli incanti che lo immergono nel costante clima primaverile. Dodici celle, occupate da dodici creature che il dottor Steiner ha rinchiuso lì. Il motivo è sconosciuto, ma chi vi è rinchiuso dovrà lottare con tutto se stesso, per ottenere la libertà.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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CAPITOLO XI
Sanguerosso e Sangueblu
 
Per molti anni, Roxanne Borgin era stata una serva fedele. Aveva messo da parte ogni suo interesse, le sue velleità, le sue più grandi passioni. Si poteva affermare che Roxanne avesse accantonato la sua intera vita, in favore della causa. Il negozio di famiglia che tanto amava non era che un vago ricordo, in quanto i servigi a Robert Steiner l’avevano assorbita nel profondo. Da quando Regulus era scomparso, lasciando appassire i fiori d’arancio del suo matrimonio, Roxanne non s’era data pace; Robert l’aveva raccolta e aveva stirato la sua anima, accartocciata dal dolore. L’aveva accudita e trattata come una giovane sorellina bisognosa d’amore. Il dottore era stato per lei una salvezza e per questo, Roxanne non gli sarebbe stata mia grata abbastanza. Egli era stato presente quando il marchio era stato posto sul suo braccio e l’aveva supportata nei peggiori momenti di difficoltà; Roxanne era riuscita, provando non poco dolore, a sostituire il fortissimo amore nei confronti di Regulus Black con un tipo di sentimento reverenziale, ma comunque importante. No, ovviamente non aveva mai amato Robert, ma il bene nei suoi confronti non era misurabile.
Ma con l’arrivo stabile di Robert nella sua vita, si era di pari passo allontanata da quel poco che le era rimasto e che rispondeva al nome di famiglia. Era Robert Steiner ad averla sostituita e Roxanne non aveva mai avuto grandi rimpianti.
Ma mentre la Mangiamorte, sfiancata dalla terrificante giornata trascorsa si era recata nella stanza di sua competenza e con pazienza aveva sciolto i capelli e si apprestava ad immergersi in un bagno caldo, fu per lei inevitabile pensare a quanto successo quello stesso pomeriggio; mentre l’acqua calda le carezzava la pelle d’alabastro, le parole di Yann Reinardht le tornarono alla mente.
E se avesse dedicato la sua vita alla causa sbagliata?
Quel mago tanto fastidioso, ma che profumava di vita reale, l’aveva fatta pensare. E l’aveva salvata. Poteva approfittarsene, strapparle la bacchetta, ma Yann non l’aveva fatto; del perché, Roxanne non sapeva darsi una risposta.
Mentre affondava i capelli nell’acqua, pronta a liberare la mente dai troppi pensieri, la strega sgranò gli occhi, perché una rivelazione si era palesata d’improvviso: quegli atroci mal di testa, che ricordava di avere sempre avuto, avevano avuto invece inizio con la scomparsa di Regulus, in concomitanza della presenza costante di Robert nella sua vita.
Le mani strinsero con forza i bordi della vasca da bagno, mentre la testa macinava informazioni a velocità inaudita.
Non sapeva perché, non ne capiva il nesso, ma mentre gli occhi chiari percorrevano lo scivolare di umide gocce sulle piastrelle color crema del bagno, Roxanne realizzò che si, a Robert doveva essere collegato il supplizio che era costretta a subire ogni qualvolta tentava di ricordare scomodi e tristi episodi della sua vita.
Con la cautela e la scaltrezza che erano insite in lei, ma dannato Godric, Roxanne avrebbe fatto luce sulla questione.
 
*

 
Se c’era una cosa che Mazelyn Zabini aveva capito, nel corso della sua breve vita da immortale, era che non bisognava mai fidarsi troppo delle persone, perché la sorpresa era sempre dietro l’angolo. Lei questo purtroppo l’aveva compreso troppo tardi, era stata sfortunata e per questo ora si ritrovava a vivere una vita bastarda. A lei erano spesso stati dedicati epiteti come meschina e egocentrica e Maze non si era mai sforzata più di tanto di smentire; l’opinione altrui a lei non era mai interessata, anzi era sempre stata fautrice della massima “bene o male, purché si parli”.
Nella sua cella, mentre ripercorreva con la mente quanto successo con William, Maze si sentiva avvinta. Quell’uomo si era speso per lei senza avere nulla in cambio, senza che gli fosse stato chiesto nulla; William non aveva esitato davanti al suo orrore, dimostrando che non tutte le persone su quella fottuta terra nascondevano un cuore malato, egoista e malvagio.
In qualche modo, il mago le aveva ricordato suo fratello, forse l’unica persona davvero di buon cuore con cui avesse avuto a che fare; che il ricordo di Jayden fosse bello o doloroso non importava, in quanto Mazelyn non riuscì ad evitare che il passato riemergesse alla mente.
 
“ Finalmente ho finito il periodo di gavetta e posso affermare di essere auror a tutti gli effetti! “
 
Mazelyn fu la prima a lanciarsi fra le braccia del fratello e con l’entusiasmo che era proprio della sua persona, cominciò a gridare di felicità.
 
“ Contegno, Mazelyn! Jayden ha solo fatto il suo dovere, non mi sembra decoroso reagire in questa maniera. “
 
Sbuffando, la ragazza si allontanò dal fratello maggiore e rivolse lo sguardo a suo padre che, sotto sotto, non riusciva a trattenere un sorrisetto compiaciuto.
 
“ Per una volta possiamo evitare di essere così impostati, papà? Jayden è stato grandioso ed è giusto che gli venga riconosciuto il suo merito! “
 
Isobel, sua madre, si aggrappò al braccio del figlio al quale regalò un delicato bacio sulla guancia: “ Siamo fieri di te, la famiglia Zabini ha guadagnato lustro maggiore; chissà come saranno invidiosi i Rosier! “
 
Mazelyn lasciò lo sguardo sul fratello, mentre la frase di sua madre si disperdeva nell’aria. Anche se avrebbe dovuto esserci abituata, quell’affermazione le fece male; sapeva benissimo che a Jayden non importava nulla del buon nome della sua famiglia purosangue e che era stato spinto ad intraprendere la carriera di auror da motivi decisamente più etici. Come se il fratello le avesse letto la mente, spostò l’attenzione su di lei, pronta ad esplodere ed inveire contro la madre; Jayden scosse impercettibilmente il capo e le sorrise con quel fare dolce che la scioglieva sempre. Quel modo che sedava i suoi istinti iracondi e suscettibili.
Le aveva tacitamente chiesto di non assecondare le parole prive di spessore dei genitori, così Maze ingoiò il rospo e ricambiò il sorriso: quella giornata di festa non doveva essere rovinata dalle polemiche che sarebbero state fini a se stesse. Jayden lo meritava.
 
***
 
I singhiozzi convulsi di Isobel, agghiacciarono l’aria del maniero degli Zabini. Sua madre si era gettata fra le braccia di William, suo padre e neanche l’abbraccio del marito sembrò calmarla.
 
“ Mi spiace signori Zabini. Vostro figlio era uno dei nostri più valorosi auror, era giusto che fossi io a darvi questa terribile notizia. “
 
Maze sentì il corpo sciogliersi, mentre gli occhi neri solcavano le rughe di cui il viso dell’attempato capo auror di suo fratello era ben fornito. Un crampo, come una stretta di fuoco, le agguantò lo stomaco eppure la giovane strega non riuscì a reagire in alcun modo.
 
“ Non è possibile… il mio ragazzo, il mio Jayden! “
 
L’auror raccontò loro che Jayden era morto in maniera valorosa, mentre aveva affrontato quell’ultima missione affidatagli. Maze si chiese come qualcuno potesse morire in maniera valorosa: la morte era la morte, l’idiosincrasia dell’esistenza. Non c’era nessun valore nel lasciare la terra, nella mortalità.
La morte di qualcuno non era che dolore per chi rimaneva in vita e quella di Jayden non era da meno.
Non c’era sollievo nell’apprendere che Jayden fosse morto per la causa in cui credeva; solo il sapore del fiele, a colmarle la bocca e ricordarle che l’unica persona che avesse mai amato davvero, l’aveva lasciata sola.
 
*
 

Ancora una volta, Cora era stata prelevata da Adrian Reed per essere trascinata chissà dove. Quell’uomo non le era mai andato a genio, mai, nemmeno nei fugaci e sporadici incontri avvenuti precedentemente nella sua vita. Cora ricordava Adrian sempre circondato da alcol, fumo e belle donne; costantemente attaccato alle costole di Robert, il Mangiamorte sembrava sempre, indefessamente arrabbiato e la sua testa calda era rinomata nei salotti dell’alta borghesia purosangue. Reed, che purosangue non era, aveva comunque il permesso di frequentare quegli ambienti solo e soltanto perché Robert se lo trascinava sempre dietro, qualche volta insieme a quella squilibrata di Elyon Yaxley, con la quale Adrian battibeccava spesso e volentieri, dando adito a scene oltremodo imbarazzanti che passavano, come da regola, di voce in voce tra una strega e l’altra. Eppure Adrian, nonostante fosse uno scavezzacollo dalla dubbia morale, era permeato da un fascino che faceva piegare le donne al suo fianco con assurda facilità. Invece a Cora intimoriva, da sempre. Non come Robert, che l’inibiva in maniera diversa: Adrian nascondeva un animo turpe, combattuto, si vedeva chiaramente che era costantemente in lotta con se stesso, per qualche assurda ragione. Robert invece era limpido, sicuro di sé, anche lui fascinoso ma munito di quel fascino generato dalla più invidiabile dialettica e dallo sguardo sempre reattivo.
La prima volta che lo aveva incontrato non era che una bambina, ancora ignara del mondo di cui avrebbe fatto parte. Robert Steiner era un buon amico di suo padre; con il senno di poi Cora ragionò sul fatto che probabilmente fu lui il motivo che portò i suoi genitori ad aderire alla causa del Signore Oscuro, munendosi del marchio nero.
 
Guardava la sua immagine riflessa allo specchio: sua madre le aveva fatto confezionare un bel vestito di seta e tulle color perla e Cora, con fare civettuolo, volteggiava davanti allo specchio sentendosi una vera principessa, vestita in  quel modo.
Una principessa ballerina, per l’esattezza. Aveva solo 12 anni, eppure la piccola aveva già capito che avrebbe ricevuto le giuste attenzioni, se si fosse acconciata e mossa nella maniera corretta; sua madre non faceva che ribadirglielo: la forma è la cosa più importante, avrebbe dovuto imparare a comportarsi da vera signorina il più presto possibile, se avesse voluto ottenere qualcosa di grande, nella vita. Per questo Cora aveva abbandonato le bambole molto presto, accondiscendendo invece a passare più tempo possibile con quegli adulti seriosi e altezzosi. Quella sera i Dagenhart avrebbero tenuto una grande festa nella loro magione e i figli si sarebbero dovuti comportare bene, senza dare spettacolo o creare alcun tipo di scompiglio. Cora era decisa a dare retta agli ordini ricevuti da Aleister e Saoirse, ma non era affatto sicura che Aisling non avrebbe combinato una delle sue, seguito da quel piccolo terremoto di Darragh il quale, a soli sette anni, già dava un gran da fare agli elfi domestici.
 
“ Forza Cora, i nostri ospiti ci stanno aspettando. “
 
La voce grigia della bella Saoirse arrivò dall’uscio della porta. Cora volteggiò verso di lei, boccheggiando meravigliata per la bellezza e l’eleganza proprie di sua madre; era perfetta, dall’acconciatura impeccabile al vestito avorio che ricordava i toni del suo e che le donavano una luce che, Cora supponeva, avrebbe fatto capitolare molti dei presenti e ringhiare d’invidia le streghe.
Tacco punta, la ragazzina scese le scale imponenti per immergersi nella sala grande, imbellettata da una variopinta collezione di piante e fiori provenienti da tutto il mondo: i Dagenhart non badavano di certo a spese. Gli occhi curiosi della bambina saltarono qua e là, con frenetica agitazione. I rampolli delle più importanti famiglie purosangue erano già riuniti in piccoli gruppi e molti di loro dedicarono a lei lo sguardo; colma d’orgoglio, Cora cominciò a spaziare tra i presenti ed in poco tempo conquistò l’attenzione di vari giovani maghi.
 
“ Ecco, è arrivata anche la ‘ principessa ‘, quale onore che ci arrechi con la tua presenza! “
 
Cora fremette di rabbia; aveva riconosciuto la voce odiosa di Victor Selwyn e quando si voltò verso il diciottenne, quello con le mani in tasca e la risata strafottente la canzonò davanti ai suoi amici. Odiava quel mago con tutta se stessa, ma non era ancora abbastanza matura da rispondergli per le rime.
 
“ Mi chiedevo che fine avesse fatto la kleiner Stern. “
 
Ancora rossa d’imbarazzo, Cora si voltò in direzione dell’uomo: Robert Steiner era fulgido nel suo completo grigio e la guardava con dolcezza. La giovane strega decise a quel punto di ignorare i commenti sconvenienti provenienti da quell’idiota di Selwyn e con Robert s’avviò alla ricerca di suo padre, spendendo con l’uomo chiacchiere che la fecero sentire molto più adulta della sua età.
 
“ Non devi dare retta a ciò che dicono di te, giovane Cora. Ricordati: ‘ bene o male, purché se ne parli. ’ “
 
“ È una sua massima, signor Steiner? “
 
L’uomo rise con leggerezza mentre scrollava il capo biondo: “ Oh no, sono le parole di un uomo molto saggio di nome Oscar Wilde. “
 
Cora appuntò mentalmente quel nome, decisa ad approfondirne la conoscenza.
 
“ Ecco lì tuo padre, come al solito sembra molto indaffarato! “
 
La giovane per la fretta di avvicinarsi al padre perse l’equilibrio sui tacchetti: s’aggrappò al braccio di Robert Steiner prima di crollare a terra, ma quella stretta vigorosa scatenò qualcosa in lei, qualcosa che era già successo qualche anno prima, ma a cui non aveva dato peso: tutto si fece buio e Cora si ritrovò stesa su una superficie liquida, oscura come l’universo. Non aveva bisogno di respirare, non aveva esigenza di tenere gli occhi aperti. Rimase solo sospesa, mentre il liquido la inghiottiva in un abbraccio.
 
“ Cora… Cora… “
 
Quando Cora aprì gli occhi chiari, la prima cosa che vide fu il volto sgomento e preoccupato di Robert Steiner, che la tratteneva per le spalle. Riavuta dallo svenimento, che sembrava avere attirato in ritardo l’attenzione dei presenti e dei suoi genitori, il dottor Steiner le chiese se ricordasse qualcosa di quello che era successo. Frastornata, la ragazzina raccontò del luogo in cui era finita.
 
“ Quindi… nient’altro? “
 
Cora negò, inconsapevole di avere predetto una vera e propria profezia, che solo le orecchie di Robert Steiner avevano udito.
 
*
 
Lucas si sentiva frastornato, agitato, arrabbiato più che mai. Erano passati giorni dall’incontro con Martha e ancora non aveva trovato la via per riprendere il controllo su di sé. Il dottore non si era più palesato da quando era scappato in tutta fretta con la zia sulle spalle e questo non faceva che agitarlo ancora di più, visto che non sapeva bene se e quando si sarebbe ripresentato alla sua cella. Il sonno non gli era mai mancato prima d’ora, ma dal momento in cui la presenza di sua zia si era palesata come una tempesta nella sua misera vita da recluso, Lucas aveva avuto difficoltà a dormire. Inoltre era ormai assodato che prendere le distanze forzate da Joshua aumentava lo stato d’agitazione. Non era solo perché si era preso una cotta per quel giovane metamorfo: nell’auror si era scatenato il desiderio di proteggere Joshua, tanto quanto era consapevole che senza di lui si sentiva smarrito. Dovevano rimanere uniti, perché solo in quel modo sarebbero stati più forti che mai.
Esattamente per questo motivo, quando arrivò ad un certo punto del Giardino e notò, fra William e d Elyon, anche Joshua, lo stato d’ansia diminuì notevolmente. Il gruppo era riunito intorno ad un rigoglioso melo e parlava fittamente. Nessun Mangiamorte sembrava aggirarsi lì intorno. Un sorriso di soddisfazione solcò il viso di Lucas, nel vedere i capelli di Joshua virare ad un rosso ardente appena palesò la propria presenza. Il metamorfo scattò in piedi e senza pensarci su, strinse forte Lucas in un abbraccio; non dissero una sola parola, ma si limitarono a bearsi di quella stretta rassicurante e salvifica.
 
- Davvero deliziosi. Ora per piacere potreste darci retta? – la voce di Elyon suonò melodiosa, ma il sarcasmo tagliente non mancò di arrivare ai due che, lentamente, sciolsero la stretta ed assieme si unirono agli altri. William lanciò un’occhiata sorniona alla Yaxley, ma per il momento si limitò a soprassedere sul suo atteggiamento ostile anche se, rispetto al solito, le sembrava comunque più pacata. Si schiarì la voce e prese la parola:
 
- Il tuo arrivo è appropriato alla situazione, - iniziò rivolgendo lo sguardo a Lucas – Joshua ci ha raccontato quanto successo con Steiner e tua zia Martha Heathcote… -
 
- Quella è una delle peggiori spine al fianco con cui abbia mai avuto a che fare, - Elyon si intromise, mentre massaggiava il lobo dell’orecchio in un gesto ansiogeno – oltre che essere una pazza megalomane… Robert si è saputo circondare di persone che all’occasione sanno rendersi molto utili, comunque. -
 
- Come è successo con te? – William lo chiese con la spontaneità di cui era dotato, eppure la serenità della voce non gli risparmiò un’occhiata di fuoco da parte della strega la quale, per l’ennesima volta, si sforzò di trattenersi:
 
- Ci siamo resi conto che, bene o male, noi abbiamo qualcosa a che fare con lui. -
 
Fu Joshua a proseguire, facendosi leggermente più vicino a Lucas, con un movimento quasi impercettibile: - Sai che Steiner è un grande amico di mio padre… mentre William ci ha avuto indirettamente a che fare, vista la sua particolare condizione fisica. –
 
Lucas lanciò a Will uno sguardo interrogativo, il quale con gli occhi a mezz’asta, fece spallucce:
-Assorbire il male, quella cosuccia lì di poco conto. Aggiungerei alla lista un padre naturale dal sangue puro e feroce sostenitore di voi-sapete-chi . –
 
A Joshua e Lucas venne da ridere; al contrario Elyon rimase particolarmente tesa. Proprio su di lei finì l’attenzione. Dopo un lungo silenzio, la strega borbottò qualcosa:
 
- Sono molti anni che conosco Robert… comunque non è questo il punto, - Lanciò uno sguardo a William prima di proseguire, - La cosa a cui stavamo ragionando con Lewis… è che ci sia qualcosa che Robert Steiner debba aver colto pian piano in ognuno di noi, qualcosa che va oltre i nostri poteri speciali, se così vogliamo definirli. -
 
- Luke… il dottore aveva con sé l’orologio della Borgin, ricordi? -
 
Decisamente confuso, Lucas aggrottò le sopracciglia: - Con tutto il bene Josh, ma ti assicuro che in quel momento davanti a quella psicopatica di mia zia e, beh… alla sua fedele copia, sinceramente non ho fatto caso a come cazzo si gingillasse quell’aguzzino. –
 
Di botto i capelli di Joshua si fecero tetri, così Lucas si affrettò ad allungare una mano per stringergli la spalla: - So che sei stato costretto! Se non avessi acconsentito a seguire il loro giochetto, probabilmente non saremmo vivi nessuno dei due ora. –
 
William intervenne, incurvandosi un po’ in avanti: - Quello che stiamo cercando di dirti Lucas… è che quell’orologio deve essere davvero importante. Joshua ci ha detto che il dottore lo guardava costantemente e che è scappato portandosi dietro Martha Heathcote dopo aver ricevuto un segnale dall’oggetto. Non può essere un caso. Quindi ci siamo confrontati prima che arrivassi tu e ci siamo posti una domanda… -
 
Elyon coprì la voce suadente di William: - Cosa guardi su un orologio? –
 
Lucas cominciava a sentirsi un pesce fuor d’acqua. Non stava capendo dove volessero andare a parare, quel gruppo di cervelloni riuniti intorno a lui.
 
- Mi stai davvero chiedendo a cosa servono gli orologi, El? A sapere che ora è, forse? – Chiese retoricamente l’auror, il quale sussultò quando Elyon stridulò eccitata, mentre allungava un lungo dito nella sua direzione: - Esatto! Conosciamo il tempo, Lucas… il tempo! -
 
Lucas guardò Joshua: - Se fa uso di droghe io non voglio saperne niente, sono pur sempre un auror. –
 
- Il tempo Lucas… abbiamo convenuto che sia questo concetto a legare tutti noi. – William, pacato e docile, sostituì Elyon nella spiegazione; a lui susseguì Joshua: - Quindi ci siamo messi a pensare, a tentare di ricordare se nel nostro passato fosse successo qualcosa di simile… qualcosa su cui magari abbiamo soprasseduto al tempo, ma che ora potrebbe essere la chiave di volta di questa triste storia. -
- Ragazzi sul serio… non vi seguo. Ci ho provato, ma non vi seguo. –
 
- Non ti è mai capitato qualcosa a cui non hai saputo dare spiegazione? Chessò… magari uno strano sogno lucido in cui ti sei ritrovato, improvvisamente, in mezzo ad un contesto totalmente distante da quello in cui stavi vivendo? E magari hai assistito a qualcosa senza essere in grado di intervenire? -
 
Lucas cominciò a pensare che a quei tre si fosse fuso il cervello. Sogni lucidi, traslazioni fisiche… e proprio nel momento in cui stava per mandarli tutti al diavolo visto che si sentiva preso in giro, qualcosa tornò alla mente con estrema lucidità. L’auror sgranò gli occhi e ricercò quelli di Joshua, bisognoso di sicurezze:
 
- Ora che…una volta mi è successa una cosa davvero pazzesca; non stavo troppo bene, diciamo, si, diciamo che forse ero un po’ troppo ubriaco… ero ad Hogwarts ed era stata una serata di merda… - Resosi conto di star divagando, tossicchiò e riprese a parlare, gli occhi di tutti puntati su di lui, - Comunque non so come mai ma all’improvviso ho visto il professor Silente, ma era molto, molto più giovane. Parlava con un tipo, credo sia l’autore del nostro manuale di Cura delle Creature Magiche. Non sono riuscito a fare nulla, era come non mi vedessero. Poi sono… sono tornato. Ho pensato di essere stato troppo ubriaco; mi sono vergognato talmente tanto della mia condizione che non ho raccontato a nessuno quanto accaduto. -
 
- Ah-ah! Quindi anche a te è successo! Lo sapevo… lo sapevo! – Euforica, Elyon saltò in piedi, proprio mentre alle sue spalle arrivò una voce conosciuta:
 
- Cos’è che sapresti, Yaxley? – Chiese Cora, con le braccia incrociate ed un mezzo sorriso in viso, - Dovreste fare attenzione a quello che dite… non vi siete nemmeno accorti del mio arrivo. -
 
*
 
- E quindi la Dagenhart si è confidata con te. Trovo incredibile che tu sia riuscito a sciogliere quel muro di ghiaccio. –
 
Alon lanciò un sassolino, tentando di colpire con precisione la fessura tra due strette doghe di una panchina, poco distante da loro.
 
- Sono felice, credevo fosse solo una nobile ragazza purosangue piena di sé, invece credo sia colpa della sua famiglia se è diventata così. – Alon sospirò, - Da quando sono sulla terraferma, ho scoperto che quasi sempre il problema risiede nelle famiglie, come è possibile? -
 
Gli occhi chiari di Martha seguirono l’ennesimo sassolino lanciato da Alon: - Per quanto mi riguarda, la famiglia è quella che cerchiamo e desideriamo, non quella che ci capita. – Incondizionatamente, prese a giocherellare con la fede posta all’anulare, - Non fraintendermi, non che io non voglia bene ai miei genitori eh, però nonostante tutto non credo mi abbiano mai capita davvero; solo Phil, mio marito, c’è riuscito. –
 
Alon piegò le labbra in un sorriso morbido: - Ma tu parli di amore, quella è tutta un’altra questione. L’amore ti fa fare grandi cose, ti fa anche cambiare… credo sia il sentimento più potente che esista al mondo. – Poi sospirò, imbronciandosi un po’: - Ti invidio molto Martha; tu si che puoi ritenerti fortunata… pare proprio tu abbia incontrato la famosa anima gemella; io non credo esista qualcuno su questa terra davvero in grado di comprendere e condividere la dicotomia della mia vita. Forse in mare, chissà. –
 
Martha ridacchiò appena nell’ascoltare le parole del più giovane: - Parli come se fossi un vecchio pluricentenario! Ti assicuro che quel qualcuno esiste per ognuno di noi, Alon. Se proprio vogliamo parlare di dicotomie e stranezze, tutti hanno sempre ritenuto che la mia testa fosse troppo incasinata per starmi dietro. Troppo stralunata, troppo eccentrica, poco attaccata alla realtà… ecco come mi hanno sempre vista tutti, - Martha prese a giocare distrattamente con la coda dei suoi capelli biondi, - Eppure guardami; se conoscessi Phil ti chiederesti come mai uno come lui abbia scelto di stare dietro a una come me, eppure c’è riuscito ed ora, nonostante mi pesi ammetterlo, sono felice al pensiero che ci sia lui, da qualche parte, ad aspettarmi. –
 
- Non lo so, non ne sono affatto convinto, - dopo una breve pausa, Alon riprese con il suo gioco – Oltre al fatto che non so se mai uscirò di qui, penso che la mia vita fosse complicata da comprendere anche prima di essere rinchiuso qui. E quando uscirò come potrò spiegare a qualcuno cosa mi è successo? Ti rendi conto di quanto sarebbe ostico avvicinarsi a me? Qualsiasi ragazza scapperebbe ancor prima di farmi aprire bocca. Capire la mia anomalia, scendere a patti con la mia vita nel mare ed in più accettare di collaborare alla guarigione di una mente provata da questa prigionia alla quale, ancora, non riesco a trovare un senso. -
 
In un gesto anomalo per lei, Martha allungò una mano a stringere con comprensione la spalla di Alon, seduto al suo fianco: - Io non credo esista quel qualcuno Alon, io lo so per certo. Vedrai: non dovrai cercare, quando meno te lo aspetti sarà lei ad arrivare nella tua vita e sarà incredibile. –
 
- Guarda che musi lunghi, Al! Dobbiamo intervenire subito, prima che scoppino a piangere! -
 
Martha e Alon alzarono lo sguardo in direzione della vocina allegra che li aveva distratti: davanti a loro, Jules fluttuava sorridente, saldamente aggrappata ad un lungo braccio di Alistair, che tratteneva in una mano le sue scarpe.
 
- Q-queste sc-scarpe pesano c-come tutt-t-te le normali scar-r-pe, assurdo!- disse il babbano, ondeggiando davanti al viso le calzature di lucente ottone.
 
- Yann è stato bravissimo! Quelle che mi aveva fatto il mio papà erano pe-san-ti-ssi-me! Qui c’è la magia, tanta magia di un mago straordinario. -
 
Prima di rispondere, Martha lanciò un’occhiata ad Alon tornato ad un più appropriato sorriso; così canzonò Jules: - Per caso abbiamo una cotta per il più attraente magifabbro della Gran Bretagna? –
 
A quella domanda, Jules arrossì di botto e nascose appena il volto dietro la spalla di Alistair, da cui borbottò: - Ma cosa dici Martha, lui è vecchio! –
 
- Q-questo non t-ti impedirebbe di p-prenderti una c-cotta per lui… Yann è un-n g-grande! -
 
A quel punto Alon e Martha si alzarono per allungare il passo in direzione degli altri due. Il tritone incrociò le braccia e si coronò di finto disappunto: - Vuoi dirmi che trovi Yann più affascinante di me, piccoletta? –
 
Il volto di Jules sbucò dalla spalla di Alistair, ancora più rossa in viso: - E anche fosse?! – tentò di darsi un tono, la tassorosso. Alistair, divertito dalla situazione, girò il viso in direzione di Jules: - Credo c-che Al-lon sia g-geloso! –
 
- Molto geloso. – Lo appoggiò Martha, felice di potersi ricavare dei piccoli momenti di serenità, in quell’ostico Giardino.
 
- Tremendamente geloso. – Dichiarò Alon, annuendo con vigore; fu a quel punto che Jules si sbilanciò oltre la spalla di Alistair, il quale barcollò pericolosamente in avanti preso alla sprovvista da quel gesto irruento; così la più piccola gridò: -Ora basta prendermi in giro! Non ho nessuna cotta per Yann, io! -
 
Nel mezzo di quel teatrino, Martha passò dagli sghignazzi sotto i baffi, alla paralisi; le pupille si dilatarono, le bocca si schiuse e il capo virò rapidamente alla sua destra: davanti allo sguardo fattosi vacuo, il Giardino si mosse in forme e colori cangianti. Per qualche breve momento i toni si fusero assieme, tingendo tutto del più vivido rosso, accompagnato dall’acre odore del sangue.
Fu Alistair ad accorgersi che qualcosa non andava in lei; mentre Alon continuava a canzonare Jules e quest’ultima continuava a sperticarsi tenacemente aggrappata a lui, Alistair scattò in avanti pronto a soccorrere Martha, prima che crollasse a terra. Il gesto affrettato comportò che per poco Jules non volasse via; fortunatamente Alon fu abbastanza lesto da recuperarla per una caviglia e permettergli di attaccarsi a lui. Furibondo, il ragazzo piroettò in direzione di Alistair:
 
- Ehi! Ma che ti salta in mente?! Poteva volare v… - Ma quando si rese conto che Alistair stava facendo scivolare Martha sull’erba e maldestramente tentava di farle aria, subito s’allarmò. Con Jules avvinghiata al suo collo, s’avvicinò ai due: -Martha?! Martha che succede?! -
 
La strega portò una mano a coprire gli occhi; un sussurro stanco uscì dalla sua bocca: - C’è… c’è qualcuno qui e non… non è nulla… nulla di buono. –
 
 
*
 
Da quando Victor aveva combinato quel che aveva combinato, Evangeline si sentiva sospesa in una bolla; cosa era successo? Beh, una lunga serie di questioni che l’avevano scombussolata in maniera profonda.
Innanzi tutto, per la prima volta da quando era stata rinchiusa in quel Giardino, Evie aveva spostato l’attenzione dalla prigionia forzata, a qualcosa di più piacevole. Il processo era già iniziato con la frequentazione assidua con il magigiornalista, che aveva imparato pian piano a conoscere ed assimilare come soggetto potenzialmente gradevole. Nonostante la difficoltà iniziale di approcciare ad uno come Victor Selwyn, che tutto era tranne che una persona semplice, in Evangeline era scoccata una forma di resilienza che le aveva permesso di assorbire solo il buono del mago. Messe quindi da parte le sue rigidità, i suoi modi fastidiosi, la sua ironia non sempre appropriata e la sua capacità innata di infrangere sempre e comunque le regole nel momento sbagliato, Evie aveva scoperto pregi e unicità di Vicky, che erano stati esattamente quelli che l’avevano portata a fremere ogni qualvolta lui si palesava.
In secondo luogo, con la sua avventatezza, Victor aveva risvegliato in lei un languore di vita che credeva d’aver perso con la morte di Freya. Lei le aveva fatto dono del primo amore e sempre lei, con la sua prematura morte, l’aveva ridotta a chiudersi in un bozzolo fatto di sensi di colpa e dolore. Quindi Evie poteva ammettere che, in qualche modo, lo sprovveduto Victor l’aveva riportata alla vita e a credere fortemente in essa, nonostante non avessero molte speranze di uscire da quella situazione.
 
- Pensieri, pensieri… sento con distinzione il rumore dei tuoi ingranaggi, ragazzina. -
 
Victor le carezzava i capelli in un movimento convulso, che sembrava un’esigenza del mago piuttosto che una coccola per lei. Evie scostò la testa dal torace di lui sulla quale si era mollemente abbandonata e roteò lo sguardo sul sorriso beffardo che aveva imparato a conoscere tanto bene.
 
- Fortuna che sono ancora in grado di pensare, dovresti esserne felice. -
 
- Non per vantarmi eh, - -Strano, non lo fai mai. - - Ah ah. Dicevo che, appunto, non per vantarmi ma non ti avrei mai avvicinata se pensassi a te come ad una bella scatolina intarsiata, sebbene drammaticamente vuota. - - Scusa eh, chi avrebbe scelto cosa? E se ti avessi respinto? Potevo farlo. - - Ma sapevo non l’avresti fatto, certe cose io le capisco. - - Sei un tale pallone gonfiato, Vicky, che mi stupisco tu non sia ancora volato via. -
 
Victor mise a tacere quel botta e risposta tirando a sé Evangeline e facendo scontrare, per l’ennesima volta, le loro labbra. Evie tentò per un po’ di resistere, ma trovava molto complicato non cedere allo schiudersi della bocca del magigiornalista.
 
- Non capisco affatto la logica con cui ci accorpano. -
 
Poco distante, Yann stava con le braccia conserte e lanciava occhiate a quella neo coppia.
 
- Sicuramente una logica c’è e, se posso dirtela tutta, qualcosa mi è già venuto in mente. -
 
Odette, seduta a terra al suo fianco, sfogliava un libro lasciatole con magnanimità dai Mangiamorte. Aveva peraltro notato che Victor aveva guardato il romanzo con sguardo famelico e si sarebbe dovuta sbrigare per finirlo, altrimenti il mago glielo avrebbe sfilato da sotto il naso. Yann guardò interrogativo la strega: -Spiega. – disse asciutto. Odette chiuse il libro con un gesto secco, così spostò l’attenzione sul magifabbro: - Sentimenti, sensazioni forti, affinità. Vogliono stimolarci, in bene o in male. Per quale scopo, non saprei dirtelo. –
 
Yann strinse gli occhi, pensieroso. Effettivamente quella teoria poteva essere sensata; ma cosa si nascondeva dietro? Qual era lo schema  delineato dal dottore? Gli occhi scuri finirono a seguire il battito d’ali di un rapace che, con rapidità, s’avvicinava a lui e Odette. Davanti a loro il falco pellegrino mulinò con rapidità, trasformandosi infine in Roxanne Borgin, la quale prima commentò Victor ed Evangeline parlando di disgusto, repulsione e orrore, poi ignorò totalmente Odette, concentrandosi su Yann.
 
- Reinhardt, devo parlarti, subito. -
 
*

 
Maze si trascinava con malavoglia nel punto voluto dal Giardino. Quella era una giornata maledetta, perché i pensieri e specialmente i ricordi non volevano lasciarla stare. Aveva provato a distrarsi, ma a differenza delle comuni streghe, che potevano sperare di trovare conforto nelle ore del sonno, Mazelyn era invece costretta ad una veglia perenne, che rendeva praticamente impossibile mantenerla lucida. Avrebbe voluto sempre con sé una persona come William, pronto a strapparle un po’ di dolore quando si ritrovava a non sopportarlo più. Ma William non c’era e i ricordi, al contrario, la pungolavano come lente torture. Boccheggiò appena, nel vedere la Borgin tirare via per un polso Yann Reinhardt, il quale protestava a suon di bestemmie. A Maze venne da sorridere; sapeva non ci fosse proprio nulla di cui sorridere, ma qualcosa nell’espressione di quel mago l’aveva distratta.
Eppure il senso di oppressione tornò, ancora più forte, ancora più micidiale. Maze si fermò davanti Odette, la quale era tornata a leggere, stranamente grata dell’intervento della Mangiamorte.
Maze non proferì una sola parola e Odette, di contro, non chiese nulla.
Maze scivolò a terra e si sdraiò sull’erba, con le braccia spalancate, persa a guardare il cielo luminoso; avrebbe potuto rimanere così per sempre. In fondo non era poi così male, quel luogo: veniva nutrita, poteva stare alla luce del sole, aveva incontrato persone tutto sommato interessanti.
Ma quanto sarebbe durato?
Prima o poi il dottor Steiner li avrebbe sfruttati per qualche scopo assurdo, sul quale  la giovane figlia di Caino non sapeva ragionare.
Forse sarebbe stato più semplice accettare la situazione e prendere coscienza del fatto che non erano che cavie da laboratorio.
Forse sarebbe tutto finito molto presto e lei si sarebbe liberata del fardello della sua condizione.
Un vampiro. Non aveva mai accettato di esserlo, Maze.
A ripensarci, a quel periodo, alla ragazza si sarebbero colmati gli occhi di lacrime, se solo avesse potuto piangere.
 
Il secondo anniversario della morte di Jayden era arrivato a soffiarle sul collo, gelido come la neve, bollente come fuoco ardente sulla carne. Chi aveva detto che il tempo ricuciva le ferite sbagliava di grosso. Mazelyn non era guarita affatto; in realtà il dolore per la perdita di suo fratello era ancora vivo e presente, come quel giorno di due anni prima.
Aveva passato tutto quel tempo a logorarsi nella disperazione, tanto che tutto quello che aveva ritenuto importante fino a quel momento aveva perso di significato: gli amici, i ragazzi, le serate mondane, la bella vita. Nulla contava più nulla, perché non c’era più Jayden con cui condividerlo.
Probabilmente la disperazione si sarebbe, molto lentamente, acquietata. Per il momento Maze ritenne di essere ancora in pieno lutto e che niente al mondo l’avrebbe strappata da quell’amara condizione.
Per altro era successo uno strano fatto, qualcosa che aveva peggiorato la sua condizione. Qualche tempo prima, stringendo una fotografia fra le mani, una delle sue preferite che ritraeva la stessa Maze con Jayden e la loro sorellina Serena, che ancora frequentava Hogwarts. Un tempo molto lontano e molto felice, quello lì; già. Ma proprio mentre stringeva quella foto fra le mani, la sua mente e il suo corpo s’allontanarono, portandola a vivere il drammatico momento in cui suo fratello lasciò la vita.
Probabilmente non era stato che un brutto scherzo della mente; aveva sentito così tante volte il racconto di quanto successo, che doveva averlo elaborato a tal punto da ‘ viverlo ‘ in prima persona.
Con gli occhi gonfi di lacrime, Maze capì che l’unica cosa da fare sarebbe stata immergersi nell’alcol e prendersi una sana, bella sbronza.
Così si vestì di tutta fretta e si chiuse alle spalle la porta del suo triste appartamento, che aveva occupato nel momento in cui aveva deciso di abbandonare il maniero Zabini.
Senza una meta precisa, Mazelyn si smaterializzò. Davanti a sé un’insegna di freddo neon recitava ‘ Blue Demon ‘; quella indicava la salvezza della sua serata.
All’interno trovò un pub come tanti altri, né particolarmente pulito, né ben arredato. Ma a Maze non servivano fronzoli quella sera, aveva solo bisogno che qualche ragazzo piacente le offrisse più drink di quanti potesse permettersene lei stessa.
E finalmente, finalmente, la sorte l’aveva accontentata e il suo desiderio prese forma, assumendo le fattezze di Carson McCoy, un ex grifondoro con cui aveva condiviso qualche uscita ad Hogsmeade, ai tempi di Hogwarts. Carson era ancora più piacente di quanto ricordasse: profumava di buono ed il suo fisico risaltava sotto la camicia pallida tanto quanto la sua carnagione.
Furono necessari cinque bicchieri di troppo, per far si che Maze cedesse alle avance del bel mago che l’aveva trattata come una principessa per tutta la sera.
 
“ Se vieni con me, ti prometto che questa notte toccherai il cielo con un dito. “
 
Maze aveva acconsentito, nonostante ci vedesse doppio e i piedi non volevano saperne di camminare in linea; probabilmente il motivo per cui aveva accettato di seguire un semi sconosciuto era esattamente quello, ma non le sarebbe importato: al diavolo i timori, Maze si sarebbe lasciata andare e avrebbe smesso, per qualche momento, di pensare alla morte di suo fratello.
 
“ Dove sono… dove siamo? “
 
Come fosse finita in quella stanza buia, Maze non lo ricordava. Ma una sgradevole sensazione di timore, che presto tramutò in puro terrore, si sostituì presto al desiderio di svagarsi.
Esternamente non ne fu in grado, ma dentro di sé Mazelyn ghignò, pensando quanto fosse tristemente ironica la vita: era arrivata a quel punto per non pensare alla morte di Jay, eppure presto, molto prima di quanto avesse potuto immaginare, lo avrebbe raggiunto.
Il buio calò con quel pensiero. Poi un dolore acuto la pervase, raggelò il sangue ed intorpidì le membra.
Quando aprì gli occhi con estrema fatica, Carson era sparito, lasciandola in una pozza di sangue che aveva impregnato il cuscino e le lenzuola, di quel letto che Maze neanche ricordava.
 
*
 
- Ora… basta! -
 
Una volta allontanati a sufficienza dal gruppo, Yann strattonò il braccio obbligando Roxanne a mollare la presa. Era sconvolto e allibito dal suo comportamento e aveva bisogno immediatamente di spiegazioni.
 
- Ora mi dici cosa diamine ti passa per la testa e specialmente che cosa vuoi da me. -
 
Roxanne si guardò intorno con frenesia, accertandosi che nessuno si trovasse nei paraggi e potesse ascoltare quanto stava per dire. Yann stentò a riconoscerla: da quando l’aveva soccorsa, qualcosa sembrava essere cambiato nella Mangiamorte, ma mai si era presentata a lui con quell’urgenza, mai il suo sguardo era stato così carico d’ansia.
 
- Borgin. -
 
- Ho bisogno di potermi fidare di te. -
 
Quella frase provocò in Yann una risata convulsa: - Fidarti… fidarti di me? Devi essere totalmente impazzita, tu. Ti sei forse dimenticata di essere una spietata Mangiamorte che, per passione, si diverte a tenere segregati quelli come me? Sei ridicola, me ne vado! –
 
- Aspetta, Yann! – Roxanne afferrò ancora una volta il polso del mago, stringendolo con forza e strattonandolo, per attirarlo a sé. Yann non dimenticò mai lo sguardo che scorse in lei: i suoi occhi trasmettevano agitazione, ma mai e poi mai gli erano apparsi così limpidi e sinceri. Forse fu per quello che acconsentì a fermarsi, dando modo a Roxanne di sussurrare: - E se avessi ragione tu? Se mi avessero costretta, a stare dalla parte sbagliata della barricata, per tutto questo tempo? -
 
- Tu farnetichi… - ringhiò davvero alterato Yann, ad un palmo dal viso di Roxanne, - Non cercare di nasconderti… nessuno mai avrebbe intrapreso il tuo stesso percorso, se non per convinzione! -
 
Ma Roxanne non cedette; se possibile, il suo sguardo si fece ancora più fermo, il suo tono ancora più deciso: - Ho ragione di credere che… -
 
- Cosa? Parla. -
 
Sussurrò, Roxie,  ancora più flebilmente: - Yann, i miei mal di testa frequenti, le mie lacune… sono convinta di essere stata obliviata. –
 
Yann spalancò sgomento la bocca. Non poteva credere a quanto gli stesse dicendo Roxanne.
 
- Obliviata, ma di cosa stai parlando… -
 
- Ora non ho tempo per spiegarti, ma ho bisogno di poter contare sul tuo aiuto per andare a fondo di questa storia. -
 
- E io cosa diamine ce ne guadagno? -
 
A quel punto Roxanne cinse entrambi i polsi di Yann con le dita affusolate, ma con maggiore delicatezza. Gli occhi, quelli, mai si mossero dai suoi: - Se mi aiuterai, ti prometto che qualsiasi cosa dovessi o non dovessi scoprire, tu e Alistair uscirete vivi di qui. –
 
Qualcosa nell’animo di Yann gli disse che Roxanne Borgin era sincera. Probabilmente c’era davvero qualcosa di grosso sotto, anche se lui non ne aveva la certezza. Come non poteva sapere se la strega avrebbe, davvero, mantenuto quella promessa.
 
- Perché proprio Alistair? -
 
A quella domanda, Roxanne non rispose. Si limitò ad estrarre la bacchetta con la destra:
 
- Sono pronta al voto infrangibile. -
 
 
Mentre Maze continuava a guardare assente il cielo, Odette alzò lo sguardo dal libro; le parve di vedere, poco distante, un bagliore dorato dissolversi nell’atmosfera. Proprio nel momento in cui stava per tornare a contemplare il suo romanzo, le figure di Yann e la Mangiamorte Borgin apparvero oltre una siepe e, lesti, s’avvicinarono a lei. Fu Yann a rivolgersi a lei:
 
- Ho bisogno di te. – Dichiarò laconico. A Odette bastò immergersi nella sua mente, per comprendere quanto fosse appena successo e quali fossero i motivi per cui Yann Reinhardt aveva deciso di rivolgersi a lei.
 
*

 
Adrian Reed l’aveva liquidata. Arrivati nei pressi del gruppo composto da William, Lucas, Joshua e Elyon, il Mangiamorte parve esitare. Cora notò lo sguardo che l’uomo dedicò alla fiammeggiante chioma della Yaxley, prima di passare la mano con disattenzione a lisciare i baffi e dire che, per fortuna, il dottore richiedeva la sua presenza. Cora non si lamentò dell’assenza del mago e anzi, proseguì verso il gruppo con maggiore serenità, l’attenzione catturata dalla stessa chioma che aveva distratto Adrian.
Elyon non le era mai piaciuta. Quello sguardo a tratti indagatore, a tratti di superficiale indifferenza, era sempre lo stesso; anche quando l’aveva incontrata sporadicamente in passato, aveva sempre pensato che quella ragazza avesse qualcosa che non andasse. In più i genitori l’avevano messa in guardia più volte, arrivando a raccontare delle maldicenze che giravano sul conto della Yaxley: pare che proprio Elyon fosse stata la causa della morte di sua madre, come il fatto che fosse un licantropo e che, per molto tempo, avesse portato avanti loschi affari con Fenrir Greyback.
Come Elyon, Cora temeva in egual modo anche Roxanne Borgin, altra fedele strega incollata alle spalle del dottore.
Inoltre una cosa accumunava le due streghe più grandi, così come le altre figure femminili che circondavano Robert Steiner: l’invidia che Cora Dagenhart provava nei loro confronti. Lo aveva capito con il tempo, anche se aveva sempre cercato di reprimere quel sentimento, che la metteva in soggezione, come lo sguardo che Elyon le stava riservando in quel momento.
 
- Con la principessa Dagenhart direi che siamo al completo. – Sibilò Elyon, non staccando mai gli occhi da lei. La vecchia Cora non si sarebbe fatta abbattere da quella provocazione, ma era vero che il tempo trascorso nel Giardino aveva smosso qualcosa in lei. Probabilmente la sua parte migliore, quella che manteneva la calma e non si faceva schiacciare dai complessi d’inferiorità, stava lentamente emergendo. Cora passò in rapida rassegna Lucas, Joshua, per posare infine lo sguardo su William, che la guardava con comprensione; probabilmente il mago sperava che la giovane strega non attaccasse brighe con Elyon. Cora si limitò a sedere al fianco di William e a chiedere quale fosse l’argomento che stavano trattando con tanta enfasi. Joshua fece un rapido sunto della situazione, mostrandosi chiaro e conciso. La giovane Dagenhart incominciò a sentire pura agitazione avvilupparla, in quanto aveva compreso che toccava a lei, in qualche modo, spiegare quale fosse il legame con il dottor Steiner e se, effettivamente, aveva avuto a che fare con fenomeni simili a quelli descritti dagli altri reclusi. Sulla seconda questione, Cora non seppe cosa dire visto che di cose strane e di situazioni fuori dall’ordinario, date le sue purtroppo innegabili dote da veggente, ne aveva passate molte. Difficile spiegare cosa fosse una profezia e cosa non lo fosse.
Riguardo a Robert Steiner, rimase a lungo muta.
 
- Andiamo, so perfettamente che tuo padre ha un legame molto solido con Robert, non c’è mica bisogno di tergiversare in quel modo. -
Le parole di Elyon arrivarono pungenti. Fu William, ancora una volta, a salvare la situazione:
 
- Non devi preoccuparti Cora, qui nessuno ha nulla da recriminare a nessun’altro. Stiamo solo cercando di andare a fondo della questione per raccogliere elementi che andranno a nostro vantaggio. Sentiti libera di raccontare quello che vuoi, nella maniera in cui ritieni farlo. -
 
Certo, la faceva facile, lui. Come spiegare lo strano rapporto che l’aveva a lungo legata a Robert Steiner, o quantomeno quel rapporto che lei credeva di avere con il dottore, fino al momento prima di essere rinchiusa lì dentro? Inevitabile, per Cora, fu riportare alla mente l’ultima volta che aveva avuto a che fare con Steiner, prima di finire prigioniera nel Giardino.
 
Per molto tempo, Cora non aveva più visto Robert Steiner. Hogwarts l’aveva allontanata dai rapporti di famiglia; una volta presi i M.A.G.O., Cora si vide per forza di cose costretta a confessare ai genitori il suo grande sogno: avrebbe voluto percorrere la lunga specialistica che l’avrebbe portata a diventare un medimago. Inizialmente scontenti, i genitori fecero muro alla figlia, in quanto speravano per lei un futuro garantito al Ministero della Magia, che le avrebbe gonfiato il conto in banca e le avrebbe procurato agganci facili e utili. Ma evidentemente Aleister e Saoirse realizzarono in fretta che neanche la carriera da medimago sarebbe stata poi così male: quale momento migliore per riproporre Cora a Robert Steiner? Aleister teneva moltissimo al rapporto con l’uomo, ritenendolo uno dei più grandi servi fedeli del Signore Oscuro ed era consapevole che, se gli fosse rimasto attaccato, avrebbe guadagnato un posto preferenziale fra le fila dei Mangiamorte.
Così Robert Steiner tornò a frequentare casa Dagenhart in maniera alquanto assidua, iniziando a seguire la figlia di Aleister nel suo percorso di studi. Fu quello il periodo in cui le attenzioni e lo sguardo del dottore mutarono, nei suoi confronti: Robert si presentava ogni volta con qualche regalo speciale per la principessa di casa e i complimenti, sempre impeccabili e discreti, non mancavano di riempirgli la bocca.
Di quelle attenzioni, Cora era lusingata; era vero, da una parte quell’uomo l’aveva sempre un po’ intimorita, dall’altra però ne riconosceva il fascino e il carisma, come l’intelligenza spiccata che, nel complesso, andavano a costituire la forma di un mago di cui si poteva desiderare la compagnia.
Cora dovette imparare a sue spese, purtroppo, che non erano affatto speciali le attenzioni che Robert le dedicava; fu decisiva una cena fra ‘ amici Mangiamorte ‘ a dargliene la conferma.
Quella sera, Cora era particolarmente serena: i vari genitori passarono le ore della cena a spendersi in complimenti reciproci sui loro figli, così che la ragazza non fu obbligata a rispondere a lunghe e tediose domande, così come poteva essere particolarmente grata che la madre fosse troppo presa dagli ospiti, per ammonirla sulla moderata quantità di cibo che avrebbe dovuto ingerire; di tanto in tanto qualcuno si rivolgeva a Cora e lei rispondeva come le era stato insegnato: modo affabile, sorriso di circostanza, movimenti eleganti e mai esagerati.
Robert, stranamente, arrivò in ritardo. Una volta scusatosi fornendo scarse spiegazioni sui motivi che gli avevano impedito di arrivare in orario ( spiegazioni più che sufficienti, visto che il dottor Steiner non era mai in ritardo), l’attenzione di molti si concentrò proprio su di lui, come sempre accadeva del resto. E mentre Robert tentava di dare a tutti il loro spazio, non si risparmiava di lanciare eloquenti occhiate a Cora, alla quale chiese di unirsi a quel gruppo di noiosi adulti, sottolineando che la sua presenza in quella cerchia avrebbe portato una ventata di aria fresca.
Colpa del troppo vino forse, ma d’improvviso si ritrovarono  a scherzare su quale coppia magnifica sarebbero stati Robert Steiner e proprio lei, la figlia femmina dei Dagenhart. Lui un affermato primario, venerato da molti; lei una giovane apprendista scaltra, bellissima e affascinante.
Fra una risata e l’altra, gli occhi vividi di Cora incontrarono quelli di Robert e quello sguardo si trattenne più di qualche secondo, sufficiente a creare in lei uno scombussolamento nuovo.
Sarebbe stato un dispiacere, sposare quell’uomo? Niente affatto, pensò. Cora non disdegnava le attenzioni di un mago tanto affascinante e potente, che al contrario la lusingavano moltissimo.
Mentre la testa era persa a pensare che forse, se lui si fosse proposto seriamente, Cora avrebbe accettato, la strega sentì l’aria mancarle nel petto.
 
‘ Scu… scusate… ho bisogno di aria. ‘
 
Cora ricordò di essere uscita velocemente in giardino, ignorando lo sguardo severo di sua madre e i commenti dei presenti. In quel momento Cora aveva solo bisogno di riprendere il fiato: con forza s’attaccò al corrimano freddo della piccola scalinata che portava ad un livello inferiore dei giardini e pian piano sentì il fiato tornare.
Eppure, contemporaneamente, una mano dalla stretta sincera serrò la sua spalla, portando con sé il pesto buio della perdita dei sensi.
Cora si sarebbe risvegliata nella cella della Voce Divina, solo il giorno a seguire.
 
- Cora… tutto bene? -
 
Spazientita, Elyon sbuffò sonoramente; s’alzò da terra e mentre spazzolava i suoi pantaloni con pesanti manate, per ripulirli dall’erba, alternò lo sguardo astioso da William a Cora:
 
- Ora basta! Ragazzina, questo non è un gioco! Dovremmo ringraziare per il tempo che abbiamo a disposizione e approfittarne per confrontarci nel modo più sincero possibile; invece stiamo qui ad aspettare che tu dica una sola parola, mentre questo damerino non fa altro che trattarti con i guanti! -
 
- Elyon, mantieni la calma, ognuno ha avuto il proprio spazio. -
 
- Me ne fotto di queste stronzate. – Rispose la strega in direzione di William, prima di allontanarsi dal gruppo in tutta fretta. Cora si alzò, con la volontà di seguirla, ma William la trattenne: - Lascia stare, credo che non faresti che peggiorare la situazione andandole dietro. -
 
- Ma lei… io non posso permettere mi tratti così! – Cora fremeva di rabbia.  Fu Lucas ad intervenire schioccando le mani: - Se c’è una cosa che ho imparato trovandomi a stretto contatto con Elyon Yaxley, vista l’adiacenza delle nostre celle, è che sia meglio lasciarla stare, quando si inalbera. -
 
Cora sospirò e seppur con riluttanza, accettò i consigli dei maghi.
 
*
 
Quei cunicoli ventosi erano stati difficili da superare. Eppure, arrivato finalmente a quella porta arrugginita, non riuscì a non sorridere; oltre di essa, il panorama soleggiato aveva dell’incredibile: fiori, piante e alberi di ogni specie proliferavano, dando vita a uno spettacolo mozzafiato, diametralmente opposto al rigido gennaio che stava imperversando sulla Gran Bretagna tutta.
L’uomo passò la lingua sulle labbra, che lentamente allargò in un sorriso compiaciuto.
Finalmente un po’ di sano divertimento, pensò Fenrir Greyback, mentre liberava il corpo dal mantello spesso, che abbandonò accanto alla porta, per poi immergersi nel labirintico Giardino.
 
 


 
Finalmente ci siamo. Ciao a tutti, amati lettori di questa storia che si fa sempre più buia e complicata. Questo è più che mai un periodo difficile, ma ci tenevo a pubblicare l’ultimo capitolo riguardante i vostri oc, prima di partire per le agognate vacanze estive. Volevo salutarvi a modo mio e rassicurarvi sul fatto che latiterò per un mesetto dal sito, ma che tornerò a Settembre, spero più carica che mai.
Finalmente avete scoperto un po’ più di Maze e Cora, sono curiosa di ricevere i vostri pareri in merito.
Ma non solo di loro: Anche la storia grigia di Roxanne sta venendo alla luce. Ve lo aspettavate?
E infine, mentre alcuni dei nostri si rilassano e pensano a dedicare un po’ di tempo a mansioni più piacevoli (si Evie e Victor, sto parlando proprio con voi), un nuovo arrivato è alle porte; povera Martha, lei l’aveva percepita questa magia oscura che il licantropo più odiato della saga si porta dietro!
Dal prossimo capitolo cambierà tutto, in primis ovviamente il format: tutti torneranno ad essere protagonisti, chi in un capitolo chi in un altro.
Beh, ritengo che sia molto divertente lasciarvi in sospeso così, ma voi cercate di non odiarmi troppo, ve ne prego.
Con questo vi saluto e auguro anche a voi di passare delle buone vacanze estive. Per chi di voi partecipa all’interattiva che ho messo in piedi con AdhoMu, mia adorabile compagna fidata, spero ci vedremo ad agosto.
Vi abbraccio.
 
Bri
   
 
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