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Autore: lone_wolf_08    31/07/2019    3 recensioni
Il Reame Boscoso era la sua casa. Thranduil e Legolas la sua famiglia.
Eppure la sua vita lì non sarebbe potuta durare per sempre. Il coraggio di una donna sarà messo a dura prova da un destino inevitabile e da un passato doloroso.
Morwen lo guardò negli occhi: “Chi sono io?”
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 9 : IL CARADHRAS



"È nella separazione che si sente e si capisce la forza con cui si ama." F.M.D.




Ripresero la marcia all’alba. Dai volti pallidi e tirati traspariva la stanchezza fisica dovuta all’ostilità del Caradhras. L’assenza di Morwen, che era rimasta seduta sul masso fino al momento di ripartire, non era stata ignorata dagli altri e quando Legolas la vide unirsi al gruppo in partenza le si avvicinò.

“Dov’eri? Non hai dormito?”.

“Non riuscivo…sai no? L’agitazione, l’adrenalina…”.

“Anche ieri hai dormito poco”.

“Ora mi spii?" gli chiese divertita.

“Ero in turno di guardia se ti ricordi”.

“Non sai quanto sei fortunato ad essere elfo. Certi sogni ti stancano più di una notte insonne”.

“Per questo non dormi? Per non sognare?”.

“A volte si”.

Legolas la guardò stranito. Che sogni poteva mai aver fatto per sconvolgerla così? Decise di sondare un po' il terreno.

“Sono incubi?”.

“In un certo senso…”.

Le sue risposte erano sempre evasive ma stavolta sarebbe riuscito a farla parlare. Camminavano fianco a fianco nella neve. Il bianco silenzio della montagna li circondava, aumentando di volume le loro voci.

“Vuoi parlarne?”

“Meglio di no” rispose bruscamente.

“Morwen io sono qui per aiutarti, non capisco perché ti ostini a tenerti tutto dentro. Una volta ti confidavi con me su tutto. Non capisco cosa sia cambiato da allora…”.

Il risentimento nella sua voce fece sentire in colpa la ragazza che non seppe come rispondergli, perciò continuò a camminare tenendo la testa china.

“Se proprio non vuoi rispondermi ti degneresti almeno di guardarmi?”.

L’elfo stava cominciando ad infastidirsi, cosa che accadeva raramente.

“Ti credevo più matura”.

La ragazza si girò di scatto trovandosi faccia a faccia con il biondo.

“Se non ti parlo di certe cose avrò i miei motivi! Perché mi obblighi a raccontarti tutto? Se mi vuoi bene davvero allora lasciami i miei spazi! Credevo fossi diverso da Thranduil…Lasciami in pace!”.

Aveva provato a nascondere il tremolio della voce ma aveva fallito, inoltre aveva alzato la voce. Il resto della compagnia, che nel frattempo era andato avanti non accorgendosi della sosta dei due, si voltò e, intuendo cosa stava succedendo, stette fermo per non interrompere.

“Mi dispiace sentirti fraintendere le mie intenzioni. Semplicemente vorrei che mi dimostrassi un po' più di fiducia. Ma sì, tieniti tutto dentro e lascia che ti corroda, io in fondo ti faccio sentire in trappola. Sai cosa penso invece? Penso che la trappola te la porti dietro ovunque tu vada e che te la sia creata tu stessa”.

Poi la sorpassò andando a ricongiungersi al gruppo che, dopo aver esitato un po', riprese la marcia. Morwen non sapeva se sentirsi arrabbiata con Legolas per la schiettezza delle sue parole o con sé stessa per non essersi confidata con lui riguardo al sogno.

Hai fatto bene a non dirgli niente! Sono affari tuoi che diritto ha lui di sapere tutto quello che ti capita?

Morwen scacciò la voce del suo orgoglio e cercò di riconcentrarsi sul percorso accidentato che aveva davanti.

Camminarono per tutta la giornata, fermandosi qualche volta per uno spuntino o per riposare le gambe. Dopo la discussione con Legolas, Morwen non parlò con nessuno. Merry e Pipino tentarono di farla sorridere raccontandole qualcuna delle loro innumerevoli bravate, fallendo però miseramente. La testa di lei era altrove.

A mezzanotte videro scendere i primi fiocchi di neve, dapprima piccoli e radi poi, avanzando coi metri, e col tempo si fecero spessi e numerosi fino a riempire l’aria. Si faticava nel vedere distintamente i compagni, oramai divenuti ombre scure. Morwen urlò per farsi sentire sopra l’ululato del vento.

“Gandalf! Non si vede niente! Non potremmo fermarci?”.

“Concordo con Morwen, Gandalf. Fermiamoci!” la sostenne Aragorn.

Lo stregone, davanti a loro, indicò col bastone un gruppo di rocce poco più avanti. “Laggiù!”.

Le rocce offrirono riparo ai viandanti infreddoliti e stanchi, che sostarono, sorseggiando un pò di miruvor, aspettando che la bufera si placasse. Quando questo accadde, ripresero la marcia con rinnovata fiducia. La neve non li accecava più e il vento non fischiava più minaccioso nelle orecchie. Non fecero neanche in tempo ad abituarsi alla ritrovata calma notturna, che la tempesta tornò alla carica, se non come prima, ancor più violenta. Morwen, come tutti del resto, non ce la faceva più a proseguire. Le gambe e i piedi erano come di piombo, gli occhi ridotti a fessure, si sentiva sbalzata dalle folate gelide. Ormai andava avanti per pura forza di volontà. Davanti a lei, Boromir, che stava portando in braccio gli sfiniti Merry e Pipino, avanzava penosamente mentre Aragorn, che portava Frodo, era dietro di lei seguito da Sam con il fedele Bill. A chiudere la fila stava Gimli, mentre in testa avanzava Gandalf. Legolas, affianco allo stregone, camminava senza evidente fatica sullo strato superficiale di neve, tendendo le finissime orecchie per captare rumori strani.
Boromir stava rallentando il passo e la mora capì che doveva essere stanco di portare gli hobbit e avanzare alla cieca nella neve, ormai divenuta alta.

“Boromir dammi un hobbit sei esausto!”.

“Ce la faccio principessina, pensa a rimanere in piedi tu piuttosto”.

In un'altra situazione la mora gli avrebbe sputato in faccia. Probabilmente se ci avesse provato ora, lo sputo si sarebbe ghiacciato in aria solidificandosi in una mini-stalattite andando a conficcarsi negli occhi del gondoriano. Ma cosa le veniva in mente? Era il freddo a farla impazzire per caso?

“Non ce la farai a portarli entrambi ancora per molto. Hai la testa più dura della roccia di questa maledetta montagna, lasciatelo dire”.

“Sarò anche una testa dura ma sono più resistente di te ragazzina” ribatté sprezzante.

Stupido! Stupido e irrazionale. Non fece in tempo a rispondergli che il biondo inciampò e cadde nella neve trascinandosi appresso i due hobbit, ai quali scappò un gemito di sorpresa.

“Hai bisogno di altre motivazioni o ti basta questa?”.

Boromir si rialzò in silenzio, ferito nell’orgoglio, e senza neanche una parola prese con sé Merry e riprese la marcia. Morwen, per nulla sorpresa dall’atteggiamento, caricò su di sé Pipino e si avviò dietro il gondoriano senza aggiungere altro. Non seppe dire quanto tempo passò da allora, un’ora, forse due, magari cinque. Il freddo, la neve e il vento non la facevano più pensare lucidamente; si preoccupava solo di mettere un piede davanti all’altro senza sosta.

Gandalf e Legolas sembravano gli unici veramente all’erta del gruppo, perfino Aragorn sembrava al limite. Ad un tratto la voce di Legolas irruppe nell’ululato del vento.

“Gandalf sento qualcosa! La percepisco!”.

“Che succede?”.

“Avverto ostilità nel vento, nella neve, nella roccia, in tutto ciò che ci circonda, Gandalf”.

“E’ il Caradhras! Avverto la sua malvagità”.

“Gandalf dobbiamo andarcene è troppo pericoloso!”, era la voce di Aragorn.

Cominciava a temere seriamente il potenziale distruttivo di quell’entità.

“Ve ne siete accorti adesso che è stata una pazzia?” si fece sentire Boromir sopra il boato del vento.

Lo stregone non fece neanche in tempo ad aprire bocca, che uno scricchiolio preoccupante fece alzare i loro volti, riempiendo tutti di muto terrore. Un pezzo di montagna si era staccato, portando giù con sé neve e detriti. Una valanga sulle loro teste. Pipino urlò e si strinse forte al collo della ragazza.

“Presto! Tutti contro la parete, al riparo!”.

Un’ondata bianca sommerse la compagnia fino alla testa, mentre i pezzi di roccia scivolavano giù dal versante innevato. Morwen si sentì sprofondare in un abisso freddo e immacolato, poi un colpo alla testa la fece vagare in un secondo abisso, stavolta buio.

Thranduil stava davanti a lei, sempre impeccabile nelle sue vesti eleganti. “Papà!”, voleva corrergli incontro ed abbracciarlo ma qualcosa le bloccava i piedi, le gambe, il busto. Riuscì solo a piangere. “Oh Ada mi sei mancato”. “Tu mi hai disubbidito Morwen”, il volto era accigliato ma la sua voce traspariva una morbidezza paterna. Le lacrime solcavano le guance della ragazza, che esplose disperata “Mi dispiace tanto! Sono solo una stupida avventata, mi sono messa in una storia più grande di me e ora non posso tornare indietro. Mi sentivo forte e pronta a tutto ma ora…”, si interruppe in un singhiozzo. Una mano calda le accarezzò la guancia eliminando le lacrime. Thranduil si era avvicinato. “Io non sono arrabbiato con te. Prima lo ero, poi ho capito che mi stavo comportando da egoista. Dovevi fare la tua scelta e l’hai fatta. Non potrei essere più orgoglioso di te. Sei una donna forte e coraggiosa, e sei mia figlia, lo sarai sempre”. La mora alzò lo sguardo e fissò gli occhi arrossati dal pianto in quelli dolci e pieni di affetto di lui. “Non so se sarò forte abbastanza…”. “Tu lo sarai Morwen, lo sarai…”. Le diede un bacio sulla fronte. “Io sono sempre con te”, poi l’immagine e la sua voce sparirono. Rimase solo il buio penetrante in cui era precipitata. “No Ada! Thranduil non andartene! No no no! Papà! Ho bisogno di te! Ho bisogno…non andartene…ti prego…”. Chiuse gli occhi e pianse.

***

Un piacevole tepore la avvolgeva e quando socchiuse gli occhi, si chiese che ci faceva Legolas stretto a lei, sotto ben tre coperte! Aprì del tutto gli occhi e si accorse di essere in una stretta fenditura della montagna. Il vento e la neve infuriavano ancora all’esterno e, davanti a loro, un piccolo fuoco coraggioso crepitava, riscaldando l’angusta cavità. Appena si mosse, mettendosi seduta per uscire dalle coperte, Legolas si destò.

“Morwen! Come stai? Hai freddo? La testa ti fa ancora male? Ricordi qualcosa?”.

Quella raffica di domande le turbinò nella testa, confondendola.

“Io…aspetta…”, si guardò intorno e si accorse che non erano soli.

In un angolo sulla destra riposavano i quattro Hobbit, mentre Aragorn stava seduto vicino all’ingresso, fumando la sua pipa in silenzio. Il ramingo incrociò il suo sguardo e la giovane sentì una scossa lungo la spina dorsale. Quegli occhi avevano un che di speciale e profondo che non sapeva ancora decifrare. Dov’erano però Gimli, Gandalf e Boromir? Si voltò di nuovo verso l’elfo e nello stesso tempo avvertì una forte fitta alla testa. Si tastò accorgendosi di una fasciatura che le correva tutto intorno alle tempie e alla nuca.

“Ma che è successo?”.

“Una valanga ci ha sommersi e tu hai preso una bella botta. Come mi chiamo?”.

“Credo proprio che il tuo nome sia Idiota. Ci vuole ben altro che un masso a farmi dimenticare di te…”.

Lui la guardò sorridendo, poi la aggiornò su tutto. “Abbiamo trovato questo anfratto scendendo dalla montagna perché sì; abbiamo rinunciato a passare dal Caradhras. Frodo ha deciso che passeremo per Moria, con somma gioia di Gimli. Non mia…”.

Il suo sguardo luminoso d’un tratto si incupì. Poi riprese come se nulla fosse.

“È stato Boromir a strapparti dalle grinfie della morte. Pipino era mezzo sconvolto e lui è stato l’unico ad accorgersi che mancavi”.

Morwen sgranò gli occhi, per una volta non sapeva cosa dire. Cercò di mascherare l’imbarazzo cambiando discorso.

“Dove sono gli altri?”.

“Sono andati in avanscoperta, non vogliamo più rischiare altri pericoli dopo quello che ti è successo. Sono partiti da parecchio, ormai dovrebbero essere di ritorno”.

E infatti la punta di un cappello grigio fece la sua comparsa nella fenditura rivelando l’ingresso di Gandalf, seguito da Gimli e Boromir.

Lo stregone le rivolse un sorriso stanco “Sono felice di vedere che ti sei ripresa Morwen. Sei pronta? Ci aspetta un lungo cammino”.

“Sono pronta” rispose lei finendo di vestirsi.
Sotto le coperte infatti, aveva solo la tunica leggera e i calzoni, tutto il resto le era stato tolto e messo vicino al fuoco ad asciugare. Poi cercò Boromir con lo sguardo ma lui la ignorò.

La compagnia riprese a camminare in discesa. La neve e il vento cominciarono a diminuire di intensità facilitando i movimenti e rassicurando gli animi. Infine smise del tutto di nevicare e un piccolo spiraglio di sole fece capolino dai neri nuvoloni che li sovrastavano.

“Un raggio di speranza amici miei” li esortò Gandalf.

A fine giornata giunsero finalmente alla base del Caradhras e tutti tirarono un sospiro di sollievo.

“Non voglio più vedere un fiocco di neve almeno per i prossimi 100 anni!” esclamò Gimli sedendosi esausto su un masso.

“Come biasimarti” disse Pipino sedendosi a sua volta.

“Ci accamperemo qui stanotte” annunciò Aragorn tornando da un breve pattugliamento della zona.

“Non ci sono pericoli in vista” li informò Legolas, che lo aveva accompagnato.

Boromir posò giù armi e scudo. “Vado a prendere la legna per il fuoco”. Quindi si avviò verso il boschetto lì vicino.

“Ti aiuto” si offrì Morwen, posando a sua volta le armi tranne il fedele coltello.

Si voltò per seguire l’uomo e non poté non leggere un gran stupore negli occhi di tutti.

“Che c’è?” chiese lei sulla difensiva.

I due stettero in silenzio per un po', Boromir sembrava ignorarla del tutto. L’aveva salvata! Ora perché la stava evitando?

“Volevo ringraziarti per avermi tirata fuori dalla valanga” cominciò lei.

“Siamo una squadra” rispose semplicemente. “Non potevo lasciarti morire”.

“Già…suppongo di sì”.

“E comunque dovresti ringraziare l’elfo; è lui che ti è stato vicino tutto il tempo. Io ti ho solo tirata fuori”.

La ragazza pensò a Legolas. Le era rimasto accanto per scaldarla. Pensò a quanto si fosse spaventato all’idea di perderla e si accorse d’un tratto che non l’aveva ancora ringraziato.

“Sì, è vero, ma tu hai fatto la tua parte e sei intervenuto in tempo”.

“Quando non ti ho più sentita inveirmi contro ho capito che doveva esserti successo qualcosa” disse raccogliendo un grosso legno.

Morwen non potè non sorridere.

Boromir interruppe il lavoro per guardarla. “Niente battute sarcastiche?”.

“Stavolta no”.

“Posso chiederti cosa mai ho fatto per meritarmi la tua ostilità?”.

“Davvero me lo stai chiedendo? Sai essere davvero sgradevole. Per i Valar...Sei davvero insopportabile. Io piuttosto cosa mai ti ho fatto?”.

“La tua arroganza e finta sicurezza mi urtano i nervi”.

“Perchè tu invece sei l’umiltà in persona” ribatté infastidita.

“Se non fosse per me a quest’ora saresti ormai parte del Caradhras” disse alimentando il fuoco che stava cominciando a bruciare dentro la ragazza.

“Non ti ho chiesto io di salvarmi”, “e tanto per la cronaca, ora pensi di rinfacciarmelo a vita?”.

“Ti ricordo solo che hai un debito con me e…”, poi si interruppe.

“So bene di esserlo, ma questo non ti arroga il diritto di comportarti…”.

“Zitta”. L’uomo distolse lo sguardo dalla mora accigliandosi.

Morwen lo guardò offesa.

“Zittiscimi un’altra volta e giuro che-”.

La mano di Boromir andò a tapparle la bocca prima che potesse finire la sua minaccia.

“Ascolta…”.

I due tesero le orecchie e un ululato giunse loro forte e chiaro. Un ululato, due ululati e ne vennero altri seguiti da ringhi e urla di battaglia. I rumori provenivano da dove la compagnia si era accampata. Uomo e donna si guardarono all’unisono; negli occhi una muta certezza. I mannari stavano attaccando! Nello stesso momento mollarono la legna che avevano tra le braccia e corsero all’impazzata verso l’accampamento. Morwen arrivò poco prima di Boromir e quel che vide le mandò una scarica di adrenalina mista rabbia che la fece scattare in difesa degli amici. Pipino era a terra e si teneva una mano ferita, davanti a lui Merry lo difendeva a spada sguainata. Gandalf fronteggiava ben tre mannari e sembrava cavarsela egregiamente. Legolas, in cima ad una roccia, scagliava frecce come se non ci fosse un domani, mentre ai piedi della stessa roccia, Gimli, mulinava la sua fedele ascia abbattendo numerosi lupi. Erano veramente tanti! Frodo e Sam stavano faticando contro un grosso mannaro e infine riuscirono ad abbatterlo con l’aiuto di Aragorn. Il ramingo poi, vedendo arrivare Morwen e Boromir, sembrò tirare un sospiro di sollievo. Si accucciò per prendere le armi del gondoriano, che aveva lasciato lì e gliele lanciò. I nuovi arrivati cominciarono a combattere con una tal ferocia che alcuni lupi si ritirarono di spontanea volontà. Ora ne rimanevano solo cinque. Due puntarono sulla ragazza ringhiando, ma lei era pronta al contrattacco. Sentì una presenza vicina e quando guardò, si trovò gli occhi di Aragorn puntati nei suoi. Una forte determinazione bruciava negli occhi di entrambi. Cominciarono a menare fendenti e schivare morsi come se si fossero allenati insieme da una vita. Capivano al volo le mosse l’una dell’altro non intralciandosi mai nei movimenti, e questo li rendeva un’arma micidiale. In poco tempo i due lupi caddero morti, così come gli altri tre a opera del resto della compagnia. La battaglia era conclusa e loro stremati e feriti. Aragorn si rivolse allo stregone.

“Gandalf qui non siamo al sicuro, Saruman invierà un altro gruppo, dovremmo rimetterci in marcia e trovare una grotta, dopo aver cancellato con cura le tracce”.

L’interpellato si guardò attorno. Gli hobbit erano seduti, sconvolti e tremanti, mentre Legolas stava fasciando con un panno pulito la mano di Pipino. Gli altri erano in piedi, troppo tesi e pieni di adrenalina per sentire stanchezza e dolore, ma si leggeva negli occhi di tutti che un riposo era necessario.

“No. Siete troppo stanchi per andare avanti. Non temete, starò io di guardia”, decise lo stregone.

Non avevano più le forze per spostare le carcasse dei lupi, perciò si accamparono nel boschetto dove Boromir e Morwen stavano raccogliendo la legna e, toccato il suolo, si addormentarono di colpo.

Ancora una volta, la principessa del Reame Boscoso, sognò la voce del bambino che da giorni la perseguitava nel sonno, vide la donna senza volto e sentì sé stessa urlare: “Papà! Non lasciarmi! Non andartene!”.

Ancora una volta si svegliò di soprassalto.

“Allora non sono l’unico ad avere incubi”.

Poco distante dal suo giaciglio, Boromir, seduto, la osservava con curiosità.

“Buono a sapersi” rispose lei freddamente.

Si sdraiò di nuovo cercando di tornare a dormire, ma il cervello continuava ad accavallare pensieri senza sosta e una domanda emerse sulle altre. Si tirò su a sedere di nuovo e guardò l’uomo.

“Come sono i tuoi incubi?” chiese per pura curiosità.

Sulle prime si diede della stupida. Figuriamoci se proprio Boromir le avrebbe detto cose così intime come i sogni. In questo caso incubi. Erano la causa per cui non dormiva, di certo non li avrebbe raccontati a lei. Perciò rimase molto stupita, quando lui cominciò a spiegare.

“Vedo Minas Tirith, la mia città, in rovine. L’albero bianco di Gondor che va a fuoco. La mia famiglia morta”.

Il tono di voce dell’uomo era atono ma Morwen riuscì a scorgere nei suoi occhi un lampo di…paura? Dolore? Non ne era sicura. Chi l’avrebbe mai detto che si sarebbe confidato proprio con lei? Era forse una dimostrazione di fiducia?

“Da quanto tempo lo sogni?”.

“E’ questo il motivo che mi ho spinto a partecipare al consiglio di Elrond”.

Morwen gli rivolse un’occhiata di compassione.

“Mi dispiace…è tanto allora che non dormi”.

“Ormai ci ho fatto l’abitudine”.

Per la prima volta la giovane notò quanto i suoi occhi grigi fossero segnati dalla stanchezza. Provò pena per l’uomo.

“E tu? Non hai digerito bene il lembas?”.

“No…anch’io ho incubi ricorrenti”.

“Beh io mi sto annoiando e qualcosa mi dice che non tornerai a dormire”.

“Non riuscirei a descriverli bene. Non li comprendo nemmeno io…”.

“A volte non c’è bisogno di capire, sono così e basta”.

“Sento voci, vedo sagome ma mai volti. L’atmosfera è sempre cupa e avverto sempre una strana sensazione”.

“Che tipo di sensazione?”.

“Come se queste persone mi conoscessero o che siano legate a me in qualche modo”.

“L’hai detto all’elfo?”.

“Legolas non sa nulla”.

“Perché a me lo dici allora?” il tono tra il sospettoso e l’incredulo.

“Credo sia più facile confidarsi con qualcuno di cui non ti importa l’opinione”.

***

Ripartirono a metà mattinata e giunsero ai cancelli di Moria la sera stessa. Il sole era tramontato da un pezzo e la luna si rifletteva tetra nelle acque torbide del Sirannon. Esso, infatti, era un torrente che passava nei pressi delle porte. Ora però, del Rivo del Cancello, rimaneva un solo filo d’acqua, che percorreva timido l’antico letto tra i sassi rossi e marroni. Era stato arginato e riempiva l'intera vallata antistante, apparendo come un cupo e malsano stagno. Tutto era arido e squallido e la vita mancava sia in terra che in cielo. Morwen si sentì quasi soffocare. C’era davvero un abisso di differenza tra Bosco Atro e quel posto.

“Temo che dovremo dire addio alla nostra bestia da soma. Che ognuno prenda con sé parte dei viveri e l’acqua. Ovviamente la quantità che riesce a portare” dichiarò Gandalf alla compagnia.

“Ma non possiamo lasciarlo in questo posto da solo signor Gandalf!” protestò Sam, che si era molto affezionato al pony.

“Mi dispiace Sam ma non possiamo farlo addentrare nell’oscurità di Moria”.

Sam abbracciò il collo dell’animale con le lacrime agli occhi “Scusa Bill”.

Poi Gandalf si avvicinò, posò una mano sulla testa del pony e gli parlò a bassa voce. Poi si voltò verso lo hobbit. “Ecco ora è protetto dalle mie parole di guardia e guida”, lo rassicurò.

Morwen si avvicinò a Sam e gli mise una mano sulla spalla stringendola con dolcezza. “Se la caverà. Anch’io ho dovuto lasciare un caro amico. Chissà, magari si troveranno” gli disse sorridendo.

Nel vedere Sam costretto ad abbandonare il pony, Morwen, rivisse gli ultimi momenti con Dagor e fu sopraffatta dalla tristezza. Cercò di consolarlo, ma la verità era che cercava di consolare anche se stessa. Il fedele destriero gli mancava molto. L’avrebbe mai rivisto? Lo sperava con tutto il cuore.

Ora Gandalf era davanti a una parete di roccia tra due alberi. Passò una mano sulla superficie liscia e poco dopo apparvero vene luminose, che man mano si ingrossarono formando un disegno e, sopra di esso, un’iscrizione a caratteri elfici: « Ennyn Durin Aran Moria / Pedo mellon a minno » cioè « Le porte di Durin Signore di Moria / Di' amico ed entra ».

“Che significa?” chiese Merry.

“Beh mi sembra ovvio, mastro Brandibuck. Gli amici che conoscono il lasciapassare riusciranno ad aprire le porte ed entrare a Moria”

“E tu conosci la parola giusto?” chiese Boromir allo stregone.

“No!” rispose egli.

Tutti al sentire ciò furono costernati. Solo Aragorn era impassibile.

“A che pro allora condurci in questo posto maledetto?” gridò il gondoriano su tutte le furie.

Morwen sapeva che Gandalf non era uno sprovveduto e si infastidì quando Boromir lo aggredì a quel modo. Anche lei era reticente ad entrare a Moria ma di certo non si sarebbe messa a litigare con lo stregone. Non perché ne avesse paura, quanto per il rispetto che serbava nei suoi confronti.

“Credi che non sappia quello che fa? Sai, penso proprio che abbia leggermente più esperienza di te” rispose lei a tono.

“Quella botta in testa ti ha fatta uscire di senno? Ma nessuno apparte me pensa che sia una pazzia entrare là dentro?” esclamò esasperato.

“Adesso basta Boromir” parlò finalmente Aragorn avvicinandosi al capitano, “Entreremo là dentro perchè così è stato deciso dal portatore dell’anello. Resta pure qui se vuoi ma ti ricordo che hai prestato un giuramento a Imladris, sta a te decidere se rispettarlo o meno. Confido solo nella tua lealtà”.

Detto questo andò a sedersi su un masso lì vicino e prese a fumare, nell’attesa che Gandalf avesse trovato la parola. Boromir non ebbe più nulla da dire e anch’egli andò a sedersi contrariato su un altro masso.

Morwen era rimasta incantata dal discorso del ramingo. Le poche volte che parlava era un grande trascinatore. Aveva zittito Boromir con un’innata eleganza e la mora pensò che avesse proprio la stoffa del leader.

Gandalf provò tutte le parole possibili, ma la porta non cedette mai. Man mano che il tempo passava, i membri della compagnia cominciarono a pensare che lo stregone non ce l’avrebbe mai fatta. Morwen andò a sedersi vicino ad Aragorn che, impassibile come sempre, stava seduto da solo a fumare.

“Posso provare?” chiese lei indicando la pipa con un sorriso.

Aragorn la guardò come se si trovasse di fronte ad una bambina curiosa. Le porse lo strumento e lei fece un tiro profondo, inspirando una gran quantità di fumo.

“Ehi vacci piano!” la avvertì lui.

Infatti, la mora esplose, cominciando a tossire ripetutamente, gli occhi lacrimanti. Aragorn rise di gusto a quello spettacolo esilarante e lei lo spinse debolmente.

“Smettila. È colpa tua che non mi hai fermata in tempo”.

“E come avrei potuto? Eri troppo divertente”.

“Ah, è così? Godi della mia sofferenza? Che persona orribile!” esclamò fingendosi indignata.

Risero di nuovo. Lei lo osservò e quando l’uomo se ne accorse parlò.

“Sei più bello così. Dovresti sorridere più spesso”.

Lui allora le rivolse un sorriso sincero “Potrei dire la stessa cosa a te”.

“Ma io ogni tanto lo faccio. Te invece è la prima volta che ti sento ridere o sorridere da quando siamo partiti”.

“Allora dovresti essere fiera di te stessa. Sei riuscita a farmelo fare”.

Si guardarono entrambi senza sapere come continuare la conversazione. Poi Morwen distolse lo sguardo e cambiò discorso.

“Ti ricordi quando eravamo sul Caradhras? Ti stavo chiedendo di Margon”.

“Mi ricordo” rispose disinteressato.

“Volevo chiederti se per caso tu abbia avuto l’occasione di conoscere suo figlio…”.
“A dire la verità non credevo avesse figli”.

Morwen capì che era sincero. Kludd le aveva mentito su suo padre? E sul fatto che aveva avuto il privilegio di conoscere Aragorn?

“Magari non ti ricordi…Il nome Kludd ti dice niente?” insistette lei.

Il ramingo si voltò improvvisamente e dalle iridi azzurre, Morwen, capì che quel nome non gli suonava nuovo.

“Kludd hai detto?”.

La giovane era contenta di vedere che ne sapeva qualcosa. “Si…lo conosci?”, il tono di voce speranzoso.

“No, ma so chi è. La mia gente lo chiama “il corvo”. Ci sono molte storie su di lui, voci strane. Ti dirò solo che è famoso per la sua scaltrezza e misteriosità. Di certo non è una persona da prendere alla leggera o una di cui potersi fidare. Tu come fai a conoscerlo?”.

L’uomo ora aveva assunto un’aria preoccupata e al contempo sospettosa. Morwen capì che non poteva rivelargli i rapporti che aveva con lui, ma non poteva nemmeno negare di conoscerlo.

“Io…lo conobbi mesi fa. Combattevo contro un gruppo di contrabbandieri e mi sono imbattuta in lui. Mi disse il suo nome e quello di suo padre. Poi riuscii a scappare e non lo rividi più”.

Aragorn la guardò poco convinto, poi però annuì e fece cadere la conversazione alzandosi in piedi. In quel momento sentirono un rumore raschiante provenire da dietro di loro. Si girarono e videro con stupore e felicità che Gandalf ce l’aveva fatta. Aveva aperto i cancelli di Moria!

Il gruppo si avviò dietro l’arcata massiccia, addentrandosi nell’oscurità della montagna. Il puzzo che invase le loro narici e l’aria pesante fece loro accapponare la pelle. Quella montagna aveva tutta l’aria di essere disabitata. Poi i loro occhi si abituarono al buio e, aiutati dalle torce, videro uno spettacolo orrendo. Scheletri di nani, ancora nei loro assetti da battaglia, giacevano ai loro piedi. Morwen rabbrividì e afferrò convulsamente il braccio di Legolas. Stava cercando di reprimere un conato di vomito. Finora non aveva mai visto la morte così da vicino e non erano solo gli occhi a vederla. La sentiva nell’odore di chiuso, la sentiva nel silenzio che la circondava e l’avvertiva nell’anima. Legolas le strinse la mano nel tentativo di rassicurarla.

“Non è una miniera” esclamò Boromir, e poi aggiunse più cupo “E’ una tomba”.

“No no no!” Gimli era disperato; già si figurava il benvenuto caloroso che gli avrebbe riservato il cugino Balin e invece si era trovato di fronte ad un massacro.

La sua gente morta ai suoi piedi. Morwen non osò pensare al destino che era stato riservato al vecchio nano se già le sue guardie, o meglio, ciò che ne restava, erano in quello stato.

“Usciamo da qui!” si fece sentire Aragorn.

Poi accadde altro. L’urlo di Frodo squarciò la notte senza stelle.

“Aiuto! Aragorn!”.

Tutti uscirono seguendo il disperato richiamo dello hobbit e Morwen vide il mezz’uomo librarsi sulle loro teste; un tentacolo gli avvolgeva la caviglia sollevandolo a testa in giù sul lago. Altri numerosi tentacoli si agitavano nelle acque nere e turbinose. Che diavolo era quello??? Il ramingo scattò in avanti a spada sguainata, colpendo tentacoli all’impazzata. Il mostro mollò la presa su Frodo, che cadde a capofitto nell’acqua nera, emergendo qualche secondo dopo, tossendo e invocando aiuto. Anche Boromir si era lanciato all’attacco e colpiva con furia l’essere acquatico, che in risposta agitò con più fervore i tentacoli, stavolta afferrando Aragorn. Legolas scagliava frecce e Gimli e Gandalf portavano al riparo gli hobbit nella miniera. Morwen vide che Frodo non era ancora uscito dall’acqua e ora un secondo tentacolo l’aveva afferrato trascinandolo giù. Aragorn e Boromir erano troppo impegnati a coprire la ritirata che non lo videro. Toccava a lei salvarlo. Si lanciò di corsa verso il lago ignorando le urla di Legolas e si tuffò senza esitazione. L’acqua era fredda e le ricordò la neve del Caradhras che l’aveva sommersa, ma l’adrenalina sblocco la paura e si immerse laddove Frodo era scomparso. Legolas sconvolto chiese aiuto.

“Aragorn! Morwen si è tuffata nel lago!”.

L’uomo si girò di scatto, il viso accigliato. Poi si voltò verso Legolas per fermarlo dal fare la pazzia di seguirla.

“Lasciami andare!” gli gridò contro l’elfo.

“No! Devi avere fiducia in lei. Io so che può farcela”.

Legolas mutò la sua espressione da arrabbiata a preoccupata e con grande difficoltà diede ascolto al ramingo. Tornò a scoccare frecce, sperando con tutto sé stesso che l’amico avesse ragione. Pochi secondi dopo, Morwen, riemerse reggendo qualcuno tra le braccia: Frodo! Nessuno si era accorto che lo hobbit era rimasto nel lago. Legolas, come gli altri, pensava che fosse tornato con i compagni nella miniera dopo essere stato liberato. Morwen invece se n’era accorta e non aveva esitato a tuffarsi in suo aiuto. Stavolta Legolas non venne fermato quando si precipitò in aiuto della giovane. Si caricò Frodo in braccio e, prendendo la mano della ragazza, l’aiutò ad uscire dall’acqua e a correre al riparo. Aragorn e Boromir coprivano la ritirata. Pochi secondi dopo erano tutti intrappolati nella montagna. Un ammasso di rocce infatti, aveva bloccato l’ingresso. Ora dovevano per forza prendere quella via.

“Come stai?”.

“Ti ho detto che sto bene Legolas” rispose per la terza volta da quando era uscita dal lago. “Comunque…”, disse prendendogli le mani, “…devo ancora ringraziarti per averti preso cura di me quando rischiavo l’ipotermia”.

“Non devi ringraziarmi, ho fatto ciò che ogni fratello avrebbe fatto”.

“Già...”.

Poi il biondo ruppe l’imbarazzo creatosi.

“Comunque cerca di non farti venire manie di grandezza ora che hai salvato qualcuno”.

“Tranquillo, tanto ce le ha già” si intromise Boromir.

Lei si girò guardandolo male “Sul serio, qual è il tuo problema?”.

Vennero interrotti dalla voce di Gandalf.

“Sbrighiamoci, ci aspettano quattro giorni di cammino e poi saremo fuori da questa tomba”.


Nota dell'autrice:


Rieccomi da voi tesssoriii💖

Sono consapevole del mio esorbitante ritardo e mi scuso, ma ho avuto da fare un sacco tra esami di sport e scuola. Inoltre ho avuto un brutto periodo per il quale ho interrotto la scrittura. Ma ora rieccomi qua a riprovare a recuperare il ritmo che un tempo avevo. Stavolta il capitolo è più lunghetto del solito ma spero che ciò non cambierà la vostra fedeltà nel leggere la mia misera storiella da fangirl impazzita XD.

Mi piacerebbe davvero tanto ricevere vostre recensioni su quello che pensate del capitolo e della storia in generale. Sarebbe uno sprono a continuarla e poi si può sempre migliorare. Sia chiaro non voglio obbligarvi a recensire (e invece si LOL). No dai comunque spero stiate passando delle vacanze migliori delle mie. Vi saluto e vi mando un grande abbraccio, dandovi ovviamente appuntamento al prossimo capitolo!

AAAH dimenticavooo...Se qualche lettore qui è anche fan del Trono di Spade (#multifandomsemprepresente) vi consiglio di passare dal canale del mio bro RedelNord che sta scrivendo una storia fantasticaaaa (in realtà non lo so perchè non l’ho letta ma nevermind so che scrive beneee) 😅💕

PS: Miruvor = cordiale di Imladris

Besos

Kia

   
 
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