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Autore: T612    02/08/2019    1 recensioni
James vorrebbe solo che Parigi assumesse le sembianze di un punto fermo, un luogo dove gli incubi possono venire dimenticati, lasciando spazio al sole caldo ed ai violini che suonano ad ogni ora del giorno… ma sa che non è possibile, perché i demoni non riposano mai e si annidano nell’ombra, soprattutto se hai insegnato loro come nascondersi.
Natasha vorrebbe solo riuscire a chiamare Parigi “casa”, dimenticando i mostri sepolti sotto la distesa bianca di Mosca per il bene di entrambi, ma ancora esita a voltare completamente pagina e non sa spiegarsi di preciso perchè… forse perchè dai propri demoni non si può scappare troppo a lungo, specialmente se sono l’incarnazione dei misfatti compiuti in Siberia.
Entrambi non possono far altro che procedere per tentativi sperando per il meglio, ma presto o tardi l’inverno arriva anche a Parigi… e la neve è destinata a posarsi inesorabile sui capi di innocenti e vittime, senza discriminazioni e soprattutto senza fare sconti a nessuno.
[WinterWidow! // What if? // >> Yelena Belova]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'M.T.U. (Marvel T612 Universe)'
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PRIMA PARTE - CAPITOLO III


 

 

10 maggio 2018, Porto di New York, Manhattan

 

Le sirene della polizia rischiarano il pontile illuminandolo ad intermittenza, mentre il sole si nasconde dietro alle nuvole che minacciano pioggia, rendendo il cielo un'unica lastra grigia opprimente ed accecante. Nick Fury si sentiva molto in sintonia con il tempo atmosferico, aggirandosi sulla passerella con fare circospetto assumendo le sembianze di un'ombra nera che registra silenziosa ogni microscopico dettaglio, confondendosi tra gli agenti in servizio e supervisionando i rilievi della scientifica. 

Il corpo senza vita di Nick Stanton era stato ritrovato prima dell’alba, la notizia era stata diramata in tutti i canali di comunicazione della NYPD, raggiungendo anche i piani più alti dell’Helicarrier attraverso soffiate secondarie, spingendo Fury a scendere dal suo trono disperso tra le nubi temporalesche nel tentativo di venire a capo di quella questione che ultimamente lo teneva impegnato giorno e notte. 

In tarda serata gli era giunto un rapporto che certificava l’assenza del terzo Soldato del Progetto Zephyr a San Francisco, ma non aveva fatto in tempo a porsi una qualsiasi domanda sulle dinamiche della scomparsa che il cellulare era squillato informandolo del cadavere annegato… e dopo una attenta analisi della questione era giunto alla conclusione che forse Stanovich aveva raggiunto il suo scopo e non era più utile alla causa, oppure nonostante la sua utilità andava punito per aver richiamato attenzioni indesiderate.

Era uno schema terribilmente semplice, ma stando alla lista dei superstiti e delle probabili minacce, Nick non riusciva a mettere a fuoco chi fosse il mandante ed il fatto che nemmeno due dei suoi tre migliori Agenti non riuscivano a risolvere quel rompicapo, lo rendeva solamente più paranoico di quanto già non fosse… Barnes era evasivo e Romanoff lo proteggeva, mentre Hill operava dal Complesso cercando di destreggiarsi tra le nuove reclute e la cernita degli indizi raccolti, ma a confronto sarebbe stato infinitamente più facile trovare un ago in un pagliaio. 

Il libro paga dell’HYDRA era stato smantellato, il KGB non esisteva più da anni, la Stanza Rossa era morta insieme al suo fondatore qualche mese prima seguendo l’esempio del Dipartimento X… restavano briciole di pane sparpagliate sull’atlante geografico, troppo isolate per essere considerate una vera minaccia, ma non trascurabili al punto da non venire nemmeno registrate dai radar, lasciandoli tutti a brancolare nel buio seguendo una bussola senza Nord che girava a vuoto incapace di fermarsi puntando al bersaglio preciso.

Assecondando la propria paranoia, Fury era finito per inseguire ogni scia di mollichine di pane che i suoi Agenti trovavano, intercettando ed inviando piste che reputava veritiere basandosi sul proprio istinto, sorpassando i controlli senza problemi attingendo agli agganci seminati in ogni dove, riuscendo a mettere la mani sul cadavere di Stanovich prima del coroner eseguendo una veloce diagnostica. Il presunto Signor Stanton era morto per una ferita ad arma da fuoco prima di venire gettato in acqua, chi aveva eseguito l’omicidio evidentemente si era lasciato trascinare dall’euforia del momento, non accorgendosi che la vittima sanguinava copiosamente inzuppando le assi della passerella e lasciandogli addosso il transponder –miracolosamente ancora funzionante– che lui aveva avuto la premura di rubare dalla scena del crimine. 

A distanza di circa un'ora era riuscito a delineare una sorta di filo conduttore, ma nonostante il suo zelo nel riordinare i dettagli caotici raccolti inserendoli nell’hardware dell’Helicarrier e la sua vasta conoscenza dei segreti dell’universo collezionati nell’ultima ventina d’anni nello spionaggio, i vari elementi continuavano a non legare tra loro come avrebbero dovuto, costringendo Fury a scendere dal suo piedistallo sventolando bandiera bianca, rassegnandosi a convocare in ufficio i maggiori esperti in materia di complotti sovietici che aveva a disposizione. 

-‘Giorno, Capo. -afferma James varcando la soglia, l’aspetto di chi si era appena alzato dal letto ma non stava necessariamente dormendo, lisciando la maglietta spiegazzata cercando di rendersi quantomeno presentabile per un colloquio.

-Cosa è successo di così urgente al punto da convocarvi a quest’ora indecente? -chiede Natasha seguendo a ruota il compagno attraverso la porta ed indicando l’orologio appeso sul muro che segnala le sei del mattino, con ancora addosso una delle magliette sformate di James spacciata per pseudo-pigiama ed i pantaloncini della tuta, accaparrandosi una delle sedie posizionate intorno alla scrivania nascondendo a stento uno sbadiglio.

-Un cadavere. -commenta Fury sedendosi al tavolo spostando il plico di documenti dal ripiano high-tech ed innalzando la proiezione olografica dell’Hardware disponendo le prove raccolte.

-Il mandante? -lo interroga James con tono pratico analizzando le prove, intrappolando ostinatamente tra i denti un sospetto fondato. -Hai avuto notizie da San Francisco?

-La capsula era vuota da anni. -li informa Fury allungando nella loro direzione le immagini dei rilievi eseguiti dalla scientifica, presto intercettati da una Natasha improvvisamente sveglia e reattiva, che si tuffa in mezzo alle fotografie alla ricerca di un modus-operandi apparentemente inesistente. -E nessuna notizia dal mandante, sono stati impacciati, ma non stupidi. Niente riprese dalle telecamere di sicurezza o quant’altro, quindi possiamo considerarla ufficialmente una caccia ai fantasmi. 

Fury aspetta pazientemente che uno dei due si decida a prendere la parola iniziando ad esporre i fatti, ingannando il tempo studiando i tic nervosi che entrambi credono di dissimulare bene in sua presenza, analizzando il fremito impercettibile delle dita di Natasha ed il tamburellare distratto del piede di James, intercettando lo sguardo di quest’ultimo che attraversava il foglio con riportati i referti dell’autopsia senza leggerlo davvero. 

James sapeva esattamente a cosa stavano andavano incontro e Natasha era senza ombra di dubbio sua complice in quel silenzio forzato, Fury tollerava a fatica il loro caparbietà nel rinviare la resa dei conti in favore di una pace illusoria –andando contro a tutte le regole del buon senso, soppresso da una paura atavica che il Colonnello non riusciva propriamente a giustificare–, trascinandoli dal primo all’ultimo in una attesa esasperante che non poteva più essere ignorata, nel timore concreto che quel vaso di Pandora che i due tanto temevano si aprisse liberando tutti i demoni che celava al suo interno.

-Ragazzo?

-Mh. -il suono gutturale spezza il silenzio creatosi, richiamando indietro James dal turbinio dei suoi pensieri ed attirando l’attenzione della compagna, che tenta senza successo di dissipare i lampi che gli illuminano lo sguardo. -Cosa vuoi sapere?

-Il Progetto Zephyr. Parla. -ordina Nick scandendo il nome in codice del progetto con tono autoritario, intercettando lo sguardo elettrostatico che intercorre tra i due, nascondendo in esso un tacito consenso inframmezzato da un sospiro. 

-Sono tre Soldati, Nick… -cede James dopo un respiro più profondo degli altri ed una scrollata di spalle, iniziando finalmente a condividere le informazioni dopo le dovute conferme inequivocabili. -... i più anziani, gli unici che apparentemente non hanno dato di matto dopo l’iniezione del siero sviluppato da Howard nel ‘91.

La pausa che segue l’affermazione diventa necessaria per metabolizzare l’informazione, mentre Fury annuisce soddisfatto invitandolo a proseguire nella spiegazione, captando in sordina i movimenti di Natasha che si raddrizza contro la sedia andando a collidere con le dita di James che si poggiavano sullo schienale in un gesto apparentemente distratto.

-Quello prelevato al Casinò a Las Vegas si chiama Arkady, è il più impulsivo e sconsiderato dei tre. -inizia ad elencare James contando con le dita. -Restano Dimitri, forse il più innocente di tutti, e Leonid, l’esibizionista ambizioso… che se la giocano 50 a 50 sul deposito abbandonato in California.

-Quanto dovremmo preoccuparci? -interviene Natasha con fare pratico, trattenendo tra le dita una fotografia che le adombrava lo sguardo da quando l’aveva sfilata dal plico. 

-Non lo so… facevano capo a Lukin all’epoca, non ho idea per chi lavorino ora, come ignoro completamente quale dei tre sia stato internato a San Francisco. -espone James sforzandosi di mantenere il tono della voce in campo neutro, strappandosi a forza le parole dalla gola eseguendo gli ordini, ma evitando di scivolare in sfumature che avrebbero sicuramente rivelato molto più dell’indispensabile. -Sono la versione peggiore di me… inarrestabili, senza scrupoli, seguono schemi mentali… imprevedibili.

-Massimo danno con il minimo sforzo? -traduce Natasha ottenendo un cenno del capo in assenso, decidendosi ad esporre la fotografia che si rigirava tra le mani al centro del tavolo dopo un leggero tentennamento. -Il fatto che Stanovich avesse il mio marchio sul collo rientra negli schemi mentali imprevedibili? 

-Credevo avesse il mio marchio. -ribatte James afferrando la foto e dipingendosi un'espressione estremamente confusa sul volto. -Non ha senso… 

-Lo so, ma… 

-Di grazia, cosa diavolo è il marchio? -sbotta Fury con tono fintamente pacato attirando lo sguardo di entrambi, irritato dal ritrovarsi in una scomoda posizione di svantaggio, odiando profondamente quando i due davano per scontata la comunicazione a voce in favore delle congetture mentali che si muovevano in sincrono nella testa di entrambi. 

-Questo. -afferma James puntando l’indice sulla fotografia indicando quella che a primo acchito lui aveva scambiato per una semplice voglia dai bordi frastagliati, riconoscendo che la macchia ricordava vagamente la forma di una clessidra formata da due triangoli. -Se il cadavere è marchiato l’omicidio viene certificato dai capi, salgono i punti in graduatoria e si ha diritto a tutta una serie di agevolazioni.

-Ma quello è il mio marchio, la clessidra. -interviene Natasha indicandosi il punto dove di solito c’era la fibbia della cintura della sua tenuta da combattimento per sottolineare il concetto, raggomitolandosi sulla sedia e sistemandosi distrattamente la maglietta di almeno un paio di taglie più grande, per poi puntare il dito sul braccio di metallo del compagno. -Il suo marchio è una stella a cinque punte.

-Il che non ha minimamente senso, visto che per quanto ne sappiamo il programma Red Room è stato chiuso dopo la morte di Petrovich. -riprende James con tono ovvio, indirizzando le congetture di Fury nella giusta direzione. -Quindi abbiamo davanti un depistaggio, una istigazione diretta oppure hanno riunificato il Dipartimento X… e sinceramente non so quale delle tre prospettive sia la peggiore, Nick.

-Nulla di nuovo insomma. -commenta Fury con una scrollata di spalle, il cervello che già elabora organizzando il da farsi con le nuove informazioni acquisite. -Ordinaria amministrazione.

 

***

 

14 maggio 2018, Palazzo delle Nazioni Unite, New York

 

-Sei in posizione? -chiede James alla ricetrasmittente, controllando l’entrata del palazzo con fare circospetto passeggiandoci nuovamente davanti, fermandosi giusto il tempo per gettare a terra il mozzicone spegnendolo con la punta della scarpa.

-Calmo. -ribatte Natasha confermando per la terza volta, permettendosi di nascondere la risposta nel tono esasperato della voce. 

-Sono calmo. -ribatte alzando la testa dal marciapiede cercandola con lo sguardo affinando la vista, scorgendo in lontananza il puntino rosso dei capelli della donna che si puntella alla ringhiera sopra l’Isaiah Wall, mentre la suoneria del cellulare infrange la monotonia del rumore di fondo e la mano dell’uomo scatta veloce verso la tasca dei jeans, ritrovandosi a fissare il volto di Natasha che illumina lo schermo. 

-Abbiamo un collegamento via radio per queste cose. -puntualizza James con tono vagamente seccato, fissandola a distanza al di là del traffico.

-Non sappiamo quando arriveranno di preciso e non puoi più continuare a tallonare l’entrata con le mani in tasca, stai iniziando a destare sospetti. Fingi di raggiungimi. -obietta la donna con tono ovvio, facendogli alzare gli occhi al cielo gettando la testa all’indietro in reazione alla correzione. -Ti vedo, James. Piuttosto dimmelo.

-Sei una rompiscatole paranoica. -la asseconda mentre l’accenno di un sorriso affiora dalle sue labbra, cambiando direzione da quella predefinita andandole incontro.

-Anche tu. -ribatte lei discostandosi dal parapetto, puntando alle scale per scendere a livello della strada avvantaggiandosi. -Le persone tendono a rispettare la privacy altrui quando sono al telefono, quindi chiacchieriamo.

-Argomenti da evitare? -si informa con tono pratico, incastrando il dispositivo tra l’orecchio e la spalla, tastandosi le tasche alla ricerca delle sigarette. 

-Magari evita il riepilogo di cosa dobbiamo fare, non credo sia molto d’aiuto. 

Era quasi mezzogiorno e, stando alle informazioni reperite da Fury, ci sarebbe stato un attacco alla Sede dell’ONU da parte di Dimitri e Arkady, una sorta di apripista per garantire l’affermazione del nuovo sodalizio tra le fazioni restanti, il quale prevedeva una distrazione principale all’entrata ed un supporto nelle retrovie con un accesso dal parcheggio sotterraneo. La donna lo conosceva abbastanza bene da essere sicura nell’affermare che fare il punto delle situazione non gli avrebbe fornito un pretesto per placare l’ansia, anzi, non avevano mai sfiorato l’argomento e James aveva passato comunque l’ultima mezz’ora a consumare le suole delle scarpe sul marciapiede, sfilacciando il bordo della t-shirt tarmata mascherando una preoccupante astinenza da nicotina che aveva avuto la meglio sui suoi buoni propositi, mentre la sua paranoia sottolineava invadente almeno una decina di cose –un attacco a sorpresa, la rinuncia sofferta al rassicurante strato in kevlar dell’uniforme per non allarmare i civili, le nuove armi da fuoco studiate appositamente per la missione ma mai testate prima– che potevano andare irrimediabilmente storte.

-Credo di aver deciso dove mi offrirai la cena. -la informa l’uomo dopo aver scartabellato mentalmente tutti i discorsi concessi, cercando una distrazione dai pensieri più opprimenti, ottenendo soddisfatto un verso di lamentela in risposta. -Nel ristorante dove ti ho portato l’anno scorso per il compleanno.

-Mi piace lì. -cede facilmente la donna, aspettando che scatti il semaforo permettendole di attraversare la strada, cercandolo con lo sguardo sul ciglio opposto, beccandolo con la seconda sigaretta mezza consumata che gli pende dalle labbra. -Non dovevi limitarti ad una?

-Mi sembri Steve quando fai così. -ribatte lui fregandosene della frecciatina, girando i tacchi per ripicca, ma assecondandola spegnendo il mozzicone e puntando all’accesso del parcheggio sotterraneo come da accordi iniziali. 

-Scusa se ci teniamo ai tuoi polmoni… -commenta sarcastica in risposta, interrompendo il principio di predica quando una utilitaria nera accosta dall’altro lato della strada lasciando scendere un uomo alto e dai capelli talmente biondi da sembrare bianchi, mentre l’auto fa inversione di marcia e punta al parcheggio sotterraneo. -James.

-È Dimitri, io mi occupo di Arkady. -ordina prima di riattaccare la chiamata, mentre l’auto gli sfreccia a fianco e lui accellera il passo per non lasciarsela sfuggire, avvertendo una sgommata contro il pavimento lucido del parcheggio come conferma all’essere stato visto.

Supera l’auto abbandonata davanti all’ingresso con la portiera ancora aperta ed insegue Arkady di corsa fino al piano terra, mentre l’uomo tenta di seminarlo imboccando continui corridoi e cercando di rallentarlo iniziando a sparare a vuoto seminando il panico.

-Chiudetevi negli uffici! -urla ai curiosi incauti che si affacciano al corridoio, correndo a rotta di collo cercando di placarlo. -Fuori dai piedi!

James non sa quali fossero i piani precisi affidati al Soldato, ma evidentemente Arkady aveva dovuto adeguarsi all’imprevisto, correndo incontro al fratello d’armi puntando alla hall e sbucando di fronte al combattimento in corso tra Natasha e Dimitri –troppo presi dalla lotta da non rendersi conto dell'intrusione– mentre Arkady si volta nella sua direzione fronteggiandolo con un sorriso saccente sulle labbra per averlo trascinato vicino al suo punto debole… un errore da principiante, ignaro che se lui e la compagna finivano insieme sul campo di battaglia diventavano pressoché inarrestabili. 

-Ci avevano detto che eri morto. -sibila tra i denti Arkady mettendosi in posizione d'attacco con un coltello tra le mani, armandosi a sua volta per uno scontro ad armi pari, alzando la lama appena in tempo per parare il colpo dando inizio al combattimento.

James non sa di preciso come, ma riesce a finire schiena contro schiena con Natasha fornendole un appoggio per contrattaccare Dimitri e garantendo a lui un aiuto nel schivare i colpi inflittagli da Arkady, che preso dalla rabbia cieca si stava rivelando un avversario più difficile da battere di quanto preventivato. 

James si ritrova velocemente a sferrare, schivare e rispondere agli affondi con una meccanicità tale da richiamargli alla mente le sessioni di allenamento al Dipartimento, dimenticandosi per un solo secondo dove si trova… ed un secondo basta perché Arkady gli passi sotto il braccio fulmineo puntando a Natasha, bloccandolo per il gomito appena in tempo trascinandoselo contro… rendendosi conto in ritardo che il contraccolpo genera una spinta ottimale per cambiare la traiettoria della lama, spostandosi appena in tempo per evitare il disastro, ma ritrovandosi comunque con una ferita che gli attraversa il quadricipite rimpiangendo amaramente la tenuta in kevlar. 

Inciampa e cade a terra attutendo appena il colpo portando le mani in avanti, sopprimendo un grido che attira comunque l’attenzione di Natasha, che si volta nella sua direzione diventando preda facile di Dimitri… ma che tuttavia lo riconosce per la prima volta dall’inizio dello scontro, arrestandosi immediatamente gettando l’arma a terra in segno di resa, lasciando intendere il suo rifiuto nello spodestare l’insegnante.

-мастер1 -lo saluta in segno di rispetto suscitando gli sguardi sorpresi di tutti i presenti, incurante degli ordini ricevuti e della propria sorte, mentre Natasha si blocca interdetta e reagisce istintivamente facendogli da scudo umano quando Dimitri si avvicina più del dovuto. 

Succede tutto troppo in fretta perché James riesca ad elaborare la dinamica, ma appena Dimitri accenna un movimento innocuo verso la sua direzione, Arkady lancia un secondo coltello perforando il giubbotto antiproiettile del fratello all’altezza del cuore al grido di “Traditore”, per poi abbassarsi sfilandogli la pistola dal retro dei jeans puntandola verso Natasha, che ha appena il tempo di raggiungerlo a terra prima che l’arma esploda tra le mani del Soldato superstite.

-Almeno sappiamo che gli upgrade funzionano. -commenta Natasha con vena ironica, appurando che il sistema di riconoscimento delle impronte digitali sul calcio della pistola aveva fatto il suo dovere, voltandosi impensierita nella sua direzione. -Stai bene?

-мастер1 -si sente chiamare James da un Dimitri morente lasciando cadere nel vuoto la domanda apprensiva della donna, cercando istintivamente di alzarsi ottenendo una fitta dolorosa alla gamba, presto anticipato dalla compagna che intuisce al volo le sue intenzioni.

-Dimitri, cosa sai? -si inginocchia Natasha a fianco del Soldato ad un paio di metri di distanza, premendo con forza sulla ferita sul petto cercando di rallentare l’inevitabile.

-черная вдова2 - sussurra l’uomo con voce fioca, annaspando alla ricerca delle ultime boccate d’aria. -Non volevo farlo, non volevo… мастер1...

-Non importa, ti sei fermato. -lo rassicura la donna accelerando sulle ultime sillabe, conscia di non avete più tempo. -Cosa sai, Dimitri? 

-Leo… Leonid è tornato a… casa, è tornato da… -il gorgoglio del sangue si porta via il nome che cercavano da giorni, ottenendo come unica informazione “casa”, mentre il Soldato tossisce sangue ed esala l’ultimo respiro.

-Cazzo. -impreca Natasha lasciandosi cadere seduta a terra, afferrandosi la testa tra le mani frustrata, mentre James ruota lentamente su un fianco alzandosi a sedere.

-Cazzo. -impreca a sua volta registrando il lago di sangue che si sta allargando sul pavimento, mordendosi la lingua temendo di tranciarsela di netto quando preme le dita sulla carne esposta. -'Tasha…

-Oddio. -la donna si precipita al suo fianco con una traccia d'ansia ben palpabile nella voce, reagendo d'istinto praticando le manovre di primo soccorso, strappandogli un lembo dei jeans con cui tamponare la ferita. -Okay, non ha reciso l'arteria, é già qualcosa. Non svenire, appena arriviamo al furgone trovo il modo di procurarti un anestetico e metterti dei punti. 

James iniziava a percepire i primi suoni ovattati ed il campo visivo offuscato quando la squadra tattica irrompe nella hall capitanata da Maria Hill, mentre qualcuno consegna loro la cassetta del pronto soccorso e Natasha gli fascia la gamba in modo sufficientemente stretto per permettergli di  arrancare fino al furgone vuoto, lasciandosi cadere di peso su uno dei sedili scalciando le scarpe, mentre la compagna lo libera dai pantaloni insanguinati, procurandosi l'occorrente per ricucirlo. 

La puntura di anestetico placa il bruciore e lo aiuta a ridefinire i contorni del proprio campo visivo, riacquistando di nuovo lucidità mentre la donna si dà da fare con ago e filo lasciando che il silenzio regni sovrano, insicuro di come colmarlo mentre i farmaci iniettati cominciano a fare finalmente effetto.

-Ma che ti è preso!? -esplode improvvisamente Natasha dopo attimi di silenzio eterni.

-Per una frazione di secondo sono tornato in Siberia. -confessa con tono monocorde gettando il capo all'indietro contro la parete di lamiera, consapevole a priori che sia inutile mentirle.

-Non sarebbe dovuto succedere. -commenta la donna mettendo l’ultimo punto, tagliando il filo con i denti sfuggendo al suo sguardo… sottolineare gli errori, specialmente i propri, non è una pratica che le dava soddisfazione. -Non avrei mai dovuto lasciatelo fare, sei troppo coinvolto. 

-Impedirmelo non avrebbe cambiato nulla, Natalia. -commenta James ragionando sugli ultimi sviluppi. -Almeno sappiamo che dobbiamo cercare Novokov.

-Non sappiamo ancora chi l'ha riportato a casa, James… o il perchè abbia mentito ai fratelli.

-Lo scopriremo… mi togli il caso o mi copri di nuovo le spalle?

-Secondo te? -ribatte lasciando trasparire un sorriso ironico sulle labbra che rende la risposta implicita mentre finisce di bloccargli la fasciatura, issandosi in piedi facendosi spazio tra le sue gambe, correndo con le mani alla sua nuca sollevandogli il capo ancorando lo sguardo al proprio. -Stai bene?

-Fisicamente o mentalmente? -cerca di scherzare osservandola dal basso afferrandole i fianchi, ottenendo un'occhiata di fuoco in risposta. -Sono ad un passo dal tracollo mentale, ma mi rimetto in sesto tra qualche ora, tranquilla.

-Questo lo so. -conferma Natasha tirandogli leggermente i capelli sulla nuca, finendo per posargli le labbra sulla fronte. -Posso fare qualcosa per mettere ordine qui dentro?

-No… -afferma, circondandole i fianchi in un abbraccio, seppellendo il capo contro il ventre della donna. -O meglio, nulla di diverso da quello che fai già.

Natasha sospira lasciandosi andare al contatto, iniziando a districargli le ciocche sulla nuca in una rara coccola affettuosa… probabilmente è anche colpa dell'anestetico, ma James crede seriamente che non possa esistere sensazione più paradisiaca di quella.

 

***

 

15 maggio 2018, Dark Room - Base operativa, Mosca

 

Leonid Novokov ha dimenticato a San Francisco cosa sia la pietà verso se stesso o il prossimo, o almeno prova a convincersene, altrimenti non saprebbe spiegarsi il perché non provi assolutamente nulla di fronte alla consapevolezza della morte dei fratelli.

Li aveva cercati così a lungo, aveva minacciato e pestato a sangue chiunque avesse uno stralcio di informazione per rintracciarli, lasciandosi andare ad un barlume di speranza quando finalmente qualcuno in Minnesota gli aveva fornito delle coordinate… ma quando Arkady e Dimitri avevano riaperto gli occhi sul mondo, la loro prima reazione era stata quella di cercare un referente a cui fare rapporto, elemosinando notizie sul loro Maestro, perché lui avrebbe saputo cosa fare se si fosse risvegliato in un tempo che non era il suo e non c’era nessuno ad accoglierlo. 

Leo non era nessuno –era un uomo che non possedeva un passato definito e si prefigurava un futuro incerto proprio a causa del loro Maestro– e ne era rimasto deluso… dei fratelli, delle sue stupide aspettative, dalla mancanza di un legame che su carta non esisteva nonostante lui lo desiderasse con tutto se stesso, solo per affermare dopo anni di solitudine di aver finalmente trovato il suo posto nel mondo. 

Forse era per quel motivo se aveva detto loro che зимний солдат3 era morto, oppure voleva semplicemente evitare quello che alla fine era successo comunque: Dimitri aveva dimostrato fedeltà a chi non se la meritava ed Arkady aveva reagito d’impulso… che il loro Maestro fosse un osso duro era un dato di fatto e non poteva negarlo, come non poteva far finta di niente se Arkady era morto peccando di ignoranza, perchè nonostante tutto loro erano ciò che erano grazie al Soldato d’Inverno.

A conti fatti non si sentiva in lutto per i fratelli, era semplicemente dispiaciuto per la perdita di quel paio di soldati che formavano il suo personale esercito sottonutrito… poco importava il tempo sprecato, se voleva portare a compimento la sua vendetta, le uniche mani di cui poteva fidarsi erano le proprie e quelle di chi poteva portarlo dove ambiva ad arrivare.

-Madame. -porge i suoi saluti quando raggiunge la figura in controluce della donna, fermandosi al suo fianco di fronte al vetro specchiato, spiando le sei bambine danzare in punta sotto lo sguardo vigile di Yelena.

-солдат4.-ricambia Madame B voltandosi nella sua direzione. -Ho saputo che i nostri piani sono andati in fumo a causa dei tuoi fratelli.

-Solo uno dei due. -ribatte prendendo le difese di Arkady, perchè forse sotto sotto almeno per lui prova ancora qualcosa di simile all’affetto. -Arkady ha fatto il suo dovere, solo che… зимний солдат3 è stato previdente.

-Sarebbe a dire?

-Armi con riconoscimento delle impronte digitali, esplodono se non sei autorizzato ad usarle. -sciorina una spiegazione in fretta. -Credo possano impugnarle solamente lui e la Romanova.

-Buono a sapersi, insegneremo loro ad utilizzare esclusivamente armi bianche… -afferma la donna con tono pratico, tornando a posare lo sguardo sulle bambine che si esercitano alla sbarra. -... mentre tu e Yelena imparerete a disintossicarvi da quelle da fuoco.

-Certo Madame. -conferma molleggiando sui talloni, in attesa di un congedo che tuttavia non arriva. -C’è altro?

-Secondo te cosa abbiamo sbagliato? 

-Durante la missione di ieri…?

-No. -lo interrompe tempestiva Madame B. -Lukin, Petrovich, Zemo… cosa abbiamo sbagliato?

-Il piano di Zemo5 era buono… il problema è che non stiamo tentando di distruggere un'organizzazione, vogliamo distruggere una famiglia. -ragiona con tono ovvio destando la curiosità della donna, che lo incita a perdersi nelle proprie congetture con un gesto della mano. -Gli Avengers prima di tutto sono una famiglia, a prescindere di quanti errori possano commettere o torti possano causare. Sono fratelli, sorelle, mentori, protettori ed amanti… se si tronca la fonte di tale legame si crea uno squilibrio… e loro creano esattamente il genere di sbilanciamento che può ribaltare drasticamente la sorte a nostro favore.

Madame B sorride estasiata dalla nuova prospettiva descritta, concedendogli una stretta alla spalla riconoscente, intuendo dal suo sguardo di cosa ha bisogno per portare a termine il suo piano, rispondendo con un’occhiata che promette di mettergli a disposizione il mondo pur di ottenere quel traguardo ambito da entrambi.

-Yelena si impegna, ma non raggiungerà mai il suo livello. -commenta Madame B siglando tacitamente il sodalizio appena proposto, tornando ad osservare la donna con sguardo critico, probabilmente figurandosi al suo posto la Vedova Nera originale.

-Cosa ne faccio di lui? -chiede delucidazioni Novokov in merito al destino del proprio Maestro, pregando tacitamente di ottenere carta bianca.

-A cosa mi serve lui quando ho te? -si sbilancia Madame B, liquidando l’adulazione con una scrollata di spalle. -Divertiti pure.

-Sarà fatto, Madame. -ghigna soddisfatto contraccambiando il sorriso della donna. -Ci divertiremo da impazzire.





 

Note:

  1. Traduzione dal russo: “Maestro”.

  2. Traduzione dal russo: “Vedova Nera”.

  3. Traduzione dal russo: “Soldato d’Inverno”.

  4. Traduzione dal russo: “Soldato”.

  5. La versione più estesa e dannosa di Civil War, è stata largamente documentata in “Till the end of the line”.



 

Commento dalla regia:

Ammetto che ho voluto sperimentare introducendo la visione del “grande schema delle cose” di Fury, una sorta di sfida personale che spero vi sia piaciuta, scritta principalmente assecondando la mia necessità narrativa di descrivere le varie sfumature nelle reazioni comportamentali/fisiche sia di James che di Natasha in contemporanea.

Vi annuncio che dal prossimo capitolo “mi divertirò da impazzire” nel scombinare i piani dei nostri beniamini, qualora voi aveste ipotesi sul come accadrà l’inevitabile sarei curiosa di sentirle, ma anche un’opinione generale sul progredire della storia (se vi sta piacendo oppure no, cose del genere) è molto gradita!

Alla prossima settimana,

_T :*

   
 
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