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Autore: AlsoSprachVelociraptor    02/08/2019    1 recensioni
Lloyd Richmond, giovane film-maker dal fisico fragile, la mente contorta, il cappello della Planet Hollywood calato sui suoi cinici occhi azzurro ghiaccio e il fidato coltellaccio appeso alla cinta, è pronto a tutto per diventare il regista che ha sempre sognato di essere.
Anche essere mandato dalla BBC a Ronansay, un'isola sperduta a nord delle fredde coste della Scozia e bagnata del tremendo mare del Nord a indagare su un misterioso hotel che si dice essere infestato dai fantasmi.
All'albergo, tuttavia, Lloyd troverà segreti ben peggiori di uno spirito; scheletri nell'armadio, doppiogiochisti pericolosi, destini segnati nel sangue, porte chiuse a chiave, il mare del Nord affamato che chiederà sempre più sacrifici umani.
E sì, anche un fantasma.
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[Storia liberamente tratta alla serie tv "Two Thousand Acres of Sky" della BBC, anche se NON c'è bisogno di conoscere la serie per leggere la storia, dato che ne è solo ispirata. Anzi, se non la conoscete è molto meglio]
Genere: Comico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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-Domani?-

-Domani mattina, non molto dopo l’alba. Tua madre non mi sopporterebbe un giorno di più e lo sai.- ridacchiò Lloyd, pettinandole i lunghi capelli.

Da quando Jo era stata salvata in extremis sulla spiaggia, di Ken non c’era più stata traccia da nessuna parte. 

Jo aveva rotto la maledizione.

Divise i suoi capelli con una riga sul mezzo, e ricominciò a spazzolare, poi ad annodare i capelli, con calma e senza nessuna fretta.

Non doveva fare niente, non doveva incontrare nessuno, e nessuno era né all’hotel, né a Londra ad aspettarlo.

Dovrebbe essere stata la norma per Lloyd, eppure, ora che aveva conosciuto la compagnia, il rispetto e un sentimento strano che ancora Lloyd non si sentiva in vena di pronunciare, era tutto diventato più difficile.

Intrecciò due trecce con i lunghi e morbidi e lucenti capelli della ragazza, e le lasciò ricadere sulle sue spalle. -Ecco, Pippi. Sei anche rossa.-

La ragazza sgranò gli occhi e arrossì, facendo per tirargli uno schiaffo. Ne giro di due giorni era tornata forte e in forma, e forse anche più vivace del solito. Forse solo con lui.

Nel suo sguardo, però, c’era  anche tristezza. Come una tempesta estiva, sul suo viso nel giro di qualche istante si formò un broncio. -Papà non…-

-Finalmente gli hai dato la pace eterna. La meritava. Ma hai rischiato di morire in un modo idiota come è morto lui, e per questo meriteresti una bella punizione.- rispose velocemente Lloyd, cercando di mascherare la sua tristezza. Non poteva, non più.

-Mi ha salvata lui- si lasciò scappare la ragazza, stringendosi le mani in grembo, sul lettino d’ospedale.

Era ancora ricoverata, per accertamenti. Aveva forse ancora acqua di mare nei polmoni, qualche bernoccolo in testa che non avevano esaminato, o cali di pressione per l’ipotermia che aveva rischiato di correre. -Mi ha portata lui a riva. Ho trovato la sua bara, era aperta, dentro la nave. Ho… fatto quello che dovevo.-

Jo si zittì non disse più nulla, se non sporsi verso di lui e tirarlo in un forte abbraccio. Lloyd non seppe che fare. -Mi mancherai…- sussurrò lei, stritolandolo tra le sue braccia.

Era di più di dieci centimetri più alta di lui, di costituzione ben più forte e massiccia, un po’ come…

No, non poteva continuare a pensare a lui. Doveva darci un taglio.

Appoggiò la fronte alla spalla di Jo e aspettò che lei si stancasse, perchè non sapeva quanto dovevano durare gli abbracci. Dopo un bel po’ di tempo la ragazza, dagli occhi lucidi e imbronciati, si staccò da lui. 

La salutò con una tentata freddezza ma lei sembrò leggerlo dentro come quel maledetto libro che aveva trovato nella camera di sua madre. Sorrise nel modo dolce che aveva solo… 

Lloyd non ce la faceva più. 

Stringendosi nel suo giaccone, fidato compagno di quell’orribile viaggio, si diresse verso il porto. La spiaggia.

La sabbia sotto le sue All Star era compatta e bagnata, e il suo passo lento e costante. Non aveva fretta.

Il mare lo stava aspettando.

Lloyd si inginocchiò sulla riva, lasciando che le onde scalfisse la pelle graffiata e ferita delle sue ginocchia, ancora non guarite dalle schegge di vetro che avevano aperto la sua pelle pochi giorni prima.

L’acqua salata si insinuò dentro le lacerazioni, ma Lloyd non pianse e non gridò.

-Kenneth… mi senti?-

Nessuno rispose. Le onde lo colpirono ancora. Era un segno? O forse no. Non importava. Forse stava parlando all’uomo che più aveva segnato la sua vita, o forse solo a dell’acqua salata e fredda.

-Kenny… Kenny, io, io…-

Perchè quelle parole erano così difficili da dire? Perchè le sue labbra si rifiutavano anche solo di pronunciarle?

-Io ti amo, Kenny. Anche io ti amo. Avrei dovuto dirtelo tipo… tipo diecimila volte. Anche di più. E invece non l’ho fatto, e ora è troppo tardi, e…-

Invece Lloyd si lasciò scappare un singhiozzo perchè aveva sprecato l’occasione, e non solo. 

Aveva sprecato la seconda occasione che l’esistenza aveva dato a quell’uomo meraviglioso.

-Io… volevo solo dirti questo. Domani torno a Londra. Mi avevi detto che… cioè…-

Lloyd si sentiva nervoso. Stava solo parlando alla superficie dell’acqua, nessuno lo stava ascoltando ed era tornato completamente da solo con sé stesso. Perchè doveva sentirsi così? Si stava odiando, odiando Ronansay, odiando Dennis che l’aveva spinto lì e tutto ciò che era successo in quei due mesi.

-...stavi pescando per avere soldi per tornare a Londra, quando sei morto. La nave con la tua bara è sprofondata mentre ti stava riportando a Londra. Io voglio fare la tua tomba a Londra, voglio portarti a casa. Almeno nel mio…-

Era una frase tremendamente stupida, da filmetto harmony di serie B, ma doveva dirla. Non avrebbe più taciuto. -...cuore.-

Si alzò in piedi, stringendo i denti per il sale nelle ferite e il sale che dagli occhi era sceso fino al taglio che aveva sulla guancia, sempre causato da una scheggia di vetro.

Avrebbe dovuto metterci un cerotto, soprattutto ora che sarebbe tornato alla sporca Londra.

-Arrivederci, Kenny. A chissà quando.-

Si sarebbero incontrati di nuovo, un giorno, ne era sicuro.

Strinse la maniglia dello zainetto che portava sulle spalle con una mano e decise di percorrere la strada alta che portava alla collinetta su cui poggiava pesante l’hotel.

Lo sguardo rancoroso di Abby lo accolse. Anche Robb era sparito, ma dietro la sua scomparsa non c’era nulla di sovrannaturale, ma solo la rabbiosa Abigail che decise che di lui non ne poteva più e decise che, finalmente, era il tempo di sbarazzarsene.

Lloyd tirò dritto cercando di non guardarla, ma incredibilmente fu la donna a fare il primo passo.

-Puoi prendere le robe di Kenneth, quando vai via. Io le lascerò marcire lì per sempre, tu probabilmente potresti usarle in un modo migliore.-

Voleva sbarazzarsi anche di Kenny, di tutto ciò che c’era stato e ora non c’era più. Annuì e ringraziò sottovoce. -Vado via domani, all’alba.-

-E allora sbrigati a prendere le robe.- rispose acida la donna, andandosene via, il viso mezzo coperto dai suoi corti capelli biondi ormai biancastri.

Gentile come sempre.

Si spogliò degli indumenti di troppo e rimase solo con la felpa, e aveva caldo. Quando c’era il fantasma, aveva sempre freddo. Ora la temperatura si era decisamente alzata, ma Lloyd non era sicuro fosse una notizia positiva.

Trovò la porta della cantina aperta e, col cuore in gola, iniziò a frugare tra le cose che erano appartenute a lui.

Vecchi spartiti, un quaderno delle ricette di famiglia con la sua scrittura disordinata, vecchie medaglie dei suoi giorni da nuotatore. I segni di una vita passata.

Le avrebbe portate a Londra, avrebbe avuto finalmente qualcosa da mettere in quella tomba vuota.

E nessuno poteva vederlo piangere in quella cantina buia.

 
   
 
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