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Autore: Aaanatema    09/08/2019    3 recensioni
L’Apocalisse è stata sventrata, ed ora non resta che affrontarne le conseguenze. Azraphel e Crowley cercano di tornare alla normalità, fino a quando delle lettere d’inchiostro nero non cominciamo a formarsi sulla pelle dei loro anulari...
(Soulmate!Au)
Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo Uno

Domenica,
 il primo giorno del resto delle loro vite

 

Come molti già sapranno, non succede nulla d’interessante la domenica. Solo che quella non era una domenica come tante altre, era il primo giorno dopo quella che sarebbe dovuta essere la fine del mondo, un giorno che non sarebbe dovuto esistere. 

Se Crowley socchiudeva gli occhi, riusciva ancora a vedere come il mondo sarebbe dovuto essere ridotto secondo la Profezia.

Assomigliava molto ad un remake di Sodoma e Gomorra. Solo esteso alla distruzione dell’intera razza umana. E molto molto più cruento.

In effetti anche un dipinto di Pollock rendeva l’idea.

Crowley stava osservando Azraphel portarsi lentamente l’ultimo sorso di champagne alle labbra, passarsi delicatamente la lingua sopra quello inferiore, con le palpebre calanti.

“Davvero ottimo” proclamò, il tovagliolo gentilmente picchiettato sul mento. 

“Se lo dici tu” asserì l’altro, ingollando l’intera flûte in un sol sorso. Si pulì la bocca con il dorso della mano e allungò le gambe sotto il tavolo, incrociando le braccia. Il Ritz risplendeva attorno a loro, li circonda e metteva in risalto come il palcoscenico fa con i propri attori.

Gli avvenimenti delle ultime ore, dell’ultima settimana, che diavolo, degli ultimi undici anni sono inconcepibili. Per non parlare della quantità di tempo che Azraphel e Crowley avevano passato in reciproca compagnia. Ora potrebbero quasi dire che è diventato piacevole.

“Ti...” sussurrò Azraphel, improvvisamente incerto, tanto che abbassò lo sguardo e picchiettò un dito sul tavolo. Il gesto non passò inosservato agli occhi di Crowley, che sollevò un sopracciglio. Azraphel inspirò velocemente ed espirando chiese: “Ti andrebbe di continuare la nostra serata alla mia libreria?”

Crowley rise e si spostò gli occhiali sopra la testa. Si guardò il polso, l’orologio segnava le 11 p.m. “Siamo festaioli stasera, eh angelo?” lo prese in giro bonariamente, con un sorriso storto. 

“Non vedo quale occasione sia più adatta per essere tale” rispose Azraphel, leggermente indispettito. Crowley quasi lo immaginò arruffare le penne delle proprie ali bianche.

Sospirando si alzò.

“Vieni?” chiese Crowley, ancheggiando mollemente verso l’uscita. Azraphel fece per far materializzare delle banconote per pagare il conto, ma si accorse che erano già sul tavolo. “Angelo?” lo richiamò Crowley, e lui si affrettò a seguirlo.

La Bentley era parcheggiata proprio di fronte all’uscita, come se per miracolo si fosse liberato un posto proprio nel momento del loro arrivo. Azraphel prese posto sul lato del passeggero proprio nell’istante in cui Crowley premeva il piede con forza disumana sull’acceleratore.

“Ma insomma, Crowley!” si lamentò Azraphel, mentre chiudeva con difficoltà la portiera. “Che fretta c’è?”

“Che motivo avrei di nonfarlo?” chiese Crowley di rimando, lasciando andare il volante per cercare una cassetta. Le gomme stridevano sul cemento e qualcuno gli lanciò qualche blando insulto. “Dove diavolo è finita...?”

“Cosa per Dio?” urlò Azraphel, tenendo con fare timoroso il volante della Bentley, come se al contatto di qualcosa di vagamente angelico potesse prendere fuoco. Non che quel pezzo d’epoca non ci avesse fatto l’abitudine, ormai. 

Azraphel non aveva un gran bel rapporto con la guida. Il suo problema era che passava troppo tempo ad osservare il paesaggio, da qui la sua predilezione per i mezzi pubblici.

“La cassetta dei Queen” disse ribaltando il contenuto del portaoggetti.

“Questa?” chiese Azraphel, facendola materializzare all’interno della propria mano.

“Non c’è gusto così, angelo” borbottò Crowley, riprendendo il controllo del volante.

“Ascolti qualcos’altro, di tanto in tanto?” chiese Azraphel, guardandolo con biasimo.

“Se ti riferisci a Beethoven e Brahms sai bene quali versioni possiedo...”

“Beethoven non era male inI Want to Break Free, lo ammetto” concesse Azraphel, e in quel momento partì la medesima canzone.

 

You're so self satisfied I don't need you

I've got to break free

God knows, God knows I want to break free

 

“Non è buffo il fatto che uno dei tuoi gruppi preferiti faccia così spesso il nome di Dio?” domandò Azraphel con aria curiosa.

“Prima di conoscerti pensavo che gli angeli non dovessero essere curiosi” lo riprese Crowley, beandosi del lieve imbarazzo che imporporò le guance dell’altro. “Comunque non ho mai avuto un brutto rapporto col Grande Capo. In realtà, stavo solo facendo una passeggiata di sotto, quando... be’, lo sai. Non che io sia fatto per eseguire gli ordini. Di qualsiasi parte. Però quando sei dannato ci fai l’abitudine, e avendo perso tutto puoi goderti qualsiasi vizio” e con questo, dopo un breve ma pesante silenzio, arrestò l’auto, che ebbe un colpo di frusta. Crowley senza batter ciglio mise una mano sul petto di Azraphel, che a causa del rinculo stava per sbattere contro il cruscotto.

“G-grazie” balbettò Azraphel, fissando Crowley scendere dall’auto. 

Mentre entravano nella libreria, Freddie Mercury intonava:

 

I've fallen in love

I've fallen in love for the first time

And this time I know it's for real

I've fallen in love, yeah

God knows, God knows I've fallen in love

It's strange but it's true, yeah

 

Entrambi, inutile dirlo, assorbirono quelle parole cercando di non darci troppo bado.

 

 

 

“E queste?” domandò Azraphel, meravigliato. Sul tavolino sul retro della propria libreria erano comparse tre dozzine di bottiglie di Château Lafitte 1793.

“Dici che non bastano?” chiese Crowley, gli occhiali leggermente calati sul naso che mostravano le pupille gialle, la mani calcate nelle tasche dei jeans attillati. 

“Millesettecentonovantatré... perché questo anno mi suona familiare?” 

Azraphel lo stava fissando palesemente confuso. 

“Be’, l’anno del Terrore, ti dovevo un pranzo, bla bla bla”, cercò di minimizzare Crowley, stappando con malagrazia una delle bottiglie.

Crowley non accennò al fatto che quell’anno non fosse semplicemente di passaggio ma che si fosse recato lì apposta per lui, né tantomeno al fatto che a volte, raramente, quando si sentiva un po’ solo cercava il punto di concentrazione del Male più alto nella speranza che Azraphel fosse nei paraggi per sistemare le cose. Non accennò nemmeno a quanto gli crei soddisfazione essere la persona su cui l’angelo possa contare. Al tempo, quando gli aveva detto che era andato in Francia solo per mangiare delle crêpes l’aveva trovato così ingenuo. E adesso, a ripensarci, prova quasi un senso di tenerezza. Quasi. 

Oh, Dio... Cioè, Satana, si sta rammollendo.

“Che cosa sentimental... gentile da parte tua” si corresse Azraphel senza riuscire a mascherare la sorpresa.

“Non lo dire” minacciò sottilmente Crowley, bevendo un sorso di vino direttamente dalla bottiglia.

“Ecco, questo lo era un po’ meno” commentò Azraphel, facendo comparire due calici di vetro. Ne porse uno a Crowley, il quale lo scansò con un gesto del mano.

Azraphel schioccò le dita e una musica si spanse nell’aria. Solo diversi bicchieri, o, nel caso di Crowley, un paio di bottiglie dopo, Azraphel ebbe il coraggio di fargli la domanda che lo stava assillando nell’ultima ora.

“Te lo ricordi? Com’era essere un angelo intendo.”

Crowley divenne rigido, anche se solo per un secondo. Ingollò le ultime gocce d’alcol con la punta della lingua e scagliò la bottiglia in un angolo lontano. Il rumore fece sobbalzare l’angelo sulla propria sedia, tant’è che quasi si pentì di avergli posto tale domanda.

Crowley sprofondò nel proprio posto, e cercò con qualche grugnito, in mezzo a tutta quella confusione mentale, di far emergere ricordi di... quanto? Sei miliardi di anni prima? 

Quando ripensa a quel periodo della propria vita, (non che lui ci ripensi, sia chiaro), la prima cosa che gli viene in mente è il colore bianco. Ovviamente.

C’era una luce accecante lassù. Ricordava quanto gli fosse difficile eseguire anche il più insulso comando, come gli bruciasse dover chinare la testa di fronte ad un superiore che non ascoltava le sue idee. Per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare se lui e Azraphel si fossero mai incontrati. Non che gli angeli si preoccupassero di tali sottigliezze, c’erano i pezzi grossi come Gabriel e Uriel che tutti conoscevano, ma per il resto quando incontravano altri angeli si sorridevano cordialmente e ognuno andava per la propria strada. E probabilmente, Azraphel se ne stava da qualche parte per i fatti suoi ad eseguire diligentemente i propri doveri.

Ricordava le proprie ali bianche. Quelle gli piacevano, gli davano un certo stile. 

Ricordava quando era iniziata La Guerra. Quando era nata la fazione del Male. 

Ciò che Crowley aveva sempre detestato di entrambe le fazioni di cui aveva fatto parte, era che entrambe avevano aspettative nei suoi confronti, e al primo cenno di diversità rispetto al resto del gruppo, erano pronti a spazzarti via come se nulla fosse. Ed entrambi sapevano che era infinitamente stupido credere che Bene e Male fossero distinti come i colori con i quali si distinguevano, nero e bianco. I diavoli da cui era composto l’Inferno erano stati angeli, la definizione del Bene. E quale forza del Bene, quale dichiarava di essere il Paradiso, avrebbe preso parte così facilmente ad una guerra nei confronti di coloro che fino a poco prima erano stati i propri simili?

Prima di questo, Crowley si era sporto, giusto una sbirciatina, si era detto... aveva visto angeli fare ognuno quello che desideravano, e nel momento che il dubbio si era acceso dentro di lui, l’ombra di Gabriel l’aveva sovrastato, i suoi occhi viola più severi che mai. Quel giorno aveva provato la paura più profonda della sua intera esistenza, e mentre precipitava,  le sue ali avevano preso fuoco, bruciavano dolorosamente, e così il resto del suo corpo si era rivestito di fuliggine. 

Per un unico, prolungato e sofferto secondo si era lasciato andare ad un grido di dolore e si era sentito perduto, rinnegato da Chi aveva cercato di servire, solo. Così dannatamente solo. 

E poi si era alzato con eleganza dal cratere che aveva formato con la propria caduta, una serie di lingue di fuoco aveva lambito ciò che rimaneva delle proprie vesti e lo aveva avvolto in un manto nero. Quando aveva rialzato il capo, i suoi occhi, una volta marroni, erano gialli, quelli di un serpente. 

“Sì, lo ricordo” affermò Crowley, reclinando la testa all’indietro. Sentiva una lieve tristezza, ma durò un solo secondo. “Sono sempre bravo in quello che faccio.”

Dopo la Caduta Crowley si era rifiutato di possedere la benché minima cosa di colore bianco. Alla fine il nero era il suo colore, e con lo sporco che regnava all’Inferno qualcosa di bianco si sarebbe imbrattato ad ogni colloquio con i propri superiori.

“Lo sai come la penso in merito” disse solo Azraphel, sedendosi al suo fianco. Crowley fu tentato di fare qualche battuta sdegnosa, ribellarsi all’empatia che sentiva essersi creata fra lui e Azraphel, ma lui gli poggiò impacciatamente, quasi in modo meccanico, una mano sulla spalla. La picchiettò un paio di volte, e poi, visibilmente imbarazzato, prese altro vino per entrambi.

“E tu? Hai mai avuto paura di Cadere?” gli chiese Crowley, con tono di voce forzatamente casuale. Se non sapesse quanto ingenuo l’angelo possa essere penserebbe che se ne sia accorto.

“Sì, ma questo prima di vedere alcuni lati... spiacevoli, diciamo, di quella che era la mia fazione” rispose, e sembra incredibilmente sicuro di quello che sta dicendo.

Crowley lo fissò per un secondo, poi si mise in piedi e percorse i vari scaffali della libreria.

“Cosa stai facendo?” chiese Azraphel, confuso.

“Cerco della pornografia, come ti aveva chiesto Gabriel” rispose, prendendo un paio di volumi. “‘Nostradamus’, arrapante!”

“Perché mai dovrei avere dei volumi pornografici!?” esclamò sconvolto.

“Curiosità? Collezionismo? Non hai nessuna copia del Kamasutra originale autografato dal Sultano-Non-So-Che?”

“Un angelo non ha niente a che vedere con il sesso!” 

“Potrei dirti un sacco di cose che fanno gli umani. Anche quelli che vanno in Paradiso” affermò Crowley, girandosi verso di lui con un leggero ondeggiare, forse, e dico forse, era un po’ ubriaco. “Sai, sesso. Sono cose normali. Le api, i fiori...”

“So bene come funziona!” Ora Azraphel sembrava più offeso che imbarazzato.

“Non mi dirai che hai provato, vero?” disse Crowley, facendogli l’occhiolino.

“Certo che no, perché mai... Ah, tu sì?”

“Sembri piuttosto curioso, angelo” lo prese in giro Crowley, ma non c’era malizia nella sua voce. “Comunque, non sarei il demone che sono oggi se non mi fossi prestato a qualsiasi tipo di vizio. Una volta per condannare un’anima agli inferi bastava sconsacrare una vergine prima del matrimonio. Non ti sembra incredibilmente sessista?”

“Solo per lavoro?” gli chiese Azraphel. Non sapeva se provava disgusto o... sollievo. 

“Be’, scelgo con cura il mio abbigliamento, mi piace tenere addosso tutto. E umani sudati che ti si appiccicano addosso... Bleah” fece una smorfia Crowley. “Eppure gli umani ne sono ossessionati.”

Azraphel si sedette e finì il contenuto del proprio calice, riempiendolo nuovamente e ripetendo l’operazione un paio di volte.

“Ho letto che le mantidi religiose durante l’accoppiamento mangiano il partner” affermò, allentandosi il cravattino.

“Devono essere incredibilmente intelligenti, seppur con un cervello così piccolo” considerò Crowley, prendendo anche lui un sorso dalla bottiglia. 

“Perché?”

“Be’, gli esseri umani il più delle volte restano intrappolati in matrimoni infelici, da cui tradimenti e... puf! Inferno” elencò annoiato, “sicuro che il matrimonio sia stata una vostra invenzione?”

“Sì. Così come la vostra musica gospel ha giocato a nostro favore.”

“Com’è possibile che qualcuno sopporti quella musica? Ma andiamo! Era un piano praticamente perfetto!”

“Potrei aver dato una piccola spinta io affinché cominciassero a cantare in Chiesa” ammise Azraphel.

“No!”

“Stavamo perdendo fedeli, adesso sono tutti praticamente atei” si giustificò. 

“Non sei poi così santo, mi stupisci angelo” gli disse Crowley, togliendosi con un gesto la giacca di pelle. “Come può non aver ancora preso fuoco questa libreria, con il caldo e l’umidità che c’è qui dentro?”

“Puoi chiamarlo un miracolo” affermò sicuro Azraphel. 

I due si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere per alcuni minuti. 

“Ti ricordi quella volta all’Inquisizione Spagnola?” chiese Azraphel, quando le bottiglie vuote cominciarono ad essere più di quelle piene.

Crowley fa finta di non ricordare a cosa si riferisce. “I meriti che mi sono preso, intendi?”

“Pensavo più a quando stavi per essere arrostito sul rogo” sottolineò Azraphel. 

 

Crowley non era mai andato per il sottile nel corso dei secoli, ed uno dei suoi passatempi era far sentire inetti gli esseri umani che aveva attorno.

Così un giorno un villaggio nel quale aveva alloggiato aveva deciso di trasformarlo in barbecue. Lui aveva raggiunto la pira fischiettando allegramente, indossando un largo cappello nero. Non che immaginasse quanti miti sarebbero nati da quell’unico, stupido gesto. Quando avevano appiccato il rogo, lui era stato sul punto di spaventare i contadini con le sue espressioni demoniache, ma il tempo si era fermato e un personaggio vestito di bianco gli era comparso davanti agli occhi.

“Crowley, che stai facendo?” era sopraggiunto Azraphel.

“Stavo cercando di dare spettacolo” aveva detto Crowley, “c’è qualche vero satanista qui in mezzo, ma si maschera piuttosto bene. Ti spiacerebbe slegarmi?” 

“Sono venuto a salvarti la vita.”

“Intendi l’involucro umano che indosso” aveva puntualizzato il demone.

“Avresti ricevuto un richiamo” aveva replicato Azraphel, confuso dalla mancanza di un ringraziamento.

“Non so come sarei sopravvissuto a tanto” aveva detto ironicamente Crowley, solo che Azraphel non l’aveva capito.

“Non c’è di che, caro” aveva detto Azraphel con un leggero inchino del capo. “Ti andrebbe un boccale di birra?”

Quella era stata una delle poche volte in cui Crowley aveva avuto bisogno di aiuto. Per così dire. Azraphel era sempre stato presente. Crowley l’aveva salvato molte più volte, comunque.

 

“Sì, perché?” confermò Crowley, nel presente.

“È la volta in cui ho capito che avrei provato una sorta di dispiacere a dover far a meno della tua compagnia” disse Azraphel, e Crowley fu sicuro che dicesse questo a causa dell’alcol. Da quante ore stavano bevendo ormai? Che ore si erano fatte?

Controlla. Sono le 5:45 del mattino.

“Per via del nostro Accordo, s’intende. Chissà chi avrebbero mandato al tuo posto” precisò Azraphel, e Crowley decise di non contestarlo. 

“Non oso immaginarlo. Sicuramente Hastur. Non avresti retto di stargli vicino a causa del suo odore, figuriamoci farci un qualche patto.”

Si abbandonarono un secondo alla musica del giradischi. Pensieri consistenti sembrano fluttuare davanti ai loro occhi, ma sono troppo distratti per coglierli.

“Crowley?” lo chiamò Azraphel, una mano sotto il mento.

“Sì?”

“Credo di essere un po’ ubriaco” ammise Azraphel con un sorriso celeste, che gli fece sorgere delle fossette agli angoli degli occhi.

Crowley sorrise. “Hai un letto?”

“No, io... non dormo. Non mi serve” affermò sicuro.

“Certo che non ci serve, così come mangiare sushi, bere fino a svenire, cosa che stai per fare, per inciso, ma le compiamo comunque.”

Azraphel mugugnò qualcosa, la testa pesante. Quanto lo capiranno gli esseri umani che i dinosauri non sono altro che uno scherzo? Questo era ciò che lo assillava al momento.

Crowley sospirò e fa comparire un letto singolo. “La prossima volta facciamo da me” gli disse tranquillo. “Ora: fa’ evaporare un po’ di alcol, da bravo.”

Azraphel annuì e con un piccolo brivido tornò lucido. Felicemente brillo, ma lucido.

“Mi ero dimenticato di darti una cosa” disse Crowley, facendo comparire nella propria mano un libro bruciato in più punti. 

“Cos’è?” chiese Azraphel, improvvisamente nel pieno delle proprie facoltà, alzatosi in piedi.

“È ‘Le Belle e Accurate Profezie di Agnes Nutter’. Avevo fatto un salto a Tadfield e ho visto Anatema che provava a dargli fuoco” spiegò, porgendoglielo.

“Che tempismo, Crowley, e che bel pensiero!” esclamò Azraphel e di slancio lo abbracciò.

Prese a sfogliare il volume, ignaro delle nuove profezie che vi sono all’interno.

“Una cosa da niente... chiamalo un piccolo miracolo demoniaco” bofonchiò Crowley, imbarazzato. 

“Fermati per la notte” propose Azraphel.

“Non devi aprire presto domattina?”

“Sì, be’, fra un paio d’ore. Gli esseri umani non dormono un paio d’ore al massimo?” chiese confuso.

“No, ho delle cose da fare. Cose importanti. Cose” si giustificò cercando di suonare sicuro. “Ci vediamo.”

“Okay, pip-pip” disse Azraphel soprappensiero.

Crowley alzò gli occhi al cielo e lo salutò con la mano.

Salito sulla Bentley, guidò nelle ultime ore di buio. In quel momento, senza che se ne rendesse conto, una piccola lettera A prese forma all’interno del suo anulare destro. La stessa cosa, con la differenza che la lettera era una C, succedeva ad Azraphel, chino sul proprio nuovo volume da collezione.

 

 

 

 

N.d.A. Allora, eccoci qui. Ho finito la serie in un giorno una settimana fa, munita di Amazon Prime mi sono fatta recapitare il libro, ho cercato delle fanfiction e mi sono messa all’opera per conto mio. Questa sarà una sorta di Soulmate!Au. Per chi già conosce il genere, ho intenzione di fare dei cambiamenti e per chi non lo conosce spero che si capisca tutto nel prossimo capitolo. Non so ancora quanto sarà lunga, prevedo un massimo di 3 capitoli. 

Che dire... spero tanto che vi sia piaciuto questo primo capitolo e di ritrovarvi al prossimo ^-^

 

Alcune note di questo capitolo:

-Nella scena finale Anatema brucia il libro delle profezie di Agnes, ho pensato che sarebbe stato bello giocare sul fatto che fosse stato salvato da Crowley come regalo da fare ad Azraphel 

-“pip-pip” è un’espressione colloquiale inglese che nel doppiaggio italiano è stato tradotto con “baci baci”. Personalmente l’ho trovata adorabile in inglese originale

-“Marmite” è una crema salata spalmabile ottenuta dagli scarti di lavorazione di lievito di birra; è una delle merende più diffuse fra i bambini inglesi. La ragione per cui è stata scelto come titolo di questa storia verrà spiegato prossimamente 

 

See ya asap *-*

Perla

 

 

 
   
 
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