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Autore: Striginae    13/08/2019    9 recensioni
[Ineffable Husbands - Reverse!What if: Angel!Crowley/Demon!Aziraphale]
«Converrai con me nel dire che per i demoni l’acqua santa è letale. Così non è stato per te. Ergo, non sei un demone. E se non sei un demone, sei un angelo. Ovvio, no?» […]
«Se un angelo non brucia nelle fiamme infernali, è un demone.»
Punto, fine della questione.
Semplice, no?

Cosa accadrebbe se dopo lo scambio di corpi tra Crowley e Aziraphale, l'Inferno e il Paradiso traessero delle conclusioni del tutto errate e decidessero di intervenire per ristabilire l'ordine? Solo guai.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Belzebù, Crowley, Gabriele, Hastur
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo IV

All’entrata dell’Inferno e del Paradiso, oggi

Esistevano diversi modi per raggiungere l’Inferno e il Paradiso.

La maggior parte degli angeli e dei demoni preferiva usare strade più veloci piuttosto che passare per la formale entrata principale, riservata alle grandi occasioni e visite strettamente ufficiali.

La via più gettonata per raggiungere i rispettivi luoghi di lavoro era un ascensore che metteva in collegamento i due mondi [1]. Infatti, non erano sporadiche le volte in cui angeli e demoni si ritrovavano nella stessa cabina, scambiandosi occhiate bieche nell’attesa di raggiungere il proprio piano.

Anche le alte cariche, come gli Arcangeli e i Principi Infernali, spesso prediligevano il ben più pratico ascensore piuttosto che le lunghe e lente scale mobili, infernali o paradisiache che fossero. Anzi, spesso lo stretto cubicolo si era rivelato il luogo perfetto per aggiornarsi l’un l’altro in maniera ufficiosa.

Quando Gabriele pigiò il tasto per chiamare il mezzo che poco dopo gli spalancò gli sportelli e gli permise d’entrare, vi trovò all’interno Belzebù, a braccia incrociate e accigliato.

Gabriele lo affiancò, guardandolo dall’alto in basso.

«Come vanno le cose Giù da te?»
Domandò l’Arcangelo, imperturbabile.

«Male, com’è giusto che vadano da noi. E Su
Anche Belzebù pareva stesse affrontando una normale conversazione, limitandosi a ispezionare Gabriele con la coda dell’occhio. Non voleva dargli troppa importanza. 

«Mai andate meglio di così. È tutto molto più semplice quando non si deve lavorare con degli incompetenti.»
Gabriele cercò di mantenere un certo contegno mentre si sventolava una mano davanti al viso, nel tentativo di allontanare un fastidiosissimo moscerino che non smetteva di ronzargli intorno. Questo era il classico inconveniente che si verificava quando si condivideva uno spazio ristretto con Belzebù, che come al solito era circondato da quelle insopportabili mosche.

«Se posso chiedere, come se la cava il mio vecchio sottoposto all’Inferno?»
A Gabriele, Aziraphale non mancava neanche un po’. Chiedeva solo per ficcare il naso negli affari di Belzebù.  

«Se la cava. E invece, il neo-angioletto?»
Belzebù non aveva alcuna intenzione di informare Gabriele dell’occupazione del suo nuovo demone. Non c’era alcun bisogno di rivelare al nemico di aver mandato l’ex-angelo sulla Terra. Erano problemi dell’Inferno.

«È perfetto per il suo nuovo ruolo.»
Rispose l’Arcangelo, sicuro. La frase non corrispondeva al vero, Gabriele trovava Crowley fin troppo stravagante per essere un angelo. In tutta onestà, l’Arcangelo lo aveva spedito sulla Terra solo per toglierselo di torno, lui e le sue stramberie. Ma questo non era necessario che lo sapesse Belzebù.

«Bene.»

«Fortunatamente ci siamo sbarazzati di quegli scocciatori. Si sono perfino bevuti la storia dell’incidente della perdita di memoria a causa dell’Anticristo, non lo avrei mai detto!»

Gabriele sembrava gongolare, Belzebù invece si chiedeva perché l’Arcangelo fosse sempre così logorroico. Era intollerabile. Si costrinse a fare finta di nulla.

«Appunto. Piuttosto, novità sul prossimo Armageddon?»
Belzebù sapeva bene che organizzare una nuova Apocalisse avrebbe richiesto parecchie energie e risorse. La Fine del Mondo non si poteva preparare dall’oggi al domani. Nonostante ciò, né Inferno né Paradiso avevano messo da parte il progetto. Alcuni direbbero che non si trattava altro che della quiete prima della tempesta.
Secondo Belzebù, comunque, non tutto il male vien per nuocere. Grazie al loro innegabile fallimento avevano aperto gli occhi e non avrebbero più permesso a nessuno di fregarli.
Non avrebbero commesso lo stesso errore due volte.

«Se tutto andrà bene, penso che sarà pronto per il prossimo millennio. Sarà uno spasso vedere quei due sempliciotti combattersi l’un l’altro. Mi sembra un ragionevole castigo per la loro slealtà.»
Gabriele non sopportava i traditori. Era lecito credere che dopo la caduta di Aziraphale e l’ascensione di Crowley, l’Arcangelo avesse ritenuto definitivamente concluse le loro vicissitudini e li compatisse. Il perdono è pur sempre divino. Tuttavia Gabriele era di un’altra scuola di pensiero, altrettanto sacra sotto certi aspetti: chi sbagliava doveva essere punito.
Una mosca gli si poggiò su una guancia. Con un gesto stizzito la scacciò.

«Un anglo e un demone che fraternizzano è inammissibile, saremmo dovuti intervenire molto prima e… potresti smetterla

«Smetterla di far cosa?»

Questa volta Belzebù sollevò gli occhi sull’Arcangelo, con un’espressione di calcolata innocenza. Vedere Gabriele tormentato dalle sue mosche che si affollavano dinanzi a quel volto angelico era estremamente appagante. Belzebù non riuscì a trattenere un sorrisetto diabolico di fronte al tono furibondo dell’altro.

Prima che Gabriele avesse il tempo di inveire contro il suo demoniaco collega, le porte dell’ascensore si aprirono con uno squillante ding.

Gli occhi dell’Arcangelo mandarono un lampo. Rivolgendo un’ultima occhiata di rimprovero al demone, uscì con dignità esacerbata, felice di aver raggiunto le Porte del Paradiso. Era terribilmente stufo di quei maledetti demoni.


Lentamente le porte dell’ascensore si richiusero, celando così il malevolo ghigno del diavolo.

Belzebù 1 – Gabriele 0


Londra, 03:55 a.m., 6 Agosto 2020

È normale per i demoni soffrire di emicrania?

Azirafell sentiva la testa esplodere.
Seduto nel retrobottega della sua libreria, il demone consultava dei libri alla ricerca di una cura per attenuare il dolore. Cercò di sistemarsi meglio sulla poltrona, concedendosi un tremulo sospiro di avvilimento.


Tutto era cominciato la settimana precedente, a causa delle ciance dell’uomo che era piombato nella sua libreria. Il demone si era ripromesso di non rimuginare più sull’incontro ed era stato facile, fino a quando Crowley si era trattenuto in sua compagnia. Tuttavia, una volta rimasto solo con i suoi pensieri, non aveva potuto fare a meno di porsi delle domande.

Azirafell voleva capire.
Razionalmente, le informazioni che l’uomo si era lasciato sfuggire per il demone non significavano nulla. Erano solo assurdità, il delirio di un matto. Non avrebbe dovuto permettere che delle insensatezze tali avessero un ascendente così forte su di lui.
Il suo sesto senso però, lo metteva in guardia dell’esatto opposto e lui voleva vederci chiaro.

Aveva un nome da cui cominciare: Madame Tracy.

Sfogliando l’elenco telefonico era riuscito ad ottenere un indirizzo. Non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di incontrare la donna, magari avrebbe saputo spiegargli quando e come si erano incontrati! 
Ovviamente, il demone partiva del presupposto che quanto detto dall’uomo corrispondesse al vero. Ad ogni modo, non aveva nulla da perdere e fare un tentativo non costava nulla.

Effettivamente, si era recato sul posto. Era stata una delusione scoprire tramite il vicino di casa di Madame Tracy che da circa un anno la donna si era trasferita fuori città insieme al suo coinquilino, un tale Sergente Shadwell.
Azirafell aveva fatto un buco nell’acqua, ma qualcosa di interessante l’aveva comunque appresa. Secondo il vicino, Madame Tracy diceva di essere una medium e il signor Shadwell era arruolato in un esercito di caccia alle streghe. Nessuno dei due era quindi nuovo al soprannaturale.
Azirafell ringraziò tutti i nove cerchi dell’Inferno per l’esistenza dei vicini di casa impiccioni e pettegoli.

Sulla via del ritorno, un inspiegabile senso di déjà-vu si era fatto strada nell’animo del demone. Solo per attimo, era riuscito a visualizzare nella sua mente il volto di una donna dai capelli rossi e una genuina sensazione di familiarità gli suggeriva di aver già conosciuto Madame Tracy.
Che avesse parlato con lei durante una seduta spiritica quando era all’Inferno? Era riuscito addirittura a rammentare la sua faccia, doveva per forza aver stabilito una sorta di legame con lei! E se la avesse posseduta durante una manifestazione spiritica? Avrebbe anche spiegato perché il Sergente Shadwell minacciasse di esorcizzarlo nuovamente! Ah sì, doveva essere andata in quel modo, era l’unica spiegazione plausibile.
Era soddisfatto. Almeno un mistero era riuscito a risolverlo.


Azirafell si stropicciò gli occhi. L’unica fonte di luce nella camera era l’abat-jour sulla scrivania. La finestra aperta permetteva il ricircolo d’aria e ai rumori della strada di arrivare fin dentro la stanza.
Al demone piaceva Londra e la sua vivacità, lo mettevano di buon umore. Da lontano riuscì ad udire gli urletti di una ragazza ubriaca e delle risate festose, in netto contrasto con il silenzio pesante della sua libreria.
 
Tornò a sfogliare il libro.

Nonostante fosse venuto a capo della "questione medium", il demone aveva ben poco di cui rallegrarsi. Un’ulteriore preoccupazione aveva iniziato a tormentarlo: l’ansia di stare impazzendo.

Dopo aver "visto" la medium, Azirafell aveva cominciato a sentire delle voci nella sua testa. Delle voci che erano state solo un mormorio in principio ma che diventavano di giorno in giorno più veementi. Non poteva essere un buon segno, neppure per un demone.

Un dettaglio specialmente lo ossessionava. Inizialmente era stato impossibile distinguere i suoni, ma si era reso conto fin troppo presto che ciò che sentiva ogni volta quando chiudeva gli occhi era una voce paurosamente simile a quella di Crowley.

Gli parlava con frasi sconnesse, criptiche alle orecchie del demone.

“Sarebbe curioso se entrambi avessimo sbagliato, eh? Se io avessi fatto la cosa giusta e tu quella sbagliata, eh?”

Era letteralmente impossibile che Crowley gli avesse detto una cosa del genere. Lo conosceva da poco e ricordava ogni loro conversazione, certamente quelle domande non erano mai state poste. Inoltre, non avevano alcun senso.
Un angelo fa sempre la cosa giusta.

Azirafell tornò a pensare alle parole del Sergente Shadwell. A rifletterci meglio, nemmeno il suo nome era del tutto nuovo per il demone… doveva godere di una certa notorietà come cacciatore di streghe, evidentemente!

Ad ogni modo, il Sergente aveva alluso a qualcosa di molto interessante, a proposito di un ragazzo.
Azirafell si era interrogato a lungo sull’identità di quel “ragazzino diabolico”. Purtroppo su di lui non aveva alcun indizio, ma per avergli restituito il proprio corpo, come sosteneva il Sergente, doveva trattarsi per forza di una creatura dotata di abilità soprannaturali molto potenti. Sicuramente un demone a giudicare dall’attributo scelto.

Un demone dalle sembianze di un bambino… non lo aveva mai incontrato all’Inferno. Era piuttosto raro che i demoni assumessero delle sembianze eccessivamente giovanili, solitamente si preferiva utilizzare il corpo di un adulto, per questioni di pura comodità.
Da quel poco che Azirafell sapeva, l’ultimo demone nato sotto forma di bambino vero e proprio era l’Anticristo.

Che fosse una mera casualità?

Azirafell ricacciò indietro i dubbi. Stava lavorando troppo di fantasia.

Afferrò la tazza di fianco a sé e ingollò un sorso di cioccolata, ormai fredda. Anche la banalissima tazza che stava utilizzando ormai gli sembrava ambigua. Aveva delle ali d’angelo come impugnatura! Chi diavolo era il proprietario precedente? Un prete?
Ormai cominciava ad avere le traveggole su tutto.

Se solo la vocina nella sua testa fosse rimasta in silenzio, sarebbe stato molto più facile affrontare la situazione.


“Non sono sicuro che tu sia capace di compiere il male.”

Azirafell si rese conto che neppure quell’affermazione gli era estranea. Era come se la avesse già sentita, molti anni prima. Se solo fosse riuscito a ricordarsene!

Si concentrò.

Incapace di compiere il male… il demone chiuse gli occhi e si abbandonò alla propria coscienza.
Per un po' non accadde nulla ma, quando era sul punto di cominciare ad appisolarsi, vide qualcosa.


Doveva essere in un sogno. Crowley gli parlava, gli sorrideva, ma Azirafell avvertiva un cambiamento in lui, eppure non riusciva a capire cosa ci fosse di sbagliato.
Si trovavano in un giardino a giudicare dalla lussureggiante vegetazione. Erano scalzi su delle mura, da cui potevano godere di un panorama mozzafiato. Azirafell riusciva a scorgere all’orizzonte addirittura due umani che combattevano contro un leone. Crowley continuava a conversare con lui, ma il demone non riusciva a comprendere nulla di ciò che gli diceva, come se parlasse in una lingua sconosciuta.
Cominciò a piovere, ma il demone a stento lo notò. Era rapito dallo sguardo dell’angelo. Due grandi occhi gialli, da rettile, sembravano leggergli l’anima, delle luminose iridi a cui era abituato non ne era rimasto nulla. All’improvviso Azirafell si sentì a disagio.
Vedeva l’angelo, vestito con una lunga tunica nera ad ali spiegate. Ali scure, nere come la pece, che poco si adattavano alla sua natura angelica. Quello non poteva essere il Crowley che conosceva.
Quello che gli stava di fronte era un demone.


Come se stesse riemergendo da una lunga apnea, Azirafell riaprì gli occhi ed esalò un respiro che non si era reso conto di star trattenendo. Il demone si passò una mano tra i morbidi capelli biondi, mentre una sgradevole sensazione di nausea gli chiudeva la bocca dello stomaco.

Chiuse il libro con uno scatto.
Lo stress stava avendo la meglio su di lui, neanche la lettura riusciva a distrarlo.


Meccanicamente, il demone sollevò lo sguardo verso il cielo notturno che intravedeva fuori dalla finestra e pensò a Crowley.
Chissà cosa si provava ad essere un angelo. Doveva essere bello. Essere una creatura celeste era molto più semplice che essere un demone, ne era sicuro.  
Per lo meno gli spiriti celesti avevano sempre qualcuno a cui rivolgersi, quando si sentivano smarriti bastava che pregassero l’Onnipotente per ritrovare la retta via. Un po’ li invidiava e per un attimo, prese in considerazione l’idea di fare come loro.
Azirafell però non era un angelo e Lassù nessuno lo avrebbe ascoltato.

Tutto d’un tratto, si sentì estremamente solo.


Londra, 04:50 p.m., 06 Agosto 2020

«Sei sicuro che vada tutto bene?»
Crowley squadrò con scetticismo il demone.

Non era necessario uno spiccato senso d’osservazione per capire che qualcosa lo preoccupasse. Solitamente Azirafell era sempre cordiale e anche piuttosto chiacchierone. Invece quel pomeriggio sembrava… assente.

Come per sottolineare la distanza tra loro portava addirittura gli occhiali scuri che di solito indossava solo quando usciva. Crowley non ne faceva un mistero, era un po’ allarmato.

«Magnificamente bene! Ho solo un leggero mal di testa.»
Azirafell assunse un tono allegro, per non insospettire ulteriormente Crowley. Non stava certo mentendo. Ciò non di meno, non voleva condividere le sue incertezze con l’angelo. Non perché non si fidasse di lui, anzi. Semplicemente non avrebbe saputo da dove iniziare. Era già inquietante per lui, figuriamoci per Crowley.

«È da una settimana che hai mal di testa!»
Contestò l’angelo, spazientito. Crowley non era uno stupido, aveva intuito che qualcosa non andasse nel suo amico. Ovviamente aveva cercato cavargli fuori la verità in tutti i modi, ma il demone si era rivelato particolarmente bravo con le sue risposte evasive. Era inutile insistere oltre.

«Be’… mi passerà, vedrai.»
Il demone rivolse un sorriso tirato all’angelo, sperando di convincerlo.

«Certo, come no.»


La A.Z.Fell&Co. non aveva aperto neanche quel giorno.
Il suo proprietario non se la sentiva di parlare con degli eventuali clienti. Non aveva alcun interesse nel guadagnare qualcosa né aveva bisogno di denaro. Il lato buono del lavorare in proprio era la possibilità di gestire gli orari nel modo in cui si preferiva, senza dare conto a nessuno.

Anche il mal di testa di Azirafell non accennava a passare. A dire il vero, le voci nella sua testa sembravano non dargli tregua. Era come se gli martellassero nella mente per sfondargli il cranio. Pure in quel momento, mentre parlava con Crowley, continuava a sentirle.

«Crowley, vorrei chiederti una cosa…»

«Cosa?»
Incalzò l’angelo. Che il demone avesse deciso di spiegargli finalmente che cosa gli fosse successo?

Azirafell si mordicchio nervosamente l’interno della guancia e cambiò idea.
«Lascia perdere, era una domanda sciocca.»

«Non dirai sul serio! Non puoi lanciare il sasso e nascondere la mano, ormai devi dirmi di che cosa si tratta, che ti piaccia o no!»
Questa volta Crowley non avrebbe accettato niente che non fosse una risposta soddisfacente. Anche a costo di tirargli fuori la verità con le maniere forti.

Anche Azirafell parve comprenderlo. Considerò l’idea di raccontargli tutto davanti ad una bottiglia di pregiato vino italiano. Sapeva che l’alcool aiutava gli umani ad aprirsi con gli altri, forse sarebbe stato così anche per lui. Non gli sarebbe dispiaciuto degustare del buon vino e lasciarsi inebriare dal suo sapore. Magari Crowley sarebbe stato d’accordo con lui e gli avrebbe tenuto buona compagnia. È sempre meglio bere con gli amici piuttosto che da soli.

Al pensiero di una bottiglia di vino, la vocina nella sua testa si sentì in diritto di dire la sua.

Il fatto è… il fatto che voglio evidenziare sono i delfini.

Azirafell cercò di ignorare i suoi stessi pensieri. Avrebbe detto la verità a Crowley e si sarebbe tolto lo scrupolo di nascondere qualcosa al suo amico. Prese un bel respiro e…

«Lasciati tentare e vieni a pranzo con me.»
Azirafell sgranò gli occhi. Crowley lo fissava confuso, non era quello che si aspettava.

Cazzo.

Senza volerlo il demone aveva ripetuto ad alta voce i pensieri che continuavano a vorticargli in testa. Azirafell si lasciò andare ad una risatina nervosa. Quella situazione lo stava sfinendo.

«Credo sia un po’ tardi per un pranzo. Ma siamo in perfetto orario per un the.»
Le parole erano amichevoli, ma il tono dell’angelo era glaciale. Per lui, quello non era altro che l’ennesimo tentativo d’evitare l’argomento. 

Per lo meno, Crowley aveva dato una scusa al demone per sparire per un paio di minuti e smaltire l’imbarazzo.  



Mentre Azirafell si dileguava per preparare il the, per ingannare l'attesa l’angelo si ritrovò ad esaminare i libri antichi presenti nel negozio. Nessuno riusciva a catturare la sua attenzione, la lettura non lo entusiasmava in alcun modo.
Si avvicinò al grammofono. Gli piaceva, quello era l’angolo della libreria che più lo attraeva. Crowley amava la musica e non seppe resistere all’innocua tentazione di curiosare un po’ tra i vari LP. Ne inserì uno nel giradischi. Si trattava di musica classica certo, ma avrebbe comunque contribuito a rendere il pomeriggio più gradevole. E magari avrebbe distratto il demone dai suoi tormenti.
La musica è la miglior cura per un animo afflitto.

Nell’aria si diffusero le note della Water Music di Händel [2].

Quando Azirafell tornò con due tazzine di the e qualche biscotto, si illuminò riconoscendo la melodia.

«Ottima scelta! Non pensavo che questo fosse il tuo genere.»
Commentò Azirafell, finalmente rilassandosi.

«Per chi mi hai preso, so apprezzare la buona musica!»
Rispose Crowley, senza alcuna modestia e con il sorrisetto di uno che se ne intende. 

La musica aveva reso il clima più leggero. Sorseggiarono il loro the, Azirafell ondeggiando la testa a ritmo e Crowley studiando di sottecchi il demone. Non aveva ancora rinunciato ad affrontare la questione.

Il demone riusciva a sentire gli occhi dell’angelo su di sé. Sollevò lo sguardo e lo incrociò con quello di Crowley, rivolgendogli un sorriso timido.

«Crowley?»

«Sì?»

«Balliamo!»
Ancora una volta, l’angelo si stupì delle parole del demone.

Azirafell gli tese una mano.

«Sai che teoricamente gli angeli non ballano?»

«Nessuno ti impedisce di provare!»

L’angelo roteò gli occhi ma alla fine si convinse e accettò la mano dell'altro.
Tanto non li avrebbe visti nessuno e non voleva negare un ballo al demone, se ciò lo avrebbe reso contento.

Azirafell lo guidò fino al centro della sala.

Crowley non aveva mai ballato insieme a qualcuno. Non poteva negare che quando ascoltava del travolgente rock ‘n roll improvvisava qualche passo di danza e spesso quando era a bordo della Bentley cantava a squarcia gola insieme a Freddie Mercury, ma era sempre stato rigorosamente da solo. Ballare su una base di musica classica insieme ad un demone era diverso!
Ignorò il batticuore, giustificandolo con della banale… ansia da prestazione.

L’angelo avvertì il demone poggiargli una mano dietro la schiena, un po’ esitante. Crowley realizzò che forse non era l’unico a sentirsi nervoso. Non che fosse semplice capirlo, quando non poteva guardare negli occhi il suo cavaliere per colpa degli occhiali da sole che si ostinava a portare.

L’angelo addolcì la sua espressione e i tratti spigolosi del suo viso si ammorbidirono. Posò con inaspettata delicatezza le mani sul volto del demone e con cura e deliberata lentezza, gli sfilò le lenti che poggiò al sicuro su un mobiletto.

«Così va molto meglio.»
Disse un soffio. Se proprio dovevano ballare un lento, voleva farlo bene e senza alcuno schermo tra loro.

Il demone era rimasto letteralmente imbambolato. Con uno sforzo cercò di tornare con i piedi per terra. Strinse la mano destra dell’angelo nella sua, cominciando a muovere i primi passi.

Crowley si affidò al demone, lasciando che fosse lui a dirigere le danze.
Un angelo che si fida di un demone… se lo avessero scoperto ai Piani Alti lo avrebbero incenerito. Ma per una volta, Crowley avrebbe corso il rischio.

Ballare insieme fu estremamente imbarazzante all’inizio. Nessuno dei due sapeva dove posare gli occhi e più di una volta si erano pestati i piedi. Crowley andava troppo veloce, normalmente preferiva musiche molto più movimentate su cui scatenarsi e Azirafell confondeva i passi del lento con quelli della gavotta, di cui aveva scoperto essere un appassionato.
Ciò nonostante, non ci volle molto affinché entrambi trovassero la giusta sincronia.

«Non ce la caviamo poi così male.»

«No. Siamo solo terribili

Al demone scappò una leggera risatina che lo liberò dalla tensione accumulata. Probabilmente Crowley aveva ragione, ma era sicuro che sotto sotto pure l’angelo si stesse divertendo.

Anche l’atmosfera tra di loro era cambiata. Con il passare dei minuti, la danza si era fatta più lenta e i loro corpi si erano avvicinati, in una posizione intima e rassicurante. A tempo di musica dondolavano cullati in un abbraccio, al centro della sala della grande libreria.

Il disco continuava a girare, ma Azirafell non ascoltava più. Il suo sguardo si era perso in quello dell’angelo, in quelle iridi che sembravano oro fuso. Erano così diverse da quelle del demone che aveva visto la notte precedente.  

Si rese conto di essere a pochi centimetri dal viso dell’angelo, così prossimo da riuscire a sentire il suo respiro infrangersi su di sé. I loro nasi si sfiorarono. Eppure, l’improvvisa vicinanza non lo metteva in soggezione.
Gli venne naturale abbassare lo sguardo sulle sue labbra, incredibilmente vicine alle proprie e si accorse di desiderarle più di qualsiasi altra cosa al mondo. Notò che anche Crowley lo guardava con una nuova luce negli occhi. Che provasse lo stesso?
Con lentezza la sua mente registrava gli eventi. Gli sarebbe bastato così poco per colmare le distanze e baciarlo.
Socchiuse gli occhi.

Al diavolo tutto...



«Azrael! Azrael!»

Un gran fracasso proveniente dall’esterno li colse impreparati e il loro bel momento fu irrimediabilmente rovinato.
Si staccarono bruscamente l’uno dall’altro ed entrambi volsero lo sguardo verso l’entrata.

«Azrael! Vuoi aprire o no questa maledetta porta?»
Hastur batté i pugni contro la vetrina, evidentemente alterato.

«Aspetti visite?»
Crowley cercò di sdrammatizzare, ma evitò bene di guardare il demone negli occhi.

Visto tutte le cose che erano accadute, il demone si era completamente scordato che proprio quel pomeriggio avrebbe dovuto incontrare il suo superiore per fargli rapporto del suo lavoro sulla Terra! Se lo era del tutto tolto dalla testa.

«È Hastur!»
Bisbigliò il demone, quasi strozzandosi. Era nel panico. Se lo avessero visto con un angelo, un suo nemico… ah, non osava nemmeno pensare alle conseguenze!

«Devi andare, ora
Afferrò la mano dell’angelo, trascinandolo il più lontano possibile dall’ingresso.

«Okay, okay! Vado
Disse l’angelo, aspro. Crowley si liberò dalla presa del demone, un po’ piccato per venir cacciato in quel modo. Con uno schiocco delle dita sparì dalla libreria.


«Con chi stai parlando? Sbrigati, sono stufo di aspettarti!»
Azirafell non ebbe tempo per indugiare oltre e corse verso l’entrata, trovandosi di fronte uno più che spazientito Hastur.

«Era ora!»
Hastur non aspettò l’invito di Azirafell. Lo spinse da parte e entrò. Francamente, al demone non era mancato neanche un po’ il suo superiore.

«Cos’è questa lagna?»
Criticò Hastur, scontroso, mentre si guardava in giro con circospezione.

«Musica! Händel…»
Fece Azirafell, vago. Solo poco prima stava ballando con Crowley sulle note di quella musica. Oh, non solo. Lo aveva quasi baciato sulle note di quella musica.
Il ricordo fece andare a fuoco le guance del demone.

«Huh. Allora, dov’è?»

«Chi?»
Alle domanda di Hastur, la voce di Azirafell si era incrinata. Li aveva visti? Com’era possibile? Le finestre erano chiuse, le serrande erano abbassate, come aveva fatto a scoprirli?

Hastur sbuffò, tediato da tutte quelle ciarle.

«Il rapporto, ovviamente! Svegliati, non ho tempo da perdere!»
Nonostante il sollievo, Azirafell non era mai riuscito a capire perché Hastur fosse sempre così scorbutico con lui. Certo, nemmeno gli altri demoni godevano delle simpatie del Duca Infernale, ma Azirafell doveva essere proprio sulla sua lista nera.

«Giusto, il rapporto! Sì. Vado… vado a prenderlo.»

Fortunatamente Azirafell aveva finito di scrivere quella relazione qualche giorno prima, chissà cosa gli avrebbe fatto Hastur se lo avesse trovato a mani vuote.
Gliela tese.

Il Duca Infernale glielo strappò dalle mani, evidentemente non era in vena di chiacchiere.

«Se è tutto, me ne vado. Vedi di essere puntuale anche con il prossimo e mandalo tu da solo, non ho alcuna intenzione di fare tutta questa strada per ogni stupido rapporto.»

Azirafell rimase in silenzio, limitandosi ad annuire agli ordini ricevuti.

Hastur gli voltò le spalle, non lo sopportava proprio quel demonietto da quattro soldi. Era quasi arrivato all’uscita quando si sentì chiamare.

«No, no aspetta… Hastur!»

Hastur aggrottò le sopracciglia, fulminando con lo sguardo il sottoposto. Che fastidio!

«Posso farti qualche domanda… sull’Anticristo?»

Azirafell sapeva di starsi addentrando in campo minato. Temeva Hastur, ma tra tutti i demoni dell’Inferno, era forse quello con cui si poteva ragionare maggiormente. E questo era dire tanto.

«No.»

«Ma è importante! Non ti tratterrò a lungo, te lo assicuro!»

«Da dove nasce tutta questa curiosità?»
Chiese Hastur, con una nota di sospetto.

Azirafell deglutì, aveva già la bocca secca. Questa era la sua unica occasione, doveva giocarsela bene.
«Voglio solo capire perché non si sia alleato con noi! Puro interesse, emh, accademico.»

«E che vorresti sapere, con esattezza?»
Hastur continuava ad osservare Azirafell con aria inquisitoria.

Il demone si fece coraggio. Che fosse riuscito a convincerlo?
«Per esempio, come è arrivato sulla Terra?»

«Da un convento di suore sataniste a Tadfield. Eh, io stesso mi sono occupato del loro licenziamento, se capisci che cosa intendo. Non hai idea di quanto io mi sia dato da fare per quel mocciosetto ingrato!»
Hastur si rabbuiò. Se solo quel bambinetto viziato dell’Anticristo non avesse voltato le spalle all’Inferno, a quest’ora l’Apocalisse sarebbe già stata fatta e finita da un bel pezzo.

«Mocciosetto?»
Azirafell chiese, sforandosi di non far trasparire il proprio interesse.

«Era in fasce quando è arrivato sulla Terra, l’ho dato io stesso nelle mani di quell’idiota!»
Se fosse stato possibile, Hastur si sarebbe messo a fumare per la rabbia. Azirafell aveva notato che quella doveva essere una faccenda delicata per il collega.

«Intendi dire… il traditore?»
Anche se Azirafell non ricordava assolutamente nulla dell’Armageddon, era chiaro che Hastur serbava odio nei confronti del demone che si era ribellato all’Inferno.

«Proprio lui. Ha mandato tutto all’aria! Era suo compito occuparsi dell’Anticristo per preparalo a ricevere il Cerbero per il suo undicesimo compleanno. Invece sai che succede? Non solo mi presento sull’altopiano di Megiddo, mi trovo anche il bambino sbagliato! Niente cane, niente Anticristo, niente Apocalisse. Solo un marmocchio presuntuoso che mi trova puzzolente. Pensi che io puzzi?»
Hastur per un lungo anno aveva trattenuto la frustrazione della mancata Apocalisse dentro di sé e ora, tutta la sua rabbia stava esplodendo. Non badava più nemmeno alla discrezione, il bisogno di sfogarsi era ormai improrogabile.

«Oh no, tutt’altro! Gli umani non riescono a capire certe, umh, fragranze demoniache! E quindi, il traditore… si era davvero alleato con un angelo?»
Ad Azirafell non restava altro che assecondare Hastur. A volte offrire una valvola di sfogo era la cosa migliore da fare. Funzionava anche con i demoni!

«Non nominare quel dannato ancora una volta davanti a me! Dopo quello che ha fatto al mio amico, avrei dovuto ucciderlo con le mie stesse mani! Lo odio! Hai idea di quanto mi manchi Ligur? Ed è tutta colpa sua! Tradire l’Inferno e salvare il mondo solo per amore di uno stupido angelo! Ah, ma avuto quello che si meritava quel traditore, maledetto Crowley!»

«Crowley..?»
Azirafell perse un battito.

Hastur si interruppe. Con il suo sproloquio aveva rivelato più del dovuto. Puntò il dito contro il sottoposto, il viso distorto dalla rabbia.

«Ti ho detto fin troppo. Parlane a qualcuno e te la vedrai con me.»
Con un’ultima minaccia come congedo, il Duca Infernale sparì.

Azirafell, travolto dalla scoperta, si sentì mancare il fiato.


Era passata circa un’ora dalla visita di Hastur.
Azirafell aveva pensato che prendere una boccata d’aria lo avrebbe aiutato a ragionare. Impossibile rimanere tra le quattro mura della sua libreria, doveva scaricare il nervosismo e camminare.
Aveva preso in considerazione l’idea di parlarne con Crowley, ma nello stato di totale confusione in cui versava, aveva immediatamente bocciato l’idea. Inoltre, dopo quanto successo quel pomeriggio, non se la sentiva di affrontarlo.

Aveva cercato di non saltare a confusioni affrettate ma l’angoscia gli rodeva l’anima. Anche la voce che lo tormentava si era fatta più forte, più morbosa e più prepotente.

“Può anche darsi che tutto questo non serva effettivamente a mettere alla prova il mondo.”

Ad Azirafell girava la testa.
A stento si rendeva conto degli edifici che lo circondavano, della strada e delle persone che con incuranza gli passavano accanto.

Era impossibile che Hastur parlasse dello stesso Crowley che conosceva, dell’angelo. Azirafell si rifiutava di credere ad una cosa del genere, non poteva semplicemente essere possibile.

A sprazzi nella sua mente si susseguivano immagini, momenti della sua vita di cui il demone non aveva più memoria, ricordi cancellati che tentavano di riaffiorare.

Azirafell vide se stesso impugnare una spada fiammeggiante e stringere la mano di un bambino e dall’altro lato, lo stesso faceva Crowley.
E quello non era un bambino qualsiasi. Quel ragazzino aveva sconfitto Satana in persona.
L’Anticristo, Adam Young, aveva appena salvato il mondo.


Azirafell aveva la vista sfocata. Gli sudavano le mani e il cuore picchiava contro le costole. Non riusciva più ad avere il controllo di se stesso. Voleva solo che finisse, gli sembrava di diventare matto.

“Un piccolo miracolo demoniaco da parte mia. Un passaggio?”

Qualcosa si sbloccò all’internò della sua mente.

In una visione, più vivida della stessa realtà, Crowley lo aveva appena salvato dalle spie tedesche. Aveva attraversato un suolo consacrato solo per venirlo ad aiutare. Aveva dirottato delle bombe solo per lui, affinché non si cacciasse nei guai con i nazisti.
La chiesa era crollata, intorno a loro solo macerie. Se non fosse stato per Crowley, anche i suoi amati libri sarebbero andati bruciati.
E così, Crowley gli aveva consegnato la valigetta, sana e salva.
Mentre guardava Crowley allontanarsi, sentì le farfalle nello stomaco.


Azirafell tremava. Sostenendosi contro il muro, riuscì ad intrufolarsi in uno squallido vicoletto poco frequentato. Appoggiò la schiena contro i mattoni, le gambe gli formicolavano, se non si fosse fermato sarebbe certamente crollato a terra.


“Angelo.”

In una panchina di St. James Park vide se stesso seduto insieme a Crowley. Parlavano di un libro, Le belle e accurate profezie di Agnes Nutter, profetessa. Ad un tratto si diedero la mano e assunsero l’uno le sembianze dell’altro.
Inferno e Paradiso li avevano condannati, ma grazie ad Agnes, erano riusciti a salvarsi. Non erano più dalla parte di nessuno.
Erano liberi.

“Ho perso il mio migliore amico.”

L’ambiente intorno a loro cambiò. Crowley non c’era più e Azirafell si trovava di fronte la sua libreria. Avrebbe dovuto incontrarsi con il suo demone tra qualche minuto, li attendeva una vacanza solo per loro due ed era impaziente di partire. Si sentiva così bene.
Durò poco la sua felicità.
Quando svoltò l’angolo non trovò Crowley ad aspettarlo, ma i demoni più potenti dell’Inferno.
Cadde.



Si sentiva irreale, come se la mente si fosse intorpidita. Aveva perso il senso del tempo. Con la sensazione di essere rinchiuso in una bolla, guardò davanti a sé e riuscì ad intravedere un riflesso nella vetrina opaca di un negozio abbandonato.

Ciò che vide lo spaventò enormemente.

Una figura vestita in nero lo fissava con due enormi occhi da serpente, una smorfia di terrore ne distorceva i lineamenti soffici.

Non si riconobbe. Rifiutava di credere che quel demone non potesse essere lui. Eppure, non riusciva a distogliere lo sguardo dalla figura.


No, no, no…



Fu una folgore a ciel sereno.

Con una forza indomabile i ricordi lo travolsero, come l’acqua che straripa da una diga con violenza distruttiva.
Impossibile frenarne il flusso.

Ricordò le profezie di Agnes Nutter, l’Inferno, il Paradiso, l’Apocalisse, ogni evento dei seimila anni passati su quel pianata. Ricordò Crowley. Ricordò chi fosse lui stesso.
Le immagini gli vorticavano nella testa, ogni tassello del puzzle finalmente al posto giusto.

Ricordava tutto.  



Senza alcun preavviso, come tutto era iniziato, tutto finì.


Aveva di nuovo i suoi ricordi. Eppure, Aziraphale si sentì terribilmente vuoto.



[1] : In una scena del copione originale, Aziraphale e Crowley usano un ascensore per raggiungere l’Inferno e il Paradiso, e siccome anche nella serie si dice che ci sono molti modi per raggiungere l’entrata dei due regni, ho pensato fosse abbastanza plausibile che esistesse davvero.

[2]:La Water Music di Händel, nel libro, è quella che ascoltano Aziraphale e Crowley quando tornano a Londra dopo l’Apocalisse.  




Note finali
Be' eccoci al quarto capitolo! 
Non ho granché da dire su questo capitolo, semplicemente che almeno in parte, adesso le cose si sono sbloccate! 
Ringrazio tantissimo chiunque sia arrivato a leggere fin qui, chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite e per tutte le recensioni! Mi rendono felicissima! 
Al prossimo capitolo :) 
   
 
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