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Autore: Circe    09/09/2019    3 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Dal grimorio di Bellatrix : “La mia solita ragazzina egoista”



Quando aprii gli occhi sentii subito una violenta fitta alla testa, portai la mano alla fronte, cercando in qualche modo di farmela passare, era così intensa che non riuscivo a sopportarla. 
Passarono alcuni istanti e per fortuna si dileguò abbastanza velocemente come era venuta, lasciandomi solo leggermente intontita.
Piano piano ripresi coscienza di me e del mio corpo, mi alzai a sedere a terra, tolsi la mano dalla fronte e aprii gli occhi, la testa sembrava davvero non dolermi più. 
Provai a muovermi con cautela, come mi aveva insegnato il mio maestro: era tutto a posto, solo i muscoli erano molto pesanti e mi bruciava enormemente la gola. 
Alzai appena lo sguardo e vidi il mio Signore a pochi passi.
Si chinò accanto a me e mi prese la testa, subito dopo sentii sul viso un vapore caldo, molto umido e di odore pungente che mi avvolgeva e mi dava sollievo.
Respirai quel vapore lentamente, sentivo che mi entrava nella gola, nel petto e nei polmoni.
Misi bene a fuoco ciò che mi circondava, avevo questo panno caldo davanti alla bocca che emanava un vapore buonissimo e mi dava sollievo. Quindi guardai lui, gli feci un cenno per fargli capire che mi sentivo meglio, non volevo sembrare troppo debole.

Mi osservò bene, quindi tolse lentamente il panno, valutammo se davvero fosse tutto passato e, dopo averlo appurato per certo, mi lasciò la testa.
Sedetti stabile sul pavimento, poi lo guardai, in attesa delle sue parole.
“Devi chiuderlo prima il cerchio magico, Bella, altrimenti la violenza della nube ti soffocherà.”
Mi parlò rudemente, ma capii che lo diceva per me, aveva fiducia che mi correggessi con la mia solita bravura.

Erano incantesimi molto complicati e pericolosi, mi si potevano rivoltare contro in ogni occasione, solo che non era semplice nemmeno per me riuscire a seguire e controllare tutto.
“Va bene, maestro, lo chiederò alcuni secondi prima, così resteremo in sicurezza. Mi dispiace commettere questi sbagli, solo che trovo ancora difficoltà a svolgere tutto in ordine preciso e con tempi precisi.”
Lui si allontanò muovendosi lentamente nell’oscurità. 

Il rito era terminato ed il buio ci circondava, il mio maestro iniziò ad accedere una per una le candele attorno, piano piano la stanza iniziò a rischiararsi, mentre lui ancora taceva. 
Avevamo occupato per l’occasione un piccolo castello diroccato, fermo da millenni in mezzo alla natura, in balia degli elementi.
Attesi con pazienza che dicesse qualcosa.
Accesa anche l’ultima candela si fermò, stropicciandosi gli occhi, poi si voltò di nuovo verso di me.
Lo vedevo bene come anche lui fosse stanco e provato, andavamo avanti con la magia oscura, senza sosta, da settimane, anzi mesi.
Come mi aveva anticipato, gli incantesimi erano di molto diversi da quelli imparati negli anni passati, si trattava di riti molto più articolati, molto più intensi e pericolosi.

Io ne ero comunque contenta: ora potevo aiutarlo e appoggiarlo, non ero più solo un’allieva, ero una vera compagna.
Non sopportavo di sbagliare ancora, mi costava molto dovergli far riprendere tutto da capo.
“Ascoltami bene, devi restare concentrata, devi sentire la magia, va bene il controllo degli elementi e dell’ energia della bacchetta, ma devi anche sentirla tutta questa potenza, tutta questa magia. Devi saperla prevedere, conoscere, altrimenti non riuscirai a condurla e controllarla quando aumenta improvvisamente oppure quando cambia il suo corso.”
Mi scostai i capelli dal viso e provai ad alzarmi.
“Ho capito, mio Signore. Vedrò di abituarmi anche a questo.”
Lui si massaggiò il polso lentamente e in silenzio, poi lo vidi sorridere leggermente.

Fece cenno di avvicinarmi a lui, guardammo insieme il fuoco delle candele che si muovevano frenetiche.
“Le cose stanno andando meglio di quanto pensassi: tu sei brava, la magia nera cresce dentro di me, ogni giorno divento più potente, di conseguenza anche tu.”

Lo guardai: aveva uno sguardo febbrile, quasi malato, era davvero contento di come stavano procedendo le cose.
Ne aveva in serbo altre, la sua mente era sempre in continuo movimento, sempre un passo avanti agli altri, non si fermava mai. Visualizzava cose che nessuno poteva immaginare e poi le portava a compimento.
Era straordinario nel suo male e nel suo delirio, impareggiabile nei suoi propositi di primeggiare in tutto ciò che riguardasse quel genere di magia.
Mi sentii soddisfatta di quell’affermazione, ero sempre immersa nella magia nera, elementi naturali e nuovi incantesimi, riti e studi. Ero praticamente sempre con lui e lui con me.
Avevo perso ogni contatto con la solita realtà durante tutto quel periodo, non sapevo più che giorno fosse, cosa accadesse al di fuori, non vedevo e non parlavo più con nessuno che non fosse il mio Signore. 

Gli unici ritmi a cui dovevamo sottostare erano quelli degli elementi. Niente esisteva più oltre questo.
Mangiavo a stento, non mi interessavo d’altro se non provare, sperimentare, fare e anche sbagliare, pur di imparare il più possibile. Eravamo lontani da tutto e da tutti, nel mondo che più ci apparteneva.
Vivevo in mezzo alla forza degli elementi, fra sole, vento, mare, sabbia e roccia, controllavo tutta quell’energia che trasformavo poi in forza oscura dentro e fuori di me. 

Finalmente la sentivo, avevo imparato a riconoscerla nelle mie vene, attraverso i muscoli e sotto la pelle.
Ero in balia di apici intensi e duraturi di fortissima energia, seguiti da picchi di vuoto quasi completo. Questi vuoti totali mi portavano quasi a svenire, o restare totalmente priva di forze, o a dormire per ore e ore, per poi ricominciare da capo. 
E poi c’era lui, lui che mi faceva conoscere tutto e provare qualsiasi cosa. Tutto ciò che non avevo mai visto né conosciuto.
Vivevo tra sesso e riti sacrificali, turbini di violenza e sangue, sentivo il sapore caldo della sua pelle contro la mia ed era la mia sublime estasi.
Il potere del fuoco cresceva dentro di me, tanto che mi sentivo bruciare io stessa, una sensazione ancora sconosciuta, stentavo a capire cosa mi stesse succedendo. 

Era sempre il mio maestro ad indicarmi cosa fare: lasciare che tutto accadesse, che la magia mi bruciasse e mi consumasse fino in fondo.
Come mi diceva altre cose che mi colpivano nel profondo, che ripeteva senza sosta: conoscere tutto, provare tutto, non avere paura di nessuna conseguenza.
Doveva sempre abbattere ogni muro, ogni regola, sbaragliare ogni confine, io volevo solo seguirlo e permettergli di esaudire ogni cosa desiderasse, volevo sentire ciò che sentiva lui, tutto ciò che provava.
La mia mente ne usciva sconvolta, stravolta, mi sentivo trasportata e scaraventata a forza in mondi nuovi e sconosciuti, spesso contro ogni razionalità. 

Mi sentivo comunque al massimo dell’esaltazione, dell’appagamento, dell’amore.
Lo vedevo ogni giorno più forte, sicuro e oscuro; negli occhi non aveva le pupille scure, aveva delle braci rosse ardenti. 

Non avevo mai visto occhi così. 
Non era più solo un uomo: era la magia, l’energia, la violenza e l’orrore. 
Incantesimi, riti, esperimenti, e il sesso sempre, senza sosta. Non si fermava mai.
Poi però c’erano i crolli.
Passavano ore in cui non riuscivo nemmeno a muovere un muscolo, potevo solo restare ferma in attesa passasse tutto, altrimenti cercare di dormire. Altre volte ero lì lì per svenire, dovevo fermarmi e attendere ore per riprendermi. 

Lui non era mai privo di energie come capitava a me me, ma il suo fisico era dilaniato dalla troppa energia. 
Si ribellava. 
Il corpo gli faceva palesemente male, provava dolori intensi: anche lui aveva i suoi crolli.
Allora si riempiva di laudano, ne sentivo il sapore dolciastro sulle sue labbra quando mi baciava, a tutte le ore. 

Lo vedevo dai suoi occhi quando mi guardava. 
Tanto laudano, molto più di quanto avessi immaginato.
Se in un primo momento questa cosa mi impressionava, poi imparai a coglierne i lati positivi. 
Solo io lo potevo vedere così, gli potevo sempre stare accanto, la sua mente era lontana dal mondo, da tutti meno che da me. 
Quando si addormentava, lo ammiravo in silenzio, avevo tutto il tempo di farlo, guardavo tutto di lui.
Quei lineamenti belli, quasi delicati, che erano resi duri e spigolosi dal suo carattere difficile e dal suo modo di vivere estremo e pericoloso. 
Gli sfioravo lungamente le labbra sottili, sempre pallide. Toccavo le sue braccia, i muscoli, la pelle. Mi potevo prendere tutto il tempo di conoscerlo in quel modo, mi piaceva accarezzargli i capelli senza che si svegliasse, mi perdevo in quei momenti e desideravo trasmettere in quelle carezze tutto il mio amore. 
Ero felice di quella situazione, mi sentivo nata per quello che stavo facendo ed ero innamorata di lui ogni giorno di più.
Se non potevo ammettere l’esistenza dell’amore davanti a lui, perché mai e poi mai avrebbe accettato una cosa simile, non potevo più fingere davanti a me stessa.

Avevo accettato questo sentimento e lo tenevo solo per me.
E mi piaceva.
“Bella! Mi stai ascoltando? Cosa ti prende?”
Le sue parole mi riportarono alla realtà, mi ero persa nei miei vaneggiamenti.
“Sì, mio Signore, scusatemi. È la stanchezza, il rito di prima e l’incidente mi hanno un po’ provata. Vi chiedo davvero di scusarmi.”

Rimase fermo e zitto, leggermente spazientito, ma non arrabbiato.
Lo guardai per alcuni istanti ancora, mi soffermai sulle guance pallide e incavate, le labbra erano quasi blu e la vita era stretta, magra, quasi emaciata.
“Mio Signore, scusate se oso, ma…”
Mi interruppe subito scuotendo la testa.
“Sì lo so cosa vuoi dire: devo fermarmi e anche tu hai bisogno di riprendere forze, almeno per un po’ di tempo. Purtroppo questo maledetto corpo umano non regge. È troppo debole davanti alla mia magia.”

Lo guardai preoccupata, rimasi male per quelle parole e per la rabbia che dimostrava nei suoi confronti. 
Considerava maledetto il suo corpo, debole perché troppo umano, troppo fragile rispetto alla sua mente.
Era la prima volta che notavo questo suo odio verso se stesso, cosa che invece, in seguito, conoscendolo meglio, avrei imparato a riconoscere sempre di più. 
Un odio che pervadeva ogni suo comportamento, ogni suo atto.
Era un sentimento talmente profondo e talmente radicato in lui, da essere perfettamente nascosto, celato dalle sue manie di grandezza, ma che esplodeva violentemente alla prima occasione.
Provai a parlargli.
“Mio Signore, voi siete così forte e potente, il vostro corpo è perfetto, forte e vigoroso. Sono io che ho bisogno di un momento di riposo, ma è un’occasione per raccogliere anche le vostre forze e ripartire meglio di ora.”
Tenevo ovviamente molto alla sua salute e volevo che stesse bene, che ci stesse attento lui per primo.
Era un’utopia la mia, lui non si voleva bene e non sarebbe mai cambiato, sarebbe solo peggiorato. 
Aveva qualcosa dentro che lo divorava, che lo tormentava, c’ era sempre un veleno dentro di lui che gli faceva male, lo distruggeva con lentezza e feriva chiunque gli stesse vicino.
Non dissi altro e aspettai la sua decisione.

Rigirò la bacchetta tra le dita più volte, rimase pensieroso, poi alzò lo sguardo verso di me.
“Torniamo dagli altri Mangiamorte, ci fermiamo per qualche tempo. Giusto per riprendere le fila della situazione, ho lasciato andare molte cose in questo periodo. Poi riprenderemo meglio di prima.”
Annuii. Mi sembrò una decisione saggia, lentamente mi tirai su dal pavimento e mi avvicinai a lui.
“Hai visto? Ho deciso di seguire un tuo consiglio, sei contenta?”
Quella domanda mi spiazzò, non me la aspettavo, annuii incerta su cosa rispondere. 

Spesso le sue parole gentili erano semplicemente una provocazione, una presa in giro, un inganno. 
Era un gioco per lui: gli veniva spontaneo provocare e mettere alla prova, gli piaceva far sentire importante qualcuno per poi distruggerlo subito dopo. Mordeva dolorosamente, iniettando il suo veleno dentro la vittima, lo faceva volutamente e a tradimento.
“Bene, perché c’ è da decidere quella questione di Rodolphus, se iniziarlo alla magia oscura, ricordi? Cosa ne pensi allora? Non mi hai più risposto.”
E infatti eccolo il morso. 

Era doloroso anche il solo pensiero di non essere più la sua eletta, l’unica strega oscura al suo fianco. L’unica sua allieva che ora, dopo tanta fatica, poteva restargli vicino nella pratica della magia nera.
Decisi di optare per dirgli la verità, senza mezze misure.
“Dico che l’idea non mi piace, mio Signore.”

Mi morsi le labbra con timore, attesi la sua reazione con ansia e paura.
Mi guardò per diversi istanti con occhi enigmatici.
Poi, inaspettatamente, mi sorrise. 

Continuava a giocare con la bacchetta fra le dita, la guardava e restava ancora in silenzio; la strinse poi improvvisamente con la mano destra e me la puntò contro. 
“Lo immaginavo, sapevo che mi avresti risposto così, ma dimmi, perché non ti piace la mia proposta? Spiega la tua opinione.”

Sorrideva beffardo.
Non era una vera minaccia, la sua, lo vedevo dagli occhi; inoltre lui era mancino, non usava la bacchetta con la destra, ma con la sinistra.
Voleva solo giocare, mettermi paura e allo stesso tempo voleva che mi accorgessi di tutti questi suoi giochi.
Parlai dunque senza remore.
“Perché solo io sono abbastanza brava per assistervi, mio Signore, solo io posso esservi davvero d’aiuto nelle arti oscure. Starvi accanto, sostenervi nei casi di necessità. Nessuno, assolutamente nessuno in tutto il mondo magico, men che meno Rodolphus, è in grado di fare ciò che so fare io, non ha il potere che ho io, nessuno lo possiede, lo sapete anche voi.”
Si avvicinò ancora a me, aveva lo sguardo serio e attento. Con la bacchetta mi scostò i capelli dalle spalle.
“Hai un’alta considerazione di te…”
Piegò la testa di lato, curioso, in attesa di una risposta.
Mi venne da sorridere.
“Sono pur sempre una Black, mio Signore.”
Scoppiò a ridere.
Come era bello quando rideva così.
“Vero, la nobile e antica casata dei Black, i Toujour Pur. Non c’è traccia di sangue sporco nelle tue vene, il tuo potere è davvero grandioso.”
Ripose la bacchetta, con la mano sfiorò la pelle del mio viso, proprio dove prima mi aveva toccata col legno. 
Quel contatto fu a suo modo violento: io ero bollente, lui gelato, il contrasto era forte e vivido. 
Due dita mi accarezzarono il collo, le altre la guancia, mi persi in quel tocco che mi mandava sempre in estasi. 
Lui indugiò a lungo in quella posizione.
“Quindi, dimmi: vuoi essere solo tu a conoscere le arti oscure come me? Nessun altro può affiancare il tuo maestro? Solo tu?”
Strinse le dita e mi graffiò la pelle con le unghie, mi faceva male e mi sorrideva beato. 
Quei contrasti violenti e dolorosi mi piacevano, desiderai ardentemente rimanessero i segni rossi sul mio viso.
Annuii per rispondere alla sua domanda.
“Proprio così, mio maestro.”
Mi mise la mano intorno a collo, lo sentii stringere, non forte, ma a sufficienza per non farmi respirare bene.
Non feci comunque una piega. Allora, dopo poco, allentò la presa.
“Sei sempre la mia ragazzina egoista, Bella.”

Strinse di nuovo la mano tra il collo e il viso per attirarmi a sé e mi diede un bacio prepotente e passionale. Mi sentii mancare tutto attorno per l’emozione e la sorpresa.
Il piacere che provai a quel semplice e inaspettato bacio fu dirompente.
Quando mi lasciò mi appoggiai ad una colonna lì a fianco, mi aveva proprio sconvolto i sensi.
Lo guardai mentre afferrava e si copriva col mantello, lo guardavo e pensavo a ciò che mi aveva detto.
Non ero più una ragazzina, lo sapeva che non sopportavo quel nomignolo, non lo sopportavo nemmeno quando una ragazzina lo ero davvero. Sentivo tutta la nostra differenza di età e di esperienze in quel nome, sentivo quanto poco ero per lui. 
Percepivo però che per lui, al contrario, quel ragazzina doveva avere una connotazione non del tutto negativa.
Non seppi mai capire però quale particolare significato dava lui a quel modo di chiamarmi. 

Rimase uno dei suoi tanti misteri.
Gli tornai accanto. Avrei voluto restare ancora soli insieme, non tornare più al Quartier Generale, insieme a tutti gli altri. 

Ero gelosa e possessiva lo avrei voluto sempre tutto per me. 
Osai avvicinare la mia mano al suo mantello, come per trattenerlo un momento, per farmi ascoltare.
“Non dovete avere a fianco nessun altro, maestro, solo me, non dovete fidarvi di nessuno.”
Si voltò a guardarmi senza rispondere. Rimase tempo a studiarmi.

“Lo so molto bene.”
Mi mise improvvisamente un braccio attorno alla vita e strinse forte.
Mi guardò ancora, attentamente.
“E perché secondo te dovrei fidarmi di te? Solo di te?”

Mi strinse ancora di più a sé.
Quando lo ebbi così vicino abbi il desiderio di rispondere che io sola lo amavo e questo era lì motivo. Eppure non lo feci, non potevo farlo.
Sentivo di nuovo il vento arrivare veloce e accarezzarmi la pelle, sfiorarmi i capelli.
Portava con sé il suo profumo, avrei solo desiderato un altro bacio.
Un bacio che però quella volta non mi diede.

“Perché mi avete scelta, sono la vostra strega più potente, voi sapete che vi sono fedele e lo sarò sempre. Altrimenti non mi terreste accanto a voi, mio Signore.”
Strinse ancora di più i miei fianchi e io mi abbandonai a lui e alla sua stretta come mi piaceva sempre fare.
Senza aggiungere una parola mi portò via con sé nella smaterializzazione.
Non seppi mai se fu o meno soddisfatto della risposta.
 
   
 
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