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Autore: evil 65    14/09/2019    16 recensioni
La guerra contro Thanos si è conclusa da cinque anni, e la Terra sta ormai uscendo dal difficile periodo antecedente allo schiocco che cancellò metà della vita nell’universo.
Dal profondo dello spazio, tuttavia, sta per giungere una nuova e antica minaccia.
L’uso delle Gemme dell’Infinito ha causato il risveglio di una creatura che dormiva negli abissi del cosmo, e che ora, dopo aver provocato carestie e devastazioni su vari pianeti, si dirige minacciosa verso la Terra.
Una furia immensa e bestiale, una divinità antidiluviana e una maledizione, che il mondo imparerà a temere col nome di King Ghidorah…
( Crossover Avengers x Godzilla )
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Thor, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Nota Importante : Signore e signori…ecco a voi il finale di Avengers : The King Of Terror!
Un crossover nato per puro caso che, attraverso una serie di circostanze, ha finito con l’inaugurare un piccolo universo letterario che continuerà con So Wrong ( attualmente in corso : https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3850018&i=1  ), altre due storie stand-alone e un maxi-evento crossover che riunirà tutte queste fan fiction e che fungerà da sequel diretto di codesta storia.
L’epilogo che state per leggere chiuderà gli eventi iniziati con il prologo, ma conterrà due “scene post credit” che apriranno la strada al seguito.
Se Thanos era il grande Big Bad della Prima Era MCU, l’antagonista che farà la sua comparsa nella seconda scena sarà il grande avversario di questo mini universo.
La scelta potrebbe sorprendere molti di voi, ma posso assicurarvi che era già stata prestabilita dopo il rilascio del settimo capitolo di Avengers : The King Of Terror.
Nella prima scena post-credit, invece, coloro che stanno leggendo So Wrong incontreranno un personaggio familiare.
Approfitto di questo momento per ringraziare Alucard97 ( co-autore ufficiale della fan fiction ), il quale mi ha aiutato nella resa del personaggio di Thor e si è occupato della stesura di gran parte delle sue scene.
Ah, e per chi è interessato a vedere King Ghidorah in azione, vi annuncio che il film Godzilla : King of The Monsters, di cui è l’antagonista principale, è stato finalmente pubblicato in streaming in alta definizione.
Detto questo, vi auguro una buona lettura e, se deciderete di lasciare una recensione, eccovi alcune domande :
  • Questa storia vi ha soddisfatto fino alla fine?
  • Qual è stato il vostro personaggio preferito?
  • Per il sequel vorreste vedere qualcosa di particolare?
 
 
Epilogo
 
Lacrime amare caddero come pioggia sulle strade di New York.
Era una mattina fredda quella che si levò sulla città, in quello che sarebbe stato ricordato come il giorno più cupo della storia della metropoli, peggiore perfino dell’Invasione Chitauri avvenuta nel lontano 2012.
Erano passate dodici ore dalla distruzione della città, da quando il mostro noto come Ghidorah era stato ucciso per mano delle forze combinate di Vendicatori, Defenders, Guardiani della Galassia, esercito USA e wakandiano.
Se del drago tricefalo non restava più nulla, lo stesso però non si poteva dire delle conseguenze del suo attacco. Chi aveva vissuto in prima persona la tragedia dell’Invasione Chitauri, a confronto, conosceva solo in minima parte il dolore che si provava a vedere distrutta la vita di un’intera popolazione.
Intere famiglie erano state distrutte nell’arco di pochi minuti. Le dinastie che avevano costituito la popolazione più influente di New York…cancellate per sempre. Alberi genealogici che avevano radici estese nei secoli, privati dei loro giovani ramoscelli.
Ma la distruzione di Ghidorah non si era certo limitata alla metropoli. I terremoti e gli tsunami provocati dalla bestia, infatti, avevano mietuto quasi un miliardo di vittime in tutto il globo, prima che si fermassero subito dopo la scomparsa dell’idra.
Ma nessuna città era stata colpita duramente quanto New York.
Attualmente, i mezzi di soccorso si districavano come potevano lungo i tunnel di macerie che una volta erano vie percorse giornalmente dagli abitanti del luogo. Si scavava alla cieca, e per ogni corpo che veniva estratto vivo, altri dieci erano invece ammassati lungo i bordi dello spazio percorribile e coperti da teli scuri.
Dodici ore, ed era come se tutto fosse ancora punto e a capo: le fiamme divampavano ancora, consumando tutto ciò che c’era sul loro cammino; gli edifici crollavano, uccidendo altri innocenti; dovunque si posasse lo sguardo si vedevano corpi inanimati, arti che sporgevano da cumuli color cenere e resti di chi era finito sotto i passi del drago.
Tra i vivi spiccavano dei disgraziati confusi e dagli abiti ridotti a stracci, e altri che vagavano sperduti per le vie di New York senza una meta precisa. Erano i ritardatari che non avevano risposto per tempo all’evacuazione, quelli che erano rimasti indietro quando l’esercito aveva sparso la voce del nuovo centro di raccolta presso il Municipio di New York, uno dei pochi edifici rimasti ancora in piedi dopo l’assalto.
L’atrio principale del palazzo era stato convertito in un centro d’accoglienza per coloro che avevano avuto la fortuna di rifugiarvisi in tempo. In realtà il numero dei rifugiati era molto superiore alle reali capacità contenitive dalla struttura, pertanto erano state aperte al pubblico le stanze private ai piani superiore, così che ora le sale di ricevimento, i salotti e i giardini circostanti ora ospitavano come meglio potevano persone ed apparecchiature mediche, mentre nell’ampio refettorio alcuni volontari stavano preparando un modesto pasto per tutti coloro che ne avessero voluto approfittare. Era una situazione disperata.
Carol era ancora al suo posto.
Da quando era stata esaminata l’ultima volta da un paramedico, nessuno le aveva più chiesto di liberare la barella sulla quale sedeva, e lei, distratta com’era nei suoi cupi pensieri, aveva preso quella disattenzione alla lettera.
Peter non si vedeva da nessuna parte, probabilmente impegnato ad aiutare con i soccorsi. Avrebbe tanto voluto essere lì con lui, ma sfortunatamente il suo corpo aveva subito troppi danni.
Intorno a lei era il caos più totale: i civili continuavano ad arrivare nel palazzo, i membri della Guardia Nazionale li accoglievano cercando di preservare l’ordine e indirizzandoli in qualcuna delle sale del complesso, ma molti erano spazientiti, stanchi e con i nervi a fior di pelle.
Vagamente, la donna riconobbe la figura di Fury, intenta a parlare con quello che aveva tutta l’aria di essere un colonnello.
Intorno a loro, intanto, c’erano profughi che ancora risalivano le scale dell’edificio sperando di trovare rifugio, e un andirivieni dei mezzi di soccorso che cercava di trasferire quanti più feriti potevano nei vari centri medici allestiti per non congestionare le strutture già sature di civili.
Più in lontananza, altre linee di fumo si levavano in cielo, frutto degli incendi che ancora ardevano in città, e che si confondevano con la pioggia che cadeva.
Mentre osservava la zona circostante, Fury si ritrovò a pensare a quanto la situazione fosse assurda. Gli sembrava quasi di rivivere le terrificanti ore successive all’Invasione Chitauri, con Manhattan distrutta e il panico che dilagava per le strade. Ma la verità era che quella piccola scaramuccia era ben lungi dall’essere messa a confronto con quanto era successo il giorno prima, a causa di Ghidorah.
Tra i cittadini che erano lì già da diverse ore cominciava a salire un certo malcontento, ora che gli spazi cominciavano a diventare più stretti.
Persone provate dall’attacco, feriti più o meno gravi e militari convivevano compressi gli uni contro gli altri in un clima malsano e rumoroso, e se qualcuno disgraziatamente moriva in mezzo alla folla, per le ferite o per qualche complicazione incorsa durante le prime cure, capitava che il corpo restasse sul posto anche per diversi minuti, prima che qualcuno si decidesse a portarlo via.
Comunicare con i propri vicini era difficile se non praticamente impossibile, troppe le grida e i lamenti, troppo acuti i pianti di bambini e adulti che avevano perso ogni cosa.
Tra questi c’era anche Wanda, accudita da Strange e Quake, che non riusciva a darsi pace per lo stato in cui attualmente si trovava Bruce Banner.
L’uomo stava accanto a lei, su una barella, ancora parzialmente trasformato. Completamente immobile…in coma.
La Scarlet Witch Piangeva e singhiozzava, difficile dire se per disperazione o per farsi sentire dai suoi amici in mezzo a tutto quel baccano.
<< Perché doveva succedere?! Non se lo meritava, ha solo cercato di aiutarmi.. >>
E anche quella urla si persero nel fragore in cui aleggiava il palazzo.
Chi era fuori posto in mezzo a tutti quegli spaesati era Nebula, circondata dal resto dei Guardiani e da Jane Foster.
Teneva stretto nelle mani un lembo del mantello rosso di Thor, che scuriva in tinte bruciate sui bordi, e lo fissava intensamente con gli occhi che lacrimavano.
Era una visione straziante, sembrava quasi di essere stati catapultati in una realtà apocalittica non molto diversa da quella rappresentata nelle pellicole di fantascienza.
E di fronte all’immensità di quella catastrofe, una sola domanda aleggiava nella mente di tutti : sarebbero mai riusciti a riprendersi?
  
                                                                                                                                             * * * 

Tre giorni dopo
 
Il cimitero, ancora immerso nel freddo dopo il piovigginoso autunno di quell'anno, respirava con più veemenza del solito.
Il suo respiro si protraeva nel fumo denso provocato dagli incendi che imperversavano nella città.
Gli abitanti di New York, da tempo avvezzi a quel cielo velato, lo trovavano improvvisamente insolito e difficile da sopportare. L'aria era opprimente e l'acqua  della pioggia aveva un sapore amaro.
Quel giorno, in molti erano venuti per onorare tutte le vittime coinvolte nella battaglia contro Ghidorah. Per rivangare coloro che si erano sacrificati per la salvezza della Terra e quelli che avevano perso la vita per puro caso, stroncati dalle azioni malevole del drago.
Esattamente come cinque anni fa - durante lo svolgersi del funerale dedicato a Tony Stark- era stato allestito un palco su cui attualmente sedevano i Vendicatori superstiti, i Guardiani della Galassia e i Defenders – ad eccezione di Frank Castle, fuggito poco dopo la fine dello scontro poiché ancora ricercato dalla legge.
Steve Rogers, affiancato dalle figure di Clint Burton e Sharon Carter, osservava il tutto con un’espressione cupa in volto. Provato per la morte di Bucky Burnes, suo vecchio amico e fratello…provato per la morte dei suoi compagni Avengers, Rhodey e Thor…provato da quegli eventi catastrofici, che per la prima volta dai tempi di Thanos avevano lasciato una cicatrice indelebile sull’animo dell’intera umanità.
Terminata la cerimonia funebre, Carol Danvers s’incamminò fino al microfono sistemato sul palco.
Scrutò attentamente la folla di persone raccolte…e prese un respiro profondo.
<< Questa è la cosa più difficile che io abbia mai dovuto dire. Io…sono colpevole >> proclamò a gran voce dopo un attimo di silenzio, sorprendendo gli spettatori.
Un sonoro brusio cominciò ad alzarsi dalla folla, mentre la donna volgeva lo sguardo in direzione del resto dei Vendicatori.
<< Siamo tutti colpevoli…del peccato di arroganza. Avevamo le migliori intenzioni, di essere custodi della Terra, per mantenerla al sicuro…ma non ci siamo riusciti >> continuò tristemente. << Siamo stati incauti…troppo sicuri delle nostre capacità. Abbiamo guardato il mondo dall'alto, e lasciato che il nostro potere e la responsabilità ci separassero dalla gente stessa che avremmo dovuto proteggere>>
Sì girò, incontrando ancora una volta gli occhi degli spettatori.
<< Abbiamo fallito New York e l’intera umanità. Per tale motivo…disattiveremo la base dei Vendicatori >>.
Questa volta, l’incredulità che si levò dalla folla fu quasi palpabile. E le persone che vi facevano parte non furono certo le uniche a manifestare un certo grado di sorpresa.
Anche i Guardiani della Galassia e i Defenders erano rimasti visibilmente scioccati da quella dichiarazione inaspettata.
Il resto degli Avengers, invece, avevano tutti le teste abbassate per lo sconforto.
La reazione più visibile fu senza dubbio quella di Spiderman, con il corpo tremante e le mani strette in pugni serrati.
<< C'è di più >> riprese Carol, dopo un attimo di silenzio. << Voglio ringraziare i membri degli Avengers per il loro servizio coraggioso, ma in futuro agiremo tutti come agenti indipendenti. Non saremo più un esercito. A partire da ora… sciolgo gli Avengers. Questa è la fine >>
A quel punto, le figure di Stephen Strange, Sam Wilson, T’Challa, Scott e Hope Lang si alzarono dal posto a sedere, pronti a scendere dagli spalti assieme alla supereroina.
La folla rimase in silenzio.
Tutti sembravano troppo scossi anche solo per compiere un atto semplice come respirare. Finchè…
<< Chi lo dice? >> domandò una voce improvvisa, interrompendo la quiete di quel momento.
Carol e il resto dei Vendicatori -  seguiti dai Guardiani, dai Defenders e dagli spettatori raccolti - si voltarono all’unisono in direzione di colui che aveva appena parlato.
Spiderman stava in mezzo al palco, affiancato da Wanda Maximoff e Daisy Johnson, con le braccia incrociate davanti al petto e le lenti della maschera ristrette in direzione di Carol.
 << Vi ricordate quello che abbiamo fatto ieri? >> chiese l’arrampica-muri, sorprendendo il gruppo i supereroi. << Abbiamo salvato il mondo! Di nuovo! Non credete che abbia un valore? >>  
Compì un passo in avanti, indicando la compagna.
<< Bene, ripensaci, Capitano! Gli Avengers andranno avanti…con o senza di voi >> disse con tono di fatto.
Wanda e Daisy annuirono in accordo, mentre un altro brusio cominciò a levarsi dalla folla.
Carol fissò incredula il vigilante, mentre il resto dei Vendicatori iniziarono a lanciarsi occhiate incerte l’un l’altro.
Notando la loro esitazione, Peter prese un respiro profondo e camminò fino a loro.
<< Sentite…nessuno può mettere in dubbio il vostro servizio o l'impegno che avete messo per migliorare le cose. Se volete smettere, perché pensate di aver già fatto la vostra parte, va bene. Vi faremo una parata >> disse con una scrollata di spalle. << Ma se volete uscirne perché pensate sia più facile continuare la lotta da soli…bhe, allora non siete gli eroi che tutti pensano che foste. Il mondo ha bisogno degli Avengers…e gli Avengers hanno bisogno di voi! >>
Poi, allungò la mano destra nei confronti di Carol…e attese.
<< Per favore >> sussurrò con voce a mala pena udibile, quasi supplichevole, mentre la donna fissava l’arto teso con la bocca leggermente spalancata.
Perché? Solo…perché?
Non doveva andare così. Non era quello che aveva pianificato, quando aveva messo piede su quel palco. Questa…questa doveva essere la fine della sua carriera come supereroina della Terra.
Aveva lasciato che quelle persone morissero! Quelle povere persone che supplicavano di essere salvate, e lei non era stata in grado di aiutarle! Come avrebbe fatto ad affrontare i loro occhi, adesso, i loro giudizi… come avrebbe fatto a ripagarli per quello che non era riuscita a fare?
Girò brevemente la testa verso gli spettatori raccolti. Avevano tutti sguardi colmi di anticipazione, sgomento e…speranza?
Il cuore della bionda mancò un battito.
Anche dopo tutto quello che era successo…anche dopo tutte le vite che non erano riusciti a salvare…queste persone volevano comunque che gli Avengers fossero i loro paladini?
“ Perché? Abbiamo fallito…non eravamo abbastanza forti per salvare la città… ”
<< Non possiamo salvare tutti, Carol >> disse Peter, posando la mano libera sulla spalla della bionda e dandovi una stretta confortante. << Me lo hai insegnato tu, ricordi? >>
La donna sussultò. Doveva averlo pensato ad alta voce, senza accorgersene.
E sì, non poteva negarlo, anni prima era stata lei stessa a dire quelle esatte parole al suo amante. Eppure, di fronte a tutte quelle vittime…milioni di persone di cui avrebbe potuto impedire la morte, se solo fosse stata più attenta durante il suo primo scontro con Ghidorah…
Cacciò indietro le lacrime che rischiavano di fuoriuscirle dagli occhi. Non avrebbe pianto di fronte all’intera città, non dopo che il mondo l’aveva già vista in uno stato così debole e vulnerabile.
Il mondo…già. Almeno la Terra esisteva ancora. Era la testimonianza effettiva che erano riusciti a sventare la minaccia. Che erano riusciti… a salvare molti di coloro che avevano giurato di proteggere. Non era forse abbastanza?
“ Che diavolo stiamo facendo?” sussurrò mentalmente, alzando lo sguardo verso il resto dei Vendicatori.
Ora se ne rendeva conto. Se avesse sciolto gli Avengers, qui ed ora…non solo, a lunga andare, non sarebbe servito a niente…ma sarebbe anche stato l’equivalente di sputare in faccia a tutto coloro che si erano sacrificati affinchè lei e gli altri potessero continuare a vivere.
Thor, Bucky, Rhodey, Drax…meritavano di meglio.
“ Sono stata proprio una stupida ”.
Quasi come se fossero riusciti a cogliere i pensieri che intercorrevano nella mente della donna, i vari Vendicatori cominciarono a guardarsi l’un l’altro.
Da prima con sguardi incerti. Poi, lentamente, con sorrisi stanchi, quasi rassegnati. Un’espressione che venne presto imitata da Carol, mentre si voltava verso Peter…e gli stringeva la mano.
La reazione fu quasi istantanea.
Gli spettatori che in tutta la città avevano assistito alla scena scoppiarono in un sonoro applauso, seguiti rapidamente da Guardiani e Defenders.
In mezzo alla folla, Steve, Sharon e Clint volsero al gruppo di eroi un sorriso orgoglioso.
Il futuro era incerto, forse oscuro e nebuloso, ma non tutto era perduto. Perché gli Avengers…erano qui per restare.
Avrebbero continuato a combattere, nonostante le avversità. Di questo ne erano convinti.
  
                                                                                                                                                  * * * 
 
Peter Parker appoggiò il palmo della mano sulla fredda lapide dedicata a Tony Stark, nascondendo un triste sorriso dietro la maschera.
Era quasi ironico pensare che, solo tre giorni prima, il mondo si sarebbe dovuto riunire per commemorare l’anniversario della sua morte. Lo stesso giorno che Ghidorah aveva scelto per attaccare la Terra.
A volte la vita sapeva essere ironicamente crudele.
<< È stato un bel discorso >> disse una voce familiare alle sue spalle, spingendolo a voltarsi.
Carol stava di fronte a lui, con le braccia incrociate davanti al petto e il volto adornato da un’espressione impassibile.
L’arrampica-muri si passò una mano tra i capelli.
<< Sì…mi dispiace di essere stato così brusco, ma avevi bisogno di sentirlo >> disse con tono imbarazzato.
La donna non rispose. Si avvicinò a lui…e lo colpì con un pugno alla spalla.
<< Auch! >> trasalì il vigilante, sorpreso dall’attacco improvviso.
<< Questo è per avermi fatto fare una pessima figura davanti a tutta New York >> disse Carol, visibilmente stizzita.
Peter ridacchiò nervosamente.
<< Ok, forse me lo meri… >>
Non ebbe la possibilità di completare la frase. La donna compì un ulteriore passo in avanti, tirandogli su il lato inferiore della maschera e baciandolo teneramente.
Le lenti del ragazzo si spalancarono per lo shock, mentre Carol lo stringeva a sé e approfondiva il contatto.
Quando l’aria cominciò a mancare, si staccò per permettere a entrambi di riprendere fiato.
<< E questo…è per tutto il resto >> disse con un piccolo sorriso, accarezzando delicatamente la guancia del collega Avenger.
Peter rimase fermo e immobile, aprendo e chiudendo la bocca un paio di volte, come se stesse cercando le parole adatte per rispondere ad una simile dichiarazione.
Dopo quasi un minuto di tentativi falliti, rilasciò un sospiro rassegnato.
<< Ah, al diavolo tutto >> borbottò a bassa voce, avvolgendo ambe le braccia attorno al corpo di Carol.
La donna inarcò un sopracciglio.
<< Peter? >> domandò con tono incerto, presa in contropiede dall’azione dell’arrampica-muri. In tutta risposta, questi la strinse più forte.
<< Sei quasi morta, Carol. Davanti a me…e non avrei potuto fare nulla per evitarlo >> disse con voce stanca, facendo sussultare la bionda.
<< Ma non è successo >> sussurrò lei, chiudendo gli occhi e abbracciandolo a sua volta.
Peter ridacchiò amaramente.
 << Lo so, ma…ero così spaventato. Mi sentivo così impotente…e la cosa mi ha fatto pensare, sai? Per quanto possa sembrare clichè…mi ha fatto capire quanto la vita possa essere davvero breve >> continuò il ragazzo, staccandosi da lei e fissandola intensamente.
Si tolse la maschera, lasciando che i propri occhi si specchiassero in quelli della supereroina.
<< Ci ho riflettuto molto…e sono arrivato ad un’inevitabile conclusione : io ti amo, Carol Danvers >> disse con tono di fatto, sorprendendo la donna.
Peter le sorrise teneramente.
 << Amo tutto di te. Il tuo viso, i tuoi occhi, i tuoi capelli, la tua risata…tutto. Amo il modo in cui mi baci. Ti amo anche quando ci metti un'ora a ordinare un sandwich al bar >> continuò con una risatina, facendo arrossire la compagna.  << Amo la ruga che ti viene quando mi guardi come se fossi pazzo. Amo il fatto che, dopo una giornata passata con te, sento ancora il tuo profumo sul mio corpo, e sono felice che tu sia l'ultima persona con cui chiacchiero prima di addormentarmi la sera. E non è perché mi sento solo, e non è perché siamo appena usciti da una situazione di pre-morte! >>
Prese un respiro profondo, mentre il cuore di Carol cominciò a battere a mille, come se impazzito.
<<  Ti sto dicendo questo perché quando ti accorgi che vuoi passare il resto della vita con qualcuno...vuoi che il resto della vita cominci il più presto possibile >> disse Peter, il volto chiuso in un’espressione risoluta quanto determinata. << Carol Danvers…vuoi sposarmi? >>
<< ?! >>
Il tempo parve fermarsi.
Un silenzio inesorabile sembrò calare su tutto il cimitero, come se il vento avesse smesso di muovere le foglie degli alberi e gli uccelli nella zona avessero cessato il loro cinguettare.
Forse consapevole di essere stato un po’ troppo diretto, il vigilante arrossì copiosamente.
<< Non subito, e nemmeno tra due anni!   Voglio dire…sono ancora all’università, questo è più in invito formale, non ho nemmeno portato l’anello >> aggiunse rapidamente. << E non ti sto chiedendo di abbandonare i tuoi doveri! Vuoi viaggiare nello spazio? Non ti impedirò di farlo! Te l'ho già detto una volta, non voglio essere il tipo di uomo che ti tiene a terra, Dio solo sa che ce ne sono anche troppi… >>
<< Sì >>
<< E non m’importa quanto tempo dovremmo aspettare prima di rivederci, io resisterò, perché ti amo, e…aspetta, cosa? >> domandò il ragazzo, rendendosi conto di quello che la supereroina gli aveva appena detto.
Carol gli lanciò un ghigno divertito.
<< Sì >> ripetè con una scrollata di spalle.
<< …Sì? >> borbottò Peter, come se stesse cercando di confermare la risposta della bionda.
La donna roteò gli occhi e si porse in avanti, chiudendo le labbra con quelle del compagno ancora una volta.
Il vigilante rispose al bacio senza un secondo di esitazione, avvolgendo le mani attorno ai fianchi della supereroina.
Quando si staccarono, Carol gli lanciò un sorriso pieno di affetto.
<< Sì >> sussurrò sul volto del ragazzo, prima di baciargli teneramente la fronte. << Ti amo, Peter Parker >>
<< …Puoi ripeterlo, penso di essermi perso l’ultima parAUCH! Ok, sto zitto >>
<< Bravo >> disse la donna, mentre riprendeva a baciarlo. Sperava solo che nessuno sarebbe passato lì vicino entro la prossima mezz’ora.
 
                                                                                                                                  * * * 
 
( Track Finale : https://www.youtube.com/watch?v=CPpIydiQyFk )
Il buio e il vuoto. Due degli elementi primordiali che costituivano l’intero universo ancora prima che il Supremo creasse questa realtà.
Ecco cosa vedeva Thor, dopo il feroce scontro con il mostro a tre teste. Buio e vuoto, ma… che cos’era quello che sentiva? Un possente battito d’ali nel cieco e tetro abisso, accompagnato dal suono di un nitrito.
Egli non capiva che cos’era quel suono, non aveva la forza di aprire gli occhi. Una volta recuperato il senso dell’udito, ecco che riprese il tatto.
Sentiva… qualcosa di morbido ma al tempo stesso possente. Sentiva che il suo corpo era posato su un qualcosa ricoperto di pelo, mentre la testa era adagiata su… un grembo femminile?
Non riusciva a comprendere niente di tutto ciò, finché una voce lo richiamò. Una voce candida come i leggiadri petali delle rose primaverili, ma dura e fiera come il ruggito di un leone.
<< Non temere Thor, figlio di Odino, poiché il tuo sacrificio non è passato inosservato agli occhi degli dei anziani. Ora rilassati e svegliati, poiché chi ti parla è Sigrund, ed io ti scorterò nelle dorate sale ove la tua coraggiosa impresa verrà cantata nei secoli dai migliori menestrelli che i Nove Mondi abbiano mai conosciuto >>.
Thor conosceva benissimo questo nome. Sigrund, la regina delle Valchirie. Ma se si trovava sorretto dal suo cavallo, allora significava una sola cosa…
Finalmente riuscì a riottenere la vista e davanti a sé, scorgendo uno degli spettacoli più belli che i suoi secolari occhi avessero mai visto.
Un enorme palazzo d’oro si ergeva dinnanzi a lui, ma non era oro comune… bensì innaturale, splendente come la luce del Sole e capace di accecare tutti coloro che non erano forti abbastanza da poterne sostenere la visione.
L’intera struttura era composta da lance lunghe e affilate come rasoi, appartenenti a prodi guerrieri di ogni dove. Fu possibile scorgere perfino la leggendaria Gae Bolg del fiero Cu Chullain fare da portante per il muro settentrionale.
I tetti e le guglie erano fatti di scudi di ogni tipo e dimensione, in modo da richiamare le formazioni agili e compatte dei combattenti del Mediterraneo, i quali avevano sfidato uno dei più grandi imperi mai esistiti.
Sotto di lui poté osservare bene il possente Valgrind, il cancello d’orato che precedeva le cinquecentoquaranta porte di Tyr, ove transitavano ben ottocento Einherjar fieri e impavidi alla volta.
 La voce di Sigrund riprese a parlare.
<< Siamo giunti, figlio di Odino >> disse la Valchiria. << Contempla il Valhalla, dimora eterne di dei, di eroi e di tutti coloro che muoiono con onore sotto il nostro vigile sguardo >>.
Infine atterrarono. Thor scese subito dal cavallo alato, per poter osservare la magnificenza di quel luogo.
Nonostante suo padre gli avesse narrato del Valhalla fin dalla fanciullezza… non poté fare a meno di osservare il paradiso davanti a sé con lo stesso stupore di un bambino che vedeva il mondo per la prima volta.
 Ed ecco che un’altra voce lo chiamò.
<< Thor, perché tergiversi ancora? Non entri a salutare e brindare? >> domandò qualcuno poco più avanti.
Il tonante abbassò lo sguardo e vide, là davanti al cancello, una figura che non vedeva da tanto tempo. Una figura che riconobbe subito.
Per gli dei, avrebbe voluto piangere di gioia e andare là a riabbracciare il suo più grande amico e compagno di scudo, che ora vegliava ai cancelli di quel paradiso splendente.
<< Ora questo è il mio posto, e qui fra gli avi e i fratelli, io ti do il benvenuto… vecchio amico mio >>
<< Heimdall… Heimdall! Per la barba di Odino, è meraviglioso! >>
Corse a riabbracciarlo. Gli era mancato così tanto, esattamente come tutti gli asgardiani periti e gli altri eroi che aveva conosciuto in passato.
Hemidall sorrise mestamente.
<< Grìmnir aveva predetto il tuo arrivo da parecchio tempo, mio signore >>
<< Heimdall, mio forte amico e fratello di scudo, non chiamarmi signore. Non hai più nessuno da servire, poiché ora siamo tutti fratelli e sorelle nell’onore >> gli disse con voce tranquilla e pacata. Poi, però, l’espressione del suo viso si contorse in un cipiglio incuriosito. << Hai detto Grìmnir? Temo di non conoscere questo nome. Chi sarebbe? >>
<< Vieni con me e lo scoprirai >> disse l’Aesir.
Allorché, il Guardiano Bianco del Bifrost, gli mise un braccio intorno alle spalle e lo condusse all’interno dei dorati saloni, i quali pullulavano di eroi d’altri tempi.
Le sale risuonavano di urla di gioia, di canti, e il profumo del più prelibato idromele dei Nove Mondi impregnava le narici. Botti di alcolici, tavoli dorati, panche fatte di armature, rumori di spade cozzanti dei duellanti che si sfidavano in combattimento…questo era il Valhalla.
Non appena il tonante mise un piede all’interno, toccando con la punta le piastrelle fatte di oro e pugnali, tutte le anime si girarono e alzarono i boccali intonando un sonoro : << THOR! IL DIO DEL TUONO! THOR IL FIGLIO DI ODINO! HAIL THOR! >>
L’asgardiano spalancò la bocca per la sorpresa, mentre Il Bianco Guardiano riprendeva a parlare.
<< Ragnar Lodbrok, Nornagest, Sigmund, Gunnar, Helgi Hundingsbane, Sigurd… il mondo si è fatto vecchio dal tuo ultimo incontro con queste valorose anime, dico bene? Qui il tempo non significa nulla. Qui, ogni giorno è uguale a quello precedente. Carico di birra, storie e divertimento! >>
Il tonante aveva solo voglia di lasciarsi scivolare sulla guancia una lacrima di commozione, ma di fronte alle valorose anime… chissà che avrebbero detto di lui. Dopotutto, egli era ancora il dio del tuono dinnanzi ai loro occhi.
La sua voce si fece più calda e morbida di fronte a quello scenario.<< Il mio cuore gioisce innanzi a tanta armonia e cameratismo. Vorrei solo poter vedere altre facce amiche >>
<< Se queste facce amiche di cui tu parli non sono qui, figlio di Odino… forse, invero non lo meritavano >> disse un uomo alto, possente, vestito di una forte cotta di maglia ed elmo piumato.
<< Di certo ti sbagli, Sigurd >> rispose Thor, con un piccolo sorriso. << Se i miei compagni caduti non si trovano tra gli onorati defunti, il loro stesso essere perde di significato >>
<< Chi sono io per giudicare? >> ribattè l’altro, con una scrollata di spalle poco impegnativa. << Non ho conosciuto questi tuoi compagni, e se hanno lasciato il regno dei vivi allora avranno trovato un altro luogo dove andare. Ma ora permettimi di sfidarti a duello! Il tuo possente maglio Mjolnir contro la mia indomabile spada Gramr. Vittoria al primo sangue, che ne dici? Accetti la mia sfida, tonante? >>
<< Anche io mi unisco al combattimento! >> esclamò una voce assai familiare.
Thor si voltò.
A parlare era stato un altro guerriero dalla lunga barba bionda, vestito anch’egli con una cotta di maglia, calvo e con tatuaggi tribali incisi sulla testa.
 << Mio signore Thor, ti ricorderai sicuramente di me… Ragnar Lodbrock, sovrano e condottiero di centinaia di tuoi fedeli >> si presentò l’uomo. << Anche io voglio mettere alla prova la mia affilata ascia contro il tuo leggendario Frantumatore. Concedimi questo onore >>
<< Come posso rifiutare una simile offerta da quella stesse persone di cui, secoli orsono, elogiai la forza e il coraggio? >> ripose il tonante, posando una mano possente sulla spalla del sovrano vichingo. << Benissimo. Sguainate le armi, orgogliosi guerrieri, perché Thor vi affronterà contemporaneamente! >>
<< Sempre a lottare, noto. Non sei cambiato affatto… fratello >> disse qualcuno alle spalle dell’asgardiano.
Fu come se il corpo di Thor fosse stato colpito da un fulmine.
Riconobbe quella voce. Una voce che aveva accompagnato i suoi rimpianti per gli ultimi 10 anni.
Si voltò.
Di fronte a lui aveva appena preso posto la figura di un uomo alto e magro, dai lineamenti affilati quanto delicati, con lunghi capelli neri che gli cadevano sulle spalle, un volto pallido e occhi verdi come un paio di smeraldi. E verdi erano anche i suoi abiti, adornati da rifiniture in oro massiccio.
Non potendo più trattenere le lacrime, Thor corse ad abbracciare il nuovo arrivato.
<< Loki! Fratello mio! Sei qui! Tu sei… per la barba… >>
<< Piangi fratello? >> ridacchiò l’altro, in maniera beffarda eppure rassicurante. << In tutta la mia lunga vita, mai una sola volta ti vidi piangere. Ricordi cosa ti dissi quando Thanos attaccò la nostra casa? Che il sole avrebbe di nuovo brillato su di noi. Che io sia dannato a Hel se non avevo ragione >>
<< Oh, fratello. Fratello mio… >> mormorò il tonante, mentre stringeva la presa sul corpo del dio degli inganni.
Questi gli accarezzo la schiena, prima di allontanarsi e fissarlo seriamente.  << Basta, adesso. Anche il supremo Grìmnir vuole vederti. E’ impaziente >>
<< Anche Heimdall ha accennato a questo nome >> disse Thor, inarcando un sopracciglio.<< Ma chi è questa persona? >>
<< Perché non lo vedi tu stesso? >> ribattè Loki, sorridendo maliziosamente e indicando l’entrata del palazzo.
Rumori di pesanti passi fecero eco in tutta la sala. Tutti si azzittirono…E si inginocchiarono.
In cima a un bastione, ove risiedeva un gigantesco e dorato trono, si avvicinò una figura alta e distinta ammantata d’oro e porpora, armata di una lunga lancia e due corvi appollaiati sulle sue spalle.
Si sedette sul trono e, col suo unico occhio buono, osservò la figura di Thor.
<< Infine, tra queste sale, giunge l’uomo che attendevo da molto tempo. Finalmente è tornato. Finalmente SEI tornato. Thor… mio figlio! >> esclamò il rinomato Grìmnir.
Il biondo asgardiano ebbe un sussulto. Il misterioso essere che a Valhalla chiamano Grìmnir, altri non era che…
<< HAIL AL PADRE DI TUTTI! HAIL ODINO! >> urlarono in coro i guerrieri raccolti, riprendendo poi i festeggiamenti.
Ancora senza parole, il dio del tuono camminò fino alla figura del padre, seguito da Loki. 
<< Figlio mio >> cominciò l’Aesir, sorridendo orgoglioso. << Sei cresciuto finalmente forte e saggio. Avremo tempo per discutere, ma ora… vieni con me. C’è qualcosa che devo mostrarti. Ti aspettavano con ansia >>
<< Chi, padre mio? >> domandò il tonante, lanciando una rapida occhiata in direzione del fratello.
Questi si limitò a scrollare le spalle, pur mantenendo quel suo intramontabile sorriso.
Poco dopo, Odino scortò Thor e Loki attraverso gli ampi e lunghi corridoi del Valhalla, tappezzati di porte. Giunsero infine a una porta alquanto singolare, poiché fatta di semplice legno. Il dio corvo la aprì…e gli occhi azzurri dell’Avenger si tersero di lacrime per la seconda volta.
<< Riccioli d’oro… ce l’hai fatta ad arrivare >> lo salutò un uomo dalla capigliatura corvina e i corti baffetti neri, vestito con abiti midgariani. Ad affiancarlo era una donna dai lunghi capelli ramati e dall’innata bellezza, indossante un’elegante toga verde.
<< Mio figlio >> sussurrò lei, con un sorriso pieno di affetto.
 Il tonante li abbracciò entrambi, facendoli sussultare per la sorpresa.
<< Stark… amico mio…madre… >>
<< Però, vedo che hai fatto palestra >> ridacchiò Tony Stark, picchiettando amichevolmente la schiena del compagno Avenger. << Devi ragguardarmi su tutto quello che è successo mentre ero via! Ti prego, dimmi che Pepper ha tenuto Morgan lontano dalle mie armature >>
Thor non rispose, lasciandosi cullare dalla quiete di quel momento.
“ Sono a casa…sono finalmente a casa!”
 
                                                                                                                                                       * * * 
 
Scena Post Credit Numero 1 :
 
Quando l’attacco di Ghidorah aveva raso al suolo New York, il palazzo della Oscorp situato in centro era stato uno dei pochi edifici a rimanere intatti.
Ai piani bassi c’erano degli enormi appartamenti principeschi che soltanto l’èlite della città poteva permettersi, mentre l’ambitissimo attico a cui si accedeva solo tramite ascensore privato ospitava un lussuoso soggiorno e molto altro.
Nascosto dietro ai pannelli scorrevoli segreti c’era uno dei numerosi laboratori appartenuti alle Industrie Oscorp.
Quando Norman Osborn aveva scelto la torre dell’orologio come base high tech per le operazioni meno legali della sua compagnia, l’impresa edile della Oscorp aveva apportato delle modifiche  che permettevano all’edificio di resistere a ben altro rispetto a ciò che era stato dichiarato pubblicamente, comprese le peggiori catastrofi naturali. Si era rivelata una scelta felice sia per lui che per gli altri inquilini, specialmente dopo gli ultimi eventi.
A seguito dell’attacco di Ghidorah, l’azienda di Osborn aveva sfruttato quel successo per presentarsi alle maggiori riunioni d’appalto per diversi contratti di ristrutturazione degli altri grattacieli di New York. Nella migliore delle previsioni, entro la fine del decennio la città sarebbe stata nuovamente ricostruita, più forte di prima.
Con quel pensiero in mente, Norman Osborn rimase a guardare mentre gli addetti issavano il corpo sulla rete metallica.
Lo vide atterrare con un tonfo che sarebbe stato letale per un qualunque essere umano. Fortunatamente, quell’ammasso di carne, muscoli, ossa e vasi sangugni…non aveva nulla di umano.
I macchinisti alzarono lo sguardo sul Presidente della Oscorp, che osservava la scena da una rampa al secondo piano dell’enorme laboratorio.
Quando l’uomo fece loro cenno di continuare, gli addetti iniziarono ad issare l’enorme carcassa morente, eppure ancora viva.
Norman annuì soddisfatto e premette il pulsante che controllava l’illuminazione della stanza.
La testa di Ghidorah si palesò al centro del laboratorio. Quella stessa testa che Thor aveva decapitato al suo arrivo, e di cui si erano perse le tracce subito dopo la sconfitta del drago.
E ora…apparteneva a lui.
 
 
Scena Post Credit Numero 2 :
 
Ghidorah - o meglio, ciò che restava di lui - si svegliò di colpo.
La testa centrale, che Thor aveva mozzato dopo aver trascinato la bestia all’interno del portale, era rimasta a vagare nel vuoto dello spazio per l’ultima mezz’ora, diretta verso lo stesso destino del suo corpo, ormai prossima a varcare l’atmosfera della stella.
Allora…perché era qui? Ovunque fosse qui.
Sapeva solo di essere disteso a terra, completamente avvolto nel silenzio.
Era perfettamente solo. Nessuno lo guardava…Non c'era nessun altro. Nemmeno i suoi fratelli.
In realtà, considerando quello che era accaduto, non era del tutto sicuro di esserci nemmeno lui. Era forse morto?
Convinto com'era della propria totale solitudine, la cosa non lo preoccupò, ma lo incuriosì.
Roteò appena gli occhi, prendendo coscienza di ciò che aveva attorno.
Era circondato da una strana nebbiolina, diversa da qualunque cosa avesse mai vista prima.
Il pavimento sul quale giaceva era fatto di roccia nera, né calda né fredda, che si confondeva con chiazze oscure nel banco di vapore.
Si sentiva sfinito. Voleva solo dormire, affinchè il suo corpo potesse rigenerarsi…
<< Heya, Ghidorah! >>
<< ?! >>
La voce arrivò improvvisa e lontana, tra le ombre di quel luogo sconosciuto. Un trillo acuto e gratturale, che riecheggiò come un colpo di pistola nelle orecchie del drago.
La bestia drizzò il collo per quel che poteva, nel tentativo di individuare colui che aveva appena parlato.
E in quel momento, oltre la coltre di nebbia, cominciò a prendere forma una figura dalle fattezze velate.
<< Come ti senti? Spero che i miei ragazzi non siano stati troppo cattivi con te >> disse la sagoma indistinta, sorprendendo Ghidorah.
<< I tuoi…ragazzi? >> ripetè lentamente questi, cercando di mettere a fuoco le  caratteristiche del misterioso individuo. Ma tutto quello che riuscì a cogliere fu la corporatura alta e magra, apparentemente umanoide.
Nel mentre il drago rimuginava su questo, la sagoma rilasciò un sonoro sospiro.
<< Credimi, ci sono passato anch’io, a volte possono essere davvero fastidiosi >> disse con quella sua vocetta acuta e gracchiante. << Ma, ehi! Sai com’è quando si tratta di bambini, giusto? O forse no >>
<< Dove mi trovo? >> domandò Ghidorah, ringhiando per il fastidio.
La forma indistinta sembrò inclinare la testa.
<< Ovunque tu voglia essere >> disse con tono di fatto. E, per qualche strana ragione, la bestia riuscì a cogliere un sorriso nascosto.
<< Tu chi sei? >> sibilò attraverso i denti, stringendo ambe le palpebre degli occhi con sospetto.
Su udì uno schiocco.
<< Oh, perdonami, non mi sono ancora presentato! >> esclamò la sagoma, per poi compiere un passo oltre la coltre di nebbia.
Ghidorah prese rapidamente nota delle sue caratteristiche fisiche, rimanendo non poco sorpreso da ciò che vide. Dopotutto, aveva visionato la cultura terrestre quando aveva preso il controllo della mente di Wanda. Ragion per cui, era ben consapevole di cosa avesse appena preso posto di fronte a lui.
Si trattava di un clown. Magro come un chiodo, alto circa due metri e con grossi ciuffi rossi che gli partivano da una testa ampia e sproporzionata. Indossava un abito argenteo di fattura vittoriana e scarpe dalla punta arrotolata. Il volto era pallido e ciriceo, adornato da occhi gialli come il sole stesso.
Nella mano destra, coperta da un guanto bianco, reggeva un palloncino rosso che sembrava sfidare la forza di gravità.
Il pagliaccio sorrise, rivelando una bocca irta di denti acuminati, decisamente fuori posto per un essere umano. Anche se Ghidorah dubitava caldamente che questa creatura fosse umana.
<< Ti porgerei la mano, ma penso che sarebbe di cattivo gusto. Puoi chiamarmi Pennywise, il clown ballerino! >> esclamò il misterioso essere, con tono di voce gioviale. << E io e te, caro il mio amico monocefalo…abbiamo molte cose di cui discutere. Fremo dalla voglia di rivedere i miei angioletti!>>
 
 
THE END?
 
 

Ebbene sì, signore e signori : Pennywise, aka IT, ovvero l’antagonista per eccellenza dell’universo di Stephen King, sarà il villain principale della serie.
Oltre ad essere l’antagonista finale dell’evento Maxi-Crossover, comparirà prima come avversario den sequel di So Wrong, che getterà le basi del suo personaggio.
Annunciamo subito che l’IT che verrà utilizzato sarà quello del romanzo originale al massimo della sua forma, molto più potente delle versioni mostrate negli adattamenti Live Action.
Per farvi un’idea, la vera forma di IT è abbastanza potente da poter eguagliare il Galactus dei fumetti. Sì, è qualcosa di davvero assurdo.
IT non sarà solo, ma verrà affiancato da molti altri cattivi ( tra cui Norman Osborn e Ghidorah ), provenienti da altre opere e dallo stesso MCU ( chi andremo a ripescare? Eh eh, dovrete indovinarlo ).
E chi lo sa, magari qualche eroe morto ( sia nei film che in questa fan fiction ) tornerà dall’aldilà per combattere affianco ai nuovi Vendicatori ( di cui ora faranno parte anche i Defenders e nuovi eroi di zecca ).
Con questo detto, voglio ringraziare tutti coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, in quelle da ricordare o nelle seguite. Inoltre, un ringraziamento speciale a tutti quei recensori che ci hanno seguito fino alla fine, è grazie al vostro continuo sostegno se siamo riusciti a completare questo progetto.
Grazie di cuore, davvero, a tutti voi!
  
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