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Autore: _aivy_demi_    20/09/2019    43 recensioni
Una ragazza sbadata, disordinata e senza alcun pelo sulla lingua.
Un ragazzo famoso, allontanatosi dalla propria città in cerca di qualcosa.
Si incontrano, si detestano fin da subito.
Una simpatica commedia romantica het piena di malintesi, incontri fortuiti (e non), umorismo e una punta di ironia che non guasta mai.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Singing

is the answer

 

 

11 -  Why?




Gli occhi di Åsli rilucevano liquidi di tristezza e d’alcool. Notata la presenza di Raon si scompigliò malamente i capelli affranto. La bottiglia rotolò sul pavimento abbandonata dalla presa incerta delle dita.
La ragazza chiese ancora una volta cosa fosse successo per sincerarsi quanto meno non si trattasse di un problema di poco conto, ma la risposta tardò ad arrivare e non era certo qualcosa di piacevole: «sarebbe stato meglio se non ti avessi scritto. Non credevo saresti venuta davvero.» Un sorriso amaro accompagnava l’insieme incoerente di parole che l’avevano colpita violentemente e di sorpresa: prima la contattava e poi pretendeva di non voler avere a che fare con lei. Raon gli si piazzò davanti con le mani strette a pugno poggiate sui fianchi, sguardo duro, animo irritato.
«Allora, mettiamo bene in chiaro una cosa: mi hai cercata in piena notte svegliandomi con delle pretese, io mi sono preoccupata come una deficiente per te,» riprese fiato cercando di calmare il cuore accelerato per la rabbia, «e a malapena ti conosco, ma questo è un altro discorso. Insomma, mi sono alzata con i coglioni già girati e mi sono fiondata qui pensando a chissà quali cose orribili. Non rispondi, non apri, entro pensando al peggio e invece sei qui a bere come un imbecille?» Gli puntò un dito accusatorio contro, forse avrebbe dovuto trattenersi ma ormai era inarrestabile. «E te ne esci pure con quella frase del cazzo? Sul serio? Ti conviene abbassare la cresta perché la gente si stufa di quelli come te, sappilo. Succederà a tutti, perché gli stronzi non vanno a genio a nessuno.»
Tremava nervosa e a stento riusciva a trattenere le lacrime: rabbia, emotività, qualsiasi cosa stesse lavorando in lei in quel momento la stava spingendo oltre al limite dei paletti posti per il rispetto dell’altro. Aveva il fiatone ed espirò tutto il malessere accumulato con un unico sospiro.
Silenzio.
Tutto quello che aveva detto aveva suscitato in Åsli una reazione pari a zero, la stava completamente ignorando tenendo il volto basso rivolto al pavimento. Spazientita si inginocchiò di fronte a lui, a pochi centimetri da quei capelli chiari che ricadevano disordinati a coprirgli il viso. Avvicinò i polpastrelli a sfiorare la testa, esitando per un attimo; una voce roca lievemente impastata, tanto diversa da quella a cui ormai si stava abituando, la fece desistere. Il ragazzo cominciò a parlare senza neppure guardarla.
«Non volevo tu venissi qui per non coinvolgerti.»
Di nuovo silenzio.
«Non volevo trascinarti in questo posto squallido e grigio.»
«Che stai dicendo?» Lei gli carezzò infine il capo, costringendolo ad alzare il mento e a guardarla. Occhi vitrei, spenti. «Non è poi così male, no? D’accordo, non sarà una reggia, però è sempre meglio di nulla…» Le sensazioni negative che aveva percepito la stavano abbandonando, lasciando il posto ad un rozzo tentativo di tirargli su il morale in qualche modo – qualsiasi modo in realtà. Non sapeva come comportarsi, una cosa era avere a che fare con Aya e le paranoie da ragazze, lavoratrici o studentesse; aveva davanti a sé qualcuno di cui invece sapeva poco o nulla. Quando si rese conto di sfiorarlo ritrasse il braccio come scottata, sedendoglisi accanto.
«Non è la casa il problema, vero?»
Åsli rispose semplicemente scuotendo la testa a destra e a sinistra, rovistando con agitazione tra le tasche dei jeans ed estraendone un pacchetto di sigarette; l’accendino malfermo faticò ad accenderne una, ma il primo tiro dal filtro fu un sollievo. Alzò lo sguardo al soffitto socchiudendo le palpebre.
«Dimmi, Raon, sai cosa significa scegliere di rimanere soli? Non sono qui per aspettare che tu risponda, voglio farti capire. Tu hai tua nonna, tuo fratello, dei genitori immagino. Quando torni a casa da quel cazzo che fai durante la giornata, qualcuno ti prepara la cena, ti aspetta e ti abbraccia.»
«Adesso non farla tanto pesante, è solo un po’ di nostalgia, su.» Una pacca sulla spalla ed un sorriso: Raon credeva potessero davvero bastare per risolvere la faccenda e restituire un po’ di buonsenso in quella testa annebbiata dal troppo liquore. Lui si girò di scatto bloccandole il polso tra le dita, inchiodando tra le iridi le sue, immobilizzandola con lo sguardo.
«Nostalgia un cazzo, proprio un cazzo! Lo vedi, il modo semplice con cui ragioni ti rende tutto così impostato e scontato, soltanto perché ti riempi la testa di stronzate leggendo porcherie e credi che la tua vita perfetta sia peggio di quella di chi ti sta intorno. Cristo, apri gli occhi.»
La ragazza non era sicura di avere colto esattamente il punto, si era beccata una serie di insulti gratuiti e se ne stava lì comunque. Sentiva il calore salire mano a mano, diffondersi sulle guance umide e rigate.
Non s’era accorta di stare piangendo.
Gli occhi di lui glielo avevano fatto capire, sgranati e vibranti.
Aveva parlato troppo e a sproposito.
«Sei tu che non sai niente della vita di chi ti circonda. Sei tu che cerchi gli altri nella speranza che assecondino i tuoi desideri, le tue paure, i tuoi bisogni. Sei come un bambino, anzi peggio… sul serio, avevi ragione. Non sarei dovuta venire. Ora scusami, me ne vado e torno dalla mia vita perfetta, la mia famiglia perfetta, le mie giornate meravigliose.» Il tono si fece più alto, più insicuro. «Me ne torno a quelle che tu chiami con disprezzo porcherie, intanto però mi aiutano a distrarmi, dimenticare quello che mi fa male e regalarmi qualche sorriso. Tu stattene qui a sbronzarti pure, a piangerti addosso come un disperato, sta qui a veder spegnere una dopo l’altra le sigarette finché non viene giorno. Passa la notte in bianco, prendi a pugni il muro, spacca il tavolo, non me ne frega un cazzo. Stupida io ad essere venuta qui perché mi ero preoccupata davvero, avevo pensato ch
Il fiato corto, la mente annebbiata, il battito del cuore ad esplodergli in testa.
Le mani di lei intrecciate alle sue, le dita a stringerle convulsamente la testa e spingerla verso di sé. Le labbra bollenti, le palpebre serrate ed il tentativo di scacciarlo che risultò inutile fin da subito. Raon si abbandonò ad Åsli accasciandosi contro il muro, aggrappandosi a quei capelli spettinati, strattonandolo verso di sé per poi tentare di allontanarlo subito dopo. Il sapore di alcool misto a fumo in bocca la stordiva.
«Devo… devo andare…»
La presa ferma non le permetteva di muoversi come avrebbe voluto.
«No, stavolta no. Non ti lascerò scappare di nuovo.»
«Ehi, ehi ma che cazzo pensi di… aspetta! Å… Åsli aspetta!»
Le lasciò lo spazio di respirare, di muoversi, di riprendere a parlare. Il capo inclinato da un lato e la bocca schiusa nell’attesa; non staccava le pupille da lei, non le avrebbe permesso di uscire da lì con una scusa futile come la volta precedente. Esigeva risposte, per il proprio bene e per l’equilibrio che non esisteva più.
«Dimmi, allora. Ti ascolto.»
L’aveva lì, davanti a sé, irato e in attesa. Era lì, alticcio, sconsolato, vinto dalle proprie scelte. Cosa avrebbe fatto? Non riusciva a muovere un passo dopo l’altro, non riusciva a distogliere il viso, qualcosa l’attirava e non le permetteva di andarsene di nuovo. Deglutì a fatica cercando un modo per divincolarsi, un qualsiasi motivo per non rimanere più lì.
Non ne trovò neppure uno.
Lo odiava, non sopportava il suo atteggiamento egoista. L’aveva insultata, sottovalutata, e lei aveva fatto semplicemente lo stesso con l’altro. Egoista, pensando di aver fatto la cosa giusta presentandosi come buona samaritana in aiuto di una persona in difficoltà. In base a cosa poi? Cosa ne poteva sapere lei davvero?
«Tu mi odi.» Esordire in una maniera così idiota non era nemmeno da lei, ma non sapeva da dove partire. «Non mi sopporti, non ti piace quello che piace a me, non puoi soffrire la mia presenza, credi io sia una perfettina che vive in un mondo di rose senza spine. Beh, non è così. Anche io ho i miei problemi, e non faccio a gara a chi sta peggio, però,» abbassò volutamente lo sguardo, si stava sentendo in imbarazzo e sapeva che avrebbe dovuto continuare: «però il fatto di sentirmi in qualche modo a mio agio con il tuo caratteraccio, con le tue moine da prima donna, non lo so. Non so come spiegare, mi è tutto familiare ecco.»
Familiare.
La stessa identica sensazione che lui aveva provato durante il trasloco, quando aveva ritrovato tra le cose della vecchia Luciye una foto di anni prima. Familiare, come quella buffa espressione di bambina, le ginocchia sbucciate, i codini. Familiare come il volto delle persone immortalato su carta.
Lui come per lei, inspiegabilmente.
Avrebbe dovuto dirle di aver ritrovato quel ricordo, avrebbe forse dovuto riferirle del pacchetto che la vecchina aveva recuperato dalla soffitta. Accennarlo almeno e cercare un collegamento. Sarebbe stato utile per capire, sbrogliare la faccenda, riordinare la testa e cercare tra le varie informazioni il motivo per cui Raon sembrava far parte del suo passato in qualche modo. Quest’ultima gli sfiorò il petto con la mano cercando di tranquillizzarlo e farlo a sua volta. «Ti va di raccontarmi cosa è successo?» Un passo indietro per il suo orgoglio, una volta tanto; un passo avanti verso di lui, nel tentativo di comprenderlo.






Nota dell’autrice (se non parte la ship prepotente qui in seduta stante, non ho fatto bene il mio lavoro! XD):
Eccomi, sono tornata da Singing, da Raon e Åsli, dal loro meraviglioso battibeccare senza peli sulla lingua ed incazzarsi come niente fosse per ogni cosa. Non riescono a trovare un punto in comune neanche per sogno, ma non riescono a staccarsi per qualche motivo. Chissà perché poi, ehehe. Io lo so, e voi no! Ok, basta cavolate, ora ho altre millemila cose a cui pensare e progetti con cui procedere, ma mi auguro che questo capitolo di svolta vi sia piaciuto.
Grazie a tutti voi che leggete, grazie a chi lascia le recensioni, qualche critica e argomento costruttivo che mi permette di migliorarmi sempre più. Siete dei tesori, alla prossima!
-Stefy-




   
 
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