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Autore: OharaNakamura    27/09/2019    5 recensioni
Lo scorrere del fiume le ricordava costantemente l’incessante fluire della vita. La sua ormai era giunta al termine. Piena di questa consapevolezza Mary Lynette guardò le nubi scure e minacciose riflettersi nelle quiete acque. Ormai i suoi occhi anziani erano troppo deboli per riuscire a guardare direttamente verso il cielo senza provare fastidio. In lontananza sentì tuonare. La tempesta si stava avvicinando. La vecchia fattucchiera raccolse allora i suoi pochi averi. Il suo passo lento rintoccava sulle assi del ponticello a cadenze regolari. Era diventato il metronomo che portava il tempo dell’avvicinarsi della fine del mondo.
[Questa storia partecipa al contest Una macchia di storia indetta da Inchiostro_nel_Sangue indetta sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un ponte, un semplice ponte

Ponte Giapponese, Monet
 
Lo scorrere del fiume le ricordava costantemente l’incessante fluire della vita. La sua ormai era giunta al termine. Piena di questa consapevolezza Mary Lynette guardò le nubi scure e minacciose riflettersi nelle quiete acque. Ormai i suoi occhi anziani erano troppo deboli per riuscire a guardare direttamente verso il cielo senza provare fastidio. In lontananza sentì tuonare, segno che la tempesta si stava avvicinando. Lo vedeva nei colori del mondo, lo sentiva nell’odore stesso dell’aria, lo percepivano le sue fragili ossa deformate dall’artrite.
Guardò le sue mani un tempo affusolate ed eleganti, sempre perfettamente curate e ingioiellate. Il tempo è meschino pensò, nessuno può fermare la sua corsa frenetica. Con movimenti lenti e incerti si piegò sulle ginocchia. Riusciva a stento a riconoscere la donna affascinante che fu nel riflesso raggrinzito che le si parava di fronte. Con un gesto rapido e stizzito provò a cancellare quella grottesca caricatura della sua bellezza. L’acqua le scivolò tra le dita, mentre quella vecchia estranea continuava a fissarla corrucciata. Tutto scorre. Nessuno può riportare indietro quello che è già stato. Lo sapeva, ne aveva dovuto accettare l’inevitabilità, mentre osservava il suo viso riempirsi di rughe, la pelle diventare sempre più raggrinzita. Ogni colore aveva cominciato ad abbandonare la sua figura, trasformandola in una tela sbiadita. L’elegante ed eterea donna, incapace di accettare l’inevitabile sorte di tutti gli uomini, aveva così deciso di ritirarsi dal mondo. Con l’avvicinarsi dell’inverno le notti si facevano sempre più lunghe e gelide. La sua cupa e solitaria dimora in mezzo al bosco era diventa la metafora della sua esistenza. Un inverno senza luce e senza stelle attendeva tutti gli uomini. In attesa dell’irreparabile, seduta di fronte al tepore del focolare, la vecchia strega della montagna ripensava spesso alla sua famiglia e a tutto ciò che aveva lasciato. Si sforzava di ricordare il padre perduto quando era solo una bambina, di cui conservava con cura pochi e incerti frammenti. Lottava ogni istante contro l’oblio della memoria, alla ricerca della sua voce calda e rassicurante. Si sforzava di ricordare sua madre, che lei stessa aveva abbandonato. Quel dolce sorriso che la malinconia le aveva rubato. Ma la memoria umana è fallace, flebile come un sussurro. Le immagini si confondono e con il tempo finiscono per scivolare via. Tutto ciò che riusciva a ricordare erano soltanto assenze e quella voragine che continuava incessantemente ad espandersi.
Rosee e delicate ninfee galleggiavano su uno sfondo di nubi scure e minacciose. Ignare della tempesta che stava per abbattersi, si lasciavano trascinare dalla leggera corrente de fiumiciattolo. Ancora immersa nei suoi pensieri, la vecchia fattucchiera raccolse i suoi pochi averi. Il suo passo stanco rintoccava sulle assi del ponticello a cadenze regolari. Era diventato il metronomo che portava il tempo dell’avvicinarsi della fine del mondo.

Ohara Nakamura

  
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