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Autore: Sweetserialkiller    30/09/2019    2 recensioni
Tre paia di occhi vennero puntati su di loro, e Amy rimase di stucco nel constatare che il terzo paio di occhi apparteneva al ragazzo di cui, anni prima, aveva tanto pianto la morte.
Le sue gambe si mossero da sole, e in poco meno di un secondo si ritrovò con le gambe attorno al busto dei giovane.
< Oh mio dio… tu sei…>
< Vivo e vegeto> la interruppe lui, tenendole le mani sotto le cosce per sorreggerla.
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< Appena tornati al quartier generale chiederò di cambiare partner>
Queste parole colpirono profondamente la ragazza.
< E per quale motivo, di grazia?> chiese accennando un falso sorriso.
< Perchè non sei professionale> ringhiò frustrato lui.
Lei sgranò gli occhi allibita.
< Io non sarei professonale? Chiedo scusa, ma non sono io quella che deve dimostrare qualcosa a se stessa solo perchè ho dei conflitti interiori>
< Hai iniziato tu però, come vuoi metterla ora?>
Genere: Azione, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: L, Matt, Mello, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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< Dovrebbe essere da queste parti >

La voce di Mello, proveniente dal telefono, fece fermare la macchina.

< Credo sia meglio che da qui in poi io vada a piedi, riuscirò ad avvicinarmi di più alle case e vedere meglio i nomi sui campanelli. Tu resta qui nel caso dovessi tornare inseguita da qualsiasi cosa > scherzò, allungandosi per poggiare le labbra fugacemente su quelle del ragazzo.

< Non sei divertente, potresti metterti in pericolo sul serio > la rimproverò.

< In questo quartiere di ricconi imbecilli, l’unico pericolo che posso correre è quello di essere inseguita da qualche cane da guardia con un collare che costa più della mia vita > lo prese in giro, uscendo dalla macchina.

A Matt scappò una risata.

< Vedi di stare attenta idiota >

Lei gli fece una linguaccia allontanandosi dall’auto.

Si mise a sbirciare i campanelli di quelle maestose ville, ricordandosi per un attimo l’enorme casa in cui viveva da bambina con i suoi genitori, prima che la madre morisse e che il padre fosse perseguitato dalla mafia.

“COTMAN”. La targhetta, illuminata da una tenue luce giallastra, le comparve davanti agli occhi.

Scavalcò il cancello senza problemi, stando poi attenta ai possibili dispositivi d’ allarme.

Inaspettatamente li trovò tutti staccati, e quando arrivò davanti alla porta principale, provò ad aprirla.Questa si spalancò in un soffio, mostrando la serratura che era stata chiaramente manomessa.

L’idea di non essere sola in quella casa la spaventava, ma la possibilità di poter finalmente trovare prove rilevanti per il caso le dava il coraggio di continuare.

Entrò cautamente, premurandosi di non fare alcun rumore.

L’entrata si apriva su un ampio salotto che, grazie alle grandi vetrate, era illuminato dalla luce crepuscolare.

Girovagò un po' per il pianterreno fino a quando, non trovando nulla di particolarmente interessante, si ritrovò ai piedi delle scale che conducevano al piano di sopra.

Le salì lentamente, voltandosi di tanto in tanto. La mano scivolò lentamente sul corrimano, fino a quando non sentì qualcosa sotto la pelle. Alzò lentamente il palmo, notando la macchia scura sul legno. Spostando lo sguardo più in basso notò che le macchie continuavano sugli ultimi scalini fino a raggiungere il corridoio del piano superiore.

Quello era… SANGUE. O meglio… sangue secco.

Ad occhio poteva risalire a qualche giorno prima, e, pur non sapendo l’esatta dinamica dell’omicidio del signor Cotman, non poteva che non essere iniziato in quella casa, con un sequestro o quant’altro. Il sangue poteva derivare da una possibile lotta tra il padrone di casa e l’aggressore.

La rossa percorse velocemente gli ultimi scalini, avviandosi poi verso il bagno. Iniziò a cercare qualcosa di utile per prelevare un campione di sangue. Aprì tutti gli sportelli degli armadietti, fino a quando non vide una piccola scatola contenente dei cotton fioc. Ne prese uno e, dopo averlo imbevuto d’acqua tornò alla scala. Iniziò a sfregarlo sulla parte di corrimano coperta di sangue, fino a quando il bianco del cotone non divenne rosso. Se lo infilò frettolosamente nella giacca e proseguì la perlustrazione.

Ispezionò le varie stanze, fino a quando non aprì l’ultima porta entrando silenziosamente.

La stanza, che doveva essere la camera da letto, era totalmente buia a causa degli scuri chiusi.

Si avviò verso la finestra con l’intento di aprirla, ma appena fu vicina, venne presa brutalmente per un braccio e sbattuta contro un muro.

Iniziò a dimenarsi con l’intento di liberarsi, quando una mano le si posò sulla bocca. Era già pronta ad azzannare l’arto, ma non appena si decise, si rese conto che la mano che le stava tappando la bocca era ricoperta da un guanto di pelle. E c’era solo una persona così singolare da portare i guanti in estate.

Alzò il ginocchio, andando a colpire le parti basse del suo aggressore, in modo da fargli lasciare la presa. Mise poi le mani sul suo petto e lo spinse lontano da se.

< Che diavolo hai in testa idiota! Volevi farmi morire d’infarto? > lo rimproverò mantenendo un tono di voce basso, accertandosi però che stesse bene.

Si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla.

< Non mi toccare, penso tu abbia già fatto abbastanza stupida pel di carota > disse ancora dolorante.

< Ah ora è colpa mia? Se tu ti fossi mostrato a me in maniera normale invece di aggredirmi come un serial killer, forse ora avresti ancora la possibilità di diventare padre > continuò ad infierire, facendo andare su tutte le furie il biondo.

< Senti insopportabile so tutto io, non ti è bastato avermi quasi castrato, devi anche criticare il mio modo di lavorare? > le inveì contro.

Lei roteò gli occhi avvicinandosi, prendendolo per un braccio e costringendolo a sedersi sul letto.

Lui sbuffò, ma la lasciò fare.

< Da dove sei entrato? Hai scassinato tu la serratura? > chiese la ragazza, prendendo posto al suo fianco.

< No, io sono entrato dal retro, vi è una seconda entrata che dà su un salone identico a questo e porta al piano di sopra con scale altrettanto identiche, ma per adesso no ho trovato nulla di utile girando per queste stanze enormi. Tu invece sei partita dall’altra parte, hai trovato qualcosa? > chiese poi guardando la giovane di fianco a lui.

< Di sotto non ho trovato nulla, ma sul corrimano delle scale c’era del sangue secco. Ne ho preso un campione. Presuppongo che abbia provato a difendersi dato che sul suo corpo non sembravano esserci ferite > ipotizzò Amy.

< Lo faremo analizzare, mal che vada ci dirà che appartiene al nostro uomo, se invece saremo fortunati troveremo un possibile indiziato > concluse.

Mello annui.

< Allora continuiamo a cercare? > la spronò, facendo un cenno con la testa richiamandola.

Amy si alzò e lo seguì senza fiatare, stranita dal fatto che Mello le avesse chiesto esplicitamente di indagare assieme a lui.

Non era cosa nuova che il biondo amasse lavorare da solo. Solitamente se ne sarebbe andato senza preamboli, tornando a fare il proprio lavoro.

Sorrise impercettibilmente osservando la chioma bionda davanti a lei.

Perlustrarono ancora un po' la casa, fino a quando Mello non decise che era ora di tornare da Matt.

Si avviarono verso l’uscita della casa, assicurandosi di aver lasciato tutto com’era.

< Mello > lo richiamò la ragazza, facendo così voltare incuriosito il giovane che alzò un sopracciglio per spronarla a parlare.

< Tu credi che lui facesse parte dei buoni o dei cattivi? >

< Tsk che domanda idiota, quell’uomo era solamen… >

Un boato fermò le parole di Mello, e prima che i due potessero accorgersene, un’altra esplosione divampò nella casa.

Le stanze stavano collassando una dopo l’altra, ed Amy per un attimo pensò che forse quella volta non ce l’avrebbe fatta.

Era scampata così tante volte al pericolo, cavandosela con conseguenze di poco conto.

Le riaffiorò alla mente il ricordo di quella volta in cui era stata sequestrata perché il padre si era rifiutato di condurre un esperimento per conto di un potente esponente della mafia di Los Angeles.

Certo non se l’era passata bene, portava ancora i segni di quel brutto episodio, ma ne era uscita riprendendosi dignitosamente, nonostante quel passato la perseguitasse di continuo.

Ma questa volta sentiva di essere ad un passo dalla morte, o almeno lo pensava fino a quando non sentì una mano afferrarle il braccio e trascinarla con .

< Dannazione sbrigati pel di carota, vuoi farci ammazzare? > gridò il ragazzo davanti a lei, correndo il più veloce possibile.

Appena prima che l’ultimo ordigno facesse crollare l’intera casa, i due si lanciarono fuori dalla parete mezza distrutta della cucina, buttandosi a terra e coprendosi il capo con le mani.

< Maledizione qualcuno deve averci scoperto, e a quanto pare anche da parecchio tempo > disse Mello, voltandosi a guardare la casa in fiamme.

Amy virò il suo sguardo, dalla casa al viso del ragazzo al suo fianco.

Poteva leggere lo sgomento e la paura, che molto probabilmente erano dovuti al ricordo dell’incidente che gli aveva causato la cicatrice di cui si rifiutava di parlarle.

Con cautela si fece più vicina a lui, che intanto continuava a tenere lo sguardo fisso sull’incendio.

Avvicinò la propria mano, tremante, andando poi a posarla sulla sua che era poggiata a terra, rivestita dalla pelle, nera e lucida del guanto.

Fece intrecciare piano le loro dita, temendo una reazione brusca da parte del biondo, che con sua grande sorpresa non disse nulla né spostò lo sguardo dall’oggetto del suo interesse.

Amy però potè giurare di averlo sentito stringere appena la presa.

 

Mello si riprese quasi subito, e dopo aver lasciato bruscamente la mano alla ragazza si alzò velocemente.

< Avanti, andiamocene di qui il più in fretta possibile, prima che accorrano polizia, giornalisti e stronzate varie >

Il suo tono era tornato fermo e deciso, ma lei sapeva benissimo che in quel momento, nella mente del ragazzo, si aggiravano i ricordi del fantomatico incidente in cui si era procurato la cicatrice che gli adornava il volto.

< Mello stai bene? > chiese con voce preoccupata avvicinandosi a lui.

< Sto bene, e ora muoviti >rispose brusco.

Lo seguì senza più dire una parola, non voleva innescare la bomba che si trovava ora dentro al ragazzo.

Si mossero fuggiaschi, cercando di non farsi vedere dalla calca di gente che oramai si era radunata attorno alla villa.

Matt li stava aspettando qualche isolato più in là. Il boato dell’esplosione era giunto alle sue orecchie e si era ritrovato, per la prima volta in vita sua, a pregare per qualcun altro.

Così, non appena scorse la chioma rossa si precipitò da lei, tastandole insistentemente ogni parte del corpo alla ricerca di una qualche ferita.

< Matt…Matt sto bene calmati… è tutto ok, sono solo un po' acciaccata per la caduta > cercò di calmarlo inutilmente.

< Tu stai bene? > chiese poi rivolgendosi al biondo, che rispose con un cenno d’assenso.

< Dio, ho avuto così paura > tornò a rivolgersi alla ragazza, prima di prenderle il volto tra le mani e baciarla.

La strinse maggiormente, e lei si beò della sensazione di protezione che le donava il corpo del giovane.

< Io vado a prendere la mia moto > disse Mello dietro di loro.

Amy non era sicura che lasciarlo andare da solo in quelle condizioni fosse una buona idea. Ma d’altro canto come avrebbe potuto aiutarlo.

Fece un cenno al ragazzo che ancora la stringeva. Lui capendo la situazione si staccò con un sospiro, mormorando un “tranquilla, ci vediamo dopo” e, dopo averle dato un bacio sulla fronte si diresse alla sua auto. Lei invece seguì l’altro, accelerando il passo per raggiungerlo.

Non appena furono vicino al mezzo il ragazzo si fermò.

< Perché mi hai seguito? > chiese con un filo di voce.

Amy si avvicinò piano prendendogli un braccio, facendo in modo che si girasse a guardarla in viso.

< Non pensare nemmeno per un secondo che io ti lasci salire su quella moto da solo nelle tue condizioni > disse sfiorandogli la pelle ustionata del volto.

Il ragazzo si irrigidì, ma non si ritrasse al contatto. Ormai non era cosa nuova il fatto che la rossa fosse irrimediabilmente e inspiegabilmente attratto dalla sua cicatrice.

< Non darti tanta pena, starò bene, torna pure da Matt >

Lei, però, era irremovibile. Per quanto detestasse l’orribile carattere di Mello, non riusciva a non pensare di dover fare qualcosa per aiutarlo.

Si mosse velocemente, raggiungendo la moto e appropriandosi di un casco.

Lanciò uno sguardo eloquente al biondo, che, dopo aver alzato gli occhi al cielo un paio di volte, la imitò.

< A volte proprio non ti sopporto > mormorò, mentre saliva in sella alla moto.

< Sapessi io > rispose di rimando lei aggrappandosi al suo busto.

< Dove siamo diretti? > chiese poi poggiando il mento sulla spalla del ragazzo.

< Io e Matt abbiamo trovato un appartamento poco distante da qui. Ci fermeremo li fino a quando non avremo trovato la soluzione a questo fottuto casino >

La ragazza annui debolmente, con la guancia premuta sulla schiena del giovane, mentre la moto partì emettendo un forte rumore.

 

Quell’appartamento emanava un odore rancido e sgradevole.

Amy si portò una mano alla bocca per reprimere un conato di vomito.

< Che diavolo è questa puzza? Hanno ucciso qualcuno qui dentro? >borbottò tra sé e se.

< Non ci metterei la mano sul fuoco > la raggiunse la voce di Mello, seguita subito dopo da quella di Matt.

< E piantala Mello, non terrorizzarla più di quel che già è >

< Io non sono spaventata > rispose la ragazza tirata in causa.

Ma bastò lo scricchiolio, un po' troppo forte, di una delle assi del pavimento per farla precipitare tra le braccia del ragazzo dietro di lei, che non perse certo tempo a prenderla in giro.

< Ah no pel di carota? Quindi devo dedurre che il motivo per cui mi sei saltata in braccio sia un altro > la provocò. Ed ecco tornato il solito Mello.

< Continua a sognare Mello > rispose stizzita.

< Avete finito? > rimproverò Matt, lanciando poi un’occhiata di sbieco all’amico.

< Direi che dopo aver sistemato le nostre cose, potete dirmi ciò che avete scoperto > continuò spostando un po' di polvere dal tavolo su cui stava poggiato, estraendo poi la sua PSP e andando a coricarsi sul “divano”, se cosi poteva definirsi quell’ammasso di cuscini luridi.

< Quel nostre implica che dobbiamo sistemare anche le tue di cose? > la rossa non sembrava troppo convinta.

< Beh, dato che io ho deciso di occuparmi delle spese, mi sembra il minimo che voi due possiate fare > disse alzando per un breve istante la testa dalla console e regalandole un sorriso tanto bello quanto strafottente.

Mello se ne tirò fuori ben presto, prendendo la sua roba e andando a rinchiudersi in quella che doveva essere la sua stanza.

Amy invece si caricò in spalla sia il suo borsone che quello del gamer e si diresse faticosamente nell’altra stanza, maledicendo il ragazzo.

Quello sarebbe stato l’inizio di una lunga e difficile convivenza.

 

   
 
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