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Autore: Mary P_Stark    15/10/2019    1 recensioni
Una serie di OS dedicate ai personaggi della Trilogia della Luna. Qui raccoglierò le avventure, i segreti e le speranze di Brianna, Duncan, Alec e tutti gli altri personaggi facenti parte dell'universo di licantropi di cui vi ho narrato in "Figli della Luna", "Vendetta al chiaro di Luna", "All'ombra dell'eclissi" e "Avventura al chiaro di Luna" - AVVERTENZA: prima di leggere queste OS, è preferibile aver letto prima tutta la trilogia + lo Spin Off di Cecily
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Sangue chiama sangue – Odino/Avya/Fenrir
 
 Il dolore peggiore che un uomo può soffrire: avere comprensione su molte cose e potere su nessuna.
(Erodoto)


 
Ottobre 2017 – Matlock
 
Quanto potevano cambiare, le persone, in pochi anni di separazione?

Davvero molto, almeno a giudicare da Elsa Larsen e Magnus Gustavsson. La prima volta che Duncan e i suoi amici li avevano incontrati, i loro volti erano assai differenti.

Elsa, poco più che dodicenne, si era avventurata nel bosco in una sorta di training camp solitario mentre il piccolo Magnus, tra le braccia della madre, era apparso a tutti un timido infante, prima di mostrare al mondo la sua anima potentissima.

Si erano visti altre volte, nei sei anni che erano seguiti a quel primo incontro, ma rivedere la diciottenne Elsa fu, per Duncan, qualcosa di sconvolgente. Negli ultimi due anni si era davvero fatta donna, e la sua bellezza era sbocciata in maniera quasi imbarazzante.

Quando la abbracciò, perciò, le sorrise e domandò divertito: «Dov’è tuo zio Wulfgar? Non posso credere che ti abbia fatto venire qui da sola.»

Elsa rise allegra e replicò: «Oh, ci ha provato ad appiopparmi una guardia del corpo, ma mi sono rifiutata bellamente. Sarò una comune umana, ma ho imparato a difendermi grazie ai migliori guerrieri al mondo… voi compresi.»

«S’intende» ammiccò Duncan prima di salutare Magnus con un abbraccio e aggiungere: «Tu, invece dimostri quattordici anni, e non sette. Dipende da Odino o dal tuo essere un berserkr?»

«Un po’ tutt’e due» ammise Magnus, gradendo quell’abbraccio sincero e caloroso. «Mamma mi ha detto che, se Odino non fosse stato dentro di me, sarei comunque apparso più alto degli altri bambini ma, avendo un bonus, appaio ancora più grande.»

A ben vedere, Magnus era alto quasi un metro e sessanta e, avendo solo sette anni, sarebbe cresciuto ancora molto. La sua genetica sfidava ogni logica, grazie – o a causa – della sua unicità di berserkr e detentore dell’anima di un dio potente come Odino e, suo malgrado, gli effetti si vedevano più che bene.

«Immagino abbiate dovuto contraffare la tua data di nascita» chiosò Duncan, accompagnandoli fuori dall’aeroporto di Heathrow e trascinandosi dietro le loro due valige.

Elsa assentì, lanciando un’occhiata divertita all’alto settenne che aveva al fianco, asserendo: «Ci siamo rivolti ai licantropi, per ottenere documenti perfetti, visto che sono più abituati di noi a simili problematiche sociali.»

Duncan assentì, sapendo bene quanto la giovane avesse ragione. Per quanto non vivessero in eterno, i licantropi dalla genealogia più pura potevano vantare età davvero inconsuete, in ambito umano, ed era perciò necessario truccare un po’ le carte.

Inoltre, quando un lupo decideva di tornare allo stato brado e darsi metaforicamente morto per la comunità umana, dovevano redigere dei falsi certificati di morte per coprirne le tracce.

Non era una vita facile e, nel corso degli anni, a causa della digitalizzazione e dell’aumento dei controlli, tutto era diventato più difficile da attuare. Era comunque uno scotto da pagare preferibile al venire smascherati.

Se il mondo avesse saputo di loro vi sarebbero state delle autentiche caccie alle streghe, persone innocenti sarebbero state mandate al massacro senza motivo, e interi clan avrebbero potuto scomparire.

Per quanto gli spiacesse ammetterlo, la politica del silenzio dei Cacciatori andava anche a loro vantaggio. Meno persone sapevano, meglio era per tutti. Avevano un’etica davvero contorta ma, a conti fatti, funzionava anche a loro vantaggio.

Neppure loro volevano lasciarsi alle spalle cadaveri di innocenti e massacri senza motivo, perciò mantenere il segreto si era rivelato vitale per evitare ciò che era avvenuto all’inizio della loro faida.

«Brie è a casa con il piccolo Nathan?» domandò Elsa mentre si avvicinavano a una Volvo V90 color argento.

«Sì, stamattina ha fatto particolarmente i capricci, così abbiamo rinunciato a venire insieme» li mise al corrente Duncan, scrollando le spalle.

Per quanto Nat fosse un bravo bambino e dormisse la notte con tempistiche quasi computerizzate, quando aveva le coliche era un autentico strazio. Non c’era verso di calmarlo e, per quanto anche Avya si mettesse d’impegno, neppure le sue nenie lo chetavano.

Duncan sperò davvero che, in quelle lunghe ore di separazione, le cose fossero un po’ migliorate.
 
***

Quando finalmente raggiunsero casa McKalister, il tempo si era sistemato, perdendo il grigiore dell’arrivo a Londra per aprirsi in una bella giornata di sereno.

La pioggerellina che li aveva accompagnati durante tutto il tragitto di allontanamento dall’aeroporto, si era trasformata in un acquazzone nei pressi di Hardingstone. Lì, il traffico si era rallentato fin quasi a fermarsi ma, non appena le nuvole si erano diradate e le strade si erano liberate dal fiume d’acqua che vi scorreva sopra, tutto era andato a posto.

Magnus non aveva fatto altro che sorprendersi delle novità cui era stato testimone. Fin da quando era partito da Oslo – visitata per la prima volta proprio in occasione della sua partenza – per lui le novità non si erano mai fermate. Persino la grandezza dell’aereo utilizzato per il viaggio, così come le distese infinite di acqua che aveva sorvolato in quell’enorme scatola volante, lo avevano colpito.

Per quanto sapesse dell’esistenza degli aeromobili, era stato comunque affascinante vedere quel gigante con le ali per la prima volta. Così come salirvi, del resto.

Da sempre tenuto sotto stretta sorveglianza tra le braccia del suo isolato villaggio, venire a contatto con la civiltà per la prima volta era stato qualcosa di incredibile, di magico. Quando poi erano atterrati a Heathrow, la sorpresa era addirittura aumentata.

Pur se costeggiandola soltanto, Magnus si era conto dell’enormità di Londra, di come fosse molto più grande della già gigantesca Oslo – almeno ai suoi occhi.

La vera sorpresa, però, erano state le campagne londinesi. Essendo la Norvegia un paese pressoché montagnoso, quelle distese apparentemente infinite di pianure erano state per Magnus un’autentica novità, oltre che una sorpresa magnifica.

«E’ davvero una bella casa» commentò affascinato Magnus, guardandosi intorno con occhi sgranati e pieni di curiosità.

L’alta siepe di bosso circondava la proprietà, nascondendola agli sguardi dei curiosi, mentre copioso gelsomino si arrampicava sinuoso lungo un fianco della casa e i cespugli di rose la circondavano con il loro profumato abbraccio.

Poco distante, separata dalla casa e con un’entrata autonoma, la clinica veterinaria di Duncan spiccava per i suoi colori neutri – del crema e del grigio – e per la cura maniacale degli esterni.

Sul retro della clinica, a poco meno di una decina di metri e circondata da uno steccato alto circa un metro e mezzo, si trovava un’alta e lunga costruzione, dove Duncan teneva i suoi cavalli, oltre agli animali di stazza più importante ospitati per le cure. Il tutto era davvero ben tenuto, e denotava la cura del padrone di casa per i particolari.

«Benvenuti!» esclamò a sorpresa Brianna dalla porta, strappando Magnus alla sua esplorazione visiva di quel luogo del tutto nuovo, per lui.

Elsa fu la prima ad avvicinarsi e, dopo aver abbracciato delicatamente la donna – che teneva in braccio il figlio – fece i complimenti a Nathan, che gorgogliò felice allungando le manine grassocce.

Magnus attese che l’amica avesse terminato di salutare madre e cucciolo, prima di rivolgersi alla padrona di casa e, sorridendole, disse: «Grazie per averci invitato a venire. E’ tutto così bello, qui!»

Brianna lo avvolse in un caro abbraccio, asserendo per contro: «Posso dire lo stesso di casa vostra. Ma entrate... immagino sarete stanchi per il lungo viaggio, così vi ho preparato qualcosa da sgranocchiare in attesa che arrivi sera.»

«Ti sei data anche troppo da fare, Brianna. Non ce n’era bisogno» replicò Elsa, entrando per prima. «Duncan ci ha detto che Nat ti ha dato un po’ da fare, stamattina.»

«Ho avuto degli ottimi aiutanti, per darmi una mano» strizzò l’occhio Brianna, invitandoli a entrare in cucina.

Lì, gli ospiti trovarono Lance e sua figlia Keely, impegnati nel sistemare le ultime tartine su un vassoio e, quando la bambina vide i nuovi arrivati, strillò eccitata e scese dal grembo del padre per abbracciare Elsa.

Quest’ultima la accolse con calore, esalando: «Oddio… è bellissima, Lance. Di questo passo, dovrai guardarla a vista.»

«Non me lo dire, Elsa… ho già gli incubi adesso» si lagnò ironicamente l’enorme Hati, prima di salutare i nuovi venuti. «Magnus, stai diventando altissimo. Hai intenzione di fermarti, prima o poi?»

«Vedremo» ridacchiò il bambino, salutando poi Keely con un pugno contro pugno. La bambina non abbracciava mai i maschietti, ma preferiva quel saluto più moderno e scanzonato. «Ciao, Keely.»

«Non puoi avere un anno più di me. Sei trooooppo alto!» brontolò la bambina, inclinando la testolina biondo platino per squadrarlo con aria pensierosa. «Papà, ma perché Magnus è così alto?»

Scoppiando a ridere al pari degli altri adulti, Lance le disse: «Magnus è un bambino speciale. Da grande, diventerà come Thor, che è un uomo-orso, ma lui ha anche un bonus in più ed è come me, zio Jerome, zio Duncan e tua sorella Brie. Grazie a questo bonus, può crescere più velocemente degli altri.»

Non ancora del tutto convinta, Keely domandò a Magnus: «Quindi… puoi diventare sia un orso che …qualcos’altro?»

«Posso diventare Odino Occhiosolo» le spiegò lui, carezzandole simpaticamente la testa. «Tu sai chi è, vero?»

«Quello che ha ucciso Brie» mugugnò confusa Keely, fissando la sorellastra con l’aria di volere spiegazioni più comprensibili.

Imbarazzato, Magnus disse tra sé: “D’accordo, riesco a fare confusione anche da solo…”

Avere a che fare con le domande dei bambini non è mai facile, replicò comprensivo Odino.

Ridacchiando suo malgrado, Brianna intervenne e disse: «Odino non mi ha ucciso, Keely. A suo tempo, e per motivi che non starò qui a dirti, ci fu una disputa tra lui e Fenrir – non con me – e questo causò la morte del nostro capostipite. Ma è acqua passata da un bel po’, e Odino si scusò fin da subito con Avya e i suoi figli, per ciò che avvenne.»

Storcendo il naso, Keely si tamburellò il ditino indice sul mento, raccogliendo e assimilando ciò che la sorella le disse ma, con tono burbero, chiosò: «Avete delle vite incasinate. Sono fortunata a essere io, e solo io, nella mia testa.»

Tutti scoppiarono a ridere per quel commento e Magnus, sorridendo spiacente a Brianna, le disse mentalmente: “Scusami, non ci ho proprio pensato.”

“Oddio, neppure io se è per questo! Le raccontammo tutto fin dall’inizio, proprio perché non si stupisse se, ogni tanto, comparivano Hati o Sköll, o anche Avya, ma non abbiamo pensato ai risvolti storici della cosa”, ammise Brianna, scrollando le spalle.

Lance prese in braccio la figlia, le diede un bacetto sul naso e disse: «Hai ragione. Abbiamo delle vite assai incasinate, perciò ora andremo a casa ad aspettare mamma, perché anche la sua vita non diventi incasinata, d’accordo?»

«Va bene. Ma Hati mi dovrà raccontare come fece a battere il fratello a braccio di ferro, visto che erano gemelli. Non avrebbero dovuto avere la stessa forza?» brontolò Keely, facendo ridere suo padre.

Brianna fece tanto d’occhi ed esalò divertita: «Fai uscire Hati per raccontarle storie?»

«E’ lui che vuole uscire per raccontargliele» sottolineò Lance, sorprendendo ulteriormente la figliastra.

Brie esalò un sospiro di pura esasperazione e, nello scuotere il capo, borbottò: «Ma tu guarda cosa devo sentire…»

Potrei farlo anch’io, se volessi, per Nathan… naturalmente, nella mia forma umana, soggiunse Fenrir a sorpresa.

“Adesso dobbiamo pensare al nostro allenamento con Magnus e Odino, non alle favole della buonanotte per Nat” sottolineò per contro Brianna.

Diventi acida, quando dormi poco, precisò Fenrir, facendola sbuffare per diretta conseguenza.

“Posso peggiorare, credimi.”

Non stento a crederlo, chiosò lui, svanendo dal suo radar.

Dopo aver salutato Lance e Keely, Brianna sistemò Nathan nella sua sdraietta a dondolo quindi, poggiate la mani sui fianchi, dichiarò: «Signori, mangiamo un po’, prima di lavorare. Lo stomaco pieno aiuta sempre gli audaci.»

«E questa da dove salta fuori?» domandò Duncan, sorridendole divertito.

«Dal mio stomaco che brontola» ammiccò lei, afferrando una tartina al salmone e burro.
 
***

Quando Brianna aveva pregato Duncan di mostrare a Elsa il filmino del loro matrimonio – visto che non aveva potuto parteciparvi – l’uomo aveva impiegato un attimo, prima di capirne i motivi.

Se lei e Magnus fossero stati impegnati nella foresta del Vigrond per allenarsi, lui e Avya si sarebbero certamente preoccupati, ma tenerli impegnati con qualcosa che sapeva rilassarli, avrebbe aiutato.

Perché, gli piacesse o meno ammetterlo, Duncan adorava rivedere le immagini del suo matrimonio, anche se era successo più o meno di tutto, quel giorno, e non era stata di certo la classica cerimonia da film.

Nel ritrovarsi nel salotto assieme a Elsa, perciò, Duncan non si sentì minimamente messo da parte e Avya, dentro di lui, disse: Una volta di più, la tua compagna ha dimostrato un’immensa gentilezza e comprensione. Sia per te che per me.

“Brianna può essere uno schiacciasassi, quando vuole, ma ha un cuore tenero” ammise tra sé Duncan.

Sorridendo, pigiò play per far partire il video ed Elsa, tutta giuliva, esalò: «Non vedo l’ora di vedere lady Fenrir in bianco.»

Duncan scoppiò a ridere per diretta conseguenza e, asciugandosi una lacrima d’ilarità, replicò spiacente: «Diciamo che, prima di arrivare al bianco che vuoi tu, succederà di tutto.»

Strabuzzando gli occhi per la sorpresa, Elsa gracchiò: «Ma… e le foto che ci avete mandato?»

«Guarda il video. Capirai ogni cosa» le promise lui, sistemandosi meglio sulla poltrona. Adorava ogni attimo di quelle due ore di video, e non voleva perdersi neppure un fotogramma, anche se li conosceva a memoria.

Non sapendo bene come interpretare le parole di Duncan, Elsa si concentrò sullo schermo e, subito, la telecamera – un po’ traballante a causa dell’ansia di Jerome che stava girando il video – inquadrò una Brianna agitatissima.

I lunghi capelli castano dorati erano sollevati sulla testa in un ammasso informe di bigodini, mentre Erika e Sarah erano impegnate a sistemare ai suoi piedi lo splendido abito a sirena che Elsa aveva visto nelle foto.

In un fruscio di rasi, pizzi e organza, l’abito le venne fatto scivolare sul corpo ricoperto da un sott’abito di raso color ghiaccio e, non appena fu al suo posto, Erika iniziò ad allacciare i bottoni sulla schiena.

«Questo è un video a luci rosse, principessa. Non potrai mai farlo vedere al pubblico!» la prese in giro Jerome, mentre Brianna faceva la lingua al cameraman.

«Questo video, infatti, sarà solo per me e Duncan. Quello ufficiale sarà un montaggio di quello che girerai, idiota» brontolò la giovane, sollevando le braccia quando Sarah le sistemò meglio l’abito sotto le ascelle e scrutò critica lo scollo a cuore. «Va tutto bene, Sarah?»

«Continuo a pensare che avresti dovuto lasciare le spalline, ma con le stecche che lo sorreggono, dovrebbero tagliarti l’abito per fartelo crollare di dosso» ammiccò la donna, annuendo alla futura sposa.

«L’abito non cadrà, stai tranquilla» la rassicuro Brianna, cominciando a mettere mano ai bigodini.

Fluenti, onde fluttuanti scivolarono sulle sue spalle ed Erika, afferrate le spille, cominciò a sistemarle in modo tale da liberarle il viso, dopodiché applicò delle roselline tea tra i capelli e sorrise soddisfatta.

Sarah approvò in pieno e, proprio in quel momento, fece la sua comparsa Mary B, accompagnata dalla piccola Keely.

Con occhi brillanti d’emozione, la matrigna di Brianna si poggiò una mano sul cuore e mormorò: «Tesoro, sei splendida.»

«Mamma… una foto» cinguettò Keely, sfiorando esitante la gonna della sorellastra per saggiare la morbidezza del raso. «Che beeellooo.»

«Grazie, sorellina» sorrise dolcemente Brie, mettendosi poi in posa quando Mary B si apprestò a fotografarla.

Dopo diversi scatti in posizioni differenti, Sarah invitò Brianna ad avvicinarsi al tavolo da toeletta per il trucco e, nel prendere in mano il fondotinta, dichiarò: «Benissimo, ora diamoci da fare per renderti perfetta.»

«Perché? Già non lo sono?» ironizzò Brianna, e le donne con lei risero divertite, mentre Jerome commentava riguardo alla vanità femminile, ricevendo per direttissima degli insulti più o meno coloriti.

Ciò che nessuno di loro si aspettava di certo, e che portò al disastro che avrebbe impedito alla sposa di vestirsi con quell’abito in particolare, fu l’arrivo di Alec Dawson.

La porta venne spalancata e, catapultandosi all’interno della stanzetta come un panzer, si sbracciò per sorprendere la sposa e le sue damigelle, favorendo così il tracollo della situazione.

Un braccio di Alec colpì la spalla di Sarah che, presa alla sprovvista dal suo arrivo inaspettato – anche a causa dell’aura azzerata del lupo –, gettò in aria il fondotinta che, tragicamente, finì sull’abito di Brianna, macchiandolo.

Questo causò un ‘oooh’ inorridito, seguito da un ringhio collettivo e dalla reazione naturale – pur se esagerata – di Brianna che, furiosa come poche altre volte, scaricò un pugno in volto a un frastornato Alec, ingigantendo in guai sull’abito.

Il naso di Alec, infatti, perse sangue a causa del colpo proditorio, e questo cadde a sua volta sul vestito, producendo ulteriori macchie sull’ormai perso candore del tessuto.

Stavolta si levarono strilli di sconcerto, panico e rabbia generalizzati e Jerome, non sentendosela più di girare, poggiò la telecamera su un tavolino e raggiunse una furiosa Brianna per trattenerla dall’uccidere Alec.

Nel frattempo, quest’ultimo si portò una mano al volto, imprecò sentitamente e bofonchiò: «Ma per la miseria, streghetta… non dovresti essere tutta dolce e carina, oggi?»

«COME FACCIO A ESSERE DOLCE E CARINA, SE TU MI DISTRUGGI L’ABITO?!» sbraitò Brianna, scostando in malo modo Jerome per poi avventarsi su Alec.

Duncan rise sommessamente quando vide l’abito di Brianna lacerarsi, mentre i due cadevano a terra in un caos di tessuto sparpagliato ovunque.

Elsa sgranò sempre più gli occhi, lanciò un’occhiata dubbia a Duncan ed esalò: «D’accordo… comincio a capire cosa intendessi dire.»

Lui ammiccò e replicò: «Non è ancora finita, credimi.»

Ora preoccupatissima, Elsa gracchiò: «Come? C’è dell’altro?!»

«C’è un motivo se adoro questo video» assentì Duncan, cercando di trattenere le risate.

Elsa, allora, tornò a scrutare il video, girato in malo modo a causa della posizione in cui la telecamera era stata poggiata. Dalla posizione in cui il visore era posizionato, Elsa poté scorgere Jerome di spalle, impegnato a trattenere una furente Brianna, mentre Alec veniva trascinato via da Sarah ed Erika, chiaramente fuori di senno per l’ira.

Mary B mandò Keely a cercare il padre dopodiché, prese in mano le redini della situazione, osservò l’abito ormai distrutto di Brianna e dichiarò: «D’accordo, questo è da buttare, è più che evidente. Dobbiamo pensare ad altro, e in fretta.»

Brianna assentì meccanicamente ma non riuscì a evitare le lacrime e, quando infine giunse Erin – forse richiamata mentalmente dallo stesso Alec – la donna si lasciò andare a un singhiozzo disperato, esalando: «Ma che hai combinato, stavolta?!»

Seduto a terra e con una pezzuola umida in faccia, Alec borbottò: «Un incidente del tutto involontario, che è diventato una scazzottata. Giuro, non volevo succedesse. Ero qui per darle il mio regalo.»

Mentre Mary B asciugava le lacrime della figliastra, Brianna gli lanciò un’occhiata obliqua, borbottando: «Che diavolo volevi darmi, cagnaccio?»

Alec non se la prese minimamente per quell’insulto e, nel risollevarsi, estrasse dalla tasca della giacca una scatola di velluto, che porse alla futura sposa con aria assai contrita.

«Non dicono qualcosa di blu, qualcosa di vecchio, di nuovo e di prestato? Beh, io volevo prestarti questa» mormorò mogio Alec, mentre Brianna apriva la scatoletta, mettendo in mostra un filo di perle dalla sopraffina fattura.

Sorpresa, Brianna lo fissò senza parole e Alec, infilando le mani in tasca con aria burbera, aggiunse: «Sono di mia madre. Ci teneva che le portassi, …e anch’io. Ma, come mio solito, non so come comportarmi in queste occasioni, e ho finito per incasinare il tuo giorno più bello. Hai fatto bene a spaccarmi il naso. Anzi, dovevi andarci più pesante.»

Sospirando, la giovane consegnò la collana a Mary B, lanciò un’occhiata a Erin – che appariva ancor più contrita del marito – e infine disse: «Avrei dovuto saperlo che sarebbe successo qualcosa, con te nelle vicinanze.»

«Lo so, faccio schifo, per queste cose» mugugnò ancor più cupo Alec, reclinando il capo.

Brianna, allora, gli carezzò la guancia, sorrise a mezzo all’amico e disse: «C’è il mio abito dell’Investitura. Non l’ho più messo, da quel giorno, ma dovrebbe starmi ancora bene.»

Ringalluzzito, Alec cominciò a dire: «Vado subito…»

Subito, però, si bloccò, sospirò e aggiunse: «Erin, potresti andare a prenderlo tu?»

Brianna, però, scosse il capo, raccolse quel che rimaneva del suo abito e dichiarò: «Ora mi accompagnerai a prenderlo e, insieme, andremo al Vigrond per farci dare una mano dalla quercia sacra. L’abito è nero, Alec, e che io sia dannata se lo sceglierò come colore per il mio matrimonio.»

«Il nero non sfina?» domandò con candore lui.

La giovane si accigliò, fissandolo malissimo ed Erin, disperata, gracchiò: «Ma quando imparerai a tacere?»

«Okay, d’accordo, sei già abbastanza magra, perciò non hai bisogno di abiti che ti sfinino. Anzi, se mettessi su qualche chiletto qua e là…» borbottò Alec, uscendo dalla stanza assieme a Brianna.

Jerome recuperò la telecamera – che aveva continuato a filmare fino a quel momento – e, seguendo i due, dichiarò: «Questo filmino verrà che è uno spettacolo.»

«Piantala di dire cretinate, Jerome!» sbraitarono in coro sia Brianna che Alec.

Lui, per contro, ridacchiò e celiò: «Si vede che siete due amici per la pelle… dite persino le stesse cose…»

Brianna si limitò a macinare alcune imprecazioni mentre Alec, ben più ombroso di lei, mandò debitamente al diavolo Jerome prima accelerare il passo e raggiungere la sua auto, dove fece salire sia Brie che J.

In fretta, raggiunsero casa McAlister, dove si sarebbe svolto il matrimonio e dove, entro un paio d’ore, si sarebbero riuniti tutti i loro amici e lì, uno sconvolto Duncan, assistette all’arrivo traumatico della sua futura sposa.

Preferendo non chiedere nulla, si limitò ad accodarsi al trio e, dubbioso, sussurrò a Jerome: «E’ passato un tifone, a casa di mia zia?»

«Sì, il tifone Alec» replicò Jerome.

Duncan non chiese altro, limitandosi ad apparire alquanto frastornato e pieno di domande.

Elsa gli sorrise comprensiva e dichiarò: «Non oso immaginare come ti possa essere sembrata l’intera situazione.»

«Mi ha soltanto confermato che, per quanto tu possa pianificare tutto, la Legge di Murphy colpirà sempre» chiosò Duncan, facendola ridere.

Il video procedette fino a raggiungere la stanza di Duncan e Brianna, dove l’abito da sposo era pronto per essere indossato.

Alec si tenne a distanza di sicurezza per non causare ulteriori danni e Brianna, nell’aprire una scatola nera dopo averla estratta dal fondo del mobile, sorresse tra le mani un lungo e semplice abito nero.

Duncan sorrise spontaneamente nel vederlo e, osservando amorevole Brie, mormorò: «L’abito della tua Iniziazione a wicca

«E’ l’unico abito veramente elegante che ho, ma chiederò un aiutino extra per fargli cambiare colore» ammiccò la giovane, rimettendolo diligentemente nella scatola per non sgualcirlo.

Ciò detto, fissò Alec e gli ordinò: «Andiamo al Vigrond, e che gli dèi ce la mandino buona.»

«Io vengo con voi. Una preghiera in più non farà male» dichiarò Jerome, entusiasta quanto eccitato.

Brianna fissò esasperata il soffitto prima di allungarsi per un bacetto a Duncan e dire: «Tu preparati. Prometto che non tarderò.»

«Ti aspetterei in ogni caso» le sussurrò lui, lanciando poi un’occhiata ad Alec: «Mi spiegherai dopo cos’è successo, anche se il tuo naso rotto può darmi qualche idea. Per il momento, però, ti chiedo di prenderti cura di lei.»

«Darei la vita, per lei» dichiarò Alec, e a nessuno parve una smargiassata da parte sua. Stava dicendo dannatamente sul serio, e Duncan non poté che assentire grato.

Il gruppo, quindi, si spostò all’esterno, dove diversi licantropi stavano finendo di allestire le panche nel cortile di Duncan. Vedendoli in quelle condizioni, non fecero commenti ma gli sguardi furono più che eloquenti e Brianna, suo malgrado, dovette dire: «Non sto scappando con Alec, promesso.»

Una risatina collettiva stemperò la loro confusione e, mentre il trio si immergeva nella foresta alle spalle di casa McKalister – e di proprietà della famiglia da almeno trecento anni – Brianna sperò che null’altro andasse storto, in quel giorno così strano.

Nel giro di cinque minuti, dopo aver corso per la foresta, si ritrovarono infine al Vigrond e lì Brianna, inginocchiandosi dinanzi alla quercia sacra, estrasse l’abito e mormorò: «Madre, ho un favore da chiederti, se vorrai accontentarmi.»

Cosa posso fare per te, Figlia della Luna?

«Avrei bisogno che quest’abito nero divenisse bianco. Abbiamo avuto un… piccolo incidente di percorso e…»

Alec intervenne, gettandosi in ginocchio e – forse per la prima volta in vita sua – penitente, disse: «Madre, è solo colpa mia se il giorno più bello di Brianna rischia di essere rovinato, perciò ti chiedo… ti supplico, concedile questa grazia!»

Brianna si sorprese non poco nel vederlo così prostrato, e persino Jerome se ne stupì, esalando un fischio per lo shock.

Madre, invece, non parve particolarmente sorpresa, perché mormorò solenne al lupo prostrato dinanzi a lei: Sei molto affezionato a questa wicca… ed è vero, per lei daresti tutto. L’odio che risiedeva nel tuo cuore è infine scomparso, grazie a questa donna e alla sua amicizia, perciò non penso non avrò problemi nel tingere un semplice abito, visto che questa mia figlia mi ha restituito uno dei miei bambini dispersi nell’oscurità.

Alec sospirò di sollievo, grato a Madre per quel gesto compassionevole e infischiandosene bellamente di essere stato definito ‘bambino’ e, sotto gli occhi dei tre, non solo l’abito divenne bianco, ma prese a rifulgere.

Il candore del raso divenne così accecante che Brianna esalò sconcertata: «E’ davvero incredibile!»
Il tessuto è impregnato del mio potere, così che questo giorno sia benedetto.

«Grazie infinite, Madre» mormorò ossequiosa Brianna.

All’improvviso, l’immagine venne a sparire e Duncan, con un risolino, disse: «Alec non voleva essere inquadrato mentre piangeva.»

Elsa ridacchiò, annuendo e, quando l’immagine tornò, Jerome inquadrò Brianna e la sua scatola rilucente e contenente l’abito per il matrimonio.

«Come mai non avete fatto foto con quello?» domandò la ragazza, più che mai sorpresa.

«Era talmente rilucente da averle rovinate tutte» chiosò Duncan, facendo spallucce. «Le uniche testimonianze di quell’abito sono in questo video.»

Elsa annuì piena di meraviglia tornando infine a scrutare la TV, dove finalmente Brianna raggiunse la casa – trovando ad attenderla Mary B, Keely, Lance, Sarah ed Erika – e si chiuse nella sua vecchia stanza per cambiarsi.

Jerome rimase all’esterno assieme a Lance, visibilmente emozionato per il matrimonio della sua figliastra e, teso, mormorò: «Preghiamo che non succeda altro.»

«Erin ha pronte le corde per legare Alec» chiosò Lance, strizzando l’occhio alla telecamera.

Elsa rise di quel commento e Duncan, ammiccando, dichiarò: «Lo legò davvero, e lui la lasciò fare senza problemi.»

«Oh, cielo!» esalò Elsa, coprendosi la bocca per non scoppiare a ridere.

Le immagini si susseguirono liete, Brianna riapparve in tutto il suo splendore e, finalmente, il matrimonio poté avere inizio.

Naturalmente, quell’abito così singolare colpì tutti i presenti e, quand’anche il pastore – mannaro – ebbe terminato le celebrazioni, i commenti di tutti furono per quell’eccezionale vestito sgargiante.

Alec rimase legato per tutto il tempo, imboccato a turno da Erin e da Penny, mentre Brianna e Duncan consumavano il pranzo di nozze senza più temere disastri.

Durante i balli, però, Brie ordinò che Alec venisse slegato e, con l’amico, la wicca ballò due canzoni prima di sciogliersi da lui con un bacio sulla fronte e il perdono per ciò che era avvenuto.

Quando infine la sera scese su di loro, in uno sfarfallio inaspettato, l’abito tornò nero, più adatto per i festeggiamenti notturni e Brianna, con un muto ringraziamento a Madre, iniziò a danzare in circolo assieme ai suoi lupi.

Il video terminò con un bacio di Brianna e Duncan alle telecamere e, quando infine il padrone di casa spense il lettore DVD, Elsa si deterse una lacrima, esalando: «E’ stato davvero tutto magnifico.»

«Lo credo anch’io» assentì Duncan, prima di avvertire un’onda di energia tale da far vibrare anche le pareti di casa.

Elsa si guardò intorno turbata, confusa da quella vibrazione improvvisa quanto inaspettata, ma l’arrivo a sorpresa di Fenrir e Odino tarpò le ali a ogni suo tentativo di aprire bocca.

Duncan fece tanto d’occhi nel veder comparire nello specchio della porta la figura ancestrale del capostipite della razza e Avya, dentro di lui, sobbalzò sgomenta e dolente nel rivedere quel viso tanto amato dopo millenni.

«Oh… merda! Dimenticavo che eravate qui!» esclamò Fenrir, sgranando gli occhi per poi nascondersi subito dietro il muro ed esalare: «Madre, ti prego… non è stato davvero fatto con intenzione!»

Un tuono rimbombò funesto a poca distanza dalla casa e Odino, con un borbottio, grugnì: «E’ sempre stata isterica.»

«Odino, per favore!» esalò turbato Fenrir.

Non sapendo esattamente come sentirsi, Duncan rimase con il volto ferocemente rivolto verso il muro e domandò: «Ehm… posso sapere perché ci siete voi, qui, e non le vostre controparti solite?»

«Fa parte dell’allenamento, ma non abbiamo pensato al patto tra Madre e Fenrir, quando siamo venuti qui per rifocillarci» ammise Odino, più remissivo. «Anche se va detto, a tutti gli effetti, che Avya non è presente.»

Un secondo fulmine cadde nelle vicinanze e il temporale che, fin lì, aveva risparmiato il paesino di Farley, esplose in tutta la sua potenza.

Cogliendo al volo la minaccia, Fenrir si recò in fretta in cucina, arraffò le prime cose a caso e borbottò: «Andiamo nella stalla, giusto perché lo sappiate.»

Ciò detto Fenrir e Odino si allontanarono in fretta dalla casa e Duncan, riuscendo finalmente a respirare normalmente, si volse a scrutare Elsa, non meno sconvolta di lei.

E dire che aveva sempre pensato che ciò che era successo al matrimonio, fosse stato decisamente strano!


 



N.d.A.: spero abbiate gradito la parentesi matrimonio, visto che è stato un argomento più volte richiesto ma mai sfiorato dalla sottoscritta.
Grazie a questa breve storia - che si dipanerà in tre capitoli - toccherò tutti gli argomenti che restano da chiarire sul dopo/Fenrir, così da ultimare il trittico Odino/Avya/Fenrir e non lasciare - spero - più dubbi su ciò che avvenne agli albori della razza dei licantropi.
Alla prossima!
  
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