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Autore: inzaghina    15/10/2019    13 recensioni
Remus ha trovato l’amicizia vera tra le mura di Hogwarts e, 15 anni dopo, è pronto a fare ritorno nel castello accettando la proposta di diventare insegnante. Ritrovarsi sull’Espresso per Hogwarts però, riporterà a galla i ricordi dolce-amari che il licantropo conserva nel cuore.
[Prima classificata al contest “Dimmi che canzone vuoi e ti dirò chi sei (quasi)" indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, I Malandrini, Remus Lupin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Storia partecipante al contest “Dimmi che canzone vuoi e ti dirò chi sei (quasi)" indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP
 
 
 
Tornare a casa
 
 
“Casa è dove si trova il cuore”
Plinio il Vecchio


 
 
Nonostante fosse agosto, la pioggia battente rimbombava nell’androne dell’anonimo edificio della periferia londinese; con un ultimo sforzo, un uomo risalì nel buio la rampa di scale che lo separava dal suo appartamentino. L’ombrello che aveva utilizzato quella mattina era sparito durante il suo turno di lavoro in una grande libreria del centro, lasciandolo con il solo impermeabile fradicio e trasandato come scudo a proteggerlo durante il tragitto che lo separava dalla fermata della metropolitana. Avrebbe anche potuto smaterializzarsi, considerando che la giornata grigia lo avrebbe schermato ai passanti più curiosi, ma Remus era arrivato ad apprezzare la sua vita da pendolare — nessuno notava il suo aspetto malaticcio, né i suoi vestiti logori e lui poteva nascondersi dietro un buon libro e osservare le persone che scorrevano davanti a lui. Infilando la mano nella tasca per recuperare le chiavi, si passò una mano tra i capelli bagnati cercando di scrollar via la maggior parte dell’acqua in eccesso, non rendendosi conto che qualcuno lo aspettava di fronte alla porta scrostata dell’appartamento numero 12, che chiamava casa da quasi un anno.
“Bentornato, Remus” lo salutò in tono serafico una voce che non sentiva da molto tempo.
“Professor Silente?” si ritrovò a borbottare, stranito, in risposta.
“In persona” ribattè il preside, sollevando gli angoli della bocca in un sorriso divertito.
“Che ci fa qui?” proseguì, estraendo la bacchetta di tasca e dirigendo verso se stesso un incantesimo per asciugarsi.
“Ho una proposta per te, ma preferirei fartela davanti a una tazza di the invece che in corridoio, se non è un problema…” rispose l’uomo più anziano, enigmatico come sempre.
Remus si riscosse, annuendo e infilando la chiave nella toppa; il bilocale era piccolo, ma piuttosto luminoso e, trovandosi al penultimo piano, aveva una vista ampia sul resto del quartiere. “Si accomodi pure, preparo l’acqua…” disse, indicando un piccolo tavolino e abbandonando il soprabito sullo schienale di un vecchio divano.
Silente prese posto ed estrasse dalla tasca del suo mantello da viaggio color melanzana un involucro marrone. “Spero che non ti dispiaccia se mi sono permesso di portare gli scone preparati dagli elfi domestici, mi auguravo di essere invitato per il the.”
“I miei preferiti…” mormorò il licantropo.
“Mi pareva di ricordarlo” dichiarò il preside, con il luccichio dei suoi occhi azzurri nascosto a malapena dietro agli occhiali a mezzaluna.
Il giovane recuperò un vassoio appartenuto alla madre, poggiandovi sopra la teiera colma d’acqua bollente, le ultime due bustine di the, la zuccheriera e la lattiera con il poco latte avanzato — avrebbe dovuto avventurarsi nuovamente sotto la pioggia, per raggiungere il minimarket gestito dalla deliziosa famiglia indiana all’angolo e comprare qualcosa per la colazione del giorno successivo.   
“Ho ricevuto del the da un vecchio amico che ha passato un periodo di ferie in Cina… ho pensato che avremmo potuto provarlo insieme” disse Silente, estraendo una scatola finemente decorata da una delle numerose tasche del mantello.
Solitamente Remus odiava essere compatito, ma sapeva che l’altro uomo lo faceva senza secondi fini e del resto si era pur sempre autoinvitato a casa sua, quindi annuì finendo di versare l’acqua nelle due tazze. Il preside mise una bustina in ciascuna tazza, prima di aprire il pacchetto contenente i dolci e porgerli a Remus, che ne afferrò velocemente uno, inspirando il profumo burroso e non riuscendo a evitare di sorridere.
“Mi farebbe piacere se venissi a insegnare a Hogwarts” proruppe poi Silente, spezzando il silenzio che si era venuto a creare. 
Il cucchiaino, con cui il licantropo stava rimestando con attenzione lo zucchero nella tazza, si scontrò con la porcellana e gli occhi ambrati di Remus si sollevarono incrociando le iridi cerulee del suo vecchio preside. “Come… Cosa? Io?” balbettò poi.
“Certo, è a te che lo sto chiedendo” rispose il preside, congiungendo le punte delle dita delle mani e sorridendo al suo ex studente.
“Ma cosa diranno i genitori?” domandò Remus, imponendo a se stesso di non illudersi.
“Che finalmente ci sarà un insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure competente” ribattè l’ex insegnante di Trasfigurazione, prendendo un sorso di the.
“Addirittura Difesa?” si ritrovò a chiedere Remus.
“Certo, eri dannatamente bravo in quella materia” gli ricordò Silente, sorridendo affettuosamente.
Remus evitò di far notare all’uomo che le sue capacità non avevano impedito numerose morti durante il regno di terrore di Voldemort, si concesse invece di assaggiare il the, pensando a cosa fosse più giusto fare.
“Forse ho tratto delle conclusioni errate e tu hai già un impiego soddisfacente e, se fosse questo il caso, di prego di ignorare la mia offerta…” dichiarò quindi il mago più anziano, staccando un pezzo di scone ai mirtilli.
Remus sbuffò, tentando di reprimere una risata stizzita. “Questo le sembra per caso l’appartamento di una persona con un impiego soddisfacente?” domandò quindi, indicando con un gesto vago le pareti spoglie.
“Cosa ti frena allora?” chiese, genuinamente interessato, il preside.
I ricordi. Ecco quello che avrebbe voluto rispondere Remus, mentre le immagini della festa per il diciassettesimo compleanno di Sirius lo investivano con la stessa forza del Nottetempo lanciato a folle velocità per le strade di Londra. In un battito di ciglia non si trovava più a Tottenham, ma nella Stanza delle Necessità con un bicchiere di Firewhiskey appena consegnatogli dai gemelli Prewett tra le mani, James che si dimenava a ritmo dell’ultimo successo dei Rolling Stones, Sirius che gli dimostrava quanto più aggraziato fosse con una sigaretta tra le labbra e Peter sdraiato sul divano, troppo ubriaco per fare altro. Il resto degli invitati era sparso per la stanza, e Remus riusciva quasi ad assaporare la felicità provata quella sera e, più in generale, in quel periodo della sua vita — avevano pensato tutti di essere invincibili, ma si erano decisamente sbagliati.
“Non ho mai fatto l’insegnante...” si decise quindi a dire, ritornando nel presente.
“Forse non ufficialmente, ma lo hai sicuramente fatto con i tuoi amici durante i vostri anni scolastici” rispose in tono pratico il professore, riaccendendo la speranza nel cuore di Remus. “So bene che la maggior parte delle volte facevano i compiti solo perché spronati da te …”
Remus si concesse un sorriso, ripensando alle notti in bianco passate a lavorare sulla Mappa del Malandrino, invece che sui libri di testo, ritrovandosi a sorridere nostalgico: Silente aveva ragione, era pronto a tornare nel posto che aveva chiamato casa per sette anni — i sette anni più significativi della sua vita.
“E come faremo con il mio… problema?” s’arrischiò a chiedere dopo un’altra pausa.
“Ti faremo avere ogni mese la Pozione Antilupo” lo rassicurò il preside. “Anzi, ne ho già una scorta per la prossima luna piena” aggiunse, tirando fuori delle ampolle da un’altra tasca.
 
*
 
Quando la locomotiva rosso fuoco dell’Espresso per Hogwarts si materializzò davanti ai suoi occhi, i ricordi lo travolsero come un fiume in piena e per Remus fu quasi impossibile trattenere le lacrime che minacciavano di solcargli il volto. Era esausto quel mattino, dopo la luna piena della notte precedente, ma l’immagine di James, Sirius, Peter e lui che correvano per raggiungere il Binario 9 ¾ il primo settembre 1977 dopo un’ubriacatura epica rimase scolpita nella sua mente dandogli l’impressione che fossero passate a malapena poche ore, invece che parecchi anni.
Pensare agli amici che aveva perso — chi a causa della morte e chi perché si era trasformato in un disgustoso traditore — faceva dannatamente male, anche dopo 12 anni. L’uomo arrancò lungo il binario, raggiungendo con tutta calma un vagone vuoto e issando il proprio baule sulla reticella, per poi sedersi e chiudere gli occhi, sperando di prender sonno. Passarono pochi minuti prima che il treno iniziasse a riempirsi: con il brusio che si faceva sempre più forte, tra saluti e abbracci, tra grida e risate, tra esclamazioni e scherzi, e ancora una volta Remus si ritrovò catapultato indietro nel tempo fino alla sua prima volta sull’Espresso. Era arrivato in anticipo anche quel giorno e aveva trovato posto in un vagone verso la metà del treno, dove qualche minuto dopo erano entrate una ragazza dagli occhi smeraldini, con lisci capelli ramati insieme a una con luminosi occhi azzurri e capelli color miele che gli avevano chiesto di potersi sedere. Si erano presentati e avevano passato un viaggio molto piacevole, per lo meno finché non avevano dovuto andare in soccorso di un ragazzino biondo in leggero sovrappeso rimasto vittima di alcuni bulli. Subito al loro fianco erano apparsi due coetanei dai capelli scuri, tutti e cinque s’erano impegnati a difendere il ragazzino sconosciuto, fino a far desistere i gradassi. Remus non aveva idea che quelli sarebbero diventati i suoi migliori amici, né che un destino crudele e beffardo avrebbe accomunato tutti loro.
 
Quando si svegliò di soprassalto, ore dopo, fu stupito di trovare lo scompartimento immerso nel buio e si mise subito all’opera per illuminare lo spazio stretto, rendendosi conto di non essere più solo. Non ebbe tempo per le presentazioni: gli studenti al suo fianco erano chiaramente spaventati e il freddo che stava penetrando ogni fibra del suo corpo era un segno evidente dell’arrivo, decisamente inaspettato, dei Dissennatori. Non ebbe tempo di aprire la porta dello scompartimento per cercare di capirne di più, perché apparve una delle guardie di Azkaban, scatenando il panico e portando uno dei ragazzi addirittura allo svenimento. Remus evocò il proprio Patronus, cacciando l’immonda creatura, prima di concentrarsi sul ragazzo a terra e prima che tutto diventiasse sfocato e confuso. 
“Harry! Harry! Ti senti bene?” Harry era tutt’altro che un nome raro, ma Remus non aveva alcun dubbio: quello era indiscutibilmente il figlio di Lily e James — colui che, in un’altra vita, sarebbe stato come un nipote per lui, ma che riuscì a riconoscere solo per i capelli corvini spettinati e per gli occhi identici a quelli incontrati su un vagone di quello stesso treno così tanti anni prima.
Si frugò nelle tasche alla ricerca della sua scorta di cioccolato, iniziando a distribuirla proprio partendo dal figlio dei suoi migliori amici, prima di intimargli di mangiare, spiegare che erano stati quasi attaccati da un Dissennatore e scusarsi per raggiungere il macchinista. Una volta tornato nel vagone fu evidente che il ragazzo non aveva ancora seguito il suo consiglio e fu grazie a una battuta sulla mancanza di veleno nel cioccolato che Remus ottenne il risultato sperato. Passò i minuti restanti del viaggio a osservare di sottecchi Harry, che parlava concitatamente con quelli che sembravano essere i suoi amici più cari, e riuscì a sorridere genuinamente — come non era più stato in grado di fare per anni. Il destino aveva voluto concedergli una seconda chance e, anche se non avrebbe più provato le sensazioni vissute durante la sua adolescenza, avrebbe fatto del suo meglio per proteggere Harry, come i suoi genitori avevano fatto con lui. 
 
Una volta a bordo di una delle carrozze della scuola, che s’inerpicava lungo il sentiero che conduceva al castello, Remus fu convinto si aver fatto la scelta giusta, soprattutto se Sirius era davvero fuggito per portare a termine il folle piano cominciato la notte di Halloween del 1981. Non riusciva a credere che uno dei suoi migliori amici fosse stato causa della morte degli altri due, non era possibile che la loro amicizia — che tutti erano convinti sarebbe durata in eterno — si fosse sfaldata a causa di una stupida guerra suprematista. Remus s’era arreso anni prima all’idea che Sirius avesse abbracciato le folli idee della sua famiglia d’origine, anche se non gli sembrava concepibile che il ragazzo con cui aveva condiviso il dormitorio per sette anni, e le battaglie fuori da scuola per i successivi tre, avesse fatto il doppio gioco per tutto quel tempo. Era cresciuto con lui, e con James e Peter, e non poteva accettare che l’amicizia che si era instaurata — che era stata ben più tangibile di tutto il resto in svariati momenti della sua vita — si fosse rivelata una triste menzogna. Non era possibile che l’amico che l’aveva spinto a buttarsi, dando il suo primo bacio a Mary MacDonald un venerdì di tanti anni prima, fosse la stessa persona che aveva ingannato tutti quanti, vendendo James e Lily a Voldemort.
Scosse la testa, incolpando la fuga di Sirius per tutti i pensieri malinconici che gli affollavano la mente, scorgendo finalmente l’imponente struttura del castello che si stagliava sulla collina di fronte a lui illuminata dal tramonto scozzese che si rifletteva sulla superficie placida del Lago Nero.
Era tornato a casa e avrebbe guadagnato il posto che gli spettava nella vita di Harry. Lo avrebbe fatto per James e Lily e per tutti gli amici persi durante quella scellerata guerra.   
 
 


Nota dell’autrice:
Buonasera a tutti, rieccomi qui con una nuova storia dedicata a uno dei miei personaggi preferiti in assoluto del mondo potteriano.
Quando ho visto il contest di Iamamorgenstern e ho scelto di parteciparvi con “Castle oh the hill” di Ed Sheeran, ho sperato che uno dei personaggi proposti sarebbe stato Remus e sono stata accontentata. Mi sono spesso chiesta cosa avesse provato l’uomo, trovandosi di fronte per la prima volta dopo anni il figlio dei suoi migliori amici, cosa fosse passato nella sua testa quando Silente gli fece la proposta di insegnare a Hogwarts. Questa era l’occasione perfetta per provare a rispondere a entrambe le domande e, devo dire, che sono abbastanza soddisfatta del risultato.
Come ultima battuta ci tengo a precisare che, sì, la notte del primo settembre 1993 c’era la luna piena... ecco perché Remus era così esausto in treno.
Grazie per chi leggerà!
 
   
 
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