Mentre finiva
di sistemare le poche cose che si era portata, un dubbio continuava ad
assillarle la mente.
Il fatto che
avessero previsto il loro arrivo la portava a pensare che, forse, ogni cosa
accaduta fino a quel momento potesse essere stata manipolata dal nuovo Kira.
Non riusciva
proprio a darsi pace, lei e Mello avevano rischiato di morire per colpa di quel
maledetto.
Con ancora
tutti i dubbi in mente decise che era il caso di indagare più a fondo, e, soprattutto,
da sola.
Non che l’aiuto
dei due ragazzi non le servisse. Sicuramente le capacità di accedere ad ogni
tipo di file e di entrare in qualsiasi tipo di server di Matt, e le intuizioni
unite alla capacità di agire di Mello erano più che utili. Soprattutto quelle
di quest’ultimo quando si trattava di lavorare sul campo.
Ma qualcosa
dentro di lei le diceva che questa volta, se sola, avrebbe potuto agire in
maniera diversa, senza dover preoccuparsi di mettere in pericolo qualcun altro.
Avrebbe potuto
sfruttare a pieno tutto ciò che aveva imparato anni addietro, sotto il duro
allenamento del padre. Certo, lei lo aveva sempre adorato e stimato, ma
quell’uomo molto spesso aveva saputo farsi odiare, nonostante Amy sapesse
benissimo che tutto ciò che faceva era in nome dell’amore che provava per lei.
Scacciando i
brutti ricordi, decise che per quel giorno Matt e Mello avrebbero fatto meno
della loro presenza. Inoltre il primo era concentrato
da quasi tutta la mattina a superare un livello in qualche suo videogame, e il
secondo doveva ancora sistemare tutte le sue cose, dato che la sera prima era
crollato sul letto come una pera cotta.
Si preparò
velocemente, prese qualche soldo infilandolo in tasca e uscì lentamente dalla
camera.
I suoi
coinquilini erano entrambi seduti sul divano. Non le prestarono attenzione fino
a quando non la videro dirigersi verso la porta.
< Dove credi
di andare? > la apostrofò Mello già pronto a balzare in piedi e fermarla.
< Vado a
esplorare un po' l’ambiente circostante, ho visto qualche negozietto carino
mentre venivamo qui > rispose esibendo il sorriso più convincente che riuscì
a fare.
< Non se ne
parla neanche, abbiamo un caso da risolvere >continuò imperterrito il
biondo.
< E tu hai
tutta la tua roba da sistemare, perciò che ne dici se io vado a farmi un
giretto mentre tu metti in ordine? >
Mello alzò gli
occhi al cielo e fece per riaprire la bocca, ma venne prontamente fermato da
Matt.
< Avanti
Mels, ci prendiamo un giorno di riposo non morirà nessuno, e tu… > disse poi
rivolgendosi alla ragazza < Non è che saresti così gentile da portare al tuo
adorato fidanzato qualche snack? >
< Certo
tesoro > si avvicinò lasciandogli un veloce bacio.
Si rivolse poi
a Mello, allungandosi verso di lui per sfiorargli la guancia con le labbra
mentre la sua mano scendeva sulla pelle della giacca, lasciandolo alquanto
confuso.
Usci tirandosi
dietro la porta, poggiandosi poi ad essa con un sospiro. Non le piaceva mentire
ai suoi compagni, però aveva realmente bisogno di fare questa cosa da sola.
Si incamminò
velocemente verso l’uscita del palazzo.
Da dove avrebbe
iniziato? Era stata forse troppo avventata? Tuttavia
c’era quella sensazione dentro di lei che continuava imperterrita a dirle che
quest’oggi ci sarebbero stati dei risvolti.
Si dice che un
buon killer non scelga mai lo stesso luogo dove incontrarsi con i suoi complici,
ma se al contrario, questo nuovo Kira fosse così scaltro da fare esattamente
quello che tutti si aspettassero che non facesse?
Nessuno si
sarebbe aspettato che un posto come la prigione fosse adatto come base segreta,
forse invece era proprio quello il posto dove Kira si rifugiava.
Decise di
partire spedita verso la meta, ma per fare ciò avrebbe dovuto fare una delle
poche cose che l’avrebbe portata sicuramente a morte certa.
Si diresse
verso lo spiazzo dove erano parcheggiate sia la macchina di Matt che la moto di
Mello, e si avvicinò a quest’ultima.
Iniziò a
spingerla per qualche isolato, volendo evitare che il rumore potesse richiamare
l’attenzione dei due ragazzi. Quella volta Mello l’avrebbe sicuramente uccisa
nel modo peggiore che potesse esistere.
Dopo essersi
fermata, estrasse dalla tasca della giacca le chiavi che aveva rubato a
quest’ultimo, mentre lo aveva prontamente distratto.
Salendo in
sella alla moto, dopo aver controllato sul cellulare la strada per raggiungere
la prigione, partì in quarta.
Mezz’ora dopo
si trovava davanti alla struttura carceraria. Quel luogo tetro e buio le dava i
brividi. Sfiorò con la punta delle dita la lama che aveva nascosto nello
stivale, cercando un minimo di sicurezza.
Entrando dalla
porta dell’ultima volta, percorse la stessa via passando davanti al luogo dove
lei e Mello si erano macchiati del loro peccato.
Una strana
morsa le attanagliò il petto, ma scacciò subito quella fastidiosa sensazione,
decisa a rimanere concentrata sul caso. Non poteva permettere a Mello di
distrarla anche quando non era presente.
Iniziò a
perlustrare da cima a fondo ogni recondito angolo. Salì al primo piano, poi al
secondo, e così per i successivi, ma niente di niente. Quel posto era esattamente
ciò che sembrava. Una vecchia prigione abbandonata, nulla di più. Si diede
mentalmente della stupida solo per aver davvero sperato di poter entrare nella
mente di quello psicopatico.
Ormai
sconsolata era pronta a tornare indietro con la coda tra le gambe. Insomma, non
che l’idea di una quasi certa sfuriata di Mello la elettrizzasse, ma l’amarezza
di aver fallito di nuovo era di gran lunga peggiore.
Proprio quando
stava per abbandonare del tutto le speranze, una voce attirò la sua
attenzione. Si nascose velocemente dietro uno
degli spessi muri, cercando di captare il più possibile della conversazione che
lo sconosciuto stava avendo, probabilmente al telefono dato che finora non
aveva sentito nemmeno una risposta. Ciò attirò la sua attenzione, però, fu
sentir nominare dall’uomo il fantomatico Death Note.
< Si capo,
ho capito, arrivo subito > così venne terminata la chiamata.
Quello era il
suo momento. Era consapevole che probabilmente si sarebbe cacciata in un mare
di guai, ma forse seguendo quell’uomo sarebbe riuscita a trovare una pista
iniziale, o perlomeno delle risposte.
Così tentando
di rendersi il più invisibile possibile sgattaiolò fuori da dietro al muro,
cercando di stare dietro al passo veloce dell’uomo.
Era un tizio
ben piazzato, con spalle larghe e vestito con un completo scuro. Salì su una
macchina e partì alla velocità della luce.
< Dannazione
così lo perdo > disse tra se e se, mentre saliva in
fretta sulla moto e si apprestava a raggiungerlo.
Sfrecciando per
le strade di Los Angeles non riusciva a far altro che chiedersi se quello che
stava facendo fosse la cosa giusta.
Insomma, voleva
a tutti i costi fermare Kira. Ma per chi lo stava facendo? Per il mono e tutte
le persone che lo abitavano o per se stessa? Per
quella sua sete di vendetta che sapeva sarebbe stata placata solamente
facendolo finire tra le sbarre.
Aveva bisogno
di risposte, e presto le avrebbe avute, ma ora la priorità era quella macchina
poco più avanti di lei. Quella era un’ottima partenza per averle.
Dopo circa
dieci minuti la macchina si fermò nel parcheggio di un grande hotel di lusso.
Amy parcheggiò
la moto poco lontano seguendo il tizio in nero.
Varcata la
soglia dell’entrata iniziò a chiedersi come diavolo avrebbe fatto a seguirlo
fino alla sua stanza. Si avvicinò abbastanza da scorgere il numero della stanza
che svettava sulle chiavi che la receptionist gli stava porgendo. Ora non le
restava che raggiungerla senza farsi scoprire.
Si guardò
intorno in cerca di qualcosa di utile, fino a quando l’occhio non le cadde su
una delle cameriere intenta a spingere un carrello pieno di pietanze. Una
lampadina si accese nella sua testa.
Le si avvicinò
cautamente con l’espressione più amichevole che riuscì a tirare fuori.
< Hey, scusa il disturbo, sono appena stata assunta come
cameriera, ma non mi è ancora stata data una divisa, non è che potresti darmi
una mano? > chiesi gentilmente.
< Certo che si, con piacere. Comunque il mio
nome è Clara > disse con un sorriso a trentadue denti allungando una mano.
< Puoi chiamarmi
Amy > “ se mai mi vedrai ancora “ avrebbe voluto
aggiungere, ma si limitò a stringerle la mano e sorriderle.
< Bene Amy
seguimi pure >
Arrivarono in
una stanza simile ad un ripostiglio di grandi dimensioni. “
Però, per essere un albergo a cinque stelle si sono proprio sprecati per
la servitù” pensò guardandosi attorno.
< Ecco qui
c’è la tua divisa > le porse i vestiti gentilmente.
< Grazie,
molto gentile > disse continuando a ispezionare la stanza in cerca di
qualcosa utile.
< Senti, tu
per caso sai come funzionano i condotti di areazione in questo posto? >
chiese, ad un tratto, folgorata da un colpo di genio.
< Oh beh, di
la c’è la stanza con il condotto principale che poi
va diramandosi in ogni stanza, perché me lo chiedi? > parve seriamente
incuriosita dalla cosa.
< Nulla di
che, è che mi sono sempre chiesta come funzionassero, pura e semplice curiosità
> disse con falsa innocenza nella voce.
< Ho capito,
sei una tipa alquanto curiosa non è vero? >rise piano.
< Tu non sai
quanto >
< Beh, hai i
vestiti, fai pure con comodo, io devo tornare al lavoro ma se dovessi avere
ancora bisogno sentiti libera di venire a cercarmi > concluse con un altro
sorriso prima di andarsene. Quella ragazza sorrideva troppo per i suoi gusti.
Rimasta sola
non perse tempo, e con passo fermo sgattaiolò nella sala dei condotti.
< Cavolo
sarà una vera faticaccia > mormorò tra se e se,
iniziando a spostare una sedia sotto il condotto principale e successivamente
accatastandovi sopra qualsiasi cosa possibile per arrivare all’altezza giusta.
Aprì lo
sportello e issandosi sugli avanbracci vi si infilò dentro. Quel tunnel di
polvere e sporcizia era la cosa più schifosa che avesse mai visto.
Strisciò per
cinque minuti, seguendo i numeri incisi sul metallo delle diramazioni che portavano
alle stanze. Vide il numero che stava cercando e imboccò la strada che
conduceva all’uscita del condotto sulla stanza.
Si affacciò
alla grata cercando di scorgere il più possibile, ma la visuale era distorta,
ed in più il condotto dava sul corridoio, perciò era quasi impossibile vedere
qualcosa.
Fortunatamente
le pareti di quella stanza sembravano fatte di cartongesso, e lei aveva un
ottimo udito. Accostò lentamente un orecchio alla grata.
Parecchie voci
stavano confabulando, sovrapponendosi l’una all’altra. Ma più di tutte una
l’aveva colpita. Era la voce di una giovane donna, che aveva avuto il potere di
zittire tutte le altre intimando di fare silenzio. Ora era un uomo a parlare.
La voce era chiaramente quella dello stesso tizio della prigione.
< Ma capo
non possiamo agire così d’impulso, ci serve un piano più strutturato >
Sentì il rumore
di qualcosa che andava in frantumi.
< STAI ZITTO
INUTILE ESSERE. Quel bastardo lo ha ucciso capisci. E non solo mi ha privato di
lui, ma ha privato il mondo dell’unico spiraglio di luce che restava. Kira
sarebbe stato un governatore perfetto e quel maledetto detective lo ha ucciso
>
Si sentì
silenzio per pochi secondi, seguito poi da una macabra risata.
< Oh ma
gliela farò pagare stanne certo. Quando lo troverò per prima cosa lo torturerò
così tanto che si pentirà di essere venuto al mondo, poi gli farò scrivere sul
Death Note i nomi di tutte le persone a lui care, proponendo le morti più
atroci. Ed infine come ciliegina sulla torta farò scegliere a lui il modo in cui
vorrà morire. IO porterò avanti il progetto che aveva Kira per questo mondo
infame ed eliminerò chiunque costituisca un ostacolo per me >
Sgranò gli
occhi e si ritrasse di colpo. Non voleva sentire altro. Doveva assolutamente
avvertire L che l’obbiettivo del nuovo Kira era lui. Fanculo che l’avesse
cacciata dal caso, fanculo il fatto che non ci andasse troppo d’accordo,
fanculo tutto. Non avrebbe permesso a nessuno di fare del male ad L. Nonostante
tutto lui l’aveva salvata.
Ritornò sui
suoi passi con il cuore che le batteva a mille. Con un salto uscì dal condotto
atterrando perfettamente in equilibrio. Prese a correre verso l’uscita,
dimenticandosi per un attimo di essere in un luogo pubblico, e perciò di poter
essere vista da altre persone.
Infatti non passò molto tempo, prima che una
mano le si poggiò sul braccio, fermandola.
La cameriera
biondina di prima la guardava preoccupata con i suoi grandi occhioni celesti.
< Hey cara tutto bene? > chiese dolcemente sbattendo le
palpebre.
< No, non mi
sento tanto bene, ora devo andare > disse sbrigativa raggiungendo l’ingresso
dell’hotel.
Uscì respirando
a pieni polmoni, tentando di calmarsi.
< Ok Amy,
ora ti calmi, torni all’appartamento, racconti tutto e poi deciderete come
agire > si disse raggiungendo la moto e salendovi in sella.
Quello le
sembrò il viaggio più lungo che avesse mai fatto. Continuava a ripensare alle
parole dette da quella donna. Aveva paura, e per la prima volta non aveva paura
per se stessa. L e i ragazzi erano l’unica famiglia che
le era rimasta. E lei avrebbe dato la vita pur di proteggerli.
La sua mente
riprese a funzionare non appena si rese conto di essere a pochi metri
dall’edificio in cui alloggiava.
Improvvisamente
un altro tipo di paura le attanagliò il petto. Ora avrebbe dovuto vedersela con
Mello. E la prospettiva era allettante tanto quanto buttarsi in una vasca piena
di squali. Parcheggiò la moto, e imboccò le scale che portavano al primo piano.
Le fu
risparmiata addirittura la fatica di bussare, perché non appena salì l’ultimo
gradino si ritrovò la porta spalancata, e non uno ma ben due paia di occhi che
la guardavano trucemente. Non si oppose nemmeno quando venne afferrata per un
braccio e trascinata all’interno dell’appartamento.
< Che cazzo
hai nella testa? > la voce di Mello le arrivò alle orecchie prima ancora che
potesse scorgerne il viso, contratto dalla rabbia.
Sentì la
schiena cozzarle contro la parete fredda del muro.
< Piano
Mello, così le fai male > disse Matt cercando di calmare l’amico che stava
letteralmente dando in escandescenza.
< No Matt,
non ci provare, non iniziare a difenderla, questa qui ha bisogno di una bella
lezione >
I suoi occhi
erano fiammeggianti.
<
Ascoltatemi vi prego, devo dirvi delle cose importanti > provò a fermarlo
senza successo.
< Stai
zitta, non pensare minimamente che dopo tutto ciò che hai combinato io ti lasci
proferire parola. Hai mentito, mi hai rubato la moto, e questa non te la
perdonerò facilmente, e in più ci hai fatto preoccupare come pazzi quando non
sei tornata. Sei un’incosciente e un’irresponsabile. Adesso sparisci dalla mia
vista. > urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
< Hai
finito? > gli chiese poggiando le mani sul suo petto e allontanandolo un po'
da se.
< Non credo tu
abbia capito ciò che ti ho appena detto >
< E io
invece credo che prima di mandarmi in castigo tu debba ascoltare ciò che ho da
dirti > continuò puntando gli occhi nei suoi.
< Avanti
Mello lasciala parlare, e prima che tu ti metta sulla difensiva, non sto
prendendo le sue parti ma semplicemente vorrei una spiegazione per questo suo
comportamento. > intervenne Matt prendendo per mano la ragazza e togliendola
dalle mani di Mello.
< Forza
sediamoci, così potrai spiegarci il perché della tua fuga > disse invitando gli
altri due ad accomodarsi sul divano.
Amy non se lo
fece ripetere due volte, sistemandosi il più lontano possibile dal biondo che si
era lasciato cadere su un bracciolo con un sonoro sbuffo. Improvvisamente la
rossa alzò lo sguardo verso quest’ultimo.
< Ah Mello,
queste sono tue >disse tirando fuori dalla tasca le chiavi della moto, lanciandogliele.
< Vedi di
muoverti e non provocare > la riprese Matt volendo evitare un altro
battibecco.
La ragazza
annuì sistemandosi meglio.
< Ok, ora ascoltatemi
attentamente… >