XVI
Q
Per
mantenere una copertura, l'Hidden pub era rimasto
aperto tutti i giorni e, con fatica, i ragazzi lo avevano gestito tra
un
allenamento e l'altro.
Hector
come cameriere era stato il pezzo forte delle
loro giornate. Vestito di tutto punto: una stretta camicia bianca, un
panciotto
nero ed un papillon avevano contribuito a renderlo attraente agli occhi
della
clientela. In realtà, non era necessaria un'uniforme, ma
Jalice, per qualche
motivo, aveva insistito.
Theron
osservava il gruppo di Hector starnazzare tra
un bicchiere e l'altro. Lui ne avrebbe decisamente fatto a meno, dopo
l'altra
sera.
Guardò
Helga, i cerotti applicati sul viso spiccavano
sulla pelle martoriata. Teneva ancora i capelli legati dietro la nuca,
come una
donna adulta, chissà per quale motivo... Forse il
fidanzamento con Jhonny
l'aveva fatta sentire più adulta. Dopo la fuga di Helga,
Claudius aveva
spiegato a tutti il motivo del suo cattivo umore e Theron fu forse
l'unico a
non esserne stato sorpreso. Conosceva i modi di fare di Helga e sentiva
che
prima o poi avrebbe ceduto.
Quello
che non capiva era Jasper. Si era rintanato
nelle sue stanze, quella notte, e si era fatto vedere la mattina dopo,
comportandosi come se nulla fosse successo. Faceva gli occhi dolci a
Suryan e
intanto stava male per Helga. Che fosse caduto in un dilemma?
Guardò
Jalice. Anche lui era caduto in un dilemma. Non
capiva cosa fosse successo quella notte e, da un lato, voleva chiederlo
a
Jalice, dall'altro si vergognava a farlo.
Era
proprio complicato, l'amore!
Hector,
stanco di fare il cameriere acchiappa femmine,
si era stravaccato su una poltrona sul fondo del locale, sotto gli
occhi
incuriositi del suo gruppo.
Mentre
la ragazza di nome Helga era intenta a prendere
le ordinazioni al posto suo, Daraen si chiedeva per quale motivo Kirk
si
scolasse ogni santo giorno quintali di aceto di mele.
Era
così da quando lo aveva conosciuto, si chiese se
lo fosse stato anche prima.
Dopotutto,
la guerra nei boschi della Luna aveva
visibilmente traumatizzato Olivia, che non voleva mai parlarne; nemmeno
Kirk
osava accennare all'argomento.
-Un
brindisi al culo di Daraen!
Il
suddetto si schiaffeggiò la mano sul viso. Per
qualche motivo, quando era ubriaco, Kirk parlava sempre di lui. Di
quanto fosse
carino, del suo didietro... Mantenne la mano sul viso per evitare di
farsi vedere
rosso da Olivia. Tutto ciò lo imbarazzava, in fondo era un
maschio, non una
donzella cui fare apprezzamenti.
-Uh
uh, interessante.
La
cugina di Hector sbucò dal nulla dietro Daraen,
facendolo sussultare.
-Come
sarebbe il suo culo?
-Ha
una forma così bella.. e secondo me è anche sodo!
-Basta!-
non ne poté più.
Si
alzò in tutta fretta e si diresse verso l'uscita.
Sentiva ancora odore di pioggia all'aperto.
-Daraen,
perché te ne sei andato?
Il
cretino l'aveva seguito.
Fece
un bel respiro, prima di parlare: - Vuoi
smetterla?! Non sono una ragazza! Non voglio essere trattato in quel
mod...
Kirk
lo prese da un braccio e lo fece voltare. I loro
occhi si incontrarono ed entrambi si specchiarono in essi, constatando
quanto i
loro volti fossero in fiamme.
-Io
ti vedo come un uomo, sappilo.
Fu
con quelle parole che se ne andò, lasciando che
Daraen si afflosciasse per terra, più confuso e rosso di
prima.
Era
mezzogiorno e come di consueto erano tutti a
tavola, Jalice aveva appena chiuso il pub per la pausa pranzo, Helga
aveva
finito di lavare i tavoli e Beatrix scherzava animatamente con il
cugino.
Tutto
sembrava normale;
Suryan, però, osservava la scena con preoccupazione. E se
tutta quella
quotidianità a cui era abituata stesse per sgretolarsi per
sempre?
-Sur,
passa il pane appena sfornato!
Un
grido di esultanza riempì la stanza, Hector e il
suo gruppo erano i più rumorosi di tutti. Adoravano il cibo
di Jalice e ogni
piccola prelibatezza era accompagnata dalle recensioni
di Kirk, Daraen e Olivia. Quest’ultima sembrava
particolarmente burbera,
molto chiusa e riservata. Per questo aveva colpito fin da subito
Suryan,
nonostante da tre settimane a questa parte tra le due non ci sia mai
stato
alcun dialogo.
-Eccolo!
La
ragazza sorrise, cercando di allontanare dalla sua
mente quelle nuvole minacciose. Qualcosa però la costringeva
a pensare. Che
fosse un presentimento? Suryan non
se
ne sarebbe stupita, ormai non si concedeva più nessun
limite, soprattutto se
riguardava se stessa.
Finito
di mangiare decise di uscire fuori, per
prendere un po’ d’aria pulita. La primavera era
alle porte e gli alberi
sembravano già pronti a sbocciare, a vestirsi di colori
affascinanti. I rami
ormai agghindati, quasi a festa, cadevano pesanti verso la terra. Il
prato
verde sembrava una distesa infinita e rilassante, quasi celestiale,
quasi più
bella e infinita del cielo. Gli uccellini cinguettavano da un albero
all’altro,
i mille insetti sembravano percorrere strade di mille colori e le globisplendenti erano accompagnate da
quell’irresistibile profumo di fiori.
Quel
profumo di vita le ricordava l’allegria di Suor
Caroline. Chissà se da qualche parte, ovunque fosse, potesse
vedere tutto quello
che circondava Suryan.
La
morte di Suor Caroline riecheggiava nelle sue
orecchie, non tanto quanto dolore bensì come allarme. Era
convinta che non
fosse stata una casualità e sentiva il bisogno di
salvaguardare se stessa, i
suoi amici e fare giustizia per la donna che l’aveva allevata.
-Quando
tornerò dalla missione…
-Quando
tornerai dalla missione, cosa?
La
ragazza sussultò e spaventata si girò verso
l’amica
corvina.
-Ma
sei forse impazzita? Non si arriva MAI alle
spalle!
Beatrix
rise di gusto e fece cenno a Suryan di sedersi
in una panchina poco più avanti.
-Sei
preoccupata?
La
corvina guardò con attenzione l’amica: sapeva
quanto fosse importante per lei quella missione.
-Tu
no?
Suryan
incrociò il suo sguardo. Gli occhi nocciola
dell’amica infondevano forza e sicurezza, pensò
sospirando.
Chissà
cosa pensa dei miei…
-Sì,
un po’. So che è una missione abbastanza
complicata però ci siamo impegnati tanto per questo momento.
Io da quando ne ho
memoria.
-Perché
è così importante Hidden, per voi?
-È
la nostra regina. Noi tutti abbiamo giurato di dare
la vita per lei. Il nostro compito ora è trovarla, metterla
al corrente del suo
ruolo ed essere sempre a sua disposizione.
Suryan
osservò e comprese la serietà delle parole di
Beatrix, l’importanza data a quella ragazza, la
sua Judit, era impossibile da misurare. Tutta quella
devozione,
per qualcuno che non si conosce, che non si sa come sia fatto, quale
siano i
suoi obiettivi, i suoi pensieri… e se veramente Hidden fosse
stata la
principessa che sta a quel palazzo, e di cui tutti parlano male,
l’avrebbero
comunque seguita ciecamente?
Tutto
le sembrava così assurdo, probabilmente, anche
sforzandosi, non sarebbe mai riuscita ad essere così devota
verso qualcuno.
L’aveva capito da come aveva allontanato la fede dalla sua
vita. La sua è
sempre stata falsa devozione, un obbligo necessario per la sua
sopravvivenza.
Ma ora?
-Ti
ricordi quando mi hai rivelato di quella ragazza
di cui ti eri innamorata? Non mi hai mai detto più niente su
di lei.
Beatrix
l’osservò, attentamente, per carpire il reale
sentimento dell’amica. A volte le veniva difficile
riconoscere il cambiamento
che aveva stravolto Suryan.
-Non
è per niente una bella storia. Si chiama July,
faceva parte di questa congrega. Per lei avrei fatto di tutto, lei
forse un po’
meno.
-Ora
dov’è?
-Fa
sempre parte della Congrega dell’Occhio ma è in un
altro villaggio, si chiama Mercury, è a quattro ore da
Osternia. Si è
trasferita con la famiglia e il fidanzato.
-Fidanzato?
-Già.
Ai suoi genitori non andava bene e,
probabilmente, stava con me solo per la mia posizione sociale. O forse
era
troppo immatura come il sentimento che diceva di provare.
Suryan
non sapeva come rispondere, cosa dire su
quell’argomento così delicato. Vedeva negli occhi
di Beatrix il sentimento che
provava per July. Era ancora lì, quasi palpabile.
Effettivamente, era da lei:
quando Beatrix si lasciava andare, dava senza misura.
-Grazie
per avermelo raccontato. Ora dovrebbe toccare
a me, ma se vuoi posso raccontarti di quei cori in monastero che
letteralmente
odiavo!
Tra
le due si levò una risata, sincera. Sembrava quasi
aver scrollato le nuvole che sopra di loro si facevano sempre
più fitte.
-E
Judit? Ti piace?
Suryan
sgranò gli occhi esterrefatta. Come poteva
insinuare che le piacesse una ragazza, per di più la sua
migliore amica?
-Non
mi piacciono le donne né tantomeno Judit, è come
una sorella!
Beatrix
la guardò in silenzio, sembrò quasi che
volesse, con qualche assurdo potere, spogliarla da tutti quegli strati
di
superficialità.
-Sicura?
-Sì.
Era
sicura?
Theron
faceva avanti e indietro nel salone, in preda
all’ansia e al timore. Doveva buttarsi e aprire il suo cuore
per paura di non
avere una possibilità in futuro, o lasciare che tutto
facesse il suo corso?
-Dovresti
dirglielo.
Jasper
si avvicinò all’amico, mettendogli una mano
sulla spalla. La serietà di quelle parole sembravano
provenire da un sentimento
di rimorso e di rimpianto.
-Non
lo so, amico. Lei mi vede come un fratello.
Glielo direi per cosa? Darle un pensiero in più?
Theron
si stravaccò sul divano e lo sguardo vacuo
sembrava sottolineare il suo stato confusionale.
Jasper
prese una sedia e si sedette, a cavallo, verso
l’amico.
-Ti
ricordi di quando hai preso quell’aquilegia
per lei?
Theron
sgranò gli occhi: Jasper sapeva del fiore
raccolto nella Terra del Sole.
-Come
fai a saperlo?
-Helga
era convinta che da un momento all’altro
l’avresti dato a Jalice, per questo me l’ha
raccontato. Sono passati mesi,
però. Perché non lo hai fatto?
Ricordava
ancora quanto valore aveva dato a quel
fiore, amore nascosto, sembrava
quasi
una reliquia. La paura aveva preso il sopravvento anche quella volta,
non gli
concedeva la possibilità di esternare quell’amore
che lo infuocava tutti i
giorni, soprattutto di notte, quando sognava di averla a fianco.
-Ho
avuto paura. Ce l’ho ancora, conservato. L’inverno
è passato e si è appassito, ma è
ancora nel mio cassetto.
-Che
stai aspettando?
Effettivamente,
cosa
stava aspettando?
Jasper
stava osservando fuori dalla finestra, il
paesaggio era maestoso, le foglie verdi trattenevano la rugiada che
ancora
qualche volta si divertiva a cadere dal cielo. Il profumo di primavera
ed erba
bagnata era un connubio irresistibile, avrebbe fatto ritrovare la pace
anche a
persone come lui, che avevano sofferto tanto.
Sulla
panchina, da sola, Suryan si guardava intorno,
affascinata.
Era
una bella ragazza, sicuramente affascinante,
sembrava attirare a sé tutto quello che le stava intorno.
Jasper si chiese il
motivo di questo suo ascendente, che fosse per la sua natura?
Se
il suo cuore non fosse stato così oscuro,
probabilmente anche lui avrebbe abboccato.
Con
ai piedi i grossi scarponi militari, ancora
sporchi di fango, si avvicinò alla ragazza. Era arrivato il
momento di
spingersi oltre, l’occasione per la sua rivincita era alle
porte e ancora non
era riuscito a fare breccia nel suo cuore, come se fosse protetto da
dei muri.
-Hei,
ciao. Come mai tutta sola?
La
ragazza si slegò i capelli scuri e puntò i suoi
occhi verdi sull’amico. Erano davvero particolari, un
contorno dorato girava la
pupilla. Questi occhi li aveva già visti, parecchie volte.
Era
lei, non c’era alcun dubbio.
-Mi
godevo un po’ questa ultima giornata di serenità.
Ho un cattivo presagio ma non riesco a capire se possa essere
affidabile.
Jasper
si spostò un ricciolo che gli era caduto
davanti l’occhio.
-Credo
sia normale, l’ansia, la preoccupazione, sapere
che riabbraccerai la tua amica… ti sembra poco?
Le
fece l’occhiolino e ammiccò, accorgendosi subito
di
aver raggiunto l’effetto sperato: si era rasserenata.
-Non
so come farei senza di te.
Appoggiò
la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi.
Sentiva la tranquillità avvolgerla come una coperta.
Delle
labbra sfiorarono le sue, la seconda volta in
modo più deciso. Aprì velocemente gli occhi e
rimase a fissare esterrefatta
Jasper, che sorrideva. L’aveva baciata, con delicatezza ma
con una punta di
soddisfazione.
-Scusami
ma mi ero ripromesso di farlo. Non mi sarei
mai perdonato di essere partito senza averti rivelato e dimostrato
cosa provo per te.
Suryan
non riusciva a capire cosa provasse e cosa
pensasse. Doveva dare esito positivo alla proposta del ragazzo o
dimostrare
apertamente la sua confusione?
Ti
piace Judit?
Abbozzò
mezzo sorriso e si riavvicinò alla bocca del
ragazzo.
Passarono
le restanti ore del pomeriggio a baciarsi,
senza dire alcuna parola di troppo.
Stava
baciando il ragazzo di cui era innamorata la sua
amica, questo la definiva pessima?
Alla
fine sta per sposarsi con un altro…
Jalice
armeggiava con la spazzola specchiandosi nella
sua toilette, quando il rumore prodotto da una mano che picchiava il
legno la
indusse ad alzarsi per vedere chi stava bussando.
Dapprima
non vide nessuno oltre la porta, poi una
scatolina ai piedi di essa entrò nella sua visuale, quando
abbassò lo sguardo.
C'era
un foglio piegato con su scritto: "Per Jalice,
con affetto, Theron"
poggiato su di essa.
La
scatola era in legno, non vi era nessuna incisione
o segno particolare.
Sorrise
e rientrò, dirigendosi verso il letto.
Non
sapeva che aspettarsi. Quando la aprì, vide
l'ultima cosa che si aspettava di trovare: un fiore appassito.
Lo
fissò per qualche minuto con aria interrogativa.
Perché mai Theron le avrebbe dovuto regalare un fiore nel
momento della sua
decadenza?
Lo
squadrò bene, cercando di capire che tipo di fiore
fosse.
-Un'aquilegia...
-Toc
toc, hai dimenticato la porta aperta.
L'ingresso
di Beatrix la distrasse dal fiore. L'amica
richiuse la porta alle spalle e si sedette accanto a lei. -Per quale
ragione
hai in mano un fiore appassito?
-Me
l'ha regalato Theron- a Bea poteva dirlo, si
fidava di lei ciecamente. - Nel linguaggio dei fiori significa: "amore nascosto".
Lo
sguardo di Jalice si incupì. Cosa voleva dire
Theron con quel fiore? Che provava qualcosa per lei? Poteva dire lo
stesso? No,
lei..
-A
te piace quel troglodita di mio cugino- l'anticipò
Beatrix.
Jalice
annuì, sempre più cupa in viso. Non si era mai
mostrata in quello stato a qualcuno, se non a Bea ed Helga.
-E
hai paura che, ora che sai di Theron, la vostra
amicizia..
-È
ROVINATA- scoppiò Jalice.
Poco
ci mancava che si mettesse a piangere. Capiva
perché Theron lo avesse fatto: stavano andando in missione,
una missione
pericolosa e lui aveva voluto dirglielo prima di partire.
Perché lei, tra
tutte? La sua migliore amica!
-Però,
se ci fai caso- disse Bea, -il fiore è
appassito, magari vuol dire che quel sentimento è sciamato
col tempo.
-Che
senso avrebbe allora? No, Theron non mi
turberebbe mai inutilmente...
Strinse
la scatola contenente il fiore. La paura che
la loro amicizia sarebbe stata rovinata la invase. Erano cresciuti
insieme,
insieme avevano affrontato le difficoltà, avevano riso,
pianto... non poteva
finire tutto in quel modo. Avrebbe lottato perché tutto
andasse per il meglio.
Prese
in mano il fiore, da cui cadde un petalo che
fluttuò lentamente fino a cadere per terra. Si confuse con
il pavimento,
entrambi erano consunti.
Suryan
era appena rientrata al Pub, la testa sembrava
un tornado e tutto le sembrava confuso. Troppe emozioni quel giorno,
aveva
bisogno di mettersi in pausa.
-Devo
andare da Beatrix-
Cercò
la ragazza per tutta la locanda ma sembrava
sparita, un unico posto era rimasto.
Mentre
la ragazza saliva le scale scricchiolanti
avvertì i sentimenti che l’avevano pervasa
l’ultima volta in cui era stata in
quel luogo. La prima volta in cui aveva conosciuto la vera Beatrix.
Sorrise,
era lì.
-Ti
ho cercata ovunque!
Beatrix
si girò di scatto e inarcò un sopracciglio. I
capelli neri, lunghi e mossi si muovevano col vento, sembravano quasi
danzare.
-Vieni
qui, dai.
Suryan
si sedette sulle tegole, vicino l’amica. Il
vento le risultava piacevole, nonostante fosse piuttosto forte.
-Mi
mancherà tutto questo. Ho paura, sento, che non
tornerò presto.
Beatrix
strinse la mano di Suryan, cercando di
confortarla. Dentro di sé, però, iniziava a dare
più peso alle sensazioni
dell’amica, soprattutto dopo le ultime scoperte sul suo conto.
-Andrà
tutto bene, ci sarò sempre io a coprirti le
spalle.
-Jasper
oggi mi ha rivelato i suoi sentimenti e ci
siamo baciati.
Lo
disse di getto, come a voler togliersi un peso.
-Immaginavo.
Suryan
rimase perplessa dalla reazione di Beatrix, si
aspettava fuoco e fiamme o domande a riguardo. La ragazza, invece, era
imperturbabile.
-L’importante
è che tu sia felice.
Aggiunse,
accorgendosi del silenzio che era calato fra
le due. In quel momento voleva solo che Suryan le parlasse
all’infinito, che
fra di loro non ci fosse più quella sensazione di
inadeguatezza e confusione.
Le dava fastidio avvertire sensazioni così negative.
-Ed
Helga?
-Helga
ha preso la sua decisione e se Jasper è
interessato a te, forse è meglio che sia andata
così.
Suryan
annuì anche se qualcosa in tutta quella storia
così confusa, non le tornava. Quella sensazione negativa era
come uno spettro
che le girava intorno.
-BEATRIX?
SURYAN? SCENDETE, SI PARTE!
Carol
era appena salita nel suo lussuoso SUV ed era
già annoiata. Era certa che sarebbe stato un viaggio
lunghissimo e che la
stregaccia accanto a lei non sarebbe stata di alcuna compagnia.
L’odore
di fiori e di nascita delle piante circostanti
le dava il voltastomaco, quel profumo dolciastro la irritava.
Era
però interessante osservare il paesaggio, guardare
oltre la finestra della sua camera. I palazzi sembravano correre,
così come gli
alberi. Tutto passava così veloce che fece quasi fatica a
mettere a fuoco gli
oggetti, imprimerli nella sua memoria.
Il
cielo era così luminoso, le nuvole sembravano
appena accarezzarlo di qua e di là; le infondeva sicurezza e
tranquillità,
sensazioni quasi sconosciute per lei.
-Ha
degli affari in sospeso col conte?- chiese Carol,
mentre si lisciava i capelli dorati.
-Può
darsi.
La
vecchia si voltò verso il finestrino e per le
restanti ore rimase ferma come una mummia. Chissà se fosse
un suo potere, si
chiese la principessa sovrappensiero.
Chiuse
gli occhi e quando li riaprì vide davanti a sé
una collina: sembrava artificiale. Era così perfetta
ché riusciva a contenere
perfettamente l’imponente castello che vi era sopra. Da
lontano sembrava un po’
cupo ma certamente incantevole.
-Ci
siamo quasi.
La
mummia sembrò ridestarsi dal suo torpore quasi
eterno.
Il
SUV si fermò davanti le grandi inferriate nere, ad
aspettarla c’era il conte, con un grande e luminoso sorriso.
Il sole sembrava
baciarlo, rendendolo ancora più affascinante del solito.
Quell’aria da generale
non sembrava abbandonarlo mai.
-Benvenuta,
principessa.
Max
le porse la mano, per aiutarla e farle strada
verso la sua dimora.
Carol
la strinse e dentro di sé sentì
un’esplosione di
emozioni. Sentiva quasi del calore come se, il conte, con i suoi raggi,
riuscisse a riscaldare il suo cuore di ghiaccio.
Il
gruppo di Hector stava riorganizzando i grossi
zaini con le poche provviste che avevano deciso di comune accordo di
portare.
Sarebbero andati a piedi, ciascun gruppo per la sua strada, con le
proprie
provviste, per non dare troppo nell’occhio. Per la
verità, Claudius aveva
pensato che la sua macchina o quella di Romina avrebbero potuto
attirare
l’attenzione, ed andare e tornare per le strade affollate
durante il periodo
dell’incursione avrebbe significato dare certezza della loro
colpevolezza alle
autorità del luogo.
Suryan
guardava Helga mentre comunicava con la penna
magica. Jhonny aveva fornito loro istruzioni circa la struttura del
palazzo ed
ora la ragazza lo stava ringraziando con parole fredde e distaccate.
Jalice la
guardava con aria triste, lo stesso Claudius. Jasper sembrava evitarla.
Non
ebbe il tempo di formulare un pensiero a riguardo
che Hector l’approcciò circondandola con il suo
lungo braccio.
-Dimmi
un po’, Suryan, come ti senti? Stiamo andando a
salvare Judit, finalmente!
Suryan
lo guardò con aria interrogativa. L’ansia che
provava in vista della spedizione non era nulla a confronto della gioia
che
l’idea di rivederla le infondeva. Hector doveva saperlo
benissimo, quella le
sembrava una scusa per parlare di Judit. E non le piaceva.
-Lasciala
stare, è ovvio che è un brodo di giuggiole!-
si intromise Olivia.
-Che
noia, volevo parlare con lei!- Hector la lasciò
andare.
-Sono
felice, grazie dell’opportunità. Se non fosse
stato per voi, a quest’ora non avrei saputo nemmeno dove
trovarla!
Hector
sorrise e raggiunse Kirk e Daraen. Olivia le si
avvicinò.
-Tutto
bene?
Suryan
fu sorpresa da quella domanda. Decise di
ringraziarla rispondendole con sincerità. -In
realtà sono preoccupata.
Nonostante l’allenamento, non mi sento pronta. Ho paura per
Judit, se non
riuscissimo a salvarla?
-Stai
tranquilla- la rassicurò, -hai con te i migliori
taccheggiatori di tutto il mondo delle streghe. Beh, a eccezione di
quell’idiota che si è fatto imprigionare.
Non
seppe se quelle parole la avessero rassicurata o
gettata ancora di più nello sconforto.
Ad
ogni modo, ormai vi era poco tempo a disposizione
per chiacchierare. I preparativi sembravano ultimati.
Tutti
uscirono dal pub e si misero vicino ad Hector,
capo del gruppo Sole di mezzanotte,
come Kirk sosteneva si facessero chiamare. Hector e il suo gruppo
iniziarono a mettere
in spalla gli zaini e a dirigersi verso sinistra, gli altri sarebbero
andati a
destra, percorrendo la strada più lunga, ma più
libera dai controlli.
Prima
di incamminarsi, guardarono un’ultima volta il
pub. Suryan promise a se stessa di tornare a quei giorni pieni di
allegria,
tristezza, risate e pianti. Il pub l’avrebbe sempre accolta,
ne era sicura.