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Autore: Abby_da_Edoras    29/11/2019    5 recensioni
Questa mia long fic si ispira alla prima stagione della serie TV "I Medici" ed è il sequel della mia storia "Non mi avete fatto niente". Chi ha seguito la precedente, sa che Rinaldo Albizzi si trova in prigione dopo aver tentato di rovesciare la Signoria, ma Giovanni non può permettere che gli accada qualcosa. Dunque farà tutto quanto è in suo potere per salvarlo, anche con l'aiuto di Cosimo de' Medici. Ovviamente la mia ff è What if e AU, il tono è leggero e ironico e il personaggio di Giovanni degli Uberti è inventato da me...
Grazie a chiunque leggerà e commenterà la mia storia, in particolare a Ciuffettina che mi segue sempre con affetto e allegria!
Non scrivo a scopo di lucro e personaggi e situazioni appartengono a registi, autori e produttori della serie TV I Medici.
Genere: Angst, Drammatico, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Medici Abby's Version'
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Capitolo decimo

 

Yeah, my life is what I'm fighting for
Can't part the sea, can't reach the shore
And my voice becomes the driving force
I won't let this pull me overboard

God, keep my head above water
Don't let me drown, it gets harder
I'll meet you there at the altar
As I fall down to my knees
Don't let me drown, drown, drown
Don't let me, don't let me, don't let me drown…

(“Head above water” – Avril Lavigne)

 

I giorni trascorsero in fretta nella villa di campagna degli Albizzi, ma Giovanni si sentiva sempre più triste, depresso e devastato e cercava in tutti i modi di evitare anche solo di incrociare Rinaldo per caso… impresa non del tutto facile, visto che abitavano nella stessa villa! Il ragazzo tentava di mostrarsi sereno e vivace come al solito quando era in compagnia della madre, della sorella e di Ormanno, ma quando si trovava da solo, nella sua stanza, non riusciva a smettere di piangere, non dormiva e non mangiava quasi più.

Non avrebbe resistito ancora a lungo, ma per fortuna giunse il giorno fissato per le nozze di Ormanno e Beatrice, il 2 ottobre, e questo fu un sollievo per lui. Era stato deciso che, una volta sposati, i due giovani sarebbero andati a vivere a Firenze, a Palazzo Albizzi, e Rinaldo sarebbe andato con loro mentre Madonna Albizzi sarebbe, come suo solito, rimasta nella villa di campagna sperando di avere presto il figlio tanto sognato.

Ovviamente, se poi la Signoria avesse confermato l’esilio, la coppia di sposini e Rinaldo Albizzi sarebbero dovuti partire per Ancona, ma la cosa sembrava non preoccupare più di tanto nessuno dei diretti interessati.

Al contrario, Albizzi era molto fiducioso e sicuro delle proprie possibilità ed era convinto che, una volta rientrati a Firenze (o anche partiti per Ancona, se proprio si doveva…), lontano da sua moglie, lui sarebbe riuscito a recuperare il rapporto con Giovanni: gli avrebbe spiegato chiaramente che la situazione con Madonna Albizzi era risolta una volta per tutte, lei avrebbe avuto un figlio tutto per sé come tanto desiderava e lui si sarebbe dedicato completamente al suo giovane amante! Nella sua mente la faccenda era già sistemata e non vedeva l’ora di parlare a quattr’occhi con il ragazzino per chiarirsi.

Peccato che, invece, Giovanni aspettasse solo di poter rientrare a Firenze per chiudere una volta per tutte quel rapporto ambiguo con Rinaldo, tornare a vivere a Palazzo Medici e dedicarsi solo ed esclusivamente a riportare in alto il nome della sua famiglia, proprio come aveva deciso di fare due anni prima, quando si era recato per la prima volta nella città dei suoi antenati. Per farla breve, Giovanni voleva fare tabula rasa di tutto ciò che era accaduto negli ultimi due anni e ripartire da zero. Sperava, così, di riuscire a riprendersi da quel terribile dolore che lo stava lacerando ormai da settimane.

No, Rinaldo Albizzi non meritava affatto che lui soffrisse così tanto per colpa sua! Lo aveva preso in giro, ingannato, tradito e l’unica cosa che Giovanni voleva era dimenticare tutto, compresa l’esistenza stessa di quell’uomo!

Da ragazzino ingenuo qual era per le questioni di cuore, si illudeva che, imponendosi di dimenticare Albizzi, ci sarebbe riuscito subito e avrebbe smesso per sempre di stare male.

Ormanno e Beatrice furono fortunati: il 2 ottobre si rivelò una splendida giornata di sole, frizzante e luminosa, con un cielo di un azzurro intenso, proprio come le più belle giornate di inizio autunno. La villa di campagna degli Albizzi era piena di invitati vestiti a festa (sì, c’era anche il Gonfaloniere e perfino la famiglia Medici al completo e no, chiaramente Andrea Pazzi non era stato invitato!). I giovani sposi erano belli, felici e innamorati e tutti rimanevano incantati dall’atmosfera serena e gioiosa che circondava la coppia. Perfino Giovanni riuscì per un giorno a dimenticare la gelosia che lo dilaniava e si lasciò coinvolgere dalla felicità della sorella.

La cerimonia si svolse nella cappella privata della famiglia Albizzi e fu tenuta da Sua Santità Papa Eugenio in persona, ben felice di poter celebrare un bel matrimonio invece del funerale di Rinaldo e Ormanno, come sarebbe potuto accadere se non ci fosse stato Giovanni… Il banchetto era stato allestito nel cortile interno della villa, riccamente addobbato con ghirlande di fiori e nastri colorati, ci sarebbe stato un pranzo sontuoso e in seguito musica e danze fino a sera. Gli invitati trascorsero una giornata veramente speciale e, almeno per un giorno, le rivalità e le inimicizie furono messe da parte… oddio, non del tutto, visto che Pazzi non era stato invitato, diciamo che la cosa valeva per i presenti, ecco!

Giovanni passò tutto il tempo in compagnia dei giovani sposi oppure degli amici Piero e Lucrezia, scherzando affettuosamente con Beatrice e con la madre, che sarebbe ripartita due giorni dopo per Mantova e che era molto felice dell’ottimo matrimonio della figlia minore. Insomma, il ragazzo riuscì ad evitare accuratamente anche soltanto di avvicinarsi a Rinaldo che, da parte sua, rimase piuttosto deluso poiché era convintissimo di poter approfittare proprio di quel giorno di festa per la sua strategia di riconciliazione con Giovanni.

Gli ospiti, sazi, soddisfatti e alcuni anche parecchio ubriachi, iniziarono a lasciare la festa dopo il tramonto, sebbene i più giovani continuassero imperterriti a danzare anche quando si era ormai fatto buio. Tuttavia la serata si fece via via più calma e Caterina Uberti approfittò proprio di quel momento per prendere da parte il figlio. I suoi occhi brillavano di orgoglio e commozione.

“Figlio mio” disse la donna a Giovanni, in tono vibrante di emozione, “devo ammettere che ero molto preoccupata per te quando, due anni fa, rifiutasti di seguirci a Mantova e insistesti per recarti a Firenze. Avevi solo sedici anni e non conoscevi nessuno. Ero spaventata e dovetti farmi forza per lasciarti seguire la strada in cui credevi.”

“Ho avuto la fortuna di incontrare subito Messer Cosimo de’ Medici, madre, e lui mi ha aiutato fin dal principio con grande generosità e nobiltà d’animo. Non avrei potuto fare niente senza di lui” minimizzò il ragazzo, imbarazzato.

“Lo so e sono molto grata alla famiglia Medici” replicò la madre. “Però tu hai saputo far valere le tue qualità, ti sei fatto apprezzare da casate importanti e prestigiose, sei riuscito a farti rispettare anche all’interno della Signoria. Adesso so che stai veramente riportando il nome degli Uberti alla grandezza che merita e so anche che tuo padre Ranieri sarebbe molto fiero di te… naturalmente lo sono anch’io, sebbene all’inizio fossi piena di dubbi e incertezze sulla tua sorte.”

Giovanni era talmente emozionato e commosso da non riuscire nemmeno a rispondere.

“Inoltre hai organizzato questo matrimonio prestigioso per Beatrice e adesso posso ritornare tranquilla e serena a Mantova, perché so che tu sarai accanto a tua sorella e che te ne occuperai se dovesse aver bisogno del tuo aiuto” continuò Madonna Uberti.

“Naturalmente, madre, anche se sono convinto che Beatrice non avrà bisogno di me: Ormanno sarà un ottimo marito” rispose Giovanni, sorridendo. “Comunque dovete farmi una promessa: tornerete presto a Firenze e, quando finalmente le spoglie dei nostri antenati Farinata e Adaleta saranno traslate nella Cattedrale, dovrete fare in modo che anche i miei fratelli Lapo e Francesco lascino i loro impegni per partecipare!”

“Verremo sicuramente tutti insieme ad assistere a una giornata così gloriosa ed emozionante per la nostra famiglia” mormorò la donna. “Avrei voluto che anche tuo padre potesse esserci…”

Per qualche istante entrambi rimasero in silenzio, ricordando quanto il padre e il nonno di Giovanni avessero narrato le gesta di Farinata e di Neri degli Uberti, quanto li addolorasse il triste destino dei loro antenati e quanto sarebbero stati orgogliosi del nipote che, dopo tanti anni, aveva reso possibile ciò che sembrava quasi un miracolo.

Passato l’attimo di commozione, Caterina Uberti riprese a parlare.

“E tu che cosa vuoi fare della tua vita, Giovanni? Come ti dicevo, sono molto fiera di te, di ciò che hai saputo fare, degli amici importanti che ti sei fatto, ma quali sono i tuoi veri progetti per il futuro? Vuoi dedicarti alla vita politica o magari alla carriera militare, come i tuoi fratelli, oppure desideri avere una famiglia tua, una moglie e dei figli?” domandò.

Beh, ovviamente non sarebbe stato opportuno spiegare a quella povera donna che ciò che Giovanni desiderava realmente era diventare il compagno ufficiale di Rinaldo Albizzi… ma, in realtà, in quel momento il giovane era ancora troppo ferito e arrabbiato anche solo per pensare una cosa simile e così poté rispondere con sincerità alla madre.

“Io sono venuto a Firenze perché volevo che il nome e la memoria degli Uberti fossero riabilitati, perché gli Uberti fossero di nuovo tra le casate più importanti e prestigiose della città ed è proprio a questo che voglio dedicare la mia vita” rispose con decisione e fierezza.  

Caterina Uberti sorrise.

“Lo immaginavo, sei proprio come tuo fratello Francesco” commentò, divertita. “Anche lui è tutto compreso dal suo ruolo di capitano delle guardie di Verona, e non ha tempo di pensare a nient’altro. Veramente nelle vostre vene scorre il sangue dei grandi condottieri Farinata e Neri… meno male che ci hanno pensato Lapo e Beatrice a sposarsi e ad assicurare una discendenza alla nostra famiglia!”

“E io sono orgoglioso che i miei fratelli facciano grande e onorato il nome degli Uberti anche in altre città, così come io cerco di fare qui a Firenze” replicò Giovanni.

I due si abbracciarono e poi rientrarono nella villa sottobraccio. Presto si sarebbero dovuti separare di nuovo e volevano godere pienamente del tempo che potevano passare insieme.

In tutto ciò, Rinaldo era rimasto fregato, perché non aveva potuto scambiare nemmeno due parole in croce con Giovanni!

Passarono due giorni e giunse il momento delle partenze. Caterina Uberti abbracciò i figli, fece loro mille raccomandazioni e poi salì in carrozza, scortata dai servitori e dai cavalieri che l’avrebbero scortata fino a Mantova. Una carrozza era pronta anche per portare Ormanno e Beatrice a Firenze e Rinaldo sarebbe andato con loro. Quello che l’illuso credeva era che Giovanni avrebbe accettato di salire con lui e di recarsi a Palazzo Albizzi.

“Giovanni, la carrozza sta per partire” disse l’uomo al giovane Uberti quando, dopo una lunga ricerca per le stanze della villa, l’ebbe finalmente trovato nella sua camera a preparare le ultime cose.

“Sono contento per voi” replicò freddo il ragazzo. “Avete salutato vostra moglie?”

“Adesso piantala con questa storia” fece Albizzi, spazientito. Beh, nella sua mente il suo ragionamento era perfettamente logico e non capiva perché Giovanni facesse tanti capricci. “Ti ho già spiegato che tra me e lei non c’è più alcun vero rapporto e che ho semplicemente voluto esaudire la sua richiesta di un figlio per non restare da sola…”

“Allora qualche tipo di rapporto dev’esserci stato per forza, non credo proprio che lo Spirito Santo si scomodi per la famiglia Albizzi” ribatté, tagliente, il giovane. “Ad ogni modo la cosa non mi riguarda, così come non mi riguarda la vostra carrozza. Prendetela e andatevene e… ah, salutatemi mia sorella, ditele che verrò a farle visita uno di questi giorni, se mi fate sapere quando voi non sarete in casa.”

Rinaldo cominciava a innervosirsi, anche perché capiva che non sarebbe stato facile come credeva riconquistare la fiducia del ragazzino…

“Tu devi salire in carrozza e venire a Palazzo Albizzi con noi” insisté. “Possibile che tu non voglia comprendere? Tutto ciò che ho fatto, l’ho fatto per poter stare con te liberamente. Adesso Ormanno ha una moglie, Alessandra avrà un figlio e io potrò dedicarmi a te, potrò metterti al dito l’anello benedetto dal Papa e…”

“Oh, questa è proprio originale! Siete andato a letto con vostra moglie per poter stare con me?” lo interruppe Giovanni, caustico. “Certo che avete un’idea veramente contorta e perversa dei rapporti interpersonali!”

“Giovanni, non farmi perdere tempo, la carrozza non aspetterà in eterno e le guardie della Repubblica che devono scortarci si stanno già innervosendo” disse Albizzi, ma era come parlare al muro, il ragazzo respingeva al mittente tutte le sue parole.

“Andate a prendere la vostra carrozza, dunque, e lasciatemi in pace” tagliò corto. “Non lo avete ancora capito? Io non metterò mai più piede a Palazzo Albizzi finché ci sarete voi. Rientrerò a Firenze per mio conto e tornerò a vivere a Palazzo Medici.”

“A Palazzo Medici?” trasecolò Rinaldo.

“Esatto. Ne ho già parlato con Messer Cosimo e lui e la sua famiglia sono molto lieti di riavermi tra loro. Non ho altro da dirvi, Messer Albizzi. Addio” concluse Giovanni, sempre più distaccato e freddo.

Albizzi avrebbe voluto dire e fare mille cose, ma era veramente in ritardo e non poteva far attendere ancora la carrozza e le guardie della Repubblica… magari Andrea Pazzi avrebbe potuto usare anche quel piccolo ritardo contro di lui, come se avesse voluto tentare la fuga! Scrollando il capo, si avviò verso l’uscita della camera.

“Me ne vado, per adesso, ma ci rivedremo a Firenze” disse a Giovanni. “Ti convincerò a cambiare idea, ti farò capire che ho fatto tutto perché potessimo stare insieme. Io non rinuncio a te, ragazzino insolente.”

Giovanni fece finta di niente e continuò a sistemare le sue cose. Si sforzava di tenere concentrata la mente su tutto quello che aveva da fare: sarebbe tornato a Firenze a cavallo, da solo, e si sarebbe recato a Palazzo Medici. Messer Cosimo gli aveva parlato delle indagini che Marco Bello stava facendo per suo conto, sicuramente presto avrebbero trovato delle prove per incastrare Pazzi e scacciarlo dalla Signoria. Chissà, magari sarebbero perfino riusciti a far esiliare lui invece di Albizzi! Avrebbe dovuto parlare con Piero, che era molto deluso per la scelta del padre di affidare il seggio della Signoria a Mastro Bredani (sì, il semplice mercante di olio di cui vi avevo già parlato…) piuttosto che a lui. Sarebbe stato un problema, già, perché Messer Cosimo avrebbe voluto che proprio lui, Giovanni, prendesse quel seggio, caso mai Mastro Bredani non avesse accettato, ma il ragazzo non se la sentiva e non capiva nemmeno perché il Medici avesse più fiducia in lui che nel suo stesso figlio…

Insomma, Giovanni cercava con tutte le sue forze di tenere la mente occupata per non pensare a Rinaldo, a quello che gli aveva detto, a quanto gli mancava… Non sarebbe durata a lungo, si diceva, alla fine lo avrebbe dimenticato, in fondo aveva mille cose di cui occuparsi a Firenze e non avrebbe avuto certo tempo per queste sciocchezze.

Sì, anche lui si illudeva che sarebbe stato facile, che l’impegno per Firenze, per i Medici e per il nome degli Uberti lo avrebbe aiutato a superare quell’increscioso incidente di percorso e che in pochi giorni quella sofferenza sarebbe scomparsa.

Eppure, nel frattempo, passava le notti quasi insonne, singhiozzando contro il cuscino, e non mangiava più.

Era proprio un ragazzino vittima del primo, intenso, totalizzante amore e non lo aveva ancora capito!

Ma molte cose dovevano ancora accadere in quel di Firenze…

 

 

FINE

 

 

   
 
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