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Autore: destiel87    10/12/2019    4 recensioni
Rivisitazione della classica favola disney, con Azraphel nella parte di Belle, e Crowley in quella della bestia.
Più dark e sensuale rispetto all'originale, ma sempre ricca di divertimento, romanticismo e magia.
Il cast:
Gabriele è Gaston
Madame Tracy è la teiera
mr. Shadweel è l'orologio
Newt è il candelabro
Adam è Chicco
Il cane è il cane
E Anatema nella parte della sorella di Azraphel, una stravagante inventrice.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Cross-over, Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 3: The rose

Erano trascorsi tre giorni, da quando era arrivato in quel castello oscuro.
Nonostante i suoi nuovi amici cercassero di intrattenerlo e di farlo sorridere, il peso della prigionia era sempre più asfissiante, come una corda intorno al collo, che ad ogni ora si stringeva di più.
Le giornate trascorrevano lente, Azraphel vagava per il castello, cercando di rimettere insieme i pezzi del puzzle, cercando di capire meglio chi fosse il suo padrone.
I mobili erano antichi e pregiati, segno che la sua famiglia era nobile.
I quadri che raffiguravano esseri umani, graffiati, ciò voleva dire che si vergognava del suo aspetto.
Il castello era sempre buio, soprattutto l’ala ovest, dove si trovava la stanza con il clavicembalo, il che gli diceva che non amava essere visto, nemmeno dai suoi servi.
Ciononostante loro gli erano affezionati, segno che forse, in passato era stato buono con loro.
Avrebbe voluto parlargli, chiedergli di più, ma temeva di essere deriso, o respinto.
Tuttavia, aveva spesso la sensazione di essere osservato, come se un ombra lo seguisse ad ogni passo, e a volte quando si voltava, scorgeva per un istante il volto della bestia, nascosto nel buio.
Non si erano più parlati da quella prima notte, entrambi troppo spaventati per poter fare un passo l’uno verso l’altro.
Eppure, ogni notte, quando la luna era alta in cielo e gli abitanti del castello dormivano, Azraphel saliva le scale, attraversava i corridoi, invitato da quelle dolci melodie a raggiungere la bestia.
Ogni notte Crowley lo guardava entrare, senza dire una parola, senza smettere di suonare, e lo lasciava addormentarsi sul divano.
Era come se la musica, riuscisse ad unire entrambi.
Non aveva bisogno di parole, di lacrime o di urla, trascendeva il tempo e lo spazio, per arrivare dritta nelle loro anime tormentate.
Quando era certo che il giovane dormisse, la bestia si avvicinava a lui, ascoltando il suono del suo respiro, osservando il suo petto che si muoveva piano, il leggero stiracchiarsi degli arti, le braccia che si stringevano al cuscino, quasi che inconsciamente chiedessero un abbraccio.
Crowley lo studiava, osservando ogni più piccolo dettaglio, cercando di rimettere insieme i pezzi del puzzle.
Ogni parte del suo corpo, gli diceva qualcosa di più.
Le forme rotonde del suo corpo, gli dicevano che amava il buon cibo.
Le piccole rughe intorno agli occhi, che doveva avere circa la sua età.
I calli sui polpastrelli, che amava leggere.
Aveva una piccola cicatrice sulla caviglia destra, segno di una caduta.
I capelli biondi ben curati, e la barba rasa, che ci teneva alla sua cura personale.
Ogni tanto, quando il giovane era ormai calato in un sonno profondo, si scopriva a sfiorarlo con le dita, solo per vedere i brividi sul suo collo, la smorfia di piacere sul suo viso.
Partendo dalle caviglie, faceva passare la punta delle unghie attraverso i polpacci e le cosce, su e giù, ancora e ancora, ascoltando i sospiri di Azraphel.
Era come accarezzare i tasti del suo clavicembalo, per poi udire la sua silenziosa melodia.
Quella notte, stava sfiorando le sue dita, la forma del suo indice, le piccole linee intorno al pollice, e con le unghie disegnava delle forme sul palmo della sua mano.
Il suo respiro mutava, diventando più affannoso, e le sue sopracciglia si corrucciavano.
Era da così tanto tempo, che un essere umano non lo toccava, che ormai aveva dimenticato la sensazione.
Afferrò la sua mano, portandosela al viso, e chiuse gli occhi, mentre guidava le dita di Azraphel sulle sue guance, sulla fronte, sulle labbra, riscoprendo la sensazione di essere toccato, così viscerale e sensuale al tempo stesso.
Azraphel si era svegliato da poco, ma era così spaventato e curioso al tempo stesso, da non essere riuscito a muoversi.
Crowley era davanti a lui, gli occhi chiusi ed il volto sereno, i capelli rossi che cadevano sulle guance, la sua mano tra quella della bestia, che si muoveva sul suo viso.
Era la prima volta che toccava in quel modo qualcuno, la prima volta che la sua mano sfiorava il viso di un uomo, e sebbene non fosse stata una sua scelta, non la ritrasse.
La pelle nivea della bestia era calda, e il contatto con le sue labbra socchiuse gli provocò un piacere di cui lui stesso fu stupido, che partiva dal bassoventre, attraversando tutto il suo corpo.
Senza accorgersene, iniziò a muovere le dita, sui suoi zigomi, sul mento, sul lobo del suo orecchio, fino a cercarne i capelli, così morbidi al tatto.
Crowley sembrava confuso, ma non aprì gli occhi, e lo lasciò fare.
Scese con le dita fino ad arrivare alle sue labbra, sfiorando quello superiore, e mentre scendeva su quello inferiore, l’altro le aprì leggermente, quasi lo stesse invitando ad entrare.
Azraphel spinse delicatamente l’indice nella sua bocca, mentre la sensazione al suo bassoventre cresceva di intensità.
Crowley chiuse la bocca, mordendo appena il suo dito, passando la lingua sulla punta.
Il sapore della sua carne, era così buono, che sentiva di volerne di più, così iniziò a mordere con più forza, finche l’altro non emise un gemito, ritraendolo.
Fu a quel punto che aprì gli occhi, e davanti a sé vide un giovane spaventato e confuso, con le guance rosso vivo e lo sguardo languido.
Per un momento in due si guardarono, entrambi con delle parole incastrate in gola, troppo pesanti per essere dette.
Azraphel si alzò di scatto, correndo verso la sua stanza, e Crowley rimase seduto sul pavimento, finche la rabbia non si impadronì di lui, e un unico spaventoso grido uscì dalla sua gola.
Il giorno dopo, Azraphel rimase chiuso in camera.
Madame Tracy restò al suo fianco, canticchiando una melodia, cercando di confortarlo come faceva con il suo bambino quando stava male.
Quello era uno di quei giorni in cui rimpiangeva di non avere le braccia, per poter stringere il ragazzo a sé.
Adam cercava di distrarlo con i suoi trucchetti, facendo le bolle nel the o le capriole, ma non riuscì a strappargli che un timido sorriso. Anche cane ce la mise tutta, abbaiando e scodinzolando, accucciandosi vicino a lui.
Nel frattempo, Newt e mr. Shadwell cercavano di rabbonire Crowley, dandogli dei consigli più o meno saggi su cosa fare.
Newt propose una romantica passeggiata nel parco, e nel momento migliore di cogliere un fiore per lui.
Mr. Shadwell si offrì di controllare se per caso il giovane avesse un terzo capezzolo, giusto per stare sicuri.
Purtroppo Crowley si limitava a grugnire o lanciarli qualcosa contro, perciò non ottennero gran risultati.
Alla fine della giornata, tutti li abitanti del castello si erano radunati per cercare una soluzione al problema. Il problema, come continuava a ribadire mr Shadwell, era che non sapevano quale fosse il problema.
“Gli avrà detto qualcosa di sgarbato…” Esclamò Madame Tracy. “Se solo non avesse quel caratteraccio!”
“Speriamo che non gli abbia lanciato addosso qualcosa!” Aggiunse Newt, cercando di sistemarsi alla meglio la bozza che gli era venuta.
“Forse non lo sanno nemmeno loro, qual’è il problema.” Disse Adam pensieroso.
A notte fonda, quando ormai tutti si erano addormentati, Azraphel sentì di nuovo quella melodia.
Per un momento si chiese se fosse il suo modo per chiedere scusa, e un po’ incerto, si incamminò per le scale.
Accadde una cosa però. Una volta arrivato nel il lungo corridoio, invece che aprire la porta, ne cercò un’altra.
Una porta che non aveva mai visto, nemmeno sapeva dove si trovava, ma era intenzionato a scoprirlo.
Cercò a lungo, ma tutto ciò che trovò furono rovine.
Finche aprendone una di legno massiccio, scura e ricoperta di graffi, trovò quello che stava cercando: La stanza della bestia.
C’era odore di chiuso, di stantio.
Era buio, ad eccezione di un'unica candela posizionata vicino al letto, alto e con pesanti coperte rosse, lacerate, così come le tende dello stesso colore, che coprivano la vetrata dietro al letto.
Lacerate, come la sua anima.
C’erano alcuni mobili di legno scuro,  finemente intagliati, ma completamente vuoti.
C’era una spazzola bianca con dei fiori disegnati, che dall’aspetto e la cura con cui era conservata, doveva essere appartenuta a sua madre.
Una pipa di legno, con dei cervi intagliati, probabilmente appartenuta al padre, che ancora odorava di tabacco.
E alcuni libri, i cui titoli non riusciva a capire, perfino la lingua in cui erano scritti gli era sconosciuta, ma sfogliandoli vide alcuni disegni rappresentati demoni e bestie, streghe e caproni, simboli antichi dalle strane forme.
Il parroco del paese parlava spesso dei pericoli della magia nere, durante i suoi sermoni, di streghe e di demoni spaventosi, ma per Azraphel erano sempre stati solo dei racconti, come quelli che leggeva nei suoi libri, e non ci aveva dato importanza.
In uno dei cassetti trovò dei vestiti, e si ritrovò ad ispirarne l’odore.
Poi qualcosa attirò la sua attenzione, una debole luce, che proveniva dalla stanza adiacente, la cui porta era socchiusa.
Entrò incuriosito, e al centro della stanza trovò un piccolo tavolino, sopra di esso una rosa rossa era sospesa a mezz’aria, coperta da una cupola di cristallo.
Emetteva una luce dorata, e una strana forza che gli dava i brividi.
Sollevò la cupola, e si avvicinò alla rosa, studiandola.
Avvicinò un dito, per poterla sfiorare.
Fu allora che sentì il suo ruggito.
La bestia era dietro di lui, e con una violenta spinta lo allontanò dalla rosa.
“Sei impazzito? Cosa stavi facendo?” Urlò, ricoprendola con la cupola.
“M-mi dispiace io… Volevo solo…” Balbettò Azraphel, a terra.
“Cosa? Cosa volevi fare?”
“Non lo so… Ero solo curioso…”
“L’hai toccata?” Urlò furioso Crowley, afferrandolo con forza per il colletto della camicia.
“No!”
“Non mentirmi!” Urlò di nuovo, strattonandolo.
“Ti prego, mi stai facendo male!”
“Avresti potuto dannarci tutti! Maledetto incosciente!”
“Lasciami andare!” Esclamò Azraphel, con gli occhi lucidi e spaventati, che si scontravano con quelli ambrati di Crowley.
“Dovrei punirti per questo! Dovrei tagliarti entrambe le mani, così non andresti più in giro a toccare ciò che non ti appartiene!”
“Non è quello che hai fatto tu ieri con me?” Ripose Azraphel, la cui paura si stava tramutando in rabbia.
“Ti sbagli, tu mi appartieni. Sei mio!” Sussurrò Crowley.
“Io non sarò mai tuo!” Urlò Azraphel, liberandosi dalla sua presa, e correndo via.
“Mai!” Urlò di nuovo, più a sé stesso che alla bestia.
Continuò a correre, senza fermarsi, corse con le lacrime agli occhi, fino ad arrivare alla porta, fino ad attraversarla.
A nulla servirono le suppliche di madame Tracy o le minacce di mr. Shadwell, corse più velocemente che poteva, superando il parco ed inoltrandosi nel bosco.
“Tornerò a casa, da Anatema. Sono stato un folle, uno stupido, a credere che lui…”
Mentre correva tra la fitta vegetazione, inciampando nelle radici, graffiandosi con i rami, immerso  nell’oscurità, qualcosa iniziò ad avvicinarsi a lui.
Udì un’ululato, e poi altri ancora.
Udì dei ringhi, dietro di lui, davanti a lui, tutto intorno a lui, ed iniziò ad avere paura.
Guardandosi intorno, riconobbe gli occhi scintillanti dei lupi, che lo scrutavano, le loro fauci che si aprivano, e d’improvviso corsero verso di lui.
Erano tre, poi quattro, perse il conto quando lo accerchiarono, mentre il suo respiro diveniva affannoso e le pupille si restringevano per la paura.
Uno di loro si scagliò contro di lui, lo vide saltare, pronto a divorare la sua carne.
Ma d’improvviso, qualcos’altro si avventò sull’animale, qualcosa che non era del tutto umano, ma neppure del tutto bestia.
Crowley reggeva una lunga spada argentata, che salda tra le sue mani giunte si conficcò tra le costole del lupo, ricoprendo il terreno del suo sangue.
Affondò ancora la spada, mentre l’animale gemeva e moriva.
Due lupi corsero verso di lui, saltandogli addosso.
Uno lo morse alla spalla destra, l’altro al polpaccio.
Crowley urlava, poi alzò la spada, infilzando il lupo al collo, e trapassandolo da parte a parte.
Quando estrasse la spada dal suo corpo, piccole gocce di sangue scuro imbrattarono il suo petto, mentre dalla spalla scendeva denso il proprio sangue, che andò a mischiarsi con quello del lupo.
Altri due stavano correndo verso di lui, con le fauci aperte.
Azraphel osservava la scena terrorizzato, immobile.
Crowley lottò a mani nude con il lupo sopra di sé, accecandolo con le sue unghie, dimenandosi per staccarlo dal suo corpo.
In pochi istanti gli altri due gli furono addosso, Crowley sollevò la spada, mirando dritto alla bocca del lupo, e trapassandolo.
Quella lenta agonia prima di morire, fu per Azraphel un vero e proprio dolore.
Le pozze di sangue che si espandevano nutrendo il terreno, l’odore ferroso nell’aria, il lupo privato dei suoi stessi occhi, che gemeva disperato, sbattendo contro gli alberi attorno a lui.
Mai nella sua vita aveva visto qualcosa di così terribile, ed il suo animo gemeva, straziato di dolore.
Crowley era a terra, che lottava con l’ultimo lupo, bestia contro bestia, all’ultimo sangue.
La spada era lontana, e sebbene Crowley cercasse di arrivarci con la mano, non la trovava.
Azraphel si alzò in piedi, deciso a fuggire una volta per tutte, a lasciare quell’orrore alle sue spalle.
Poi un urlo agghiacciate, fermò il suo passo.
Voltandosi, vide il lupo azzannare Crowley al collo, riempiendosi la bocca con la sua carne.
Sotto la luce della luna, pareva quasi che il sangue fosse nero.
Ripensò al volto sereno di Crowley, mentre si lasciava accarezzare.
Alle dolci melodie che suonava ogni notte per farlo addormentare.
E corse Azraphel, corse da lui, afferrò la spada, chiuse gli occhi, e trafisse il lupo.
Sentì la sua carne lacerarsi, il suo lamento di dolore, poi più nulla.
Cadde in ginocchio, cercando con lo sguardo quello di Crowley.
Rimasero qualche secondo a guardarsi, poi Azraphel si tolse la giacca, e ne strappò alcuni pezzi.
Uno lo avvolse intorno al polpaccio, uno riuscì a legarlo intorno alla spalla e con l’ultimo tamponò la ferita al collo.
Tremava, e non riusciva a smettere di piangere.
“Non pensavo che avresti mai pianto per me…” Esclamò Crowley.
“Non è per te che piango, ma per il lupo!”
Crowley scoppiò a ridere, nonostante il dolore, senza riuscire a fermarsi.
“Non ho mai conosciuto nessuno che piangesse per una bestia…”
“Ogni vita è importante… Ogni vita va rispettata. Così mi è stato insegnato, e così io ho sempre fatto. Non avrei mai pensato, che un giorno avrei ucciso una bestia, per salvarne un’altra.”
“Per quel che vale, non ho mai pensato che un giorno avrei rischiato la mia vita, per quella di qualcun altro.”
I due rimasero a guardarsi a lungo, gli occhi gonfi ed il cuore stanco, il corpo ferito, l’animo affranto.
“Andiamo adesso, ti riporto a casa…” Disse Azraphel, aiutandolo a rimettersi in piedi.
“Pensavo volessi scappare…” Rispose l’altro, aggrappandosi a lui.
“Non oggi.” Sussurrò, incamminandosi verso il castello.
  
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