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Autore: Sinden    29/12/2019    1 recensioni
Heloise é una giovane studiosa. Il suo sogno é quello di essere ammessa a Orthanc, la Torre di Isengard, in cui vengono istruiti e formati i futuri Stregoni.
Per farlo, dovrà prima superare una difficilissima prova.
🌺🌺🌺
FF tolkeniana, genere avventuroso, basata anche su film Lo Hobbit - La desolazione di Smaug.
Nuovo personaggio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Heloise é odiosa! Non fa che perdere tempo con i suoi stupidi discorsi sul circolo degli Stregoni! Dovrebbe aiutarci, invece! Perché non la rimproveri mai, perché? Perché?!" sbottò Isadora, seduta al tavolo della cucina. Si mordicchiava nervosamente le unghie.

Sua madre era intenta a preparare una minestra con le verdure raccolte nell'orto dietro casa. Un invitante profumino già si era diffuso nell'ambiente. "Smettila, Isa. Sono stanca. Non affliggermi con questi discorsi." rispose Jemma.

"Stamane ha preso il mio vestito rosa e non é ancora rientrata! Se torna e vedo che me l'ha rovinato passerà dei guai. Quella piccola serpe..." proseguí la sorella. "É andata da Simenon, ne sono certa. Avrà civettato con lui per farsi dare il denaro. L'avesse almeno fatto per sfamarci!"

"Non dire cose sgradevoli su tua sorella." la redarguí la madre.

"Tu la preferisci, mamma! L'hai sempre preferita e la giustifichi in tutto! É talmente viziata ora che..." aggiunse Isadora, con le gote rosse dall'agitazione.

"Io amo entrambe. Non dire assurdità. Heloise ha appena vent'anni, Isadora. É naturale che sogni e speri in un futuro che appaghi i suoi talenti. Non vi é alcun male nella sua ansia di vivere." continuò Jemma, rimestando il brodo.

"...io ne ho ventitré! Anch'io sono giovane! Però ho compreso che prima di tutto bisogna pensare alla propria famiglia, cioé a te. Sto lavorando, é da quattro anni che ti aiuto e dopo il mio matrimonio ti manderò dei soldi, ogni mese. Lei invece non ha fatto altro che perdere le sue giornate seduta sotto gli alberi con questi stramaledetti libri!" Isadora afferrò uno dei volumi della sorella e lo scagliò in un angolo della cucina. "Ha la testa piena di segatura, e basta!"

"Ora smettila! Sei ingiusta e crudele con lei. Può essere invece che Heloise abbia una grande mente, un intelletto prezioso che va coltivato, ed é giusto che ci provi. Tuo padre avrebbe voluto cosí." intervenne Jemma, riempiendo il piatto della figlia. "Ma mi preoccupa che non sia ancora rientrata."

"Te lo dico io come andrà a finire: perderà tempo, perderá anni inutili e si ritroverà fra venti anni sola e triste! E si pentirà delle azioni che sta compiendo ora. Dovrebbe sfruttare la sua gioventù. A parte George, molti uomini le lanciano occhiate, l'ho notato. Dovrebbe approfittarne...ora." disse la sorella.

"Sei sempre stata tu quella corteggiata. Ricordi il tuo sedicesimo compleanno, quella scampagnata che facemmo vicino al fiume? Tutti quei ragazzi che ti ronzavano intorno!" disse sorridendo Jemma. "Oh, erano davvero bei tempi. Vostro padre era ancora con noi. La nostra famiglia era rispettata, e tu...tu avresti ancora potuto permetterti di avere un fidanzato dell'alta società. Ricordi? Io e Norman parlavamo di portarti a Gondor, a Minas Tirith. Lui voleva presentarti a corte."

Isadora alzò la mano. "No, mamma, non voglio ricordare. Quella ragazzina non c'é più. Nessuno dei miei sogni si é realizzato. Un fidanzato nobile...sposerò un mugnaio." sbottó, spezzettando il pane.

"Sam é buono e onesto. Non svilirlo. Vivrai serena con lui..." commentò la madre.

"Già, in mezzo a sacchi di farina e grano." sospirò Isadora.

"Sará meglio della vita che ho fatto io alla tua etá." rispose sua madre, accomodandosi al tavolo. "Certe volte è meglio la tranquillitá del lusso. E ringrazia Eru per la fortuna che ti é capitata."

D'improvviso, sentirono la porta di casa aprirsi: il forte cigolìo dei cardini arrugginiti annunció che Heloise era tornata. "Dovremo deciderci a far oliare questa porta..." disse la sua voce. "Isa? Mamma?" chiamó dal salotto.

"É pronto in tavola, sbrigati." rispose Jemma.

Heloise andó in cucina, controvoglia. Sapeva bene che si sarebbe scatenata un'altra sceneggiata con sua sorella, per l'abito rubato stavolta. In più, si era beccata un sonoro due di picche da quel tirchio di Simenon e quindi il suo umore era più burrascoso del mare in inverno.

"Ma dove sei stata?! E perché hai frugato nel mio armadio?!" l'aggredì infatti Isadora. Poi gli occhi le scesero sull'abito, e si sgranarono quando vide le condizioni dell'orlo. Era sporco e  incrostato di terra. "Guarda...guardaaa!!!" gridó. Si alzó e afferró la gonna, per esaminarla. "Il merletto é andato! Dovró buttarlo!!"

"Finiscila, quest'abito é vecchio di quattro anni." rispose Heloise.

"É uno dei pochi abiti che mi sono rimasti! Sai bene che non posso più permettermeli!!" piagnucolò sua sorella. "Oh mamma, lo vedi... lo vedi cosa fa?!!" poi afferrò Heloise per un braccio, stringendolo tanto da farle male. "...non t'azzardare più a prendere la mia roba!"

"Lasciami!" ribatté la sorella, divincolandosi.

"Ora basta, voi due. Tu togliti quel vestito e lascialo nella tinozza. Domani faró bollire dell'acqua e lo laveró. Non esiste macchia che non possa essere tolta. E smettete di comportarvi così! Non posso vedervi litigare in questo modo." le sgridó Jemma. "Quando io saró morta, non avrete che l'un l'altra. Non voglio ci siano conflitti fra voi."

"Non parlare così, mamma. Non mi piacciono simili discorsi." le disse Isadora. Poi squadró la sorella. "E poi...io non saró sola...io avró un marito e figli...io."

"Grandiosa prospettiva. Ti invidio molto, davvero." la prese in giro Heloise, slacciandosi il bustino. "Ma che brava la mia sorellona."

"Ho detto basta. Spogliati, cambiati e poi mettiti a tavola, Helli. E non voglio più discussioni, mi avete capito?!" ordinó Jemma.

"Non le chiedi nemmeno dov'é stata." sibiló Isadora.

"...tu mangia quel che ho preparato prima che si freddi. E sta' buona. Parleró con lei più tardi." rispose la madre.

Poi, dopo aver lasciato andare un lungo, esasperato sospiro, si preparó a cenare. Le mancava terribilmente suo marito in quelle circostanze. Le due figlie si volevano bene, ma avevano caratteri opposti ed erano sempre state litigiose sin dall'infanzia.

Ma di fronte a Norman non discutevano mai. Era come se il grandissimo affetto che entrambe provavano per il padre le mettesse in soggezione, e calmasse i loro spiriti. Da quando suo marito non c'era più, scene del genere si ripetevano con fastidiosa continuità. Forse anche perché mancava una figura maschile in casa, le sue due figlie erano sempre nervose come due gatte isteriche.

Isadora sembrò intuire i pensieri della madre. "Non vedo l'ora di andarmene da qui. La situazione è ormai ingestibile con lei. Rifiuta ogni mio suggerimento."

"Questo succede perché non sei gentile nei tuoi modi. Certe volte perfino io ho paura di parlare con te! " rispose la madre.

"Ma mi dà sui nervi, mamma. E' come se vivesse in una bolla di sapone, è fuori dalla realtà." ribatté Isadora, scrollando i ricci biondi. "Andare a Isengard... di tutte le stramberie che potevano venirle in mente, questa è la peggiore!"

"E se ci riuscisse? Potrebbe essere un  genio, per quel che ne sappiamo. Io credo che meriti un'opportunità. Inoltre... non mi va molto che sposi quel George come-si-chiama. Troppi anni di differenza." rispose Jemma.

"Beh, meglio no? Morirà in pochi anni. E lei sarebbe una vedova ricchissima e felice!" scherzò la sorella. Jemma ebbe la spiacevole sensazione che non stesse proprio scherzando, e preferì lasciar cadere la conversazione.

Delle volte, aveva l'impressione che le sue figlie fossero fin troppo ossessionate dai soldi, e giravano anche voci in città al riguardo. Del resto, vivere la gioventù in povertà, senza bei vestiti, cappellini o scarpe nuove era avvilente. Anche lei c'era passata, e aveva sperato di non far conoscere quell'amarezza alle sue ragazze. Purtroppo, la morte di suo marito aveva infranto quel sogno e a quel punto non le era restato che rimboccarsi le maniche.

Ma la dignità....no, quella non l'avrebbe persa né lei, né le sue due figliole. Sam Pontipack e Isadora si erano sempre piaciuti, e benché sospettasse che la sua ansia di sposarsi fosse frutto delle privazioni che subiva, Jemma sapeva che la sua figlia maggiore con lui sarebbe stata bene.

Ma l'idea che la giovanissima Heloise si unisse a un uomo che aveva ben trentacinque anni più di lei, e lo facesse solo per denaro, la gettava nello sconforto. Jemma pensó ai suoi genitori: erano umili contadini, ma sua madre non l'aveva allevata come una donna di facili costumi, né l'avrebbe fatto lei con Isa ed Helli.

E poi, un modo per aiutare la sua secondogenita c'era.

🌺🌺🌺

"Che hai fatto oggi?" chiese Jemma Foley alla sua figlia più giovane.

Dopo cena, Isadora era uscita per fare una passeggiata con Sam, e lei ed Helli erano in casa.

Jemma si sedette sul letto della camera che le due ragazze condividevano. Heloise si stava preparando ad andare a dormire, e si stava intrecciando i capelli alla consueta maniera. "Isadora che ti ha detto?" rispose la ragazza.

"Sei andata da quel tizio, da quel Simenon...é così?" chiese la madre.

"Sì. Ma mi sono fermata poco." rispose Helli. E non aggiunse altro. Jemma avvertì una punta di rabbia in quella risposta.

"Cosa é successo?" volle sapere.

"Gli ho chiesto un prestito. Pochi spicci, per uno come lui. Me li ha rifiutati, quel taccagno della malora..." si lamentó la giovane.

"In cambio di cosa?" insisté Jemma.

Heloise si giró a guardare la madre. Notó che aveva uno sguardo addolorato. "Non dirmi che ti sei offerta a lui..." mormoró la signora Foley.

"Certo che no! Mamma!" rispose Heloise, stupita e offesa. "Gli ho solo detto che...ecco...che avrei riflettuto sulla sua proposta di fidanzamento."

"Si é proposto a te?" chiese Jemma.

Heloise deglutì. "Non proprio...insomma gli ho detto che nel caso avesse chiesto la mia mano, ci avrei pensato su. A patto che mi desse quei soldi."

"Oh, no..." ribatté Jemma. "Non avresti dovuto."

"E perché?" chiese ingenuamente la figlia.

"Perché ora ti considera una donna da poco. Non si parla di soldi con gli uomini. Non sta bene. Ora la tua reputazione é rovinata." sospiró Jemma.

"Credevo non ci fosse nulla di male. Gli avevo perfin detto che era un prestito, mi ero offerta di ripagarlo. Quante storie!" sbottó Heloise, infilandosi la lunga camicia da notte.

"E dopo dove sei andata? Hai passato tutta la giornata fuori casa." continuó a chiedere Jemma.

"Ho camminato un po', ho cercato di farmi venire un'idea. Ho pensato di chiedere lavoro in qualche bottega, ma la mia partenza é imminente. Non ce la farei, lavorando, ad accumulare il denaro che mi serve in tempo." disse, sedendosi accanto alla madre. "Volevo chiedere un altro prestito, magari alla signora Hutton. Qualche volta io e Isadora andavamo a giocare nel suo giardino, da piccole. Forse mi aiuterà. Era molto affezionata a noi."

"E umiliarti ancor di più? No, lascia perdere." rispose Jemma. "Non chiedere mai la carità. Qualsiasi cosa ti capiti, non far leva sulla pietá del prossimo. Lascia che lo facciano gli storpi, i malati."

"Contavo su George... ero sicura che mi avrebbe dato quanto volevo. Ma non posso rinunciare al mio sogno, mamma... non posso!" disse Heloise, portandosi le mani al viso.

"Tu sei ambiziosa, perfin troppo... ma questo non é un male." rispose Jemma, carezzandole la nuca. "Credo di poterti aiutare."

Heloise ridestò la sua attenzione. "E come?"

Sua madre trasse un profondo respiro. "Norman mi fece promettere di ricorrere a questo in caso di estremo bisogno. Lui intendeva dire che avrei  dovuto usare questa risorsa se fossimo state sull'orlo di morir di fame... ma credo che sarebbe d'accordo."

Helli la guardò confusa. "Cosa?"

Da una tasca del grembiule, Jemma estrasse un fagottino. Era un normale pezzo di stoffa grigia, un po' consunta. Con delicatezza, ne aprí i lembi.

Al suo interno, c'era quel sembrava un antichissimo gioiello intagliato nel bronzo. Heloise si avvicinò alla madre per guardare meglio, e notò subito una pietra trasparente nel mezzo, e lo spettro di riflessi colorati che emanava non lasciava dubbi sulla sua natura.

Heloise non era un'esperta in pietre preziose, ma perfino un bambino l'avrebbe riconosciuta. "Mamma...é...é...un diamante?" chiese con la voce un po' tremante.

"Immagino di sí." rispose Jemma, rimirando la gemma. "Tuo padre disse di sí."

Helli non riusciva a togliere gli occhi da quell'oggetto straordinario. "...non può essere un diamante vero. É...é... enorme. Ma come...come é possibile che l'avesse papá...cioé, dove...?"

"Lo trovò un giorno. Mentre galoppava con il suo cavallo da una trincea a un'altra. O meglio... fu un regalo." terminò Jemma.

"Un regalo... ma da chi?" chiese esterrefatta Helli. Quel gioiello valeva quanto l'intera piantagione di George.

"Beh, successe una cosa a tuo padre... fece... un incontro." raccontò Jemma. "Me ne parlò solo una volta e poi non tornò più sull'argomento. Credo che i ricordi lo spaventassero. Anch'io mi sentii a disagio mentre me ne parlava."

"Ti prego, voglio sapere, mamma! Dimmi tutto." disse Heloise, prendendo in mano il gioiello. Era un grosso pendaglio di bronzo. "Ma che strana forma ha... non riesco a definirla...sembra un occhio, e il diamante é posto al centro, come fosse una pupilla."

"L'occhio di un serpente, pare." commentò Jemma.

Helli lo studiò meglio. "No." mormorò. "É l'occhio di un drago."

 

   
 
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