Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: DoctorFez1988    31/12/2019    0 recensioni
La mia prima storia "Fanfiction", dedicata al film di Frozen - Il Regno di ghiaccio. In questa storia, una specie di seguito del film, le due sorelle e i loro incredibili amici saranno protagonisti di un'avventura ancora più incredibile della prima. Spero che la trama possa piacere a tanti.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Infatti, qualche momento prima, dopo aver annunciato a Kristoff e agli altri che erano presenti nella sua stanza che aveva intenzione di recarsi anche lei al monte Cuore di Fuoco per ricongiungersi con sua sorella, Elsa si era diretta verso le finestre dalle tende scostate. Fuori la tempesta continuava a percuotere i cieli con la sua ferocia e a infierire su tutto il regno di Arendelle, con accecanti lampi, sferzanti venti e imperiosa pioggia. La regina osservava la tempesta attraverso le finestre con occhi diversi da prima: Più coraggiosi e decisi che mai! Elsa aprì le finestre e il terribile ululato del tumulto degli elementi entrò violentemente nella stanza, cercando di intimorirla, ma lei non si scompose. Allora la sovrana richiamò a se il potere del ghiaccio e le sue mani iniziarono a emanare un freddo e azzurro bagliore. Gli altri ospiti nella stanza erano rimasti con il fiato sospeso mentre osservavano la giovane donna, decisa più che mai a sfidare la tempesta. Il bagliore nelle mani della regina si fece sempre più intenso e scintillante e il suo abito, avvolto dalla sua fredda e risoluta luce, illuminava con eleganza la stanza, trasfigurando la sua persona in una specie di fuoco di ghiaccio. Fu allora che, con un gesto rapido, elegante e solenne, Elsa alzò le mani luminescenti contro la tempesta e lanciò un flusso di polvere di celeste cristallo.  Appena quel turbine di ghiaccio incantato colpì le tumultuose nubi, come se alimentato e amplificato dalla determinazione dall'amore di Elsa, esplose in un fragore, capace persino di zittire i tuoni, e in un bagliore che, come le onde create da un sassolino gettato in un lago, liberò i cieli di Arendelle dalla brutalità e dall'oscurità della tempesta, annientandola fino ai confini del regno, lasciando che le stelle, la luna e le luci del nord illuminassero le terre sotto di loro. Le scure nubi tempestose erano svanite e al loro posto c’erano solo baffute nuvole, bianche come panna montata, che iniziarono a far nevicare in tutto il regno, come per consolarlo e rassicurarlo.  Elsa, il cui celeste bagliore che la circondava si affievoliva, ma non quello nel proprio cuore, era sempre in piedi davanti alle finestre e osservò il cielo finalmente libero dall'orribile tempesta di un istante fa. Sorrise lievemente e si ripromise in cuor suo che avrebbe mosso mari e monti per salvare Anna, come quest’ultima aveva fatto per la maggiore tempo fa. Improvvisamente la regina cade in ginocchio, pervasa da una tremenda stanchezza in tutto il corpo, ma non nello spirito. Kristoff corse verso la sovrana per soccorrerla, appena in tempo per vederla sorridere e sentirgli dire:
 
“Non devi preoccuparti per me, Kristoff … vedrai che sistemeremo tutto … e non ci sarà potere, in cielo o terra, in grado di fermare il bene che proviamo per Anna.” Lei allora chiuse gli occhi e si lasciò abbandonare tra le braccia del ragazzo di sua sorella e nel torpore dell’incoscienza. Il biondino sorrise, impercettibilmente, e distese delicatamente la giovane donna sul suo letto. La decisione di Elsa era riuscita a lacerare il velo d’insicurezza e dubbio nell'animo del ragazzo. Era pronto a recarsi assieme alla regina verso il leggendario monte, a costo di affrontare Hans, il suo esercito di mostri d’ombra e il suo terribile signore, ripromettendosi che sarebbe finalmente riuscito a dichiarare i suoi sentimenti alla donna che amava e che avrebbe affrontato, ghiaccio, fuoco e tenebre. Anche Olaf era pronto a unirsi al viaggio per salvare la sua amica. Lynae era balzata sul letto e si era accoccolata vicino alla sorella maggiore della sua padroncina. Allora Granpapà si avvicinò al ragazzo con l’intenzione di porgergli un dono, qualcosa che poteva essergli utile nell'affrontare le tenebre. Kristoff si girò verso il troll e notò l’oggetto, riconoscendolo, che quest’ultimo gli offriva e lo guardò con un senso di meraviglia e gratitudine.
 

 
Intorno alla cima dell’altissima e nera montagna in cui era collocato il santuario di Miðgarðsormr, tutte le creature di pura tenebra, sotto forma di una gigantesca nube ricoperta d’infiniti occhi purpurei, che fluttuavano rapidi e feroci, emettendo versi e ruggiti indescrivibili. In mezzo a quell'immenso sciame di spettri neri Hans era a cavallo di uno spaventoso grifone. Un essere nero come l’abisso, con quattro occhi purpurei, il becco curvo e affilato come sciabola, con ali da pipistrello, gli artigli delle zampe da leone erano come falci e una lunga coda a serpente, librandosi nei cieli con spietata destrezza.  Nella sua testa, Hans percepiva con terribile chiarezza la crudele voce del suo padrone:
 
 “Vai, mio fedele condottiero delle tenebre, e non deludermi! Ti ho messo a disposizione tutte le creature oscure a me fedele che sono rimaste nel mondo dei mortali dopo il mio esilio, quindi sfruttale al meglio la fiducia e le risorse che ti ho donato, perché altrimenti, se fallerai, altrimenti ...” Il Re delle Ombre non ebbe bisogno di aggiungere altro, visto che Hans sapeva fin troppo bene le conseguenze di una sua sconfitta. La sua missione era semplice: doveva recarsi rapidamente verso il monte del Cuore di Fuoco, togliere di mezzo ogni ostacolo senza alcuno scrupolo e attuare il rituale della liberazione del suo padrone entro il tempo stabilito. Il principe, con aria cupa, spietata e ambiziosa, lanciò un grido di commando verso l’esercito di ombre e spronò il suo nero destriero alato. Il grifone oscuro si lanciò fulmineo in direzione della leggendaria valle. Le oscure nubi dagli orribili occhi purpurei, muovendosi come uno sciame di vespe, seguivano il loro condottiero, che era ormai più deciso che mai ad andare in fondo a questa storia, a qualsiasi costo.
 

 
Anna era imprigionata nell'occhio di uno smisurato vortice di fiamme rosse che ruggivano come bestie selvagge. In qualunque direzione voltasse il suo sguardo, la ragazza vedeva solo il fuoco e la rabbia più primordiali. Certo, quelle fiamme non riuscivano a ferirla, almeno fisicamente, ma il suo cuore era consumato da altro tipo di fuoco: quello del dolore, della paura e del rimorso. Aveva la sensazione di trovarsi imprigionata nell'infuocato vortice per l’eternità. Il pure e vero tormento che però squarciava la sua anima erano le fugaci visioni di ferrigna cenere che si muovevano intorno a lei nel vortice come spettri. Ogni volta che uno spettro di cenere passava davanti agli occhi della principessa, prendeva gli sfocati contorni della capitale di Arendelle, del palazzo, di Olaf, Sven, Lynae, del suo amato Kristoff … persino di sua sorella … Elsa … quando, però la principessa cercava con terribile sforzo di allungare le mani per raggiungerlo, il miraggio cinereo fu spazzato via da un’improvvisa vampata dell’infernale vortice. La cosa continuava a ripetersi con il crudele ritmo di una giostra, e ciò faceva bruciare il cuore della ragazza con crescente ferocia. Come se il semplice sfiorare delle sue dita riducesse in cenere ogni cosa vicino a lei. L’infuocato vortice e l’orribile carosello aumentarono la loro velocità in modo sempre più vertiginoso, tanto da far cadere in ginocchio tra le fiamme, impazzita dalla disperazione. Quando poi si mise a piangere, invece delle lacrime, dai suoi occhi sgorgavano sottili fili di cenere che salivano verso l’alto confondendosi con i grigi spettri. Una voce proveniente dalle fiamme vorticanti iniziò a ridere di lei in modo crudele, perverso e inumano. Quella voce irreale era simile a quella della principessa, ma distorta e pervasa da una demoniaca malvagità, come per umiliare ulteriormente le sofferenze della povera ragazza … fu allora che Anna si destò dal suo incubo e i suoi occhi furono investiti dalla radiosa luce del sole. La ragazza, ancora stordita dal brusco risveglio, si stropicciò gli occhi e li fece sbattere per parecchie volte. Poco alla volta l’ambiente intorno a lei si fece più nitido ed ebbe chiara l’idea di dove si trovasse adesso. Era distesa sul pavimento di rubino della stanza vuota in cima alla torre, che aveva plasmato con il fuoco magico durante la notte appena trascorsa, altissima e vibrante di sfumature fiammanti e dorate, creata al centro della leggendaria valle che l’aveva accolta. Lei si accorse che aveva il viso rigato dalle lacrime e se lo asciugò con il braccio destro, poi si rialzò piano in piedi. Al contrario del corpo, ritemprato dal riposo, la mente e il cuore erano leggermente spossati. La luce dell’alba attraversava una delle finestre ad arco, redento la stanza di fuoco pietrificato più scintillante e accogliente di quanto la ragazza potesse immaginare, e ciò gli dava una sensazione di limpido conforto e dolce malinconia allo stesso tempo. Il motivo era che l’ambiente intorno a lei gli ricordava la sua vecchia stanza al palazzo reale dal quale era stata costretta ad abbandonare. La principessa si avvicinò a una delle finestre ad arco, osservando il magnifico cielo azzurro e limpido. Fu allora che scorse Byrgir, intendo a sorvolare con possente e solenne eleganza la zona intorno alla torre, lasciandosi dietro di se una scia fiammeggiante dorata. Anna, a braccia conserte, sorrise dolcemente nell'ammirare il suo destriero e custode infuocato, mentre quest'ultimo compiva acrobazie e giri della morte tanto spettacolari da togliere il fiato. Dopo un po', l’ardente pegaso si diresse verso la torre e atterrò nella stanza attraverso la finestra, dalla parte opposta in cui si trovava la sua protetta. Con solenne gioiosità, Byrgir salutò la principessa facendo una profonda reverenza con la testa.
 
“Buongiorno, principessa. Hai dormito bene?” chiese il destriero, guardando la ragazza con i suoi occhi pieni di fiammeggiante e regale affetto.
 
“Buongiorno anche a te Byrgir … diciamo che ho avuto notti migliori …” rispose lei con leggero sbadiglio, tentando di nascondere l’amarezza e l’inquietudine lasciati nel suo cuore dall'orribile incubo. Il pegaso, però, riuscì a scorgere l’amara tristezza nei celesti occhi della ragazza, e gli chiese dolcemente che cosa la turbasse veramente. La voce così teneramente e meravigliosamente paterna dell’infuocata creatura riuscì a toccare amabilmente il cuore della sua protetta a tal punto che lei non seppe più trattenersi e corse verso il suo amico, abbracciando il suo possente collo e scoppiando in un pianto tale da commuovere persino un orso. Anna, sfogandosi e piangendo come una bimba che si era fatta male al ginocchio e andava incontro a suo papà, raccontò a Byrgir l’incubo che aveva fatto, gli confessò le sue paure. La paura del demone che insidiava la sua anima. Del dono meraviglioso e terribile che custodiva. Persino di se stessa e di far del male, seppur involontariamente, alle persone che amava. Byrgir, col cuore gonfio di commozione e affetto per la ragazza, stava per dirle che poteva e doveva essere forte, affrontare le sue paure e di non lasciarsi sopraffare dalla disperazione, ma prima che potesse farlo, l’attenzione di entrambi fu attirata da un insolito rumore, un rombo in lontananza.
 
“Aspetta, che? Sta forse arrivando un altro temporale?” Esclamò confusa Anna, sciogliendo l’abbraccio e guardando fuori dalla finestra, in direzione da cui proveniva l’enigmatico rombo. Byrgir, sorpreso quanto la sua protetta, si mise vicino a lei, pensando che non poteva esserci una tempesta in arrivo. Infatti, durante la sua perlustrazione nei cieli, non aveva notato nubi nere, nemmeno oltre i confini della valle, solo piccole nuvolette candite solitarie, come pecorelle smarrite. I due sentirono tremare il pavimento sotto i loro piedi, e dalla finestra guardarono verso le distese nevose, dal quale sembrava provenire quel misterioso rombo. Su allora che scorsero insieme l’immenso branco di creature più incredibile, regale e meravigliosa che si potesse immaginare, come se avesse preso vita dal racconto di un’antica leggenda. Erano creature bellissime simili a cervi, ma molto più grandi e possenti degli stalloni, i cui corpi erano ricoperti da meravigliose pellicce folte e lunghe. Le fluenti criniere lungo il dorso si muovevano con selvaggia grazia. Avevano corna che sembravano corone, grandi, robuste e appuntite che s’innalzavano elegantemente. Avevano persino un terzo corno in mezzo alla fronte, svettante lungo e appuntito, come gli unicorni che Anna sognava da bambina. Le corna e gli zoccoli sembravano forgiati nell'acciaio lucente e temprato. Le loro pellicce così lisce e lucenti avevano il colore del cristallo, e sotto la luce del sole, risplendevano al pari delle luci del nord. Anna osservò quelle creature con grande meraviglia negli occhi e nel cuore. Non aveva mai visto animali così straordinari, il cui numero doveva essere pari a qualche centinaio, che cavalcavano le distese nevose della valle come un potente esercito, fiero e selvaggio. Lei e Byrgir, incantati da quell'incredibile spettacolo, si accorsero che la mandria scintillante si dirigeva verso la torre di rubino e si arrestò proprio poco distante dai piedi della costruzione. Gli occhi di quelle stupende creature, simili a zaffiri, smeraldi e ametiste, erano puntati dritti verso la sommità della torre. Fu allora che la ragazza si rese conto di cosa potesse significare ciò.
 
“Oh, cielo! Vuoi vedere che senza sapere ho creato la torre proprio nel loro territorio?” esclamò lei preoccupata, rivolgendosi a Byrgir, che replico:
 
“Non sembra però che abbiano intenzioni bellicose!” In effetti, gli occhi di quei cervi incantati, per quanto solenni e imperiosi, non erano carichi d’ira territoriale o indignazione, ma piuttosto di una lieve sorpresa mista a sincera curiosità.
 
“A scanso di equivoci, sarà meglio andare loro incontro per chiarire questa situazione … sperando che queste creature abbiano il dono della parola!” disse Anna, mentre si avvicinò a Byrgir per montarlo e scendere giù dalla torre, ma quest’ultimo indietreggiò un poco, lasciando sconcertata la sua protetta.
 
“Ehi, ma che ti prende!” esclamò Anna, sorpresa dall'atteggiamento recalcitrante del pegaso fiammeggiante.
 
“Io non avrei niente in contrario a portarti da quelle creature, ma … ti sei vista allo specchio di recente?” la risposta di Byrgir fece alzare di parecchio un sopracciglio di Anna, e subito un terribile sospetto s’insinuò in lei. Rivolse la sua attenzione verso il centro della stanza e, avvolgendo entrambe le mani del potere del fuoco, scagliò una fiammata contro il pavimento di rubino. La fiammata divenne un falò e subito dopo prese una forma famigliare e si cristallizzò all'istante. Era uno specchio ovale, grande dopo più di una persona adulta, la cui cornice era decorata con fiammelle che sembravano boccioli di rosa, sostenuto da piedistalli a zampa di leone su entrambi i lati. Tutti ciò che era riflesso sulla sua superficie, assumeva una colorazione che variava dal rosso, arancio e dorato. La principessa si specchiò in esso e subito soffocò con le mani un urlo di orrore misto a imbarazzo.
 
“No! Non ci credo! No, dico, ma sono un disastro!” Perché Anna diceva così? Allo specchio il suo viso era più grazioso che mai, i suoi occhi erano dolci e vispi come sempre, e i capelli rossi ramati sciolti, che ormai non si scompigliavano più a nido d’uccello a ogni risveglio, sembravano persino divenuti lunghi, lucenti e magnifici quando quelli di sua sorella. Allora qual era il problema? Semplice! L’abito che ora aveva addosso era ridotto così male che nemmeno un povero avrebbe voluto indossarlo, nemmeno sotto tortura. Dopo la terribile battaglia tra fuoco e ghiaccio con Elsa, essere riuscita a contenere con fatica il demone della rabbia, aver affrontato un viaggio sfidando vento, pioggia e freddo più accaniti, il suo abito era divenuto lurido, sporco, con piccoli strappi e segni di bruciatura su tutto il tessuto. Era come se un candito cigno fosse costretto a indossare un abito fatto con piume di corvo.
 
“Oh dai, ma non posso andare in giro con questo … straccio addosso!” si lamentò la ragazza, passando rapidamente lo sguardo dallo specchio ai vestiti e viceversa per parecchie volte.
 
“Certo che no, Anna!” replicò il suo destriero con una stillata di sarcasmo, che Anna ignorò volentieri perché gli voleva troppo bene per indignarsi. Mentre lei sbuffava, il suo viso assunse l’adorabile espressione da bimbetta imbronciata, tanto da far provare a Byrgir una paterna tenerezza.
 
“D’accordo che l’abito non fa il prete, ma a tutto c’è un limite! E non ci sono nemmeno sarti da queste parti!” Esclamò lei quasi gridando, iniziando a girare a passo sostenuto intorno allo specchio, con un’espressione piena di adorabile indignazione infantile e con le mani tra i capelli. Ogni tanto il suo sguardo cadeva brevemente sul suo riflesso, sbuffando come un cavallo imbizzarrito. Se Elsa si fosse trovata lì in quel momento, avrebbe sicuramente riso dolcemente.
 
“A Elsa queste cose non gli succedono mai … per forza, con i suoi poteri, lei potrebbe avere un guardaroba così stupendo da far invidia a qualsiasi regina …” La principessa s’immobilizzò all'istante proprio dietro lo specchio.  Un’immobilità lungo molti secondi, tanto da far preoccupare Byrgir, che disse:
 
“Anna va tutto bene?” La ragazza allora scattò come una volpe fuori da dietro lo specchio con la vivacità di una bimba che aveva appena ricevuto un regalo da Babbo Natale in persona, con un radioso sorriso che scaldava i cuori.
 
“Ecco la soluzione, Byrgir! Se mia sorella crea abiti spaventosamente belli con la sua magia, perché non dovrei riuscirci anch'io con la mia?” Fu l’euforica risposta della ragazza, che aveva ritrovato in se una scintilla scoppiettante di meravigliosa e infantile gioia di vivere nel cuore.
 

 
La luce dell’Alba aveva appena sfiorato la capitale, eppure tutto era tutto pronto, nel piazzale del castello, per il viaggio verso la valle del Cuore di Fuoco. Kristoff aveva appena finito di attaccare Sven alla slitta, la stessa che la sua amata gli aveva regalato tempo addietro, in segno di gratitudine e di tenera amicizia, che sarebbe poi sfociata in sincero amore. Assieme a lui e alla sua amica renna, sarebbero partiti con loro anche Olaf ed Elsa che, forse per la sua stessa magia, per la sua forza di volontà come regina, per il sincero amore nei confronti di sua sorella o forse persino tutte e tre le cose messe insieme, si era ripresa rapidamente e si sentiva già in forze. Mentre il ragazzo sistemava le ultime provviste nel retro della slitta, non poteva non sentirsi a disagio a causa degli sguardi della popolazione. La gente si era radunata nel piazzale in attesa della regina, dopo che i ministri avevano diffuso tutta la verità sui fatti accaduti negli ultimi giorni, soprattutto sui poteri infuocati che Anna aveva dolorosamente scoperto. I loro sguardi erano carichi di preoccupazione, dubbi e paura. Intanto, all'interno del castello, Elsa e Olaf stavano camminando a fianco a fianco verso le porte del palazzo per intraprendere il viaggio.
 
“Se sicuro di voler venire con noi, piccolo? Lo sai che probabilmente dovremmo affondare molti pericoli.” disse la regina con un amorevole sguardo preoccupato verso il pupazzo di neve.
 
“Ormai è deciso e non mi tirò più indietro! Anna ha bisogno di tutti noi per ritrovare se stessa ed io non sarò da meno!” Rispose il piccoletto e poi prosegui con amabile determinazione:
 
“Se poi dovessimo davvero affrontare dei pericoli, mi basterebbe tirare fuori la mia faccia da duro per farli scappare via a gambe levate, così!” E il pupazzo sfoderò la sua aria da duro, talmente buffa da strappare un piccolo risolino alla regina, ma che sapeva riconoscere nel suo piccolo amico il coraggio e la nobiltà di un vero cavaliere. Olaf aveva sicuramente ragione, Anna aveva bisogno di tutte le persone a lei care per ritrovare la voglia di vivere e di stare con gli altri. I visi di entrambi si volsero poi verso l’ingresso, ancora devastato dopo l’ultima visita di Hans.
 
“Una volta varcata questa soglia, non si potrà torna più indietro, almeno finché Anna non sarà salva e l'oscurità sconfitta! Sei pronto, mio piccolo Olaf?” Dicendo così la regina porse dolcemente la mano al pupazzo. Lui la strinse teneramente con la sua manina di legno, dicendo:
 
“Per te e Anna sarò sempre pronto, comunque vadano le cose!” entrambi si sorrisero a vicenda con sincera amicizia. Si avviarono infine verso l’ingresso e uscirono nel piazzale gremito di gente. Un tappeto rosso era stato disteso dall'ingresso verso la slitta e ai lati le guardie erano più rigidamente sull'attenti più che mai. Mentre Olaf ed Elsa camminavano lungo il tappeto, quest’ultima si aspettava che nel fuori dall'ingresso ci fosse il suo popolo, in attesa del suo arrivo. Che cosa poteva vedere negli occhi delle persone che lei aveva giurato di proteggere e guidare quando gli è stata cinta la corona del regno? Che cosa passava per le menti di quegli uomini, donne e bambini? Ansia, timore e … forse scintille di risentimento nei confronti della loro regina, perché ancora una volta aveva loro nascosto la verità, come aveva già fatto in passato? Lei poteva ancora sentirsi degna di essere la loro sovrana? Lei però sperava che in quella marea di pensieri ci fossero luci di comprensione. Il silenzio del cortile era quasi terribile, rotto solo dai bisbigli ed esclamazioni soffocate degli abitanti. Lei e il suo piccolo amico si avviarono verso la slitta. Quando furono vicini, la giovane donna e il biondino si scambiarono uno sguardo di stoica intesa, con entrambi i cuori pieni di determinazione. Fu allora che una piccola figura sgusciò fuori dalla folla, correndo come una lepre verso la regina.
 
“Regina Elsa!” Gridò la piccola Astrid, correndo e stringendo tra le mani una piccola bisaccia di ottimo cuoio, come se fosse un piccolo tesoro. Elsa, Sven, Olaf e Kristoff si voltarono sorpresi verso la bimbetta. Le guardie stavano per intervenire, ma furono fermate da un ordine secco e deciso della loro sovrana.
 
“Astrid, cosa c’è?” Domando la regina, chinandosi e abbracciando amorevolmente la piccola Astrid. Notò subito che la bimba stava versando piccole lacrime, ma con una calma e una tenerezza da far squagliare un cuore. Non aveva la smorfia di qualcuno che piange istericamente, ma il viso di chi sa piangere senza abbandonarsi veramente al dolore e all'angoscia.
 
“È vera la storia della Principessa Anna, dei suoi poteri e di tutto il resto?” Chiese Astrid, la cui dolce voce fu rotta solo una volta dal pianto e in modo maniera quasi impercettibile. Elsa non poté fare almeno di sorridere e di versare una fioca lacrima dal suo viso, ammirando quel piccolo angelo avvolta tra le sue braccia.
 
“Sì, mia piccola Astrid … ma ora andremo a salvarla. La riporteremo a casa … te lo prometto.” Rispose la regina dolcemente e decisa, cercando di infondere coraggio alla piccola. Elsa poi proseguì dicendo:
 
“Non sarà facile, questo è certo! Anna è … confusa adesso, proprio com'è accaduto con me, sai … credo che tu conosca la storia.” Allora la bambina, riuscendo ad abbozzare un tenue sorriso, diede la piccola bisaccia alla sovrana.
 
“Allora questo potrebbe aiutarla …” Si limitò a dire la piccolina. Elsa, incuriosita, aprì la bisaccia, vi guardò e ... comprese finalmente con un sorriso e un’altra lacrima il gesto e le buone intenzioni di Astrid. Chiuse la bisaccia e la strinse a se come fosse una reliquia e guardò la bimba con occhi pieni di gratitudine.
 
“Ho compreso mia piccola Astrid, e da parte mia e di Anna ti ringrazio!” Così dicendo, la sovrana usò i suoi poteri e fece apparire nella mano un sottile fazzoletto intessuto nel ghiaccio, come il suo vestito, con magnifici fiochi di neve ricamati negli angoli e con esso, asciugò le lacrime della bimba. Per Astrid sentirsi sfiorare da quel fazzoletto era come il suo viso venisse accarezzato da una dolce brezza di montagna e regalò alla sovrana un'altro  dolce sorriso. Olaf, commosso e sorridente, non poté più trattenersi e si fece avanti abbracciando come meglio poteva Elsa e Astrid. Persino Kristoff cercò di nascondere una lacrimuccia che gli era scappata, cosa che solo Sven notò. Anche la folla guardava commossa la scena, soprattutto i genitori di Astrid. Poi la piccola salutò la regina con bacio sulla guancia e augurò a lei e ai suoi amici buona fortuna, poi, alzandosi si avviò verso i suoi genitori che lo aspettavano a braccia aperte pieni di orgoglio per la loro piccola. Rialzandosi, Elsa decise che prima di partire, avrebbe tenuto un breve discorso alla sua gente. Il gesto di Astrid gli aveva ridato coraggio e fiducia negli abitanti di Arendelle. Allora disse, come voce ferma e decisa ma gentile e compressiva allo stesso tempo, tanto da attirare l’attenzione di tutti i presenti:
 
“Cittadini di Arendelle! Le voci che avete saputo dai ministri riguardo alla fuga di mia sorella, alla scoperta dei suoi poteri di fuoco, sulla vera minaccia che grava sulla nostra terra sono tutte vere, nessuna esclusa. Lei è scappata, perché, proprio come per me, è terrorizzata dal dono che ha ricevuto. Come però lei, tempo fa, affrontò il viaggio per salvarmi da me stessa e dalla mia paura, io farò lo stesso. Glielo devo! Mi è stato detto che l’unica cosa che può sconfiggere l’ombra che vuole renderci tutti schiavi è che io mi ricongiunga ad Anna e che insieme dobbiamo affrontarlo senza esitazioni. Per le nostre vite, per Arendelle e per suo il futuro. Quello che ora io chiedo, a tutti voi, popolo di Arendelle, e di avere speranza e fiducia in me e in Anna. Non chiedo altro!” Dopo il discorso ci fu qualche attimo di assordante silenzio … per poi essere lacerato brutalmente dall'esplosione di grida esultanti della folla, lanciando cappelli e applaudendo con gioiosa sincerità.
 
“Evviva la nostra regina! Urrà per la principessa Anna! Abbasso Hans e il suo sporco padrone! Siamo con voi, altezza! Che possiate tornare vittoriosi a casa! Viva Arendelle! Lunga vita ai nostri eroi!” Elsa sorrise commossa e rincuorata dalle urla raggianti e benevole della sua gente e li ringraziò con un inchino. Olaf poi non la finiva più fare inchini, neanche se egli fosse stato un grande cantante d’opera. Ci mancava solo che la gente iniziasse a lanciargli dei fiori. Poi, aiutata da un Kristoff rincuorato da quelle grida di giubilo, salì sulla slitta e poi a sua volta aiutò Olaf e salire anche lui, mettendolo al suo fianco. In grembo teneva la bisaccia che Astrid gli aveva donato e poi volse lo sguardo alla folle, notando che la bambina gli donava con cuore sincero un sorrido pieno di fiducia e speranza, salutando sbracciandosi gioiosamente. Elsa ricambiò il saluto della bimba e di tutti gli abitanti che continuavano a gridare elogi e auguri di buon auspicio per il viaggio che stava per intraprendere assieme ai suoi amici. Poi gli abitanti di Arendelle si fecero da parte per permettere alla slitta di uscire dal cortile del castello. Kristoff, al posto di guida, fece schioccare le redini e Sven partì al galoppo, tirando la slitta come se non ci fosse un domani. Una volta fuori  dalle mura del castello, attraversarono il ponte e si diressero finalmente verso il luogo in cui Anna aveva designato per il suo esilio volontario: La valle del Cuore di Fuoco.
 
“Forza Sven, a tutta velocità! Battiamo anche i venti se necessario, ok amico?” Spronò risoluto il ragazzo al suo migliore amico a quattro zampe. La renna sì limitò a dare tutta se stessa ancora di più. La slitta sfrecciò inarrestabile, piena dei pensieri dei suoi occupanti, che avevano tutti lo stesso fino conduttore nei loro cuori in quel momento: Salvare Anna da se stessa e dall'ombra e fargli ritrovare la voglia di vivere, sorridere e amare. Kristoff, mentre spronava il suo amico Sven e corre ancora di più, non poté fare a meno di pensare che stavolta fosse pronto a dichiarare alla sua amata, la sua principessa, la sua furia scatenata tutto il suo amore e di volerla al suo fianco per il resto della vita. E se ancora una volta Hans si fosse messo di mezzo, non avrebbe esitato ad affrontarlo, sfruttando il dono che il capo dei troll gli aveva consegnato con solenne e paterno affetto. Lo stesso dono che si trovava nel suo zaino, pronto a essere scatenato se la situazione lo avesse richiesto. Sven correva come non aveva mai fatto finora nella sua vita, sapendo che era in gioco la vita di Anna, la felicità del suo migliore amico di ricongiungersi all'amore della sua vita e la salvezza di tutta Arendelle. Non male per una renna essersi imbarcato in un’impressa così epica e pericolosa, manco fossero stati i racconti di eroi e battaglie intorno al fuoco di Granpapà di quando lui e il suo amico umano erano piccini. Olaf sapeva di non essere proprio un possente guerriero, ma avrebbe fatto tutto quello che poteva per aiutare la sua amica, con tutto il suo tenero cuoricino di neve. Elsa, più di tutti gli altri, era pervasa da mille emozioni diverse: paura, dubbi, coraggio, apprensione, amore e speranza. In un modo o nell'altro avrebbe salvato sua sorella, anche se questo forse significava affrontare nuovamente Surt, quell'orribile demone evocato dalle ombre dell’oscuro signore. Guardò verso l’orizzonte mentre la slitta correva veloce, dirigendosi verso le foreste, che conducevano sul sentiero che l’avrebbe guidato lei e i suoi compagni verso la loro destinazione: il Cuore di Fuoco!
 
“Resisti, Anna! Stiamo arrivando! Non permettere a niente e nessuno di soffocare quella scintilla di speranza che rimane ancora nel tuo cuore!” Si diceva la giovane sovrana, con cuore più deciso e ottimista che mai, pronta ad affrontare qualsiasi sfida il destino gli avrebbe messo davanti, pur di salvare sua sorella.
 
 

Lui sentiva il coraggio e la speranza nel cuore della sua regina, più forti che mai. Mentre camminava tra gli alberi illuminati dal sole e facendo scappare terrorizzati persino gli orsi alla sua immensa presenza, sentiva che il momento in cui si sarebbe ricongiunto con la sua creatrice non era lontano e fremeva di gioia al suo pensiero. Continuò a marciare, ignorando i lupi che non avevano il coraggio di avvicinarsi alla sua nevosa imponenza.
 

 
“Oh cielo, ma dove è finita quella bestiaccia!” Gridò esasperata Grace la governante, con le mani nei capelli mentre girava terribilmente preoccupata per i corridori del castello. Elsa e i suoi amici erano già partiti dalla capitale da quasi un’oretta. Uno dei servitori, notando l’agitata ansia della donna gli andò incontro e gli chiese cosa la turbasse tanto. Lei allora raccontò, quasi sull'orlo di una crisi isterica.
 
“Si tratta della micia della principessa Anna! Prima di partire, la regina mi aveva incaricato di prendermi cura di quella bestiola, ma quando sono entrata nella stanza della principessa … la cuccia era vuota! Sparita! L’ho cercata per tutto il castello, soprattutto in cantina e nelle cucine, pensando che quella peste fosse a caccia di topo o volesse smangiucchiare qualche pesciolino, ma niente! Sembra svanita nel nulla!” Per tutto il discorso, la povera governante sembrava sul punto di piangere disperata, allora il servitore si offrì di aiutarla, richiamando poi l’attenzione degli altri domestici alla ricerca della gattina. Nessuno di loro, però, poteva riuscire a immaginare veramente dove si trovasse veramente Lynae in quel momento.
  
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