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Autore: Lady R Of Rage    05/01/2020    5 recensioni
"-Quaggiù potrete chiacchierare quanto vi pare. Nessuno vi sente. Nessuno vi asciuga le lacrime se piangete. Siete all’inferno, ragazzi: ma chi siamo noi per separare una così bella famigliuola?-
Non voglio, pensa Baby 5. Voglio andare via, io sono la promessa sposa di Don Sai della terra di Kano, e lui ha bisogno di me. Serra i pugni, come se avessero ricominciato a tirarle addosso spazzatura. Deve scegliere, a un certo punto – anzi, ha già scelto, ed è troppo tardi per recriminare."
Baby 5 ha scelto: non un nuovo inizio come moglie di Don Sai, ma l’inferno, la condanna perpetua, nelle viscere ghiacciate di Impel Down, assieme a coloro con cui è cresciuta.
Dopo il calderone di sangue bollente e i tormenti di Sadi-chan, solo un’eterna attesa accoglie la sconfitta Famiglia Donquixiote. In mezzo alla neve perenne, dove nemmeno i lumacofoni mantengono il contatto col mondo, senza più un Padroncino da seguire e amare, Baby 5 non si è mai sentita meno utile.
Eppure, prima di Sai, aveva chiamato “famiglia” i suoi compagni di cella. Sarà l’inferno a ricordarle perché.
[Accennate Baby 5/Sai, Trebol/Diamante, Senor Pink/Lucian]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Baby 5, Donquijote Family, Gladius, Pica, Sugar
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli Alti E I Bassi Della Famiglia Donquixiote'
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Una Casa E Nulla Più – L'Isola Nel Mare Sporco


Quando l’acqua inizia a schizzare dai buchi nelle travi, Baby 5 arretra tremando. Darebbe la sua testa, le sue mani, tutti i suoi anni di vita per un letto caldo in cui gettarsi. Uno schizzo le ha bagnato petto e volto: si tampona la faccia con uno straccio gettato in un angolo e corre in coperta col cuore in gola.
-Fatto.- sussurra a Buffalo, sdraiato carponi contro il parapetto. -Sarà sul fondale in cinque minuti.-
L’uomo si sporge verso il mare e solleva il pollice verso Dellinger. Il ragazzo annuisce, e sparisce sotto la superficie. I capelli biondi, illuminati dalla luna piena, sono un globo di luce che si allontana lampeggiando verso la terraferma.
Baby 5 si lascia cadere sulla schiena di Buffalo ed espira, scossa dal capogiro. L’uomo-elicottero si  solleva senza un rumore e si libra sulla via del ritorno. Le palpebre di Baby 5 cascano sugli occhi annebbiati. La donna-arma si pizzica il braccio: ancora un po’, si ripete. Ce l’abbiamo quasi fatta. Si volta sullo stomaco, rannicchiata, e allontana dalla fronte i capelli umidi e freddi. La costa si avvicina ogni secondo di più. La sabbia dovrebbe essere bianca, di giorno, ma alla luce della luna sembra gialla come bile. C’è un pontile di legno lungo come un tavolo da pranzo: troppo piccolo per una nave come la loro, e Buffalo beccheggia mentre atterra, spazzando la sabbia con le sue eliche. Ha portato a riva Jora e Gladius, Pica e Sugar, Diamante e Lao G, Machvise e Señor Pink, e lei da ultima, con rispettivi percorsi di ritorno. Dellinger li attende seduto nella sabbia, avvolto in un accappatoio grigio su cui campeggia la scritta in corsivo Hotel Mille Tesori.
-Venite con me. Gli altri vi aspettano dietro ai cespugli.-
-Grazie.- sussurra Baby 5. -È così bello rivederti, Emily.-
C’è un velo di lacrime, sugli occhi azzurri della giovane donna. Strappa la sua umida treccia bionda dal petto e rassetta sulla testa il cappuccio della giacca a vento.
Baby 5 non l’aveva mai vista, vestita di tutto punto. I pantaloni della tuta grigi sono umidi sull’orlo, la sciarpa nera pende asimmetrica sulla sua pancia.
-Seguiteci.- dice una seconda voce. -Per di qua. Meglio non accendere torce.-
Kari tiene stretta al petto una pistola che Baby 5 non ha mai visto. -Ci siete mancati così tanto.- sospira, e scocca uno sguardo rapido alla strada metri sopra di loro. Le onde crosciano contro le travi del pontile, il vento gonfia le maniche della sua giacca.
La segue guardandole i piedi, con la schiena scomodamente curva e la sacca che gratta contro le sue costole. Fosse per lei, si metterebbe a dormire là nell’erba secca, rannicchiata sotto la giacca che ha rubato al commodoro come un pulcino nel suo uovo. Un mondo piccolo, ma della sua misura.
La sua famiglia in uno spiazzo tra i cespugli, un tappeto di erbacce e polvere. La Squadra Lottatori, Buffalo, Jora e Pica portano in spalla le bisacce: Diamante giace tra le braccia di quest’ultimo, avvolto nella coperta, e gli occhi socchiusi si sgranano appena nel vedere i nuovi arrivati. Dellinger si affretta verso la madre, gettandole le braccia al collo. Joanna indossa una giacca a vento viola e il consueto cappello da cowgirl, e si stringe a Señor Pink come se ne dipendesse la sua vita.
-Ha sconfitto la tremenda Domino!- annuncia alle altre due donne. -Sodo anche da prigioniero. Che uomo.-
Kari ed Emily sospirano, raggiungono la compagna nel suo abbraccio. -Ci sei mancato così tanto, Señor. Abbiamo un posto speciale per te nel nostro rifugio sicuro.-
-Vorremmo vederlo, questo rifugio sicuro.- sussurra secca Jora.
Joanna raccoglie da terra un fucile a canne mozze e lo punta di fronte a sé. -Per di qua. Resistete, manca poco.-
Baby 5 serra le labbra. Deve aggrapparsi a Buffalo durante tutto il viaggio, perché più volte si sente sul punto di crollare in un sonno profondo. Non saranno quindici minuti, che camminano, ma le fanno già male piedi e caviglie. Il terreno è secco, e ne è grata: scivolare nel fango, nel buio, sarebbe abbastanza da voler mollare tutto proprio là.
Charlotte agita il braccio da una rupe, appoggiata a un albero. -Ciao, Señor! Ciao, famiglia! Venite di qua, vi aspettiamo.-
C’è una scala di metallo, arrugginita e verdastra, che discende lungo la fiancata della rupe. E alla base una spiaggia di sassi, grande come un campo da calcio, circondata da una mezzaluna di scogli. Dal lato opposto della spiaggia si leva una parete di pietra, sulla quale si staglia una porta di legno alta come un gigante. E davanti alla porta, i luminosi occhi viola che si guardano intorno furtivi, Kyuin brandisce il suo aspirapolvere come una lancia. Le dita paffute tremano mentre li guarda scendere. Si morde il labbro inferiore, tremulo.
-Bentornati a casa. Come vostra leale seguace, è mia premura accogliervi nella vostra nuova dimora.-
Ripone l’aspirapolvere sopra la spalla e spinge verso l’interno le stinte porte di legno.

La caverna è lunga abbastanza da contenere comodamente tre pescherecci in fila. Buffalo, sollevando le braccia, sfiora con i polpastrelli il soffitto a botte. Alle pareti di pietra grigia – granito grigio di mare, commenta Pica accarezzandone una – sono appese reti per tutta la lunghezza.
Le teste di cinque docce sporgono dal muro di destra e giacciono su un pavimento. Dietro, una cesta di panni bianchi alta come Baby 5, una piramide di sacchi cilindrici, pieni fino all’orlo. La parete di sinistra è percorsa da una muraglia di casse di legno. Per la maggior parte sono chiuse; in quelle aperte lei vede scatole di cereali, bocce d’olio d’oliva, e un sacco annodato macchiato di polvere marrone.
Machvise, Lao G, Jora ed Emily tirano le porte di legno, serrando il chiavistello e girando la chiave nel lucchetto. Baby 5 si irrigidisce nel buio. Sugar emette un urlo sottile, seguito da un rumore elettrico. La caverna si illumina di giallo, dall’entrata fino al fondo.
Baby 5 si strofina gli occhi: la seconda metà del corridoio è percorsa da un tavolo di scolorito legno blu, sotto la luce tremula di cinque lampadine da soffitto. Sopra luccicano bottiglie, ciotole, un pentolone fumante grande abbastanza da contenere lei stessa rannicchiata. La sua bocca si riempie di saliva, il naso freme a un odore indefinito ma familiare, e dolce come tutto il miele del mondo.
-Non sapevamo se foste più stanchi o più affamati.- sussurra Kari. -Nel dubbio vi abbiamo scaldato qualcosa. Sedetevi pure dove capita.-
-Diamante è molto debole. Devo farlo sdraiare.- Pica rassetta la presa sull’uomo tra le sue braccia. Kari ed Emily ridacchiano, coprendosi la bocca con le mani, e arretrano verso il muro appena l’uomo si volta a guardarle.
-Non siamo abituate. È passato tanto tempo.- scatta la seconda. Pica scuote la testa. -Ditemi solo dove lo posso mettere.-
-Per di qua, seguici. E scusaci per la risata.-
Dietro il tavolo, il rifugio si allarga sui fianchi, fino alle dimensioni della cella che hanno lasciato. All’angolo sinistro, un armadio bianco sporco ricopre tutta la parete. Sul fondo vi sono quattro fornelli, una lavastoviglie, due stendiabiti piegati uno sull’altro – e un materasso che percorre tutta la parete di destra, coperto da un lenzuolo pulito e da una manciata di cuscini.
-Le nostre camere da letto sono al piano sopraelevato, ma alcuni di voi non ci passano. Abbiamo organizzato qui uno spazio per voi. Avrete coperte, cuscini e sacchi a pelo.-
Joanna si inginocchia accanto al materasso e regge la testa di Diamante mentre Pica lo adagia.
-È un cuscino ortopedico, memory foam. Una lunga storia, ma non preoccupatevi per lui. Dormirà come un bambino.-
Pica borbotta un “grazie” e si accomoda al capezzale di Diamante. Gli prova la fronte: -Ha ancora la febbre alta.-
Joanna porge al guerriero una sacca di iuta bianca, su cui è stata dipinta una croce rossa. -Il termometro è qui dentro. Se riesce a mangiare, la zuppa è pronta.-
I mezzi di una nave, anche una nave marine, non sono sufficienti per trattare un’infezione. Il graffio sulla schiena di Diamante è lungo come una lama di pugnale, e trabocca pus così viscido e abbondante da dover, ogni volta, cambiare le lenzuola assieme alle bende. C’era una sola boccetta d’acqua ossigenata, e Machvise era stato costretto a razionarla.
-Se smetto di camminare,- aveva biascicato Diamante una sera, -striscerò fino a Kyros per sputargli sulla faccia di merda.- Stava piangendo, mentre lo diceva. Se fosse il dolore fisico o la rabbia, Baby 5 non lo considera affar suo.
Ha anche perso sangue, abbastanza da non reggersi in piedi o sollevare anche solo una posata. In attesa di un trapianto sono le mani di Pica a imboccarlo, a dissetarlo, a tamponargli la bocca sbavante; quelle di Dellinger a pettinarlo, quelle di Machvise a fargli la barba. Ha deciso di farsi crescere i baffi e il pizzetto, marroni e grigi come i capelli. Non somiglia all’Eroe del Colosseo, ma a detta sua “Trebolcito se lo mangerebbe tutto come un boccone di pane”.
Ed è in quei momenti che, forzando un sorriso, Baby 5 vorrebbe tornarsene nel passato e strappare quell’ingenua sé stessa dalle braccia nerborute del Don.
Pace. Lui non sa che lei è qui. Se legge il giornale, saprà senz’altro che è evasa. Con i Marine alle calcagna, sparire dietro una vecchia porta è un sacrificio che possono fare. La zuppa fuma in una ciotola di plastica gialla, Charlotte la scodella in piatti sbeccati. Dellinger stappa una Coca Cola, Buffalo una soda, Kyuin aiuta Sugar a versarsi un bicchiere di succo d’uva. Señor, Lao G, Jora e Machvise si distribuiscono bottiglie di birra.
La zuppa è calda, salata, ricca come un dessert. Baby 5 si accaparra una birra e mangia senza un fiato. Ci pensano le padrone di casa a spezzare il silenzio: chiacchierano come fossero caricate a molla.
-Un tempo, i pescatori di questo villaggio venivano qui a depositare le barche. Una ventina di anni fa i Nobili Mondiali hanno aperto un cantiere sopravvento, contaminando l’acqua. Così sono stati chiusi e nessuno ci veniva più…-
-…ma noi abbiamo aperto il cancello con le cesoie e ce ne siamo appropriate. Il comune di Dressrosa ci aveva dato dei soldi per ricominciare daccapo. Sapete, molti Dressrosiani si sono trasferiti altrove…-
-…capite che investimento, no? Anziché comprare una casa ci siamo infilate qui dentro e abbiamo usato i soldi per prepararvi una sistemazione in attesa del vostro arrivo…-
-…e adesso siete al sicuro, qui con noi. Potete fare quello che volete.-
Se si aspettavano un applauso, devono essere deluse. Baby 5 rimescola la zuppa e sorbisce la birra. Freddo e caldo, purché la sazi. Forse si può costruire una routine, in quel mondo dei liberi così grande e così strano.
Diamante mugugna dal suo giaciglio. -Cibo…?-
Ha gli occhi a mezz’asta, la pelle giallastra e sudata. Solleva una mano tremante, piegando dita scosse da spasmi. Charlotte depone il mestolo.
-Se non riesce a reggere il cucchiaio possiamo imboccarlo noi.-
-No… no.-
Diamante sbatte le palpebre, allunga la mano nel vuoto. -Fammi sedere, pietruzza.- ansima.
-Non devi fare sforzi, Didi.-
-Voglio s-solo- il tono di Diamante è lapidario, -sedermi.-
Pica appoggia il palmo dietro la schiena dell’altro uomo e lo conduce ad appoggiarsi al muro. Charlotte porge una coperta, e il guerriero la drappeggia attorno alle spalle tremanti del padre.
-Datemi un… un cucchiaio.- tossisce Diamante. Emily gli porge un mestolo concavo di legno.
-Appoggialo.- ripete. Le dita dell’ex gladiatore si insinuano attorno al manico. Il legno si piega su sé stesso, come un nastro di raso, seguendo le forme delle sue falangi. Diamante attorciglia le dita attorno al manico, come per districare una matassa di fili. -Lock.-
Solleva la mano: il cucchiaio è incastrato tra le sue dita, senza un fremito eccetto quelli delle mani di Diamante stesso. -E adesso vo…- sogghigna, -voglio vedere.-
Le offrono altra zuppa, finito il primo piatto, ma Baby 5 ha lo stomaco chiuso e scuote la testa. Né vuole il caffè, i biscotti o la tisana alla menta. Non che qualcuno possa farci caso, non con le ragazze già avvinghiate a Señor come piovre. Pica tampona la fronte del padre con uno straccio umido, chiacchierando con Gladius e Dellinger, Kyuin ha tirato fuori un mazzo di carte per Machvise, Lao G e Jora, Sugar fa una piramide con gli acini d’uva. Nessuno sorride.
-Diamante-sama non vuole cantare.- si lamenta Dellinger. -Se non canta lui, chi lo fa?-
-Su, dai tregua a quel poveretto,- sussurra Machvise allargando il braccio. -È anemico, sai. Ha bisogno di un trapianto.-
-Già, un trapianto.- Jora si gratta le unghie con una carta. -Con i soldi che troveremo sotto i sassi.-
-Trebol saprebbe cosa fare,- mugugna Sugar. -Non ha paura di niente.-
Forse è la cosa migliore, al momento, che Diamante sia ancora così debole. Nessuno, là dentro, sembra aver voglia di ascoltare una canzone. Nemmeno la zuppa, dall’aroma ottimo, ha il sapore giusto. È come assistere alle loro vite da dietro uno specchio. Non aveva quest’abilità, una delle figlie di Big Mom? Probabilmente nemmeno lei saprebbe sbrogliare il dilemma.
-Siamo ancora forti.- tenta la vecchia. -Forse possiamo procurarceli con la forza.-
Lao G sbuffa. -Ottimo modo per avere Sakazuki attaccato al collo in tempo zero.-
Silenzio, ancora, neanche si fosse materializzato in quella stanza. Forse preferirebbero affrontare Kaido: una minaccia, ma una che conoscono. Akainu significa marine, e i marine significano tornare sotto terra. Ha sconfitto Ace, Pugno di Fuoco, e causato la morte del possente Barbabianca. Deve essere così, che si sentiva Dressrosa sotto la Gabbia. Ma quello che per il popolo era una condanna, per loro è uno scudo che non può proteggerli più.
-Quell’uomo mi mette i brividi,- sussurra Charlotte. -Dicono che una volta abbia dato fuoco a una nave intera, perché i marine a bordo hanno tenuto nascosti dei bambini.-
Dellinger ride. -Se ci acchiappa siamo fritti, letteralmente. Fssss.-
-Nemmeno il Padroncino potrebbe batterlo, quello,- sussurra Baby 5. -Lui aveva la nave. Aveva il Filo Filo. Aveva il potere.-
-Aveva le nostre vite.-
Lao G rimescola il suo caffè e sospira, respirandone i vapori. Kyuin appoggia una mano sulla sua spalla, attorcigliandosi un codino tra le dita.
-Non pensateci. Dovete dormire. Ne avete bisogno. Quando si finisce un lavoro ci si merita un riposo.-
Di nuovo silenzio – e uno scambio di sguardi che dice molto. Finire un lavoro, così possono chiamarlo. Un’impresa che potrebbe essere leggendaria, ma non dagli occhi di chi la compie.
Come se bastasse a cancellare il fatto che non sono più a Dressrosa.
-Le camere sono al piano di sopra. Le ragazze avranno il piacere di indicarvele. Per voialtri, invece…- Kyuin si alza dal tavolo, indicando il pavimento. -Possiamo tirare fuori dei materassi, se questo spazio vi risulta scomodo.-
Pica allontana lo straccio bagnato dalla fronte di Diamante. Si alza dal suo sgabello e ve lo depone sopra assieme alla ciotola dell’acqua.
-Io dormo qui.- Si sdraia sulla schiena, sul pavimento pietroso, e vi scompare dentro senza un fiato. Solo il braccio destro emerge dalla roccia. La sua mano, ricoperta di escoriazioni e cicatrici, è stretta a quella di Diamante.
Kyuin rassetta la coperta su Diamante. -Vise-sama, Buffalo-sama, se volete accomodarvi…-
Machvise sbadiglia un “iiin”. Buffalo ha già la testa reclinata sul tavolo, e russa sommessamente. Baby 5 gli stringe il polso, e fa scivolare un cuscino sotto la sua guancia.
Anche Lao G, Dellinger, Gladius, Jora, Señor Pink e Sugar seguono le ragazze su per le scale. -Per voi abbiamo alcuni dei nostri vestiti.- dice Kari. -Ma immagino che vogliate dormire.-
Al piano superiore, la stanza è alta un braccio più di Baby 5. Deve essere stata un deposito di bagagli e di scorte: è divisa in due sezioni da un paravento di legno e una serie di teli tesi tra quello e la parete. Quattro materassi nel locale sinistro, otto nel destro, e su ciascuno di essi giacciono coperte, copriletto imbottiti, cuscini quadrati e rettangolari di tutti i colori dell’arcobaleno. Accanto alla scala attendono una cassa d’acqua, una cassetta del pronto soccorso e un mucchio di altre coperte, da sotto le quali sporge il cane di una pistola.
-Gli uomini staranno di qua,- dice Charlotte indicando la sezione alla sinistra di Baby 5. -Noi ragazze di là, a meno che Señor non voglia portarci con sé.-
-Continuate a sognare.- sibila Sugar. Lao G, Gladius, Dellinger e Señor Pink scivolano oltre il séparé, salutando le compagne con un gesto della mano.
Joanna le indica un letto, nell’angolo più lontano dalla porta – e le è grata, perché anche lei vorrebbe avere il Pietra Pietra per sparire dentro il muro e rimanerci forse per sempre. Una pila di abiti piegati giace sul copriletto. Baby 5 mormora un grazie e tira la tenda.
Sembra facile. Dovrebbe essere facile. Perché non lo è?
C’è uno specchietto, su una mensola, che riflette la tenda e un angolo del suo petto: Baby 5 lo abbassa di scatto. Si passa una mano nei capelli, e una manciata le rimane impigliata tra le dita.
Basta. Ha una maglietta bianca, un maglione di lana rossa e dei pantaloni della tuta neri, assieme a della biancheria pulita, un paio di calzini di lana a scacchi e delle scarpe da ginnastica consunte, ma soffici come bambagia quando le scivolano ai piedi. Non è il suo vestito, ma tiene caldo, e copre come si deve tutti quei dettagli fuori posto. Riprenderà peso. L’ha già fatto, una volta.
Sugar si infila un golf nero lungo abbastanza da farle da vestito, con le maniche arrotolate, e un paio di calzini di spessa lana grigia infilati nelle ballerine a fiori. Jora sguazza in un camicione bianco sporco che potrebbe andar bene a Bartholomew Kuma.
-Non abbiamo di meglio.- arrossisce Emily. -Vi rivestiremmo come signori, se potessimo.-
-Stiamo bene così.- dice calma la vecchia, e nessuno ha nulla da eccepire.
Baby 5 sprofonda sul suo materasso senza un fiato. Il lenzuolo è bianco e pulito, il copriletto imbottito soffice come una nuvola. Si rannicchia sul fianco, come un rettile, e si tira le coperte fin sugli occhi.
-Ci sono io, bambina.- sussurra la voce di Jora. -È tutto finito. Dammi la mano, se hai paura. Ci sono qui io.-
Baby 5 si preme la mano sul volto. Se fosse finito, se solo fosse finito.

Il cielo è nuvolo, la mattina dopo, e sulla tavola apparecchiata attende una fila di piatti multicolore.
Jora, avvolta in uno scialle di lana, si lima le unghie. Señor Pink veste una camicia di buon taglio e un paio di consunte brache di camoscio. Machvise sfoggia una tunica beige, probabilmente presa a qualche gladiatore. Buffalo si dondola sulla sua sedia in calzoncini e giacca a vento, grande abbastanza da fare da vela a un galeone. Gladius taglia il pane, Joanna versa il caffè e Kari il tè. Potrebbe essere una casetta qualunque, se provassero a guardare.
Sugar ha una ciotola d’uva sulle ginocchia, e le rimescola col dito. -Posso ancora fare questo,- sorride, e indica a Charlotte ed Emily le cinque dita rimaste, su ciascuna delle quali è conficcato un acino. -Non mi hanno tolto niente, quegli stronzi.-
Deve mangiare, anche lei: i biscotti sono in attesa sul piatto, il latte al cioccolato luccica nella sua tazza, e forse anche un po’ d’uva può farle piacere. Sugar ha perso molto più di lei, eppure sorride come una bambina vera, lasciandosi pettinare ed intrecciare i capelli da Kyuin.
Gladius è avvolto in una coperta, e mastica una brioche. Le indica di sedersi.
-Non ho dormito,- biascica.
-Neanch’io.- Stringe le mani attorno alla tazza. È meravigliosamente calda. -Però il letto era comodo. Dobbiamo dirglielo, non è colpa loro.-
-Non preoccupartene, non ci faranno caso. Sono così felici di aiutare.-
Si pulisce la bocca con la mano guantata. La brioche gli scivola dalle mani, e rotola lungo le sue ginocchia fino a terra. Alle sue spalle, Joanna e Kari massaggiano le spalle di Señor Pink. Emily spalma burro e marmellata per Sugar, Charlotte lancia aringhe perché Delliger le prenda al volo con la bocca.
-Prego, di qua.- di nuovo la voce di Kyuin. -Diamante-sama, Pica-sama, lasciate che vi aiuti.-
Diamante e Pica emergono dal fondo del rifugio. Il gladiatore si regge alla spalla del figlio e batte i denti in un cappotto di pelle imbottita, chiuso fin sotto al collo; ai piedi, un paio di stivali da pioggia sotto due logori pantaloni impermeabili, i capelli opachi che sporgono da sotto un berretto di lana. Pica porta i capelli in una crocchia spettinata, sorretta da quello che sembra uno strappo di tela per vele; è a torso nudo, ma sulle spalle giace una felpa grigia, le maniche vuote che pendono sopra la sua schiena. Ai fianchi un paio di pantaloncini di tela, sorretti da una corda annodata sopra la vita, ai piedi un paio di sandali infradito troppo piccoli.
-Come state?- domanda Buffalo. Machvise sposta una sedia libera, e Pica guida Diamante perché vi si sieda.
-Pietra, dolce pietra. Non ho mai dormito così bene.-
Allunga le braccia verso il soffitto, stirando i muscoli. -Didi è ancora molto debole.-
-Gli ci vuole proprio un buon tè, allora.- Emily indica la teiera fumante. -Non preoccuparti di imboccarlo. Ci pensiamo noi.-
Il guerriero annuisce, e si butta sui biscotti. Sono settimane che lo imbocca: deve essere contento di prendersi una pausa.
Diamante lo guarda come se l’avesse insultato. “Debole” e “Diamante”, nella stessa frase, non dovrebbero nemmeno starci. Anche lui lo sa: un trapianto di sangue, facile a dirsi. E pensare che a Dressrosa avevano abbastanza soldi da comprarsi un intero ospedale.
-E se anche volessimo scappare? Per andare dove?- Jora prende una mano dell’ex gladiatore e la massaggia. -A fare cosa?-
A fare i pirati, forse? Ma senza capitano che senso ha? Hanno combattuto per il Padroncino, ucciso per il Padroncino, eseguito ogni suo ordine come se fosse un dio sceso in terra. Allora anche gli dei possono morire – e allora che si fa?
Diamante si aggrappa al braccio del figlio.
-Dobbiamo sch-sopravvivere. Adattar…-
Sbatte la mano tremante sul tavolo. -Adattarci.- sussurra Machvise. -Stai giù, tu. Devi stare a riposo, ridotto come sei.-
Prende un sorso di tè. -Adattarci,- ripete, come per sentire il sapore della parola. Non sembra che gli piaccia. Vuol dire niente battaglie, niente Frutti del Diavolo, niente agi da pirati. Una casa, e nulla più.
-Forse c’è un nobile, qui intorno.- tenta Baby 5. -So ancora fare la cameriera.-
Non può credere di aver pronunciato quelle parole. Era un bell’abito, il suo. Non c’era nulla di più bello che rendersi utile, allora: un bicchiere d’assenzio per Jora seduta alla tela, un’altra bottiglia di vino rosso per Diamante e Trebol stravaccati in portico, un succo d’uva per Sugar immersa in un fumetto e una birra per Machvise prima del pisolino post-pranzo. Grazie, Baby 5. Mi sei davvero utile. Kyuin ha spiegato una mappa dell’isola, indica una villa in cima a una collina. È così piccola da sparire persino nel Mare Settentrionale. Non si può pescare, non in acque così fangose. Dellinger dice che ci sono abbastanza alghe da rimanerci incastrati come nel fango. Il terreno è troppo brullo per coltivarci o cacciarci. Come se ci fosse un’altra gabbia, che li circonda dovunque si muovono.
E Kyuin la chiama Baby 5-sama – mentre parla di negozi di caffè, magazzini, cave di pietra e bancarelle, parole che non hanno senso alla loro tavolata. Che dolce. Come se avesse ancora un esercito, e quello obbedisse solo a lei. Come li sfameremmo, duemila soldati? Ciascuno di loro ne avrebbe così tanti, eccetto gli ufficiali: anche sottraendo la parte di Trebol e Violet, non ci sarebbe nemmeno lo spazio per farli stare in piedi. Forse è un vantaggio, non essere più parte di quel mondo? Una manciata di formiche ammucchiate in un cantuccio del mare.
Forse può ancora piacerle, essere utile. È sempre stato così splendidamente semplice. Naturale, come respirare, dacché lei ricordi. Basta sapere che lo fa per la sua famiglia, per qualcosa che le appartiene, e forse non sarà così umiliante come pare.
Anche se della Famiglia Donquixiote, ormai, non rimane che la sagoma.


A.A.:
Se pensavate che le cose sarebbero diventate più semplici una volta fuori da Impel Down… erravate. Qui un nemico ben peggiore di Sakazuki si profila: la vita reale. Ci sono molti modi per devastare dei personaggi, e la tortura è soltanto uno.
Adesso hanno almeno una casetta, un posticino comodo dove stare, e dovranno adattarvisi. L’idea di dare alle ragazze di Señor Pink qualcosa da fare era un punto fermo di questa storia dalla genesi, e ora che Oda ha confermato che Kyuin non è stata arrestata con la famiglia, posso portarlo avanti senza troppi inciampi col canone.
1. I nomi delle fangirl di Señor Pink riprendono quelli di La Leva Cala. Kari è la mora con le cuffie (a cui il bastardo leva il reggiseno per pulirsi la bocca), Joanna la bruna con il cappello da cowgirl, Charlotte la castana con gli occhiali da sole ed Emily la biondina con la rosa nei capelli. Kyuin è sempre Kyuin. O Kween, o Swuuush. Insomma, la boss della fabbrica che sembra un uovo coi codini di Harley Quinn.
2. Stavo meditando di cambiare i nomi delle Pink Ladies (le chiamo così), dando ad esse anche un tema di riferimento. Volevo chiamarle Nicole, Amy, Charlotte e Grace, citando il libro di Madonna Le Rose Inglesi. Con le bambine del romanzo, le quattro groupies hanno anche una certa somiglianza fisica. Emily si chiamerebbe Nicole, Joanna sarebbe Amy, Kari sarebbe Charlotte, e Charlotte (l’altra) sarebbe Grace. Ditemi pure cosa ne pensate.
3. L’aspetto di Diamante con barba e pizzetto è basato sullo Steven Tyler odierno.
4. La caverna in cui la famiglia viene ospitata è ispirata a un luogo dove sono stata: le Grotte del Passetto, ad Ancona. Si trattava anche là di vecchi depositi per barche, trasformati dagli anconetani in dei piccoli rifugi con elettricità, soprammobili e tavole. Credo che, almeno in estate, vengano utilizzati anche per dormirci. Erano molto graziosi.
5. Buffalo è, canonicamente, alto sei metri e novantasei centimetri. Per darvi un’idea: Diamante è alto cinque e venticinque, Pica quattro e settanta. Barbabianca sei e sessantasei, Kuma sei e ottantanove, Moria sei e novantadue. Avete idea di quanto sia enorme quell’uomo? E quanto sia difficile per me scrivere questi personaggi in uno spazio “ristretto”, quando quello che per Buffalo è un pertugio è un comodo spazio di manovra per Baby 5?
Vi ringrazio, se continuate a seguirmi, e alla prossima.
Lady R
  
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