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Autore: Ghost Writer TNCS    18/01/2020    1 recensioni
Da quando la sua famiglia è stata uccisa, Tenko ha combattuto ogni giorno, decisa a sopravvivere solo per compiere la sua vendetta. Ma il suo nemico è il Clero, la più potente istituzione del mondo, fondata dagli dei per garantire pace e prosperità a tutti i popoli.
Vessata dal destino, Tenko dovrà affrontare i suoi sbagli, le sue paure così come i suoi nemici, per scoprire che – forse – un modo esiste per distruggere il Clero: svelare le vere origini del loro mondo, Raémia.
Ma dimostrare le menzogne degli dei non sarà facile. Il Clero è pronto a schierare tutte le sue forze per difendere la dottrina, e gli dei stessi non si faranno scrupoli a distruggere chiunque metta in dubbio la loro verità.
La sua è una guerra persa, un suicidio, o peggio. Ma che importa? Quando ti tolgono tutto, non hai più nulla da perdere.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '1° arco narrativo'
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42. Volontà divergenti

«Cos’è cambiato?» volle sapere Tenko, sforzandosi di mantenere la calma. «Come puoi tornare al servizio degli dei dopo quello che abbiamo passato?»

«Mi è apparso Susanoo» rispose Leonidas. «Susanoo in persona si è manifestato e mi ha parlato. Mi ha spiegato-»

«Un dio ti è apparso e tu gli hai dato ascolto?!» imprecò la demone, la cui pazienza si era già esaurita. «Dov’era mentre i suoi amici ci guardavano morire?! Dov’era?!»

«Credimi, non è stato facile per me prendere questa decisione. Ora, lasciami spiegare-»

«Spiegare?!» lo interruppe di nuovo la demone. «Non c’è niente da spiegare!»

«Lasciami parlare!» la zittì il faunomorfo. «Qui non si tratta solo di me e te! Qui si tratta del mondo intero! Anche ammettendo che tu riesca a uccidere gli dei, ti sei fermata solo un momento a pensare a cosa succederebbe?! Al caos che verrebbe dopo?! Tu vuoi una guerra, Tenko, una guerra! Nessuno di noi ha mai visto una vera guerra, ma gli dei sì! Susanoo mi ha mostrato cosa accadrebbe senza gli dei a guidarci! Quello che hai passato è niente in confronto alla devastazione che scoppierebbe se non ci fossero gli dei!»

Tenko serrò i pugni, incapace di ribattere.

«Non voglio dire che questo mondo sia perfetto» proseguì Leonidas. «Forse hai ragione, gli dei non sono perfetti, ma noi abbiamo bisogno di loro, almeno quanto loro ne hanno di noi. È solo grazie agli dei se possiamo vivere in pace! E non mi riferisco a una pace mistica o roba del genere! Mi riferisco alla cattura dei criminali! Al controllo degli animali selvatici! Alla crescita dei raccolti! Senza gli dei, tutto ciò che diamo per scontato sparirebbe! Sei davvero sicura di voler distruggere tutto questo?»

La demone rimase immobile alcuni istanti, in silenzio, poi scosse il capo. «Ti sbagli. Noi possiamo vivere senza gli dei, e il villaggio dei teriantropi nella foresta a sud ne è la dimostrazione.» Sguainò la spada. «Ho smesso di fidarmi degli dei quando la mia famiglia è stata uccisa, uccisa perché aveva rifiutato di sottomettersi, quindi stai sprecando il fiato. Non voglio ucciderti, quindi ti prego, fatti da parte.»

Leonidas prese l’arco del suo clone e incoccò una freccia. «Neanche io voglio ucciderti, ma non mi lasci altra scelta.»

Tenko provò a evocare la benedizione delle tre donne, ma non accadde nulla. Fece appello ai suoi istinti peggiori, tuttavia c’era qualcosa che la teneva bloccata.

Il faunomorfo scoccò e il dardo si conficcò nel terreno, proprio ai piedi della demone. La scarica elettrica travolse la giovane, che urlò di dolore. Cadde a terra, tremante per la paralisi.

«Questo era l’ultimo avvertimento. Arrendetevi, tutti e tre.»

Zabar e Icarus non sapevano cosa fare, erano quasi tentati di rinunciare, ma poi videro Tenko che a fatica si rimetteva in piedi.

«Ci siamo già passati» gli fece notare la demone. «Sai che non mi arrenderò. E preferisco morire subito piuttosto che diventare di nuovo un giocattolo degli dei.»

Serrò i pugni, invocò tutto l’odio che provava nei confronti dei suoi nemici, ma di nuovo la benedizione non rispose.

«Così non va, piccolina.»

Tenko riconobbe subito l’irridente voce femminile direttamente nella sua testa.

«Non ti abbiamo dato la nostra benedizione perché tu ti trattenga.»

«Devi punire gli dei e i loro servitori!»

«La tua giustizia deve essere spietata!»

«Quell’uomo è tuo nemico.»

«Ricorda il dolore che ti ha inferto!»

«Ricorda la sua omertà!»

«È tuo nemico, e lo sarà sempre!»

«Uccidilo!»

«Uccidilo!»

«Uccidilo!!!»

La benedizione divampò nel corpo della demone insieme al suo urlo furioso. Ebbra di potere, Tenko infuse la sua magia nella spada e si lanciò all’attacco.

Leonidas aveva già visto l’abilità della demone, così appena lei divenne invisibile evocò la benedizione di Susanoo e proiettò una ragnatela di fulmini in ogni direzione.

La demone vide la mossa dell’avversario, vide il suo incantesimo che si allargava rapidissimo, impossibile da schivare, ma non se ne preoccupò: ormai sapeva che il suo potere non era semplice invisibilità, ma piuttosto intangibilità. Quella versione oscura e distorta del mondo non ospitava solo la sua mente, ma anche il suo corpo, rendendola di fatto uno spettro immune a qualsiasi attacco. Certo, non poteva restare nascosta a lungo, ma una manciata di secondi erano sufficienti per aggirare qualsiasi avversario e attaccarlo alle spalle nel modo più vile possibile.

Superò Leonidas e caricò l’affondo, pronta a trafiggerlo al cuore. L’avrebbe ucciso così, senza nemmeno guardarlo negli occhi, perché lei era questo: un’assassina senza onore a cui importava solo della sua vendetta.

Il faunomorfo era sicuro che Tenko sarebbe tornata visibile una volta colpita dalla sua magia, eppure continuava a non vederla. Dedusse che in qualche modo lei era riuscita a schivare il suo attacco, così annullò l’incantesimo e rimase in attesa, attento a captare la minima variazione nel campo elettrico.

Avvertì una presenza: era alle sue spalle. Si voltò di scatto, pronto a bloccare la spada, invece fu la frusta a ghermirlo: si avvolse intorno a lui e gli bloccò le braccia. Approfittando dell’effetto sorpresa, Tenko fece appello a tutta la sua forza e lo scagliò contro un albero.

«Fermatelo!» gridò la demone ai suoi compagni, la voce incrinata.

I due parvero come svegliati da un sogno. Zabar lanciò un attacco mentale per impedire al felidiano di reagire, Icarus invece intonò una preghiera: «Oh, Grande Madre, rispondi al tuo umile figlio. Blocca il mio nemico in una prigione di terra. Il mio guadagno è il tuo guadagno, io sono il Mercante!»

Leonidas, stordito dal colpo e confuso dall’attacco psichico, non ebbe la forza di reagire e il terreno si avviluppò facilmente intorno a lui, lasciando libera solo la testa.

«Presto! Andiamo!» ordinò Tenko indicando il grifone del felidiano.

Zabar si fece avanti e in pochi secondi prese il controllo dell’animale, così da permettere anche agli altri due di salire.

Una volta in cielo, i tre poterono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Leonidas ci avrebbe messo un po’ per liberarsi, e in ogni caso senza il grifone non avrebbe potuto inseguirli.

Nonostante la vittoria, l’ex chierico si rese conto che la demone era ancora molto scossa. «Ha fatto la sua scelta, non saremmo riusciti a fargli cambiare idea.»

Lei scosse il capo. «Non è questo» esalò lei, la voce rotta. «Io non volevo ucciderlo, ma le tre donne hanno cercato di costringermi a farlo. E stavo per farlo, Zabar. Anche se non volevo, stavo per ucciderlo.»

«Alla fine però non l’hai ucciso, è questo che conta. Hai dimostrato che sei diventata migliore di come eri in passato.»

«Non lo so se sono davvero migliore» ammise la demone, scura in volto. «Quello che ha detto Leonidas sul mondo, sul caos che scoppierebbe senza gli dei… Mi sono sempre concentrata sulla mia vendetta e non ho mai pensato davvero alle conseguenze.» Strinse i pugni. «Non voglio che altri debbano subire quello che è successo a me, non per colpa mia.»

L’ex chierico sospirò. «Mi spiace dirlo, ma è vero che senza il Clero e gli dei a mantenere l’ordine, un periodo di caos è quasi inevitabile. Tu però non vuoi rinunciare, vero?»

«Rinunciare? No, mai. Ucciderò gli dei e spazzerò via il Clero… ma non posso limitarmi a questo. Pensi che esista qualcuno in grado di rimettere in piedi il mondo quando tutto questo sarà finito? Anche ammettendo di sopravvivere, io non potrei mai farcela.»

Questa volta fu Zabar a scuotere il capo. «Questo non lo so.»

«Emh, scusate se mi intrometto» intervenne Icarus, «ma ho sentito parlare di un tipo, ad Artia. Mi sono arrivate voci contrastanti: alcuni lo dipingono come un sovrano illuminato, altri come un dittatore sanguinario, in ogni caso sono tutti concordi sul fatto che stia radunando un gran numero di persone: pare voglia muovere guerra contro gli dei.»

«… ma…?» lo esortò Tenko, intuendo la frase in sospeso.

«Ma a quanto pare è un semidio» rivelò il faunomorfo. «Dicono sia il figlio di una dea uccisa circa vent’anni fa.»

Fra i tre calò un lungo silenzio, che proseguì finché il grifone non completò l’atterraggio vicino ai due esemplari dei demoni. Ad attenderli c’erano i servitori di Icarus, che nel frattempo avevano provveduto a sistemare i loro bagagli.

«Saresti disposta ad allearti con un semidio?» chiese Zabar una volta scesi a terra.

«Se questo tipo è davvero in grado di costruire un mondo libero dagli dei, allora temo che il problema non sarà lui, ma io» ammise Tenko. «Oggi ho quasi perso il controllo, e anche senza la benedizione so di non essere una brava subordinata. Non fraintendermi, mi piacerebbe conoscerlo e capire se davvero può aiutarci, ma non voglio farmi illusioni.»

«I miei bagagli sono pronti, quando volete possiamo partire» affermò Icarus, che nel frattempo si era premurato di salutare un’ultima volta i suoi servitori.

«Beh, avremo tutto il tempo per pensare, ora andiamo» disse Zabar.

Tenko salì in sella al suo grifone e, mentre la cavalcatura spiccava il volo verso nord, lei ripensò a tutto quello che le era successo negli ultimi mesi: ai pericoli che aveva corso, alle sofferenze che aveva patito e alle cose che aveva imparato.

Nonostante tutti i suoi sforzi, non aveva ancora raggiunto la sua meta. Non ci era nemmeno vicina. Aveva fatto dei progressi, aveva ottenuto qualche sporadica vittoria, tuttavia le probabilità di successo erano ancora minime.

Ne era valsa la pena?

Ripensò alla vecchia sé stessa, una randagia sola e senza prospettive per il futuro, poi guardò Zabar e Icarus che volavano davanti a lei, e oltre, verso il lungo viaggio che l’attendeva.

Sì, ne era valsa la pena.


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