Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: sparewheel    26/01/2020    4 recensioni
Affrontando le conseguenze di un desiderio espresso involontariamente, Emma finirà per ottenere quello che mai avrebbe creduto possibile e per scoprire che un futuro inaspettato può essere ben più prezioso di un desiderio realizzato.
Swanqueen ambientata qualche tempo dopo gli eventi della 6x10 e che non segue gli sviluppi della 6B.
Genere: Angst, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 27 - Epilogo.

“Uuuno
Duuue
Teee
Quaaatto…”
La conta di Dave le arrivava chiara e squillante alle orecchie e, anche se in quel momento non poteva vederlo, Regina riusciva comunque ad immaginarlo a giocare in giardino.
Stava in piedi davanti all’albero di mele, con il viso rivolto al tronco imponente, le manine a coprirsi gli occhi e i piedini ben saldi a terra, ma impazientemente pronti a scattare non appena raggiunto il diesci.
Regina sorrise al pensiero di quei buffi vocaboli che erano ormai diventati parte integrante della sua quotidianità.
Il suo piccolo non riusciva ancora a pronunciare bene tutte le parole, ma era più che normale ad appena tre anni. O, forse, quella particolare pronuncia sarebbe stata una delle tante peculiarità che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita… una delle tante peculiarità che Regina avrebbe certamente continuato ad amare perché parte di ciò che rendeva unico e speciale il suo bambino.
“Diesciiii!” sentì urlare. E decise che la preparazione della cena poteva di certo essere messa in pausa per qualche minuto.
Si asciugò le mani e raggiunse la finestra della cucina, giusto in tempo per vedere Emma, stanata dal suo nascondiglio, correre insieme a Dave verso l’albero di mele come se da quella corsa dipendessero le loro vite.
Regina sospirò nel vedere Emma superare loro figlio ed accingersi a batterlo. Ma non ebbe il tempo di formulare un qualche incantesimo per ostacolarla che Dave si teletrasportò davanti all’albero, colpendo il tronco con le sue manine e battendo entrambe le sue mamme sul tempo.
“Hey, non vale, avevamo detto niente magia!” si lamentò Emma, raggiungendo il suo secondogenito.
“Piccolo mostriciattolo imbroglione, per punizione stasera mangerò anche la tua fetta di torta!” gli disse, stringendolo a sé con un braccio e cominciando a fargli il solletico.
“Noooo la totta è miaaaa!” protestò Dave, dimenandosi e ridendo incontrollabilmente.
Emma si lasciò inondare da quella risata e strinse Dave ancora più forte, smettendo di torturarlo col solletico per potergli poggiare un bacio sulla testa.
Ma non ebbe il tempo di farlo che Dave si teletrasportò di nuovo, sfuggendo alla sua presa e cominciando a correre per tutto il giardino.
A correre… con indosso i vestiti che gli avevano comprato appena due giorni prima… in un giardino fatto di terra ed erba e fiori e piante e chissà quante altre cose con cui avrebbe potuto sporcarsi prima della cena…
Regina mi ucciderà” fu l’unica cosa che Emma riuscì a pensare mentre si apprestava a rincorrere quella peste di suo figlio.
Lo vide svoltare l’angolo e raggiungere il vialetto, puntando dritto all’ingresso di casa.
“Non cadere
Non cadere
Non cadere”
pregò.
Prima di cadere lei, inciampando nei suoi stessi piedi e finendo rovinosamente per terra.
“Merda” borbottò dolorante.
Alzò lentamente il viso, cercando la forza per rialzarsi, e la sua attenzione fu catturata da due ben note decolleté nere che si erano fermate ad un soffio dalla sua faccia e che sostenevano le meravigliose gambe dietro le quali Dave si era prontamente rifugiato.
Le meravigliose gambe che tante volte aveva ammirato ed accarezzato e baciato… Emma sorrise e pensò che la pelle olivastra di Regina non era affatto male come ultima cosa da vedere prima di morire.
Abbassò nuovamente lo sguardo, pronta a ricevere una qualche pungente frecciatina, e solo in quel momento notò dove precisamente si trovava: la sua faccia era a pochi centimetri dalla mattonella in cui era inciampata la sera che aveva saputo della gravidanza di Regina.
Aveva prontamente riparato lei stessa quella mattonella qualche giorno dopo, quindi le era facile distinguerla in mezzo alle altre. Era leggermente diversa, era in qualche modo speciale.
Ed era speciale anche perché, a pensarci bene, quella mattonella era il punto in cui lei e Regina si erano parlate per la prima volta, la sera in cui Henry l’aveva costretta a riportarlo a Storybrooke esattamente 9 anni prima.
La sua storia con Regina era iniziata lì.
Da quel “tu sei la madre biologica di Henry?” e quella voce, quello sguardo e quella bellezza mozzafiato che l’avevano lasciata a bocca aperta come un’idiota, in una fredda sera di ottobre che all’improvviso non era stata più così fredda.
Proprio lì la sua vita era inciampata, vedendo crollare le proprie certezze. E poi si era risollevata, si era innalzata.
Non in un istante, ma in una serie di momenti, in un enorme mix di emozioni.
Un solo punto e quanti passi!
E quanti ancora ne avrebbero fatti lei e Regina, insieme fino al loro per sempre…
Emma sperava che sarebbero stati tanti e tanti e tanti. Perché poter camminare a fianco a Regina era la sua realtà da sogno.
E sarebbe stato così semplice cogliere l’attimo e fare un altro passo… così semplice mettersi in ginocchio proprio lì, in quel posto speciale, e ripetere a Regina quanto speciale è lei, e poi chiederle di camminare a passi lenti lungo una navata.
Il pensiero di Regina che le andava incontro vestita di un sorriso e di bianco… era un quadro che nemmeno le sue fantasticherie di bambina avevano mai saputo dipingere nella propria mente, era un’idea che le faceva scoppiare il cuore.
Ma Emma conosceva il passato di Regina, conosceva le sue motivazioni, conosceva le sue paure. Le conosceva talmente bene che le sembrava di poterle scorgere negli occhi di Regina anche in quel momento.
Per questo negli ultimi anni non aveva mai osato chiedere. Per questo non avrebbe chiesto nulla nemmeno questa volta.
E, in fondo, a loro non servivano riti e cerimonie, non servivano abiti sfarzosi, non servivano contratti e gioielli.
Il loro legame era già molto di più, avevano tutto.
Alzandosi in piedi, Emma si rese conto che scegliere il desiderio da esprimere in quel giorno sarebbe stato estremamente semplice per lei.
E quando, qualche ora più tardi, le luci si spensero e decine di candeline le brillarono davanti, illuminando fiocamente i volti di tutti i suoi cari, Emma non esitò nemmeno un istante e soffiò fuori la richiesta di cristallizzare quella felicità, affinché ogni cosa rimanesse esattamente com’era.
Perché aveva già tutto quanto avesse mai potuto desiderare, davvero non le serviva altro.
Beh… a parte forse che le luci si riaccendessero e che gli altri cominciassero ad intonare la classica “tanti auguri a te”?
“Hey… che succede?
Regina?” chiamò, facendo magicamente riaccendere le luci con un rapido cenno della mano.
“Henry? Dav- ommioddio, vi ho congelati!” esclamò, terrorizzata, nel vedere tutti i suoi cari immobili come delle statue.
Si bloccò anche lei e il panico cominciò ad invaderla, quando un pesante sospiro raggiunse le sue orecchie e le luci si spensero nuovamente.
Una familiare aura violacea cominciò a diffondersi per tutto l’ambiente, illuminandolo leggermente e contribuendo a rendere Emma sempre più confusa.
“Ma che diavolo-”
“Non li hai congelati, Miss Swan.
Sono stata io” la informò Regina, sospirando di nuovo.
Emma si concentrò su di lei e si accorse che nella mano sinistra Regina stava sorreggendo un cupcake.
Un cupcake piccolo, ricoperto di crema bianca e al cui centro spiccava una candelina azzurra a forma di stella, proprio come…
“Regina, che succede?”
“Nulla, solo… volevo un po’ di privacy” le disse semplicemente.
Emma fece per raggiungerla, ma Regina la bloccò con un cenno della mano.
Poi quella stessa mano si mosse e l’aura violacea cominciò a brillare.
Lentamente e con contorni un po’ sfocati, nella stanza cominciò ad apparire la sagoma del 108 di Mifflin Street, col suo vialetto e il maggiolino sulla strada e lei e Regina che entravano in casa a bere il sidro di mele più buono del mondo.
E poi il taglio dei rami dell’albero di mele, il crollo delle miniere, l’incendio nel Municipio, lo scontro nello stanzino dell’ospedale, le chiacchierate al molo, Neverland, Camelot, l’Inferno, il regno del suo desiderio, le cene di famiglia, le notti passate in quattro nel lettone e quelle strette l’una all’altra sul divano…
Emma rimase incantata ad ammirare quei preziosi frammenti della propria vita proiettati uno dopo l’altro per tutta la stanza.
Il suo sguardo non riusciva a decidere dove posarsi, catturato dall’una e dall’altra scena, in quello che si stava rivelando essere un rapido e meraviglioso tuffo nel loro recente passato.
E Regina, occhi attenti e sorriso sul volto, sembrava esserne conquistata tanto quanto lei.
Fin quando i loro sguardi si incontrarono.
E Regina riprese a parlare.
“Vedi? Mi hai esasperata sin dal primo istante in cui ti ho vista” le disse, indicando la scena che riproduceva il loro primo incontro.
“Da quando ti conosco, mi hai esasperata ed irritata a livelli che non credevo umanamente possibili e che nemmeno i tuoi sgradevolissimi genitori avevano saputo raggiungere…
Sei arrivata nella mia città con quel tuo catorcio giallo, quella tua orribile giacca di pelle rossa, quei tuoi luccicanti occhi verdi… e hai mandato all’aria tutti i miei piani.
E non importa quanto ci ho provato, quanto strenuamente ho tentato di cacciarti, di cancellarti, di ignorarti… me lo hai reso difficile sin da subito.
Ben presto mi è risultato addirittura impossibile.
Perché ti sei insinuata nella mia vita, nei miei pensieri e, non so come hai fatto, hai raggiunto anche il mio cuore.
Lo hai inondato di fiducia, di protezione, di amore.
Gli hai regalato esperienze felici, lo hai fatto battere di nuovo.
E mi hai fatto scoprire la grandezza delle piccole cose, il calore di una vera famiglia, quanto belle ed estremamente preziose sono la complicità e la condivisione.
Emma… tu mi hai ascoltata, mi hai vista per quella che sono in tutte le mie sfaccettature, mi hai fatto capire che posso avere tutto con te. Che posso essere tutto, che posso vivere tutto.
Ed è semplicemente questo ciò che voglio per te, per noi: vivere tutto, insieme.
E mi hai terrorizzata tutte le volte che sei stata sul punto di offrirmelo tu il sigillo su una vita insieme…
Sapevo delle tue intenzioni, ma non ero pronta. E tu lo hai capito, lo hai rispettato.
Ti ringrazio per averlo fatto.
Ma, Emma… è anche perché ho sempre immaginato di chiedertelo io... e non ti lascerò mandare all’aria anche questo mio piano”.
Regina sorrise, gli occhi lucidi, ma lo sguardo determinato.
Le immagini sparirono, le luci si riaccesero e gli altri occupanti della stanza vennero sbloccati proprio mentre la candelina sul cupcake vedeva nascere una tenue fiammella e nella mano destra di Regina appariva un’elegante e per nulla misteriosa scatolina nera.
“Non mi metterò in ginocchio, ma… Emma, vuoi realizzare anche questo mio desiderio e diventare mia moglie?”
E i mormorii, le urla di gioia, i commenti dei suoi cari… Emma non li percepì minimamente, troppo occupata a sentire il proprio cuore farle risuonare dentro le parole di Regina ancora e ancora e ancora.
Scattò in avanti, tolse il cupcake di mano a Regina e affidò il suo sì ad un bacio, solo gesto capace di esprimere tutto ciò che quelle due semplici lettere racchiudevano per lei in quel momento.
“Basta ma’, basta, basta!” protestò Dave, strattonando una gamba di Emma per tentare di separarla da Regina.
Emma interruppe il bacio, ma per tutta risposta strinse a sé Regina ancora più forte. “Niente da fare mostriciattolo, adesso la mamma è mia per sempre!” dichiarò, un enorme sorriso sulle labbra.
“La mamma è solo dei suoi due piccoli principi” la corresse Regina, sciogliendo l’abbraccio e stringendo Dave, prontamente sollevato da terra da suo fratello.
Dave gettò le braccia al collo di Regina, vittorioso, mentre Henry le cinse le spalle, facendole posare la testa sul proprio petto.
“Mi dispiace ma’, la mamma è nostra” sottolineò Henry, divertito. “Ma… sei nostra anche tu” precisò, allargando l’altro braccio ed invitando Emma ad unirsi a loro.
Emma non se lo fece ripetere due volte e raggiunse la sua famiglia.
Facendo per stringerli, ricordò il cupcake nella propria mano, la stellina azzurra ormai quasi del tutto sciolta, ma la fiammella ancora viva e ardente.
Emma sorrise pensando ai tanti e tanti desideri che aveva espresso nel corso della propria vita.
Era stato incredibile, a tratti assurdo, ma molti di quei desideri si erano effettivamente avverati, anche se a modo loro. E le avevano regalato una realtà che andava davvero ben oltre ogni più fantastica aspettativa.
Emma fece un bel respiro, guardò la fiamma e poi soffiò forte.
“Grazie”.
 
 
"La sorte appaga i nostri desideri, ma a modo suo,
per poterci dare qualcosa al di là dei desideri stessi."
(Johann Wolfgang von Goethe)
 
 
 
Come Emma, alla fine faccio un bel respiro e spengo la luce su questa storia.
E non mi resta che dire per l’ennesima volta un enorme GRAZIE.
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: sparewheel