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Autore: Wolfirea    29/01/2020    2 recensioni
Ventun anni, il diario di un’eterna Peter Pan che non ha alcuna voglia di crescere e prendersi le proprie responsabilità
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho deciso che ogni mattina farò una cosa, non appena mi sveglio: scrivere.
Perché non vedo l’ora di raccontarvi la magnifica serata di ieri sera.
Spero vi ricordiate la sofferenza che imperversava il mio animo mentre attendevo una sua risposta qualche giorno fa.
Il tempo pareva essersi cristallizzato e nonostante tutto non avevo più un briciolo di fiducia sul fatto che fosse ancora interessato a me.
Eppure, si è dimostrato diverso dagli altri, mi ha persino fatto il regalo di Natale quando ci scrivevamo da solo una settimana!
Per non parlare della cavalleria nell’aprirmi tutte le porte per farmi passare prima.
O dei teatrini comici per impressionarmi.
Insomma si è dato un gran da fare, ma la paura e la paranoia mi dicevano che tutto era troppo bello per esser vero.
La colpa delle esperienze passate.
A ogni modo, alla fine di quella tremenda giornata mi ha chiesto finalmente di uscire, fuori dall’ambito scolastico, e non chiedevo altra conferma.
Vedete, a volte siamo convinti che la vita vada così male che facciamo di tutto affinché il peggio accada: supponiamo che non avessi resistito all’impulso di riscrivergli, tartassandolo arrabbiata per la mancanza di considerazione.
Davanti a me si sarebbero aperti due scenari, da una parte —utopisticamente parlando— le sue più sentite scuse per non riuscire ad utilizzare il cellulare mentre studia —balle, tra parentesi— dall’altra, quella più terribilmente realistica, un «senti ho altre priorità in questo momento, non credo sia il caso di continuarla».
Avrei mandato al diavolo tutto, esami compresi, e mi ci sarebbero voluti mesi per ritrovare la speranza nel genere maschile.
La cosa più buffa è che ieri, quando ci siamo visti, gli è bastato poco più di una mezz’ora  per emettere la giusta sentenza: «Tu non credi in te stessa».
Lo ha capito subito, sono circondata da idioti che non fanno altro che idealizzarmi, mentre Lui mi ha scoperta per ciò che sono, rimproverandomi di ciò.
È stata un’uscita diversa dalle altre: niente tavolini e boccali di birra nel mezzo, nessuna squallida poltrona ed uno schermo —persisto nel considerare spiacevole il cinema al primo appuntamento— e nessuna tecnologia di sorta.
Siamo andati ad arrampicare, ero discretamente brava quando andavo con le mie amiche lo scorso anno, ma con lui ho fatto una figura semplicemente terribile.
Ho avuto paura, non bastava un materasso ad annunciarmi che se fossi caduta non sarebbe successo niente, e non mi è bastato nemmeno Lui con i suoi «puoi farcela, credo in te!» perché avevo già deciso di fallire.
E quando ti pianti in testa un esito negativo non c’è più nulla da poter fare.
Fallisci, perché decidi di fallire.
Io Regina della procrastinazione e del pessimismo mi sono scontrata con l’ottimismo in persona, la stima in persona, e la sicurezza in persona.
E l’ho invidiato, per un momento ho bramato che condividesse con me anche solo un briciolo della sua fede.
«Ma dai, così non credi nemmeno in Newton!» mi ha fatto così bene, che lo avrei ascoltato parlare per altre infinite ore.
Non ci sono stati baci o effusioni di alcun tipo, c’è stata la vera me che non ha più avuto modo di nascondersi e che ha dovuto scoprire le proprie carte.
La paura non mi è passata, temo che adesso lui veda la mia vulnerabilità come motivo per cercare un’altra ragazza da frequentare, e mi odio così tanto per essere così negativa in tutto.
Vorrei potermi godere il momento, prendere tutto da esso, invece analizzo ogni dettaglio della situazione, lo rivivo e infine mi dico: ma caspita che vergogna, mi mancava così poco per chiudere il percorso.
Un dannato slancio di braccia.
Ora sento la necessità di raccontare anche a lui perché sono così, insomma devo darci una possibilità, voglio che mi conosca prima di scappare dalla mia vita.
E lo racconterò anche a voi, perché purtroppo certi traumi infantili rimangono indelebili e l’unico modo di superarli è guardare indietro con un differente paio di occhiali.
Perché le lenti, sono quelle che ci permettono di vedere il mondo, e possiamo inclinarle quanto vogliamo, sceglierne il colore e adattarle quanto più ci piace sul nostro viso.
Perché qualche volta in me ho creduto, e cinque anni fa nella mia vita è entrata la miglior compagnia che potessi desiderare.
  
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