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Autore: Wolfirea    03/02/2020    1 recensioni
Ventun anni, il diario di un’eterna Peter Pan che non ha alcuna voglia di crescere e prendersi le proprie responsabilità
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era da tanto che non stavo così.
Sarà che sono particolarmente stressata per la sessione, e che i due esami che mi attendono questa settimana mi mettono non poca ansia.
Sarà che sto patendo l’inferno per il ragazzo che mi piace.
In ogni caso, sono irritabile, nevrotica e intrattabile.
Non sto uscendo di casa, per cui non ho modo di sfogare le mie frustrazioni, e riverso tutta la mia rabbia contro i miei genitori: basta una frase e li attacco senza pietà.
Figuratevi poi se sto guardando un film e sento il minimo disturbo, o se mi sto facendo gli stramaledetti cazzi miei —alias cercando una distrazione per non dare di matto— e mia madre inizia a parlare di cose di cui non me ne può fregar de meno.
So bene che mi ero ripromessa di dedicare l’inizio della giornata alla scrittura, ma purtroppo sono subentrate forze di causa maggiore.
Quell’unica volta che mi ero illusa le cose stessero andando per il verso giusto.
Mi sento sospesa sull’orlo di un precipizio, incapace di governare le mie emozioni.
E le mie paure si sono rivelate perfettamente fondate: credo che per lui non sia abbastanza.
Si è già stancato.
E adesso purtroppo non riesco a parlare di altro, perché sto male e anziché ripetere le materie d’esame non so più cosa fare.
Perché non riesco a studiare, piango, sto su Instagram, guardo serie tv —attualmente How I Met Your Mother per la centesima volta— e leggo —ho appena finito Miss Peregrine, niente male—.
Che dire, questa volta sono davvero a corto di a parole, incapace di dispensare consigli di vita.
Mi sono chiusa in camera mia con le cuffie, ho tolto le notifiche su whatsapp ma ci rientro almeno ogni trenta secondi.
Sarei voluta nascere vent’anni fa: altro che stupidi apparecchi elettronici, allora si viveva sul serio.
A proposito di questo, forse qualcosa mi è venuto in mente.
Ho una sorella più grande di me di ben quattordici anni, ormai convive con il suo ragazzo, con il quale sta da quasi la stessa quantità di anni —-beati loro—.
Io e lei abbiamo avuto due vite completamente differenti, i nostri caratteri hanno in comune poco e niente: lei è una donna che non si fa mettere i piedi in testa, intelligente, che va a prendersi ciò che vuole e che risponde a tono se necessario.
È una persona determinata che se fissato un obbiettivo fa di tutto per raggiungerlo.
Sostanzialmente il mio esatto contrario.
Eppure siamo cresciute nella stessa famiglia, siamo state schernite e ridicolizzate dallo stesso padre: mentre l’una reagiva assorbendo tutti gli insulti, rimanendo totalmente immune ad essi, l’altra —la sottoscritta— si è sempre ribellata, ha sempre combattuto, facendosi schiacciare dal peso dei propri fallimenti.
Perché se mi dava della sfigata lo ero, una povera deficiente senza amici come diceva lui, una capra ignorante, una ragazza stupida senza cervello.
Ed è sempre stata una sentenza, affondava il coltello nella piaga senza pietà, distruggendo giorno dopo giorno i pezzi di me stessa che cercavo di rimettere insieme.
La cosa più brutta è che nella sua ingenuità non si è mai accorto di avermi rovinato la vita.
Adesso, sono perfettamente consapevole che è fin troppo facile riversare su altri le proprie colpe: è inutile che pensi ancora al passato, ormai quel che è stato non si può cambiare, la responsabile dei miei sbagli sono solamente io.
Arrivata a questa età dovrei aver maturato la capacità di ragionare di testa mia, prendendomi le responsabilità dei miei errori.
Purtroppo il fatto che lo sappia non è sufficiente: posso esser saggia quanto voglio ma finché non metto in pratica i consigli cui mi arrogo il diritto di condividere, è tutto inutile.
«Ma ce l’hai un cervello, rincoglionita? Nemmeno una bambina ragiona così, sei malata fatti curare...» 
«Sei un imbecille e indicappata totale!»
Questa è l’attuale sequela di insulti che mi sono appena meritata per avere la luce della cameretta accesa.
Biasimatemi se non vedo l’ora di andarmene da questo inferno di casa.
Dal libero sfogo che volevo scrivere alla fine son riuscita ad avere una diretta sulla tremenda situazione famigliare che mi circonda.
Per ora non aprirò parentesi su mia madre,  ma vi basti sapere che rappresenta l’anti modello di donna da seguire.
Fortunatamente domani sarà l’ultimo giorno della settimana in cui sarò a casa, per cui dovrò resistere ancora per poco.

  
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