Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Circe    10/02/2020    3 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dal grimorio di Bellatrix : “Ancora il fuoco”


Quella volta facemmo l’amore per davvero. Tutto, fino in fondo. 
Per la prima volta sentii davvero e fino nel profondo della mia anima e della mia carne, che era solo lui che volevo, solo lui l’uomo con cui desideravo stare.
Lui solo mi faceva stare bene, mi faceva godere come non mai e mi faceva sentire donna; ero immensamente forte e immensamente debole davanti a lui, una sensazione mai provata prima, che mi dava il brivido e il piacere più grande della mia vita.
Ancora sdraiati accanto al camino, nel silenzio, mi soffermai per alcuni momenti a guardalo: era sempre un po’ magro, gli occhi scuri e penetranti fissi verso il fuoco erano distratti, forse la sua mente era mille miglia lontana da noi. La pelle pallida era resa appena più rosea dal calore che sprigionavano le fiamme accanto ai nostri corpi. I capelli ricadevano appena sugli occhi, non mi guardava più, era sempre pensieroso e misterioso.
Certo, era sfuggente come nessuno, il mio mago del vento era capace di cambiare umore e sfuggire dalla stretta delle mie braccia in un attimo, inafferrabile proprio come il vento tra le dita.
Forse questo modo di essere era parte del suo fascino.
Mentre lo guardavo e pensavo a tutte quelle cose, lui si alzò, lentamente, per vestirsi e allontanarsi, io lo guardai ancora, senza parlare, osservavo ogni suo movimento, lento e deciso, come se in quel modo lo potessi tenere ancora fermo accanto a me. 
Gli chiesi poi di poter restare ancora qualche attimo lì, vicino al fuoco, al caldo, insieme ai miei vestiti stropicciati dalla forza e dalla violenza dell’amplesso.
“Cosa resti a fare qui per terra da sola?”
Gli sorrisi maliziosa.
“Mi riprendo dalla vostra meravigliosa passione travolgente, mio maestro.”
Lui rise come solo lui riusciva a ridere e poi, senza parlare, si allontanò. 
Con quel sorriso freddo, senza salutare.
Mi avvicinai al fuoco: sentirne l’ odore e la vita mi faceva stare bene, non avevo mai paura di bruciarmi, anche se stavo enormemente vicina.
Tutto era tornato bello e appassionante: quel pomeriggio mi aveva ripagato delle mille sofferenze, nella mia testa e nel mio cuore era già tutto dimenticato.
Mi sentivo come se avessi fatto per la prima volta l’amore, mi sentivo davvero una donna, amata e sciupata, proprio come se fosse tutto nuovo e tutto da scoprire. 
Passavo il tempo tra queste fantasie, nel silenzio della stanza.
Iniziavo a sentire freddo, ma non riuscivo a vestirmi, non volevo abbandonare quel momento così assolutamente magico e perfetto.
Indugiai ancora a ripensare a quando, poco prima, avevo capito che mi voleva davvero. 
Ripensai a quando gli presi delicatamente la boccetta di laudano dalle mani, dicendogli di non usarlo, ma di usare me per avere il suo piacere. Rividi come lui si lasciò fare tutto, si fece avvicinare, accarezzare, era silenzioso e non reagiva in alcun modo, finché poi, con improvvisa violenza e passione, che cozzava col languore di pochi istanti prima, mi prese e mi sollevò di forza da terra, stringendomi con forza a lui.
Non avevo più appoggi né riferimenti, se non lui: il suo corpo, la sua pelle, il suo viso e i suoi occhi davanti ai miei. Le labbra fredde vicine alle mie. 
Questa situazione mi piacque da impazzire.
Mi portò lontano pochi passi, vicino al camino, sul pavimento dove era steso un tappeto ispido, che strofinava la pelle, ma che divenne subito accogliente sotto i nostri corpi.
Non perse molto tempo in preliminari e carezze, anzi, non perse nemmeno un attimo, dopo pochissimo entrò dentro di me, inaspettatamente, così presto che sentii male… comunque non avrei chiesto altro.
Quello che faceva e voleva lui era anche il mio desiderio. Il male mi piacque, tutto ciò che lo faceva sentire forte, mi eccitava da morire. 
Non lo avevo mai fatto così intensamente e lungamente, tanto che il bruciare del fuoco accanto a noi si confondeva, nella mia mente, col bruciare della mia carne a contatto con la sua, per le sue spinte forti e incalzanti.
Mentre ripensavo a quei momenti, mi sorpresi a sentire ancora desiderio. Avrei desiderato averlo ancora accanto a me, ma purtroppo ero rimasta sola.
Dopo un ennesimo brivido di freddo mi convinsi a rivestirmi, anche se non ne avevo voglia. Lo feci lentamente e, appena finito, rimasi seduta davanti al fuoco coi capelli scompigliati. Alzai quindi la manica sinistra del vestito e guardai il Marchio alla luce scoppiettante del camino.
Il mio Signore era bello, era profondo e sfuggente, non riuscivo mai a prevedere i suoi umori. Come avrei fatto a tenere testa ad un tipo simile? Ad esserne all’altezza?
Baciai il Marchio Nero. Ormai profumava della mia pelle.
Riflettei. Già quel pomeriggio, non mi ero comportata male, avevo sostenuto perfettamente la situazione: aveva condiviso con me una certa parte della sua vita, quella più brutta, mi aveva svelato in parte un segreto sulla magia oscura, qualcosa che lo riguarda molto da vicino. 
Io ero stata perfetta in ogni momento e mi era venuto naturale.
Certo, era complicato, tutte quelle immagini, tutte quelle cose brutte non me le aspettavo, non le avrei mai immaginate. Lui aveva vissuto cose che io non avrei potuto nemmeno immaginare.
I suoi ricordi belli non avevano minimamente a che fare con me, erano legati a situazioni e avvenimenti per me assolutamente scontati che non avevano portato particolare gioia nella mia vita: erano semplicemente la normalità.
Eravamo davvero profondamente diversi.
Eppure così perfetti.
Inoltre, in quel brutto periodo, non mi aveva ignorata come avevo pensato, mentre io stavo lontana e stavo male, mi aveva osservata, aveva capito qualcosa, quel qualcosa che lui chiamava “sciocchezze da ragazzina”, l’aveva notata e ne aveva sofferto. 
Mi sfiorai le labbra con le dita, il solo pensiero mi rendeva felice. 
Io lo avevo tranquillizzato, non lo avrei fatto soffrire più.
Infondo, ero perfetta per lui e lui lo sapeva meglio di me. Solo io sapevo che era fragile ed egocentrico come un bambino, entrambi sapevamo che non lo avrei mai svelato a nessuno.
Alla fine mi alzai, non potevo restare così per ore, cercai di riprendere aderenza con la realtà, stavo per creare un incantesimo che spegnasse il fuoco per poi uscire dalla stanza, invece sentii bussare.
Accantonai i pensieri fatti finora.
Quando risposi ad alta voce di entrare, mi comparve davanti Alecto, con lo sguardo già abbruttito dalla rabbia scomposta.
“Cercavo il Signore Oscuro, non è qui?”
Scossi la testa senza rispondere.
“E tu cosa fai qui, da sola?”
Sorrisi, ancora senza rispondere, doveva imparare che non si disturba così una come me, una con il mio potere e la mia abilità.
La vidi chiudere la porta, si mise a girare senza violare il mio spazio nella stanza, ma vidi che già cercava lo scontro, caricava le sue rimostranze. Decisi di restare calma, avevo promesso al mio maestro di non farlo preoccupare per scontri tra Mangiamorte.
Dovetti usare tutta la mia pazienza.
Vidi che si guardava intorno, mi tornò in mente la bottiglietta di laudano che avevamo lasciato sul tavolo, in bella vista.
Dovevo toglierla di mezzo: la storia del laudano era già serpeggiata a sufficienza tra i Mangiamorte e io non avevo voglia di rimetterla in bocca anche ad Alecto, che per fortuna, in quel momento, era interessata ad altro.
“Allora, te lo sei preso?”
Mentre lei si spostava verso il divano io mi spostai verso il tavolo, la tenni impegnata a conversare, dovevo evitare si concentrasse su di me.
“Di cosa parli? Non ti seguo.”
Finalmente arrivai al tavolino, in modo da coprire la sua visuale col mio corpo.
“Sai benissimo di cosa parlo, eravamo tutti al fidanzamento a casa tua, a casa Black.”
Per mia fortuna si era infervorata a ribattere e io, con un semplice gesto delle dita sulla bacchetta, riuscii ad aprire il cassetto riponendoci dentro la boccetta.
Mi cadde lo sguardo verso tutti quei liquidi e medicamenti, siringhe e aghi, ovatta e quant’altro.  Mi si strinse lo stomaco, non pensavo prendesse un numero così spropositato di sostanze, chiusi subito il cassetto senza pensarci. 
Mancava che Alecto vedesse tutta quella roba, o lo raccontasse in giro.
Perché il mio maestro amasse farsi del male così a fondo non lo capivo ancora del tutto. Non volevo capirlo.
Cercai di ritornare con la mente alla conversazione.
“Fidanzamento? Di mia sorella? E cosa avrei preso, di grazia, in casa mia?”
La distrassi per fortuna, perché a quella domanda si innervosì ancora più di prima.
“Ti sei presa Rabastan! Lo so bene perché vi ho visti insieme, poi siete scomparsi per molto tempo.”
Immaginavo sarebbe andata a parare lì, col suo amore impossibile per Rab non poteva che averlo osservato tutto il pomeriggio.
Alzai le spalle, non mi venne nulla da dire. Infondo non mi importava.
“Te lo sei presa,  ma nemmeno ti importa, lo so che a te importa solo di Lord Voldemort. E comunque ti sei presa anche lui, il tuo maestro, lo sappiamo tutti.”
Disse “il tuo maestro” con voce melensa, che voleva fare il verso al mio modo di chiamarlo.
La interruppi. 
Cosa ne sapeva e ne voleva sapere di me e del mio Signore?
Alecto si avvicinò al camino, indugiò per qualche istante, poi rispose duramente, parole che in un certo senso, mi fecero anche piacere.
“Ma si vede, si vede chiaramente, non ho bisogno di saperlo. Perché sta chiuso solo con te ore in una stanza? Perché è sempre nervoso e scostante con tutti se non ci sei tu vicino? Perché ha sempre quell’aria stanca, ma molto sensuale quando siete stati insieme?”
Rimasi piacevolmente stupita dalle sue osservazioni, non risposi.
“E poi basta guardarti ora: i tuoi capelli spettinati, i vestiti rimessi con distrazione, le labbra rosse e piene di sangue. Ti ha appena scopata, no?”
Nelle sue parole sentivo l’odio e l’invidia per l’amore che Rab ha sempre provato per me e non per lei, per le attenzioni che tutti, in un modo o nell’altro, riservavano a me e non a lei, sentivo l’odio e l’invidia per la mia bravura, per essere la preferita del Signore Oscuro, in tutto, sesso compreso. Eravamo le uniche due donne ed eravamo in competizione, questo si sapeva.
Non risposi, senza perdere tempo le entrai nella mente. Fu molto facile per me, non era come farlo sul mio maestro, che lasciava vedere solo ciò che desiderava, o gli sfuggivano poche immagini involontarie. Potevo vedere ciò che volevo, scelsi ciò che mi interessava di più, qualcosa che non era solo di Alecto, ma era condiviso e discusso con molti Mangiamorte: avevano paura che il Signore Oscuro li abbandonasse, c’era gelosia, cattiveria certo, ma soprattutto paura.
Loro lo volevano lì, come un’entità, come un’istituzione, come sempre ad occuparsi di loro e di farli diventare potenti, a difenderli e spronarli, come aveva sempre fatto e come ora avevano paura non avrebbe fatto più.
Alecto era convinta dipendesse da me, secondo la sua visione delle cose, la nostra relazione lo aveva distratto. Non sapevo se essere più lusingata, o più arrabbiata per questa cosa. Gli altri Mangiamorte non era chiaro a cosa dessero la colpa.
La liberai dalla mia incursione dentro la sua testa. Ci guardammo negli occhi reciprocamente con odio, in silenzio.
Dovevo muovermi con cautela, non volevo creare problemi al mio Signore, evidentemente ne aveva già diversi. Non sapevo se lui ne fosse a conoscenza, se avesse intuito qualcosa di tutto questo astio nei suoi confronti.
Istintivamente l’unica cosa che desiderai fu che il mio Signore decidesse di riprendere gli esperimenti di magia oscura, concentrarci su quello e non pensare a nulla, nemmeno ai Mangiamorte, ma sapevo di non poterlo evitare.
Avrei dovuto dire la verità su ciò che avevo capito a proposito della situazione che si era venuta a creare e quando decisi di farlo, la sua reazione fu tanto bella quanto inaspettata.
Scelsi di parlargli alcuni giorni dopo, mi stette a sentire con attenzione, senza parlare.
“Questo è quello che ho potuto capire, mio Signore, ho pensato voleste esserne messo a conoscenza.”
Mi guardò coi suoi occhi penetranti, in silenzio e a lungo. Il fuoco crepitava nel camino e io potevo vederne la danza tutto attorno, fatta di luci e ombre sul suo viso. 
Era bello, era davvero bello, con quell’espressione assorta, pensierosa, cupa e oscura. 
Dopo la prima volta, facevamo spesso l’amore davanti al fuoco, ci aveva preso gusto e mi portava sempre qui.
Quella volta, per non farlo andare subito via, dopo aver consumato, gli parlai di ciò che avevo visto nella mente di Alecto giorni prima: della sua gelosia e delle sue paure, che erano quelle di molti altri Mangiamorte.
Attendevo la sua reazione: il suo disappunto fu palese, ma non si scompose per nulla.
“Speravo di non avere noie anche da chi dovrebbe stare dalla mia parte.”
Sembrava anche dispiaciuto, mi pentii di non aver aspettato un altro momento, avrei dovuto lasciarlo felice almeno dopo essere stati insieme.
“Mi dispiace, mio Signore.”
“E tu cosa ne pensi, mia Bella?”
Questa domanda mi fece battere il cuore. Chiedeva un mio parere, sfoggiando un sorriso strano ed enigmatico, inoltre usava quel vezzeggiativo scherzoso tipico di quando avevamo goduto insieme, era di buon umore, nonostante la notizia. Mi piacque molto questa cosa.
“Penso, mio Signore, che sbaglino tutti a permettersi di dubitare di voi.”
Sorrise e mi accarezzò il seno; io mi persi in quel tocco per diversi istanti.
“Voglio sapere cosa ne pensi sul serio, devi dirmi tutto.”
Parlò in maniera così sensuale e sinuosa che mi parve di scorgere, nella sua voce, il sibilare di un serpente.
“Va bene, mio Signore, allora vi dirò che penso che Alecto, come gli altri Mangiamorte, siano spaventati e abbiano paura di perdere una guida forte e potente come voi. Hanno vissuto il fatto che vi siate dedicato alla magia oscura, cosa che vi ha allontanato da loro, come un abbandono; hanno notato come vi siate indebolito a causa degli effetti collaterali di quel genere di magia e hanno avuto paura di restare senza la vostra protezione; notano le vostre assenze e le temono.” 
Dissi questo tutto ad un fiato, poi, più lentamente, aggiunsi ancora qualcosa.
“Hanno paura di perdere il potere che possiedono grazie a voi, temono di finire male a causa di qualche vostra mancanza.”
Continuava a guardarmi pensieroso, con gli occhi scuri che osservavano i miei, i capelli sembravano baciati dal vento, scompigliati dal sesso violento che piaceva a lui. E anche a me. Mi sfiorava la pelle dal seno ai fianchi, come se stesse giocando, come se non notasse quanto mi piacesse.
“E tu cosa pensi di questo atteggiamento?”
Dovetti frenare l’eccitazione che mi stava risalendo e cercare di rimanere seria.
“Penso che siano dei vigliacchi, mio Signore, voi sapete quello che fate, io ho fiducia in voi, la dovrebbero avere anche loro. Penso che qualsiasi cosa accada, sia bella che brutta, io non avrò paura, anzi, vi sosterrò sempre e vi aiuterò ogni qualvolta doveste averne bisogno. Credo che tutti dovrebbero pensarla come me.”
Sorrise, senza dire una parola iniziò ad accarezzarmi fra le cosce. Le dita leggere mi sfioravano la pelle, piano piano sempre più in alto, sempre più vicine a dove desideravo io. Sembrava non arrivarci mai, io mi bagnavo sempre di più e mi eccitavo e lui mi faceva desiderare quel tocco sublime. 
Cercai di baciarlo, ma si allontanò leggermente alzando il mento, guardandomi con distacco e alterigia.
“In ogni caso, mio Signore, a me non importa del potere, mi importa di voi, non sono come i Mangiamorte.”
Allora avvicinò le labbra alle mie, sfiorandole, ma senza baciarle.
Continuò per alcuni istanti, poi ruppe il silenzio, ma senza allontanarsi da me.
“Allora li dovremo fare arrabbiare ancora, i Mangimorte, facciamoli rimanere nella paura, facciamogli conoscere cosa sia il terrore. Noi abbiamo ancora della magia oscura da praticare, tu devi imparare delle cose, io devo compiere altri incantesimi importanti.”
Gli sorrisi. Sempre con le labbra che si sfioravano senza quasi toccarsi.
Ecco il suo veleno che usciva. Doveva fare del male e stavolta toccò ai Mangiamorte.
Non aveva scelto loro, aveva scelto me e la maga oscura, e avrebbe insistito più di prima, lo conoscevo bene, non si fermava mai, andava sempre oltre il possibile, voleva toccare l’impossibile. Nulla era in grado di fermarlo, volava come il vento, sempre in movimento, verso orizzonti sconosciuti. 
Sempre, anche a costo di farsi male, molto male.
Ero felice, ma non riuscivo a pensare lucidamente, sentivo sempre di più le sue dita sulla pelle, sui peli del pube, volevo solo arrivasse a farmi venire, perché quel tormento di piacere montava sempre più senza toccare mai un apice e mi faceva morire.
I pensieri si mescolavano alle sensazioni e mi sentivo totalmente invasa da lui.
Quando decise lui che era sufficiente, sorrise compiaciuto e con un tocco sapiente mi fece esplodere un orgasmo violento. 
Sentivo la pelle imperlata di sudore e lui mi guardava riprendere fiato lentamente, stremata su quel tappeto, non potevo smettere di guardarlo.
Dopo poco mi ripresi e potei parlare.
“Va bene, mio maestro, non vedo l’ora di riprendere le lezioni.”
Gli dissi così sorridendo anche io, mentre scendevo tra le sue di cosce, volevo assaporare ancora il suo sperma amaro e pungente tanto quanto lui, lo volevo sentire sulle labbra, nella bocca. Inoltre desideravo sentirlo godere ancora, l’ avrei voluto fare felice sempre, per sempre.
 
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Circe