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Autore: CoralineBeatrix_17    05/08/2009    2 recensioni
Sette numeri per sette storie che raccontano di una coppia un po' particolare... Commenti sia positivi che negativi sono sempre graditi...!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14 ANNI


La prima volta che me l’avevano presentato avevo quattordici anni.

Eravamo ad una festa e il mio migliore amico di allora aveva bevuto un po’ troppo. Il problema non era tanto il fatto che la mattina dopo avrei dovuto pulire tutta casa perché già sapevo avrebbe vomitato anche l’anima. No. Il problema era che quando era sbronzo, quel cretino, aveva la chiacchiera facile e stava dicendo a tutti quelli che gli capitavano a tiro che ero “dell’altra sponda”. Gliel’avevo comunicato da poco, qualcosa come quattro mesi prima, ed era stato bravo a mantenere il segreto ma quello proprio non gliel’avrei perdonato. Mi sembrava logico continuare a seguirlo per cercare di limitare i danni ma, forse, ripensandoci ora, sarebbe stato meglio abbandonarlo a se stesso per evitare di continuare a fare figure di merda. Dopo l’ennesima occhiataccia (e non ho ancora capito se fossero rivolte a me che ero omosessuale o a lui che era sbronzo perso), riuscì ad arrivare da quello che sembrava il suo obbiettivo iniziale: un ragazzo che doveva avere la nostra età, con i capelli neri, mossi e lunghi fino alle spalle, gli occhi grandi e verdi. Sembrava il ritratto dell’innocenza. La prima cosa che pensai di lui fu “ommioddio!” e sono sicuro che, se avessi avuto il tempo di continuare a pensare sarebbe venuto fuori un “che carino!”. Ma. ehy, vi avevo detto del mio ex migliore amico sbronzo che dicevo a tutti che ero gay?


CAMERA N° 237


In quarta superiore, per la prima volta, siamo andati in gita per una settimana. Ed io ero finito nella camera 237… Inquietante, no?*

Io e quello scricciolo di ragazzo che avevo conosciuto alla festa, che avevo poi scoperto chiamarsi Francesco proprio come me, eravamo finiti nella stessa classe al liceo. Dopo circa sei mesi di scuola sono riuscito a chiedergli un appuntamento e ci eravamo messi insieme. Dio, uno dei momenti più esilaranti della mia vita… Ma non è quello ci cui vi volevo parlare. Stavo dicendo della camera 237, no? Ecco, per uno scherzo del destino, cioè per il fatto che nell’elenco fossimo il primo e il secondo maschio, siamo finiti in camera insieme, nella 237 per l’appunto. Da quando ci eravamo messi insieme, cioè da quattro anni, un mese e dodici giorni, le volte per dormire insieme erano state veramente poche e il più delle volte non eravamo comunque da soli in casa: o i miei o i suoi genitori… Molte volte, dopo i concerti della band, inventavamo una dormita di gruppo per poter stare insieme tutta la notte: una tenda al parco urbano, una camera in un hotel, la casa di un amico… E facevamo l’amore, l’amore e l’amore.

Il problema della camera 237 è stato che io e lui avevamo già deciso di fare l’amore lì ma c’erano ventitré persone che non erano propriamente d’accordo con noi e che per la maggior parte del tempo erano sbronze. Il barattolo di lubrificante non era ancora stato aperto quando siamo tornati a casa…


VIA CLODIO 67/B


Finito il liceo ci eravamo iscritti entrambi all’università: io a scienze della formazione a Cesena, lui a matematica* a Forlì. All’inizio avevo pensato di andare ad abitare a Cesena, in un appartamentino e di tornare a Forlì durante i week-end. Avevo già guardato due o tre appartamenti quando nella cassetta della posta della casa dove ancora abitavo con i miei genitori avevo trovato uno di quei giornalini delle agenzie immobiliari. Era molto spiegazzato ma ancora leggibile così l’ho preso e, una volta in casa, seduto nel divano l’ho sfogliato. Così, tanto per… A un certo punto c’era una casa cerchiata varie volte e c’era scritto, vicino, “adorabile, sono già andato a vederla, ce la compriamo?”

All’inizio avevo guardato la scritta un po’ chiedendomi esattamente cosa volesse dire. Poi mi ero alzato ed ero andato nell’ingresso dove c’era il telefono.

-Scusami, cosa intendi con “ce la compriamo?”?- La voce dall’altro capo del telefono mi rispose entusiasta:

-Hai trovato il volantino? Non è bella quella casa? Potremmo andarci a vivere insieme io e te…- L’idea geniale che aveva avuto il mio ragazzo mi sorprese. Non era mai stato tipo da “romanticherie” come “andiamo a convivere, cosa ne pensi?”. In fondo avevamo solo diciannove anni compiuti da poco e l’idea che la nostra storia non sarebbe continuata all’infinito mi era già balenata in testa altre volte… Cosa gli passava per la mente?

-Amore… Andiamo a convivere?- Molto probabilmente la mia voce sorpresa e poco convinta gli fece fare un marcia indietro che gli costò anche ingoiare gran parte del suo orgoglio:

-Solo se vuoi, logicamente…-

Il doversi svegliare ad orari assurdi per prendere il treno e l’arrivare a casa ad orari improponibili non furono per nulla colpa del fatto che non sapevo dirgli di no… La casa di Via Clodio 67/b mi piaceva davvero…


LA TUANOSTRA 500 NUOVA


Avevamo litigato come non ci era mai capitato. Io ero tornato a casa dei miei genitori per dormire. Poi, un giorno, l’avevo visto sotto casa appoggiato ad una 500 nuova e, soprattutto, rossa. La macchina perfetta, insomma.

Mi aveva chiesto di venire in casa per parlare. Insomma, quello che succede di solito dopo aver litigato… Si era seduto sul divano come l’avevo visto fare tante altre volte poi aveva preso fiato ma non aveva detto niente. Aveva preso fiato di nuovo e non aveva detto niente un’altra volta. Così per altre tre volte, come se ci fosse qualcosa che gli impedisse di parlare. Poi era caduto, letteralmente, per terra e si era messo a piangere: aveva fatto l’unica cosa che non mi sarei mai aspetto di vedergli fare. Doveva aver finito l’orgoglio per quanto ne aveva ingoiato ultimamente. Avevo pensato di fingere indifferenza ma vederlo lì, per terra, mentre piangeva, dilaniato da un dolore interno grande almeno quanto il mio per la nostra momentanea separazione mi ha fatto capire… Mi ha fatto capire che lui era l’unica cosa che mi importasse di questa vita mortale (e molto probabilmente anche di quella immortale), che il nostro futuro era li davanti a noi, che il nostro futuro era insieme e che non avrei fatto la cazzata di sbagliare strada. Mi ero avvicinato a lui, mi ero teso sul pavimento e l’avevo abbracciato. Lui si era stretto a me come se fossi l’unico punto a cui aggrapparsi per non cadere e piano piano aveva smesso di piangere e di singhiozzare. L’avevo guardato negli occhi e in quell’istante avevo capito che anche lui mi avrebbe seguito per la strada giusta.

Ci siamo alzati, l’ho preso per mano e siamo saliti in macchina, per andare a casa, in Via Clodio 67/b. Prima di scendere entrambi dalla macchina mi ha guardato e mi ha detto:

-Sai… Avevo comprato la macchina come regalo di riappacificazione ma, a quanto pare, non mi è servito…-

-Meglio così, no?-

-Sì, anche perchè a me il rosso fa cagare e avevano detto in concessionaria che non me l’avrebbero cambiata…!-

E scoppiammo a ridere finalmente di nuovo insieme.


81 MESI PER ORGANIZZARE UN MATRIMONIO E TROVARE IL CORAGGIO DI PROPORSI


Non so esattamente da dove mi fosse venuta l’idea ma alla suonata età di ventiquattro anni avevo pensato che forse era ora di sposarci. L’unione di coppie gay, in Italia, era stata accettata da circa sei mesi. La chiesa, logicamente, continuava a fare polemiche su polemiche ma chissenefrega! L’avevo detto a Luca che avrei voluto come mio testimone e mi aveva appoggiato a pieno… Insomma erano dieci anni che stavamo insieme e cinque che convivevamo… Che problema c’era?

Di nascosto, in pratica, avevamo cominciato ad organizzarlo: la lista invitati, il vestito per me, il ristorante, le bomboniere e, dopo tre ore e mezza di gioiellerie, l’anello. Nel frattempo, lui si era accorto che tutti stavano complottando alle sue spalle così, in un pacifico sabato sera che stavamo passando insieme sul divano davanti alla televisione, si decise a farmi la fatidica domanda:

-Cosa stai combinando ultimamente? Non sono cieco, sai?- Lo guardai, deglutii due o tre volte a vuoto e decisi che era ora di dirgli qualcosa:

-Sto organizzando un matrimonio…-

-Ah, e di chi?- mi chiese perplesso, anche se dal tono della sua domanda mi sembrava che avesse già capito qualcosa. Non sapevo cosa dirgli… Provai con un:

-Amore, è dieci anni che stiamo insieme… Avevo pensato che…- Lui mi interruppe con un gesto della mano, mi guardò negli occhi e aspettò. Capii dopo poco che cosa intendeva. Mi inginocchiai davanti a lui e ai piedi del divano tirando fuori da una tasca una scatolina da gioielliere. Presi fiato (e coraggio) e gli chiesi:

-Francesco Rossi, vuoi sposarmi?-

Mi guardò un po’ per farmi stare sulle spine poi prese l’anello, se lo mise al dito, lo guardò un po’, come per vedere se gli stava bene, e mi rispose con un sì prima di baciarmi… E il peggio era andato…!


283 INVITATI (E MEZZO)


In comune eravamo in undici: io, lui, mia sorella e Luca come miei testimoni, il nostro batterista e il suo migliore amico come suoi testimoni, i miei, i suoi genitori e una personcina curiosa. Alla fine del rito le nostre genitrici* si misero a piangere come nei migliori copioni e mi era sembrato di vedere anche gli occhi di mio babbo inumidirsi prima che venisse ad abbracciarmi.

Saliamo in macchina (io e il mio neo marito sulla nostra Fiat 500 nuova fiammante, Luca, la simpatica personcina curiosa a.k.a.** la Jade, il nostro batterista e il migliore amico di Fra Jeyas sulla tre porte di Luca con un po’ di sano rock a palla e tutti i genitori in una macchina con i padri che chiacchierano allegramente e le madri che ancora piangiucchiano…) e arriviamo al ristorante dove ci aspettano veramente tante persone: i miei e i suoi parenti, la band al completo con cui dopo suoneremo e che ci toccherà anche lasciare momentaneamente per almeno il tempo di cinque o sei balli (ommioddio…), tutti i grandi del centro estivo, i miei e i suoi amici. 283 persone, me e lui escluso. Anzi, 283 e mezzo visto che mia sorella ha dietro anche suo figlio, sei mesi compiuti due giorni fa.

Passano veloci antipasti, primi, secondi e contorni e siamo arrivati al fatidico momento della torta. Riusciamo miracolosamente a tagliarla senza combinare casini, a bere lo champagne incrociando le braccia e ci baciamo ancora, tutto a favor di foto e tele camere. Tutto questo con gli smoking (io nero e lui bianco) e fra meno di cinque minuti dobbiamo suonare con gli Adagio Veloce e questo equivale a doversi cambiare (e a trovare il mio basso e i suoi strumenti che io ancora non so dove sono). Ci rifugiamo in un bagno del ristorante e il più velocemente possibile ci cambiamo e, quando usciamo, troviamo gli altri componenti degli Adagio Veloce che ci aspettano con il mio basso e la valigetta di Fra.

Facciamo gli scongiuri del caso e ci avviamo verso la sala dove dobbiamo suonare. Abbiamo deciso di fare scegliere al pubblico le canzoni e la prima spetta alle nostre madri che, per una volta nella loro vita (ci hanno fatto penare per tre mesi su giallo o azzurro; alla fine si è deciso verde) sono d’accordo nel scegliere Amore Lasco. I nostri padri si mettono d’accordo per Lupita e poi è “pubblico time” come ha detto quello scemo di mio marito… Il pubblico se ne sta fregando altamente e vorrebbe soltanto che suonassimo. La nostra fan n°1 pone fine al problema: Ubriaco canta amore, I matti, Danza d’estate e la Gallinella. Dopo aver dato il massimo e fatto i cretini come al solito, Fra mi guarda e io deglutisco a vuoto: è il momento dei balli di coppia…! Ripongo il più lentamente possibile il mio basso nella sua custodia mentre lui raccatta tutti gli strumenti. Li portiamo in macchina e la voglia di prendere su e fuggire è grande ma guardo l’orologio e mi accorgo che sono già le cinque quindi massimo mezz’ora poi scappiamo sul serio o perdiamo l’aereo.

Parzialmente rincuorati da questa constatazione, rientriamo nel salone dove i 2/3 degli Adagio Veloce stanno suonando musica da lento ma nessuno balla. Non sarà mica che tocca a noi aprire le danze? Ancora con i vestiti di scena ci guardiano, ci togliamo i cappelli e partiamo. Dopo poco, per fortuna, arrivano anche i nostri genitori e altra gente (noto subito Luca che fa il cretino per convincere Franco, poi si arrende e trascina suo cugino in pista… non ci sono speranze!) Un solo ballo e poi ci toccano le suocere, i generi e chi più ne ha più ne metta. Dopo quello che mi sembra il millesimo ballo, ritorno a ballare con il mio neo marito che mi guarda, provato da questa consuetudine delle danze e poi da un’occhiata al mio orologio. Le cinque e trentacinque. Il più furtivamente possibile fuggiamo dalla sala senza salutare nessuno, saliamo in macchina e torniamo verso casa a prendere le valigie e a lasciare i cellulari: siamo in luna di miele, se ne faranno una ragione, o almeno spero…


25 MINUTI FA…


Siamo tornati dalla nostra luna di miele (un tour negli Stati Uniti sulle tracce del rock all’insegna di relax e sesso sfrenato) due giorni fa e siamo tornati alla normalità delle nostre vite. E’ sera tardi e mi ritrovo a scrivere alcuni dei momentii salienti del nostro rapporto… Come in una specie di diario. Venticinque minuti fa, mio marito è venuto a sedersi a tavola con me e mi ha chiesto che cosa stavo facendo. Gliel’ho detto e mi ha guardato un po’ prima di sbirciare il mio lavoro e poi chiedermi:

-Perché in tutti i titoli ci sono dei numeri?-Lo guardo un po’ mentre mi fissa con un’espresione curiosa, nei tratti del suo viso non c’è più l’innocenza del nostro primo incontro ma i suoi occhi sono ancora così brillanti…

-Perché è il collegamento… Sono tutti episodi legati a numeri: la 500, i 283 invitati…-Mi interrompe con un – e mezzo… E perché lo stai facendo?-Ed ecco il momento della verità: volevo farglielo trovare, era una sorpresa per lui, un modo per dirgli grazie per tutto quello che abbiamo passato in questi quasi undici anni. Mi sorprende quando lo sento parlare:

-Mi sa di aver capito… Sei un romanticone, sai? Grazie anche a te per questi undici anni… Ci stavo pensando proprio ieri, a come sarebbe stata diversa la mia vita se quel coglione del tuo amico sbronzo non ci avesse presentato. Quindi dovrei ringraziare anche lui ma, non potendo, ringrazio solo te…-

Lo guardo e decido che è ora di chiudere qui questo mio racconto mentre mi avvicino a lui, lo bacio e, mentre ci avviamo verso la nostra camera, gli sussurro un –grazie- che lui, per fortuna sente… Mi stringe un po’ più forte la mano e chiude la porta della camera matrimoniale…


(NON CREDO CHE SARA’ LA) FINE…


NOTE

Mi sembra doveroso dirvi che i protagonisti di questa storia sono gli stessi di Ubriaco canta Amore... Dimenticate però quello che è successo in quella fan fiction perchè, fra l'altro, in dei punti (il primo incontro, la band...) sono totalmente incompatibili...

*Inquietante perché la camera 237 quella di Shining, quella dove non si può entrare…

*Madri o mamme, per dirla schietta schietta…!

*Vale a dire vale a dire…

   
 
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