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Autore: LawrenceTwosomeTime    05/08/2009    1 recensioni
Premetto che sono completamente nuovo a questo genere di operazioni, e considero il mio scritto niente più che un esercizio di stile, un divertissement, perché altro non potrebbe essere. L'idea mi ha folgorato mentre leggevo le ultime righe del quindicesimo capitolo di "I doni della morte": avendo io, come molti, letto la saga di Harry Potter da cima a fondo, mi sono inevitabilmente affezionato ai personaggi che costellano questa immaginifica saga, spesso desiderando sorti diverse per ciascuno di loro, e – in particolare – per i tre protagonisti… Dunque ecco l'idea: dopo l'abbandono di Ron, un legame che Harry credeva indissolubile va per sempre in frantumi, tanto da spingerlo a convincersi che la ricerca degli Horcrux sia un calvario senza senso. E decide di scappare. Da tutto: da Voldemort, dal mondo magico, dai propri doveri di prescelto e dall'economia della favola tradizionale, che vuole il protagonista costretto a sciropparsi il consueto cammino di redenzione coadiuvato da aiuti esterni, profezie, rivelazioni e da una degna conclusione, inevitabilmente (anche se la Rowling si è provata a spezzare il circolo vizioso) eroica. La storia del Prescelto prenderà una piega completamente diversa da come la conoscete. Detto questo, vi lascio alla lettura di questo esperimento, raccomandandovi di fare come ho fatto io: non prendendomi sul serio, e provando soddisfazione a leggerlo come io l'ho provata a scriverlo.
Genere: Romantico, Dark, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Harry si svegliò con le palpebre incollate.
Come se avesse pianto in sogno.
Le sue braccia erano ripiegate sull'aria. Hermione stava facendo del suo meglio per cuocere due uova e dei brandelli di pancetta, come se nulla fosse accaduto.
In cuor suo, Harry aveva sperato che la mattina mettesse un po' d'ordine nel loro status emotivo, ma si rese conto che questa nuova, sterile e opprimente situazione di calma apparente pesava su di loro come una cappa. Guardò la schiena di Hermione, fasciata con un pullover marrone nocciola a motivi zigzaganti, e si ritrovò a pensare alla superficie di un lago: liscia, immota, increspata a tratti; pronta ad esplodere se solo qualcuno avesse osato gettarvi dentro un sasso.
Si riscosse con un tremito, perché l'oggetto dei suoi pensieri aveva appena scaraventato ai suoi piedi un piatto caldo e fumante e poi, finalmente guardandolo negli occhi con la sua migliore espressione "la logica ci aiuterà a venirne fuori", aveva attaccato a parlare degli Horcrux.
"Harry, non credo che temporeggiare ci aiuterebbe a passare inosservati davanti a Tu-Sai-Chi, ma perlomeno dovremmo decidere quale luogo visitare per primo…Ora, so che ti sembrerà un controsenso – io stessa mi ero opposta alla tua idea – ma dopo averci riflettuto bene, credo che Godric's Hollow possa rappresentare una meta significativa non solo per il ricordo dell'omicidio di…"
Abbassò le palpebre, a disagio, e Harry quasi si scusò di dover essere a tutti i costi un catalizzatore di ricordi dolorosi, dei quali del resto era difficile parlare.
"Insomma, non è solo il teatro della tragedia consumata da Voldemort…Io penso che quel posto nasconda qualcosa di più, magari legato a chi ci abitava o ancora ci abita…Harry?"
Da tempo Hermione era abituata a monologare senza essere interrotta, ma quel giorno lo sguardo di Harry era visibilmente lontano.
Riprese coscienza giusto in tempo per intercettare lo sguardo interrogativo di lei; quell'espressione corrucciata lo conturbava e lo infastidiva allo stesso tempo.
"Hermione…Riguardo a quello che è successo ieri…"
"Ieri non è successo niente, niente di importante", si affrettò ad interromperlo lei.
"Ronald…", e sembrò che solo pronunciare quel nome le causasse delle fitte atroci, "Ronald si è comportato come un bambino, com'è suo solito…E adesso sarà al sicuro alla Tana, finalmente al riparo tra le braccia di sua madre"
Ma Harry non pensava solo al motivo del loro rammarico; piuttosto, all'istante immediatamente successivo…
Cos'aveva provato Hermione svegliandosi tra le sue braccia? Aveva avvertito il suo intento di scusarsi, di consolarla, di espiare anche solo minimamente, con un piccolo gesto, la colpa di averla trascinata in quell'impresa disperata? Aveva percepito la sua vergogna, il suo bisogno di cullarla e confortarla, attraverso la primordiale semplicità di quel contatto?

La superficie del lago stava sobbollendo, e tanto valeva affrontare la tempesta di petto…

"Hermione, io non voglio più farlo"
Si era aspettato di porre la questione in modo più graduale, avanzando a piccoli passi; se non altro, non così sbrigativamente.
"Non vuoi più fare cosa?"
"Cercare gli Horcrux"
Nemmeno si era aspettato uno schiaffo da parte di Hermione. La guancia gli pulsava, mentre affrontava quel cipiglio livido e torvo, un'espressione da belva ferita; notò, con orrore, che somigliava vagamente a Bellatrix Lestrange.
"Tu non vuoi più cercare gli Horcrux? E che cosa ne sarà della memoria di Silente? Che cosa ne sarà dei genitori di Neville, e di tutti quelli che sono morti, o hanno sofferto a causa di Tu-Sai-Chi?!"
Si manteneva sul vago, e ciò impediva al senso di colpevolezza di affiorare alla bocca dello stomaco di Harry.
"Non pensi a Sirius? Non pensi ai tuoi genitori? A tua madre, che ha dato la sua vita per salvarti?!"
Ecco. Ora quella sensazione, per niente familiare e affatto sgradevole, cominciava a punzecchiarlo come un torchio.
Hermione ormai era isterica, non riusciva più nemmeno a parlare, ogni traccia di malinconia mutatasi in sdegno e furia cieca.
"Non pensi a me?!?"
Era solo questione di tempo. Questione di tempo, prima che affrontasse la questione più pressante.
Non la più importante, certo, ma quella che più assillava il presente di Harry.
Nel suo petto faceva molto caldo. Un caldo che gli fece dimenticare il dolore alla cicatrice.
Senza neanche avvedersi di cosa stava facendo, agguantò Hermione per il collo, serrandole la gola.
Per qualche istante rimasero così, lui con il braccio rigido, lei stupefatta e boccheggiante.
Poi Harry mollò la presa. Hermione si accasciò su una vecchia poltrona tenendosi la gola e tossendo.
"Mi…mi dispiace…Ho perso il controllo…Non intendevo…"
Non intendeva farle del male. Ma farle del male era molto più facile che ottenere da lei quello che, entrambi lo sapevano, lei non avrebbe mai potuto dargli.
Appena ebbe fiato per respirare, Hermione domandò, con voce arrochita:
"Era Tu-Sai-Chi?"
Harry si guardò i piedi.
"No. La sua rabbia non ha niente a che fare con…"
Quello che provo per te, avrebbe voluto dire. Ma non poteva cadere ancora più in basso.
E poi, cos'era quel sentimento che provava? Non era simile a ciò che aveva sentito quando si era accorto di provare interesse per la sorella di Ron. L'amore per Ginny era sbocciato come un oleandro a mezzanotte, come il fuoco eterno di una fenice rinata. L'avevano cementato in pochi mesi, e poi, senza alcuna pietà, di comune accordo l'avevano rinchiuso in un angolo segreto del loro cuore.
Con Hermione la cosa era diversa. La conosceva da sette anni, e mai e poi mai si era affacciato in lui il sospetto di amarla. Era un'amica, una compagna di viaggio, una strega brillante e un'anima sensibile…
Già. La sensibilità. Troppe volte Harry aveva pensato a Hermione come ad una ragazza fredda e metodica, lontana dalla sua sfera emotiva come lui lo era dai tomi polverosi di Storia della Magia.
Lui amava volare. Lei soffriva di vertigini. Lui aveva sempre la risposta pronta. Lei anche, ma solamente in classe, e solo se autorizzata a parlare.
Ma quello sfogo, quell'esplosione di rabbia, di sdegno a tratti controllato, e soprattutto…il modo in cui si era sciolta piangendo per l'abbandono di Ron…Tutte quelle Hermione che lui non aveva conosciuto, si era ripromesso senza saperlo di volerle incontrare ancora; di rovesciare quel coacervo di passioni umorali e sensibili, e di scoprirne il lato buono. Perché ciò che Hermione rappresentava per Harry, nella sua forma più segreta, finora gli era stato solo suggerito.
Era penetrata lentamente in lui attraverso tutti quegli anni, sgocciolando adagio, con fragore sordo, nei recessi più impenetrabili del suo animo.
E ora avrebbe potuto reclamare la sua proprietà sul cuore di Harry. O mandarlo in mille pezzi.
Era solo questione di tempo.

"Harry"
La sua voce era di nuovo distaccata.
"Non ha senso litigare tra di noi. Per di più, senza nemmeno portare l'Horcrux al collo", e gettò un'occhiata di disprezzo al piccolo medaglione appeso alla sponda del letto a castello.
"Non ho intenzione di fuggire come ha fatto Ron e lasciarti alla tua ricerca da solo, ma devi darmi la possibilità di aiutarti"
Era fuori, completamente fuori da lui. O forse era solo molto brava a eludere i suoi pensieri.
"Non posso nasconderti che sono d’accordo con la te, per quanto riguarda il tuo giudizio sulla missione che ti ha affidato Silente: abbiamo pochi indizi, e quei pochi sono anche incerti. Ma qui non conta cosa pensiamo noi. Siamo in guerra, dobbiamo pensare prima di tutto al bene della comunità magica"
Stava impazzendo. Si sentiva dilaniato.
Hermione gli prese la testa tra le mani. Quel tocco lo fece rabbrividire, e la sensazione di venire strappato in due se ne andò come una folata di vento.
"Qui non contano i nostri sentimenti", disse risolutamente lei.
"So che ti incolpi per avermi coinvolto, ma sai bene che fin dall'inizio è stata una mia scelta"

Quando parlò, Harry aveva la voce ferma e perentoria.
"È vero, hai scelto tu di accompagnarmi. Non hai nulla da perdere; perciò sei obbligata a stare con me, dovunque io vada. E io ho deciso di portarti via da qui. Ce ne andremo dove il mio passato non potrà seguirmi, dove nessuno – nemmeno tu, Hermione – avrà mai il coraggio di ribadirmi le mie responsabilità. Fuggiremo insieme. E questo, lo faremo a dispetto dei nostri sentimenti. Qui non si tratta di percorrere un sentiero già tracciato per noi: si tratta di vivere"

Lei lo guardò per attimi che a Harry parvero un'eternità.
Non era stato esplicito sulle ragioni che motivavano la sua scelta, ma al contempo era riuscito ad essere sincero, e mai come in quel momento, provava timore.
Poi lei disse, in un tono distaccato che indusse Harry a trarre ogni genere di conclusioni:
"Ci conosciamo da sette anni, Harry Potter. Fin dal primo momento in cui ti ho visto, ho pensato che tu fossi pazzo. Un pazzo buono, pronto a morire per cause nobili e ad immolarsi per i deboli. Ma ora mi rendo conto che mi sbagliavo. Tu sei doppiamente pazzo"

Aveva costruito la sua vita in base a dei principi solidi, talvolta tentennando, ma senza mai spezzarsi. E ora stava rinnegando tutto, solo per l'abbandono di un amico, e non solo: stava per auto-esiliarsi volontariamente nel tentativo di capire se la sua migliore amica non fosse qualcosa di più. Il tutto nel pieno della battaglia contro Voldemort.

Hermione aveva ragione: era doppiamente pazzo.
  
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