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Autore: Soul Mancini    20/02/2020    4 recensioni
Frammento dopo frammento, giorno dopo giorno, la vita di Ives scivola via e la sua anima si spegne pian piano. Quell'anima che era così pura e luminosa, ma che come la fiammella di una candela tremola a ogni soffio di vento.
Dai suoi primi giorni di vita, una serie di momenti che l'hanno portato a bucare la sua pelle con l'ultimo, fatale ago.
[Il capitolo "VIII" si è CLASSIFICATO SESTO al contest "November Rain" indetto da MaryLondon e giudicato da Juriaka sul forum di EFP.]
[Il capitolo 'XII - Like a crystal tear' si è CLASSIFICATO SECONDO al contest "This is our place, we make the rules" indetto da mystery_koopa sul forum di EFP.]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Needles'
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IV
 
 
 
 
 
Friends will be friends
When you're in need of love they give you care and attention
[Queen – Friends Will Be Friends]
 
 
 
 
“Stai qui, hai capito? Non ti muovere, non ci provare.”
È dall’inizio dell’estate che Maggie mi ripete sempre le stesse cose, ormai le so a memoria: devo passare il pomeriggio in quella sorta di discarica mentre lei va a incontrare i suoi amici in piazza, così da poter fumare, fare la gallina con i ragazzi più grandi e tutte quelle cose che fanno le tredicenni.
“Sì, tranquilla. Lo so.” Mi allontano e mi guardo intorno: è rimasto tutto uguale a ieri. Il piazzale sterrato è ancora deserto e polveroso, l’afa si sprigiona dal terreno, i secchi di plastica sono ancora rovesciati, le formiche passeggiano ancora sulle travi marce sparse a terra, la ruggine si scrosta dalle vecchie ferraglie e l’immondizia è ancora ammassata ovunque. Dopotutto non mi posso lamentare, ho un parco giochi tutto per me.
“Vado. E non ti salti in mente di venire a disturbarmi.”
Maggie si allontana e io la osservo con le sopracciglia aggrottate. Si è messa in tiro, indossa una minigonna striminzita e si è truccata pesantemente; queste cose le fa quando zia Maura esce di casa, ruba i suoi trucchi e i suoi profumi di nascosto e si traveste da pagliaccio.
Sarà che sono ancora piccolo, chissà, ma non ne capisco il senso.
Mi siedo a terra, in mezzo alla sporcizia, e osservo le formiche che si muovono in una linea perfetta.
Cosa potrei fare oggi? Da mesi, da quando mia sorella è diventata grande e si è fatta degli amici, trascorro tutti i miei pomeriggi qui e ormai conosco ogni rottame e ogni rifiuto a memoria.
Chissà cosa direbbe zia Maura se scoprisse che mia sorella non mi fa da baby sitter come lei crede. Andrebbe su tutte le furie.
Decido di costruire una fortezza per le formiche e il loro formicaio, magari anche loro hanno bisogno di ripararsi quando il sole è troppo caldo. Mi allungo a prendere un secchio sfasciato, poi mi guardo intorno; cosa potrei utilizzare per decorare gli interni? Cosa potrebbe servire a quegli animaletti?
Mi sollevo da terra e mi metto in cerca di tutti gli oggetti utili al mio scopo.
La strada adiacente al piazzale è deserta e silenziosa, come sempre. Nessuno passa di lì e quando capita mi nascondo sempre; per il nostro quartiere a volte si aggirano individui poco raccomandabili, meglio non farsi trovare nei paraggi.
Ma oggi c’è troppo caldo, i delinquenti di strada non si scomodano.
 
 
Un’asse di legno come ponte. Sì, mi sembra una bella idea, così le formiche potranno sfilare come su una passerella per entrare nella loro reggia, come quelle star di Hollywood.
Una volta zia Maura ci ha portato in centro e abbiamo visto Hollywood, la collina con la scritta, le strade sfavillanti e l’allegra frenesia, ma soltanto da lontano.
“Ehi.”
Sobbalzo e la trave piena di schegge che sto posizionando con cura mi scivola dalle mani. Non mi sono accorto che è arrivato qualcuno, eppure ci faccio sempre tanta attenzione. Il cuore mi batte all’impazzata: e se fosse un malintenzionato?
Sollevo piano il capo e mi ritrovo faccia a faccia con un bambino all’incirca della mia età – forse poco più grande – che non avevo mai visto prima. Sembra davvero un figo, con i capelli neri dal taglio a spazzola e       quegli occhi scuri e indecifrabili.
“Ciao” lo saluto, riprendendo a fare ciò che ho lasciato a metà.
Lo sconosciuto si siede accanto a me e mi scruta. “Cosa ci fai qui?”
“Niente, sto giocando.”
“E perché proprio qui? Hai visto tutta la merda che c’è qui intorno?”
Sollevo di nuovo lo sguardo. Dev’essere davvero un tipo forte, ha usato la parola merda, che nella bocca di un ragazzino così piccolo non ci dovrebbe stare. Okay, a volte lo dico anch’io, ma lui è così disinvolto.
“Mia sorella mi lascia qui.”
“Devi avere una sorella davvero stronza. Amico, qui ci fanno le sparatorie di notte, lo sai?”
Gli lancio uno sguardo di sfida. “Mia sorella non è stronza, hai capito?” ruggisco. Non mi piace che Maggie venga insultata così, lui non la conosce.
“E allora perché ti lascia qui da solo? Quanti anni hai, sei?” Prende ad allacciarsi una scarpa.
“Otto” preciso fieramente. “Perché lei deve uscire con i suoi amici e non mi vuole tra i piedi.”
“E perché tu non te ne vai in giro nel frattempo?”
Non mi piacciono tutte queste domande. Però lui è davvero un tipo a posto, così sicuro di sé, ed è vestito come un vero ragazzo di strada: maglietta larga, scarpe in tela, jeans stracciati. Mi piacerebbe essere come lui.
“Perché Maggie non vuole, e poi devo farmi trovare qui quando è ora di tornare a casa. Se zia Maura non ci vede rientrare insieme, mia sorella passerà un sacco di guai.”
“E tu ti preoccupi di mettere nei casini una che ti molla in una discarica per andare a fare la troietta con i suoi amici?” Scoppia a ridere, si rimette in piedi e si passa un paio di volte le mani sui pantaloni sgualciti.
In effetti è vero. Non ha tutti i torti. Io voglio bene a Maggie e non voglio incasinarla, ma anche io ho il diritto di divertirmi, proprio come lei.
Comunque preferisco cambiare argomento. “Come ti chiami?”
“Ethan AraÚjo. Tu?” ribatte, osservandomi dall’alto.
Mi alzo a mia volta. “Ives. Ives Mancini. Che figo, hai un cognome argentino?”
Ethan inarca un sopracciglio. “È brasiliano. Sai la differenza?”
Scuoto il capo e alcune ciocche corvine mi cadono sugli occhi. “Ah. È per questo che hai la pelle un po’…?”
“Sei stupido? È olivastra, e poi sono abbronzato. Ti sembra così strano? Ah già, tu sei bianco come una fottuta pista di cocaina…”
Sgrano gli occhi. “Tu sai com’è fatta la cocaina?”
“Mio fratello è uno spacciatore. In qualche modo dovremo pur guadagnarci da vivere, no?”
“E tu l’hai provata?”
“Ho nove anni, ci tengo al mio cervello. Ancora per un po’” replica secco, quasi indignato.
Ethan mi sembra un tipo abbastanza pericoloso, ma c’è qualcosa in lui che mi affascina.
“Adesso sai che facciamo io e te?” Ethan mi si piazza di fronte con un mezzo sorriso, sovrastandomi di quasi venti centimetri. “Ce ne andiamo da questa schifosa discarica e ci facciamo un giro. Sai usare lo skate?”
“No.” Ma mi piacerebbe un sacco.
“Ti insegnerò.”
Un sorriso spontaneo mi si allarga sul viso. Forse si può fare, forse anche io ho trovato un amico con cui passare i miei pomeriggi, un modello da seguire, qualcuno che mi possa insegnare come si fa a essere fighi.
Non so se sia una buona idea, Maggie si arrabbierà, ma non riesco a resistere alla tentazione.
“Ci sto!” esulto.
“Grande!”
 
 
Mi faccio trovare al piazzale alle sette e un quarto. Sono in ritardo di un quarto d’ora e infatti Maggie mi sta aspettando, infuriata più che mai.
Saluto frettolosamente Ethan – che bel pomeriggio ho trascorso con lui, mi ha promesso che domani tornerà a trovarmi – e corro da mia sorella, preoccupato per la sua reazione.
“Si può sapere cosa cazzo ti è saltato in mente? Dov’eri, stronzo?” sbraita lei, afferrandomi per la maglietta e sgualcendo il tessuto con le sue unghie lunghe e smaltate.
Mi mordo il labbro. “In giro.”
“Ti avevo detto di non muoverti!”
“Ma non è giusto che tu puoi andare a divertirti e io no!” obietto.
Maggie mi lascia andare e prende dei profondi respiri per calmarsi, guardandomi con ira. “Non me ne importa di quello che fai tu nel frattempo, ci sono solo due cose che mi interessano: non ti devi rompere l’osso del collo e devi essere in orario per tornare a casa. Ci siamo capiti?”
Mi illumino. “Quindi posso andare in giro anch’io?”
“Fai il cazzo che vuoi. L’importante è che segui queste due indicazioni. Tanto ormai sei grande abbastanza.”
Lancio un gridolino entusiasta; sono così felice che la abbraccerei, ma non le farebbe piacere.
Nel tragitto verso casa passo tutto il tempo a saltellare e a ripercorrere con la mente le ultime ore. Ethan mi piace un sacco.
Forse non è a casa mia, ma da qualche parte esisterà un posto per me. L’avrò forse trovato?
 
 
   
 
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