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Autore: Isidar27    25/02/2020    2 recensioni
Pre/durante/sequel di "Trust my love!". Dopo la serie precedente la famiglia di Thor e Loki si è decisamente allargata! Se avete voglia di seguire le sue avventure non vi resta altro che unirvi ai membri di questa famiglia divina e ficcanasare con loro in diari, appunti e racconti in teoria segreti.
Una lettura leggera per chi ha già conosciuto la famiglia Odinson e tutti i suoi nuovi componenti e per chi invece vorrà conoscerli! Buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Incest, Mpreg
Capitoli:
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Storie di magia-Parte I

 

Si sentiva distrutto, ma non voleva dormire, non ancora almeno…
Non sarebbe comunque stato solo quella notte.
Voleva fare qualcosa e così aprì le ultime pagine del libro che aveva con sé, quelle bianche.
Fece apparire una penna e la fissò per un lungo momento.
In effetti non aveva nemmeno le forze per scrivere.
Così quella iniziò a farlo per lui, gli bastò solo chiudere gli occhi…

Si sa che la storia viene scritta dai vincitori.
E come potrebbe essere diversamente? 
Ma lo si è poi davvero, “vincitori”?
Non sono state molte le volte in cui ho vinto le mie battaglie, ma so di aver sempre perso qualcosa.
Anche stavolta…
Tutto si è svolto in un battito di ciglia, del resto il non concedere tempo è sempre un’ottima tattica. Speri che i tuoi avversari non riescano nemmeno a capire cosa stia succedendo intorno a loro che già gli sei addosso togliendogli tutto quello che puoi.
Certezze, fiducia nei cari e la tranquillità che fino ad allora fossero al sicuro.
Ci giochi e minacci di mettere in pericolo quello che hanno di più caro e che per nessuna ragione sono disposti a perdere.
A quel punto non ti serve altro: devi solo scavare dentro di loro e usare ciò che più temono per tenerli in scacco. 

01:05 Casa Odinson 

«Ma no, lui è solo Larry, il mio stagista!» Insistette Tony.

«Non credo proprio Tony.» Fece Loki osservando la reazione del figlio.

«Mi dispiace signor Stark, ma devo dare ragione al traditore di Jotunheim.»

Al che fu Thor ad alzarsi minaccioso.

«E allora chi diavolo sei?» Chiese a quel punto Steve.

«Sono il figlio di re Helblindi, principe di Jotunheim e per il signor Stark un inutile stagista tutto fare. Il mio nome è Udras. Fred davvero non hai parlato alla tua famiglia di me?»

Fred continuava a fissarlo immobile, ma pronto a scattare in qualsiasi momento. 

«Udras…» sussurrò  Kate «Ma non possibile, non era…»

«Morto? Vedo che sottovalutare i miei poteri è una cosa di famiglia.» Disse volgendo lo sguardo sulla ragazza e poi tornando su Fred «Ora con permesso signori Odinson dovrei parlare con vostro figlio…in privato»

E schioccate le dita sparì con Fred.

«Noooo!» Urlò Loki. 

«Ma chi diavolo è quel tizio?!» Insistette Steve.

«Dire che è una vecchia conoscenza di Fred sarebbe molto riduttivo» Rispose Kate tirandosi su di scatto «Ma credevo fosse morto! Fred ha scritto nel suo diario di averlo…»

«Un momento.» Li richiamò Steve allarmato «Mickey non è ancora arrivato!»

«Friday mio figlio è a casa?» Chiese Tony al suo cellulare. 

«Negativo signore. Il signorino Mickey è uscito di casa alle 00:52.»

«Cerca di localizzarlo!» Ordinò Tony con una punta di agitazione.

«Ho localizzato il suo cellulare, le mando le coordinate signore.»

«E anche la mia armatura io intanto vado a cercarlo. Aspettatemi qui.»

«Veniamo con te!» Disse Kate.

«No! Voi state qui! Se Mickey arriva o quel pazzo torna con Fred sarete insieme! Io arrivo subito.»

Ma Steve lo superò «Steve ti ho detto…»

«È anche mio figlio Tony! E se quel pazzo è in giro a piede libero io voglio trovarlo!»

E presa la via della porta uscì seguito dal compagno.
Gli Odinson si guardarono.

«Udras…» Sussurrò la ragazza.

«Si è così Kate…» le confermò Loki. Lei lo guardò comprendendo che anche il padre sapeva di chi stesse parlando. 

«Cosa facciamo papà?» 

Ma Thor intervenne all’improvviso «Volete spiegarmi chi è quel tizio e perché io non lo so?»

Loki si avvicinò al marito e lo guardò negli occhi «Thor c’è una cosa di cui io e Kate dobbiamo parlarti.»

 

01:07 da qualche parte a NY

Fred si ritrovò in un appartamento ben curato e molto spazioso con pareti bordeaux, ma poco illuminato.
Tende scure coprivano una grande finestra che occupava un’intera parete. Un tappeto, che doveva costare molte mila dollari, copriva una buona parte del pavimento e anche il mobilio sembrava costoso e di buona qualità.
Un grande specchio ovale con una montatura color oro sopra una cassettiera in massello occupava la parete di destra.
C’era freddo come in una notte gelida d’inverno.
Udras mosse la mano in aria; apparentemente non accadde nulla, ma Fred rimase all’erta. 

«Cos’è questo posto?»

«A te che sembra? È il mio appartamento. Siamo in un grattacielo di New York se te lo stai chiedendo. Bello no? L’ho ottenuto per una miseria e un incantesimo del lavaggio del cervello. Aaah cosa si può fare con la magia oscura. Siediti pure, avanti e lascia perdere quel pugnale.» Lo invitò indicandogli una poltrona di pelle nera dirimpetto ad un divano dello stesso materiale mentre il pugnale di ghiaccio nella sua mano si sciolse all’improvviso diventando semplice acqua fredda.

Il ragazzo però rimase in piedi.

«Avanti Fred è solo una poltrona.»

Fred studiò un istante la seduta e senza staccare gli occhi dal nemico si sedette.

«Vino?» Domandò l’altro afferrando due calici di cristallo e una delle tre bottiglie posti sopra il mobile in massello lì vicino.

«Sai questo è davvero ottimo. Il signor Stark ne ha ricevuta una cassa e me l’ha regalata. Solo questa bottiglia varrà si e no cinquecento dollari, ma è una serata speciale.» E stappò la bottiglia versando il vino nel primo calice.

Lo porse a Fred, ma il ragazzo non lo accettò.

«No? Peccato non sai cosa ti perdi.» E si sedette sul divano di fronte a lui. 

«Come fai ad essere vivo?»

«Però siamo diretti.»

«Come fai ad essere vivo?! Rispondimi!»

«O avanti non avrai pensato che sarebbe bastato un insulso pugnale per distruggere il mio cuore di ghiaccio? Lo ammetto mi hai conciato proprio male, però…non abbastanza.»

«Cosa vuoi da me?!»

«Mi sembra ovvio, la stessa cosa che volevo prima…» fece una pausa e girò il vino nel bicchiere «Te.»

«Scordatelo!»

«Come sei affrettato, parliamone almeno, no? Tutta questa situazione ti farà sentire confuso immagino»

Fred sorrise amaro. 

«Confuso? Tsk so solo che non sei morto, ma probabilmente hai inscenato tutto…il sangue, il tuo cadavere…solo perché tuo padre lo trovasse e uccidesse Igdard è così?!»

«Oh no Fred…che vai pensando, non lo avrei mai permesso.» Rispose Udras con un sorrisetto «… Io ho ucciso Igdard.»

Fred sgranò gli occhi e si paralizzò.

«Co-cosa?» Balbettò.

Lo jotun mise su un ghigno soddisfatto. 

«Sapevo che avrei avuto la tua attenzione. Ma lascia che ti dia qualche dettaglio in più. Partiamo da mio padre. Vedi non è proprio il re misericordioso che vuole far credere di essere e come dire… Quando sono nato avrebbe fatto volentieri a meno di un figlio debole e gracilino, ma l’esperienza di Loki gli aveva insegnato che non era bene liberarsi dei propri figli. Così mi ha tenuto con sé, però quando ho mandato a monte i suoi piani con Rugu se l’è un po’ presa. Mi ha rinchiuso nel palazzo per settimane dicendo di dover riflettere sul da farsi. Ma del resto chi vuole essere erede di un pianeta di roccia e ghiaccio? Perciò…» 

Prese un sorso di vino e si passò la lingua sulle labbra.

«Ho ucciso cinquanta delle sue guardie migliori e così ha smesso di pensarci su e mi ha condannato a morte. Naturalmente ho solo finto di morire. Re Helblindi ha guardato il mio “cadavere” dall’alto e ha detto alle guardie “Toglietemelo dai piedi”. Commovente non trovi? Dopodiché sono venuto da voi e vi ho sfidati. Ci ho messo diversi mesi prima di riprendermi dal tuo attacco, ma sono sopravvissuto grazie a patti con forze che nemmeno ti immagini. Poi sono tornato al villaggio di Igdard e quando ti ho visto partire beh…entro sera il villaggio era raso al suolo.» 

Prese un’altra pausa e si rigirò il bicchiere tra le mani osservando il liquido denso tingere il vetro. I suoi occhi si riempirono di una luce folle.

«Avresti dovuto vedere come ha provato a difenderlo Igdard, come ha lottato, come ha combattuto con tutto sé stesso quando gli ho detto che ti avrei trovato e ti avrei ucciso con le mie stesse mani. E quando sei venuto al villaggio e ti sei bevuto la storia che era stato mio padre beh…ho potuto godermi tutto il tuo dolore, tutta la tua disperazione.»

«Cosa stai dicendo?» Domandò Fred senza capire. 

«Oh hai ragione dimenticavo un dettaglio.»

Si alzò posando il calice sul mobile e lentamente il suo corpo cambiò aspetto. Fred trasalì quando si trovò davanti il medico del villaggio.

«Sorpreso? Mi sono scambiato mentre voi due idioti eravate da qualche parte a fare esplorazioni, ma a quanto pare non avete nemmeno notato la differenza. Certo che per essere il figlio del Dio dell’Inganno sei un vero ingenuo Fred.»

E riassunse la sua vera forma riappropriandosi del suo calice.

«E ovviamente quelle che hai visto non erano persone vere, ma ombre dalle sembianze umane. Fatto sta che ci sei cascato in pieno e questo mi ha permesso di passare alla fase successiva del mio piano. Credimi avresti dovuto vederti: così distrutto e disperato mentre cercavi di riportarlo in vita. Certo avrei potuto ucciderti allora, ma ho preferito che convivessi con il tuo dolore, con la consapevolezza che il tuo Ig era morto e tu…non avevi potuto fare nulla per salvarlo!»

In un raptus di rabbia Fred tentò di avventarsi su di lui, ma…

«Non è educato alzarsi mentre una persona sta parlando. Loki non te l’ha insegnato principino?»

Udras mosse una mano e lacci invisibili tirarono i polsi di Fred obbligandolo di nuovo sulla poltrona. Il ragazzo provò a dimenarsi, ma sembrava inutile così fissò il nemico con occhi carichi di odio. 

«Come facevi a sapere che la mia famiglia fosse su Midgard? E come sapevi di trovarmi stasera?»

«Beh sai si possono ottenere molte informazioni solo sfiorando una persona mentre dorme indifesa o…stregando il suo amuleto.»

Fred d’istinto si guardò il petto.

«Credevi che la volta che te l’ho preso lo avessi fatto senza motivo? Era protetto da un incantesimo potente, ma sono comunque riuscito ad intrufolarmi con facilità. Da allora so dove ti trovi ogni volta che lo indossi.»

Riprese un sorso di vino. 

«Sai sono diventato davvero bravo a leggere dentro le persone solo sfiorandole appena. Posso vedere dentro di loro, cosa provano, cosa sanno, anche i loro ricordi…però ti confesso che c’è un modo migliore per ottenere informazioni e, detto fra noi, è il mio preferito.» Fissò lo sguardo nel suo «cioè ottenerle con la forza da qualcuno. Torturarlo mentre prova a negarti i suoi pensieri. È estremamente doloroso subire la lettura della mente contro la propria volontà e provare a negarsi, ma per me è solo estremamente divertente. Sapessi poi cosa si prova a prendere tutto da una persona nell’istante prima che la vita lasci per sempre il suo corpo, capisci che intendo Freddi?»

«Bastardo.»  Scattò di nuovo Fred strattonando i lacci.

Udras sorrise sottilmente. 

«Quindi tornando a noi: ti ho seguito su Midgard grazie all’amuleto. Ho assunto questo aspetto per poter sopravvivere e passare inosservato, ma tutto questo mi è costato parecchia fatica. Senza che te ne accorgessi ti ho seguito, ho visto la tua casa, chi frequentassi e chi fossero i membri della tua famiglia. Ad un certo punto non ce la facevo più ad aspettare e così volevo venire da te ed affrontarti, ma tu e i tuoi ve ne siete andati ad Asgard. Lì non sarei nemmeno riuscito ad arrivare al vostro Bifrost con quella sorta di radar che vi ritrovate per guardiano. Era un problema lo ammetto, credevo te ne saresti stato lì per sempre. Poi te ne sei andato su Vanaheim.»

Fece una pausa.

«Avevo pensato di raggiungerti e farla finita con te una volta per tutte, ma ci ho riflettuto e dopo aver visto quanto la tua famiglia fosse importante per te ho deciso di fare le cose con cura, tanto cosa avevo da perdere? Così sono diventato lo stagista di Stark; per le conoscenze di questo pianeta e per il lavoro è bastato di nuovo qualche trucco di magia. In questi mesi ho guadagnato insulti dai soci, ore perse in affari che Tony non voleva sbrigare, ma sono riuscito a guadagnarmi la sua fiducia. Così tuo zio ha ben pensato di farmi l’onore di aggiungere un altro impegno ai miei doveri: fare il babysitter al suo marmocchio e a tua sorella e darmi così libero accesso alla vostra famiglia. È stata Kate a dirmi che suo fratello sarebbe tornato a casa per un evento importante  con tutta la famiglia questa sera. Non ho dovuto fare altro che…fare quello che dovevo e poi raggiungervi. Ed eccoci qui. Ora che ti ho raccontato tutto mi sembra giusto parlare delle mie condizioni.»

Il mago mosse appena la mano e i lacci intorno ai polsi di Fred sparirono. 

«Senza fare tanti giri di parole io ti prometto che ucciderò i membri della tua famiglia uno dopo l’altro davanti ai tuoi occhi e poi ucciderò te. E quando i re di Asgard e i difensori della Terra saranno morti sterminerò questo pianeta e passerò ad Asgard proclamandomi re. Ma “non” se troviamo un compromesso. Io lascerò in pace la tua famiglia. Non torcerò un capello a nessuno di loro lo giuro, ma alla mia condizione.»

«Ovvero? Che io diventi tuo? Mai!»

«Oh avanti Fred contano così poco le vite dei tuoi cari per te? Non ti è bastato perdere Igdard?»

Fred lo fissò con determinazione e odio.

«Capisco che sia una scelta importante» continuò l’altro «perciò ti lascerò un giorno per riflettere e quando ci rivedremo mi dirai cosa hai deciso. Puoi lottare si, puoi mandarmi contro un intero esercito, ma sarà tutto inutile…»

«Perché me? Perché la mia famiglia?»

«Perché? Beh perché sono un principe e posso avere tutto ciò che voglio e non permetto certo a un cuginetto qualunque e al suo fidanzatino di andare contro il mio volere! Intanto però mi terrò una piccola garanzia. Guarda nello specchio.» Ordinò inclinando la testa verso lo specchio alla sua destra. 

Fred esitò, ma guardò mentre l’altro schioccava le dita.
In quell’istante la superficie riflettente mutò mostrando un’immagine come fosse una finestra. A terra ed incatenato in quella che pareva una stanza abbandonata Fred vide…

«MICKEY!» Esclamò scattando verso lo specchio.

«Fred, Fred aiutami!» Gridò il ragazzo spaventato verso di lui.

«Mickey! Lascialo andare maledetto.»

Di nuovo Fred provò ad avventarsi su Udras, ma il mago schioccò le dita facendo scomparire l’immagine e con l’altra mano spinse con un’energia invisibile il ragazzo di nuovo a sedere. Poi si alzò troneggiando su di lui.

«Come corri! Tranquillo sta bene….per ora. Ma è un avvertimento. Non venite a cercarmi prima del tempo. Non provate ad attaccarmi. O io uccido il ragazzo. Vieni nel punto sulla mappa domani a mezzanotte.»

Un foglietto piegato comparve nella mano sinistra di Fred.

«Mi presenterò da te e tu mi darai la tua risposta. Sai proprio oggi siamo entrati nei Giorni di Fimbulvetr e vorrei che andassimo più…d’accordo noi due, se capisci cosa intendo» Udras rivolse un rapido sguardo allo specchio e tornò su di lui con un sorrisetto viscido mentre Fred lo fissava disgustato «Mi raccomando, non deludermi.»

Aggiunse il mago con un occhiolino e mossa la mano verso il ragazzo lo fece scomparire. 

01:35 Casa Odinson 

Fred ricomparve sul pianerottolo di casa. Il respiro pesante, il battito accelerato. Non poteva credere a quello che aveva appena ascoltato e allo stesso tempo era come se si sentisse in uno stato di trance.
Guardò il foglio nella mano sinistra e lo mise in tasca senza nemmeno aprirlo.
Non seppe dove trovò la forza di avanzare ed aprire la porta.
Forse complice il pesante silenzio che regnava nella stanza entrò piano quasi non volesse farsi sentire.
Guardò verso il divano: i suoi genitori vi erano seduti insieme a Kate. Thor, in mezzo ai due, si teneva la testa tra le mani come se avesse appena ricevuto una terribile notizia. 

«Fred!» Esclamò Kate quando vide il fratello maggiore.

Loki si alzò e si precipitò da lui afferrandolo per le spalle.

«Stai bene?» Chiese studiandolo.

«Papà è-è Udras, è proprio lui.» Riuscì solo a balbettare il ragazzo.

«Vieni Freddi siediti con noi.»

I quattro si strinsero sul divano.

«Cosa è successo?»

Fred prese un respiro.

«Lui-lui è sopravvissuto…» spiegò «Io l’ho visto morire! Ho sentito il suo sangue sulle mie mani. L’ho ucciso, ma-ma lui…»

Loki gli appoggiò una mano sulla sua. «Calmati Freddi adesso siamo…»

«Calmarmi?!» Il ragazzo fissò il padre sconvolto «Calmarmi papà?! Mi ha imbrogliato! Si è preso gioco di me. Ed è stato….è stato lui ad uccidere Ig.» Dovette chiudere gli occhi un istante «Mi-mi ha fatto credere che il re lo avesse ucciso mentre ci osservava aspettando solo il momento giusto! E adesso lui ha…»

In quel momento la porta di casa si spalancò e Iron-man e Steve entrarono.

«L’avete trovato?» Chiese Thor alzandosi .

«No, il suo cellulare e il suo zaino erano in un bidone vicino casa! Ma di Mickey non c’era traccia!»

«Perché ce l’ha Udras.»

Tutti guardarono il ragazzo.

«Cosa?!» Chiese Tony uscendo dall’armatura. 

«L’ha rapito, l’ha fatto per essere certo che non provassimo ad attaccarlo. Ce l’ha lui e lo libererà solo quando avrà ottenuto quello che vuole.»

«E cos’è che vuole questo gran figlio di…?»

«Tony ti prego!» Lo fermò Steve «Fred cos’è che vuole?» 

Fred prese un respiro.

«Me.» 

«Cosa?!»  Esclamarono tutti in coro.

«Vuole me. Libererà Mickey e vi lascerà stare quando avrà me. E domani a mezzanotte….mi avrà.» 

«NO!» Scattò Loki.

«Non se ne parla nemmeno!»  Insistette Kate. 

«Non abbiamo scelta!» Saltò su il ragazzo guardando tutti i familiari e fronteggiandoli con agitazione «Mi ero illuso di averlo battuto e invece lui mi ha tenuto in pugno per tutto questo tempo. Non permetterò che faccia del male anche a voi, a nessuno di voi! Io non posso…non voglio perdervi!» Disse con le lacrime agli occhi «Ho già perso Ig e voi…voi siete la mia famiglia. Farei qualunque cosa anche a costo di…a costo di…» 

Ma Loki gli si avvicinò e gli posò delicatamente le mani sulle spalle «Fred è proprio questo il punto, noi siamo una famiglia. Insieme salveremo Mickey e anche te.» Incontrò lo sguardo del figlio e la paura che vi lesse dentro lo riportò per un istante a quando da piccolo lo consolava da qualunque cosa lo spaventasse. Gli asciugò una lacrima «Andrà tutto bene Freddi. Adesso però devi dirci di più su Udras. Dobbiamo sapere chi abbiamo davanti.» 

Fred annuì e prese un respiro. 

«Va bene…Udras è un mago…un mago oscuro e come avrete dedotto è uno dei più potenti che io abbia mai conosciuto.» 

 

01:47 in un appartamento di NY.

Udras scese le scale di emergenza fino al piano -1 ed aprì una porta bianca. Si ritrovò in un grande garage, buio e umido.
Si guardò intorno, ma non c’era nessuno così avanzò fino ad una porta in alluminio, quella in fondo a tutte le altre e più lontana dalla luce.
Mosse la mano e l’aprì poi entrò.
Si ritrovò in una cantina illuminata da una lampada al neon.
Era un luogo spoglio e umido. Alcuni scatoloni da trasloco rovinati dall’umidità e sparsi qua e là erano il solo arredo concesso alla stanza; quelli, una vecchia e lunga cassettiera di quelle piene di attrezzi da lavoro e documenti che occupava la parete di fondo e sopra a questa uno specchio.
Uno specchio grande ed ovale posizionato orizzontalmente rispetto alla cassettiera e leggermente inclinato verso il pavimento.
Sul lato destro della stanza imprigionato e a terra Mickey se ne stava raggomitolato e tremante per il freddo.
Non appena Udras entrò si tirò su a sedere di scatto.

«Tranquillo Mickey.» Disse Udras «Non sono nessuno venuto a salvarti.» 

«Lasciami andare Larry!» Si alzò l’altro fronteggiandolo.

«Larry? Chi è Larry? Oh, ma certo. Tu credi ancora che io sia un essere umano qualunque, ma io sono un principe sai.» 

«Sei un pazzo psicotico!» 

«Uhm vediamo se così capisci meglio.» E schioccando le dita assunse il suo normale aspetto jotun.

Il ragazzo trattenne il respiro e fece un passo indietro.

«Sei…uno jotun…» 

«Il principe degli jotun e un mago.» Schioccò di nuovo le dita e tornò ad essere umano «Che vi ha fatto credere di essere solo lo stagista sottopagato di tuo padre. Ha funzionato a quanto vedo. Io sono Udras. E tu invece sei? Il figlio di un miliardario egocentrico? Tony Stark che crede di stare più in alto di tutti con la sua torre? Lascia che ti dia una dimostrazione di dove dovrebbero stare quelli come te e tuo padre.» E d’improvviso diede al ragazzo un pugno nello stomaco facendolo piegare in due poi aggiunse un colpo ben assestato tra le scapole che lo fece crollare a terra.

«Ecco signorino Mickey assumi il posto che spetta a te e alla tua famiglia. A terra, striscianti ai miei piedi!» 

Era successo tutto così velocemente: era sceso dal taxi sotto casa chiedendo al tassista di aspettarlo. Ci aveva messo si e no cinque minuti per prendere lo zaino e indossare gli occhiali da lettura. Gli occhi infatti gli bruciavano un po’ per la stanchezza. Si era persino trattenuto dal fare una doccia a casa per non disturbare gli zii e raggiungere la sua famiglia il più velocemente possibile, ma all’ingresso della Tower del taxi non c’era più traccia.
Aveva esitato un minuto e quando stava per chiamarne un altro ecco che un auto scura si era fermata davanti all’ingresso e il finestrino si era abbassato. 

«Mickey, che fai lì fuori a quest’ora?» 

Il ragazzo aveva subito riconosciuto il volto amico di Larry «Ciao Larry! Devo raggiungere i miei genitori dai miei zii, ma il mio taxi mi ha bidonato. Ehi che bella questa macchina! È tua?» Gli aveva chiesto avvicinandosi all’auto.

«Oh no, col mio stipendio non posso certo permettermi una macchina così. È a noleggio, l’ho presa in aeroporto. Sai credo che stiamo andando nello stesso posto, sono appena tornato da Washington e devo lasciare dei documenti a tuo padre. Mi ha dato un indirizzo per raggiungerlo.» 

«Oh se vuoi lasciarli a me glieli porto io! Sarai stanco!» 

«Che ne dici se invece ti dessi uno strappo?» Aveva chiesto l’altro gentile «Così mi fai da navigatore!» 

«Mi sembra un’ottima idea!»

«Salta su allora!» Gli aveva sorriso Larry aprendogli la portiera.

Senza esitazione Mickey era salito in macchina, ma…non ricordava di esservi mai sceso.
Si era ritrovato da solo in quella cantina. Di Larry non c’era traccia, ma lui era imprigionato: una catena piantata nel muro gli bloccava il piede sinistro mentre i polsi erano uniti tra loro da due spesse manette in metallo nero. Aveva provato a liberarsi, ci aveva messo tutto sé stesso, ma non c’era niente da fare e continuare sarebbe stato uno spreco di energie.
Lo jotun si voltò verso l’altra parete.

«Ti ho portato un compagno di stanza …Sei contento?» Domandò Udras.

Anche se con difficoltà Mickey si fece forza sui polsi e guardò verso l’altra parete, ma non c’era nessuno… 

«Ti è piaciuto il mio Incantesimo dei Mille Cristalli?» Continuò Udras guardando il grande specchio ovale. Mickey continuava a non capire con chi stesse parlando, ma seguì il suo sguardo.

Lo specchio adesso era una normale superficie riflettente, ma fino a poco prima vi aveva visto tutt’altro.
Quando aveva aperto gli occhi, con le orecchie ovattate e senza capire dove si trovasse, era stato come svegliarsi da un sogno; sentiva solo delle voci in sottofondo. Ne aveva cercato la fonte e aveva guardato verso lo specchio: lì, come con una finestra, aveva visto un salotto di un appartamento e Fred e quel pazzo che discutevano. Aveva provato a chiamare il cugino, ma il ragazzo pareva non sentirlo. Poi Udras aveva schioccato le dita e d’improvviso Fred si era voltato e l’aveva visto! Si era precipitato davanti allo specchio, ma ecco che di nuovo era come se non potesse sentirlo né vederlo più anche se Mickey non si era dato per vinto finché non l’aveva visto volatilizzarsi nell’aria. Poi Udras aveva mosso una mano e quella stanza era sparita e lo specchio era tornato normale. 

«Mi basta uno specchio, degli occhiali, un comune pezzo di vetro volendo e posso vedere e far vedere quello che accade in un posto o in un altro. C’è chi preferisce l’acqua, ma io trovo che lo specchio regali un’immagine più definita. Soprattutto se si tratta di qualcosa che ci tengo a mostrare per bene.» Si voltò di nuovo verso la parete vuota. «O perdonami quasi dimenticavo, ma dovevo nasconderti. Sai non potevo permettere che rovinassi la sorpresa» e di nuovo schioccò le dita. 

Mickey quasi fece un salto indietro per lo spavento.
Davanti a lui, appoggiata contro l’altra parete, comparve una persona.
Dal fisico forte e scolpito Mickey dedusse che fosse molto giovane, ma non avrebbe potuto dirlo con certezza.
Aveva i capelli lunghi e sporchi e una folta barba sul viso. Indossava il minimo indispensabile, ma non pareva avere freddo. Nonostante tutto non sembrava deperito, piuttosto molto debole. Come Mickey aveva i polsi ammanettati, ma nel suo caso anche entrambi i piedi erano in manette fissate ad una catena piantata nel muro.
Infine, unito ad un’ulteriore catena assicurata nella parete alle sue spalle, un collare in ferro gli circondava il collo.
Teneva gli occhi chiusi e stava in silenzio. 

«Uhm continui ad essere così insopportabilmente calmo» continuò Udras, poi assunse un ghigno soddisfatto.

«E dimmi ti è piaciuta… la faccia di Fred quando gli ho detto di volere lui?» 

A quel punto l’altro aprì gli occhi, ma li tenne bassi.

«Ma si, certo che l’hai visto…E quanta determinazione e fierezza nel suo sguardo! Uhm non vedo l’ora di distruggerle domani. Farò in modo di pulire bene questi occhiali» disse sfilandosi dalla tasca gli occhiali che Larry portava di solito.

D’improvviso a Mickey venne un’illuminazione: nei suoi occhiali da lettura suo padre aveva installato un piccolo localizzatore così quando li perdeva, cosa abbastanza frequente visto il costante disordine che lui e Kate lasciavano ovunque, poteva sempre ritrovarli. E in casa Rogers-Stark tutto era collegato a… Friday! Forse c’era ancora una speranza di farsi trovare.
Udras continuò indisturbato il suo discorso. 

«Fred proverà a sfidarmi, e sappiamo che lo farà, e io voglio che tu ti goda il momento in cui vedrà la sua famiglia morire davanti a lui…e poi quando sarà distrutto e arreso…farò in modo che tu lo veda morire esattamente come ti ho obbligato a guardarlo soffrire quando ti credeva morto…Ig» 

Mickey trattenne di colpo il fiato.
Il giovane seppur a fatica alzò la testa; due occhi blu guardarono il mago con determinazione.

«Così mi piaci! Ti ho tenuto in vita e in forze, per così dire, e ho sprecato energie per tutto questo tempo solo per godermi il tuo sguardo nell’attimo in cui lo eliminerò e voglio che tu lo veda bene. Ora direi che me ne andrò a riposare. Per rendere tutto più credibile ho dovuto davvero fare quello stupido viaggio, anche se ovviamente ero tornato da ore e ho avuto il tempo di seguire tutti i movimenti di Fred e dei suoi. Adesso però sono proprio stanco ed è importante essere in forze per apprezzare meglio la vittoria, ma voi sentitevi liberi di fare conversazione…anche se… proprio non saprei come» Ghignò.

Mickey lo guardò senza capire.

«Ah Mickey urla pure se vuoi, ma ho fatto un incantesimo alle pareti interne. Nessuno potrà sentirti. Beh… buonanotte a entrambi.»

E schioccate le dita sparì lasciando i due soli e in silenzio.

 

02:15 Casa Odinson

«E questo è tutto.» Concluse Fred con un sospiro. Teneva il medaglione tra le mani «Il guaio è che ci conosce, ognuno di noi. È stato a contatto con Mickey, Kate, gli zii. E grazie ai suoi poteri non mi stupirei se sapesse anche i nostri segreti e i nostri punti deboli»

Il medaglione si ghiacciò; il ragazzo lo strinse, lo strinse così forte che si frantumò in mille pezzi. 

«Quindi stiamo in ansia per uno psicopatico?» Intervenne Tony. 

«Tony stai…»

Ma in quel momento. «Signore credo di aver trovato qualcosa di utile» disse una voce nel cellulare di Tony.

«Che c’è Friday?»

«Ho localizzato gli occhiali da lettura del signorino Mickey.»

«Perdonami Friday, ma questo non è il momento per pensare agli occhiali che mio figlio lascia sempre in giro per casa.»

«Mi permetto di dissentire signore. Gli occhiali non sono a casa, ma in un altro punto a Manhattan.»

Tony allora si mise in attento ascolto «Cosa vuoi dire Friday?»

«Il signorino li ha indossati prima di uscire, mando la registrazione.»

Steve si avvicinò a Tony che cliccò un video appena comparso sullo schermo del suo cellulare: mostrava Mickey che entrava a casa e correva in camera sua a prendere uno zaino e… indossava i suoi occhiali.

«Il localizzatore che ho messo nei suoi occhiali.» Sussurrò Tony «Forse…Ma certo! Ottimo lavoro Friday» disse dirigendosi alla sua armatura.

«Tony dove vai?!» Chiese Steve.

«Non è chiaro?! A prendere Mickey!»

«Fermo zio Tony è troppo pericoloso!»

Anche Steve tentò di fermarlo «Tony devi stare…»

Ma Tony esplose.

«Cosa? Calmo?! Non dirmi di stare calmo Steve! È mio figlio quello che ha rapito quel pazzoide!»

«E non è forse anche il mio?» Sbottò a quel punto il Capitano «Credi di essere il solo sconvolto? Il solo ad avere paura?! Io voglio che Mickey torni a casa sano e salvo più di ogni altra cosa! Ma non è questo il modo! Hai sentito Fred! Quel-quel mago è incontrollabile. Potrebbe uccidere Mickey se agiamo contro di lui!»

«E allora cosa vuoi fare Capitano Rogers? Stare qui a pensare se dovrai o meno organizzare il funerale di tuo figlio?»

Steve a quel punto assunse una delle arie più minacciose che chiunque gli avesse mai visto, ma…

«Ora basta!» Li fermò Loki «Non lo capite? È quello che vuole! Dividerci! Invece noi dobbiamo stare uniti e soprattutto insieme. Qui!»

«A proteggere Fred vuoi dire?!» Lo attaccò Tony.

«E con questo cosa vorresti dire Stark?» Scattò Thor. 

«Papà per favore» provò Kate.

«Non è evidente? Quel pazzo vuole Fred e tu e tuo marito volete che stiamo tutti qui a proteggerlo mentre nostro figlio è in pericolo!»

«Ora basta Tony!» Lo sgridò Steve.

«Basta?! Basta?! Steve sono anni che crediamo di vivere tranquilli e indisturbati, poi arriva un semidio con manie egocentriche, un’invasione aliena, una macchina che si crede meglio di un uomo e altro ed altro ancora! Eventi che sconvolgono la nostra vita sempre! E ora un mago oscuro che si è invaghito di Fred ci ha portato via nostro figlio!» Tony si voltò sconvolto verso il nipote guardandolo con determinazione e disperazione allo stesso tempo «Se hai un piano ragazzo ti seguirò! Ma farò qualunque cosa pur di salvare mio figlio! Qualunque!»

Fred lo guardò immobile un istante poi annuì.

«Io credo di sapere cosa fare zio Tony, ma devi fidarti di me. Non possiamo andare a prendere Mickey adesso! Sarà Udras a portarlo da noi. Se andiamo prima rischiamo che lo uccida. Non ha niente da perdere credimi.»

«Tony» questa volta era stato Loki a parlare «Lo so che è difficile e credimi voglio che Mickey stia bene, ma ti prego: devi fidarti di mio figlio adesso!»

Tony guardò verso Steve che annuì poi tornò sugli Odinson.

«D’accordo.»

Loki sorrise e si voltò verso suo figlio «Freddi ora sappiamo quanto lui sia potente, ma ci sono un paio di cose che nessuno su Jotunheim conosce: l’amore e la famiglia. Perciò dicci cosa dobbiamo fare.»

Fred guardò prima suo padre poi tutti gli altri membri della sua famiglia. Prese un respiro «Udras si aspetta che io gli dica di no domani e che combatteremo. Perciò cercherà di dividerci per renderci meno forti con qualsiasi mezzo….»

02:35 In una cantina di NY

Lo vide. Vide Fred riverso su di lui e… piangeva, piangeva mentre stringeva con disperazione il suo corpo ferito e privo di vita a sé.
Il giovane aprì la bocca e quello che ne uscì fu un suono irriproducibile. Un urlo straziante si unì a quelle lacrime ferendolo come mille frecce avvelenate. 
Un incantesimo e poi un altro, ma il suo corpo rimaneva lì immobile e senza vita.
Fred trovò ciò che teneva stretto e congelato nella mano e lo mise in tasca. Ma era servito a qualcosa? L’altro aveva già ottenuto molto di quello che voleva. 
Poi quell’ultimo bacio sulla fronte, il suo addio. 
Aveva provato a gridare con tutto sé stesso, a dirgli che il suo corpo era davvero lì ferito ed esangue, ma la sua anima era viva e prigioniera. Dove non lo sapeva nemmeno lui, ma vedeva tutto quello che stava succedendo attraverso gli occhi del mago in quel momento trasformatosi per ingannare Fred, il suo Fred. 
Quando il giovane ripartì sentì Udras pronunciare quelle parole “Torna a casa principino” poi il mago soffiò di nuovo la sua anima nel suo corpo. Quel corpo privo di forze, ma da mantenere in vita e su cui rimanevano solo le impressioni delle carezze di Fred. 
“Per i Padri Antichi, mi hai stordito il cervello con quelle urla” gli si era rivolto con disprezzo “Facciamo in modo che tu la smetta di gridare ai Nove che sei ancora vivo una volta per tutte!”
E in un attimo aveva mosso una mano strappandogli via la voce dalla gola.
“Credo che ti lascerò così d’ora in avanti. È terribilmente irritante sentire il suono della tua voce!”
Giorni dopo lo aveva portato con lui su quel mondo, nascosto e messo in catene.
Infine la cosa peggiore…lo aveva lasciato vivo donandogli quella forma umana che gli permetteva di sopravvivere in quel mondo e mantenuto in vita con la sua magia, nutrendolo solo perché si compisse il suo folle piano. 
Non gli importava avere Fred e lui lo sapeva, voleva solo morte e vendetta.
E lui? Aveva provato ad uccidersi, a tentare di soffocarsi con quelle stesse catene, ma era come se il suo corpo fosse immune da qualunque tentativo di farsi del male e non potesse morire.
Solo Udras poteva ferirlo torturandolo ed indebolendolo, ma aveva comunque dovuto provarci per evitare che l’altro si prendesse ancora informazioni come aveva fatto il giorno in cui aveva distrutto il villaggio: dopo averlo sfidato di nuovo e costretto in ginocchio aveva letto la sua mente e visto i suoi ricordi sfiorandogli la fronte con la sola punta delle dita.
“E non morirai stanne certo, almeno finché non mi vedrai uccidere Fred con le mie mani, poi ti toglierò finalmente di mezzo!”

«Tu sei…tu sei Igdard?» Chiese in un sussurro Mickey.

Il ragazzo osservava in silenzio lo sconosciuto di fronte a lui da non sapeva ormai quanto tempo. Da che il mago li aveva lasciati soli, non aveva proferito parola e aveva serrato le palpebre.

«Io…io mi chiamo Mickey…so chi sei…mia-mia cugina Kate me lo ha raccontato…sai lei ha letto il diario di Fred e…»

Nel sentir pronunciare quel nome gli occhi dello sconosciuto si aprirono debolmente e si puntarono su di lui.
Mickey li studiò: quegli occhi prima così pieni di odio ed ora quasi gentili trasmettevano una pena profonda. 

«Se-se sei tu da quanto tempo sei qui?»

Ma il ragazzo non rispose.

«Capisci cosa dico?»

Di nuovo nessuna riposta.

«Io conosco Fred, lui è della mia famiglia.»

Il giovane allora sembrò studiarlo. 

«Senti lo so che non mi conosci, ma …»

Ma inaspettatamente l’altro scosse la testa in segno di diniego.

«Che vuoi dire? Mi-mi conosci?»

Il giovane annuì debolmente.

«Ma come…é stato Fred? Ti ha parlato di me? Della nostra famiglia?»

L’ombra di un sorriso comparve in mezzo alla barba folta.

«Non-non puoi parlare?»

L’altro dapprima non rispose poi si sfiorò la gola con le mani incatenate e aprì la bocca, ma non uscì parola.

«Capisco. Ti ha fatto un incantesimo?»

Un debole cenno di assenso fu sufficiente. 

«È strano, a che gli serve se nessuno può sentirci?»

Ma questa volta il suo compagno di prigionia non seppe dargli nessuna sorta di risposta. 

«Senti dobbiamo darci una mano ad uscire da qui! Magari…magari insieme abbiamo una speranza! La mia famiglia saprà già dove sono e verranno…»

A quel punto negli occhi del giovane si dipinse puro terrore e scosse la testa con forza.

«Perché fai così? Non vuoi che vengano?»

Il ragazzo annuì con sguardo implorante, ma Mickey non capiva.

«Lo-lo so che quel tizio è pericoloso, ma la nostra famiglia è forte e anche Fred lo è. Verrà a prenderci, te lo prometto!»

Ma il ragazzo lo guardò ancora con i suoi occhi chiari e Mickey giurò di vederli inumidirsi appena…
Scosse la testa poi li richiuse appoggiandosi alla parete e tornando di nuovo immobile.

03.00 Casa Odinson 

Ormai erano le 03.00 di mattina.
Steve e Tony si erano sistemati in camera di Kate, mentre la ragazza avrebbe dormito col fratello.
Fred entrò nella sua stanza: era illuminata dalla luce calda di una lampada sul comodino accanto al letto e vi trovò la sorella intenta a pulire uno strano pugnale dal manico chiaro con intarsi brillanti di mille colori. 

«Cos’è quello?» Le chiese.

«Un regalo del nonno, me lo ha dato prima di lasciarci. La lama è fatta con il metallo del martello di papà. Una sua personale opera realizzata in gioventù. Ma la cosa più importante è il manico. Il nonno era un Aesir vero e proprio, ma sua madre, Bestla, era una jotun; mpf ricordi quando la nonna ce lo raccontò tanti anni fa? Ai papà quasi venne un colpo perché non lo sapevano nemmeno loro.»

Il ragazzo annuì con un sorriso.

«Questo manico era un dente di un antico serpente jotun che ella lavorò e donò al marito Bor come dono di nozze. Lui lo diede al nonno che realizzò questo pugnale unendo le due parti con l’oro di Asgard e squame di drago. Contiene un potente veleno magico che non lascia scampo a chi viene ferito dalla lama.»

Se lo rigirò tra le mani e preso il suo fodero, rimasto fino ad allora sulla scrivania, vi infilò la lama. 

«Quando affronterò Udras glielo pianterò nel cuore!» Poi si rivolse al fratello che ora la osservava preoccupato «Tu come stai?»

«Non lo so.» Rispose il ragazzo sedendosi sul letto «Non ho paura. A dirtela tutta provo solo…solo odio…verso me stesso.»

«Che intendi Fred?» Domandò la ragazza sedendosi accanto a lui e guardandolo apprensiva. 

«Lui mi ha imbrogliato Kate e io…ci sono caduto in pieno. E così Ig è morto.»

«Fred non puoi colpevolizzarti per questo.»

«Kate accidenti! Non me ne sono accorto capisci?! Mi ha seguito, ha scoperto dove abitassimo e chi frequentassimo, ha avuto accesso indisturbato alla nostra famiglia e io non ne sospettavo nulla!»

«Perché credevi fosse morto! Nessuno di noi lo avrebbe riconosciuto, ma tu… non avevi mai visto Larry prima di stasera e ti è bastato un istante per riconoscerlo!»

Ma Fred sospirò.

«Mi dispiace Kate, vi ho messi tutti in pericolo.»

«Eddai Fred, sei troppo drastico! Sai che la nostra famiglia ama l’azione» sdrammatizzò la sorella poi gli circondò le spalle ed appoggiò la testa di lato contro la sua «Gliela faremo pagare te lo prometto, fosse l’ultima cosa che faccio.»

Il ragazzo sorrise appena «Ora riposiamoci. Domani dobbiamo essere pronti.»

La sorella annuì e mentre il fratello si stendeva si allungò fino alla lampada e spense la luce. 

 

Intanto nella loro stanza anche Thor e Loki si stavano preparando per dormire.
Thor si infilò sotto le coperte in silenzio mentre Loki si sedette alle sue spalle: il marito non aveva proferito parola da che erano rimasti soli.
Quando lui e Kate gli avevano raccontato di Fred e Udras parlandogli anche di Igdard, questo giovane apparentemente ucciso dal re, Thor era rimasto a fissare il tavolinetto davanti a sé senza espressione.

“E tu non me lo hai detto?” Era solo riuscito a dire. 

E in effetti Loki non se l’era sentita: aveva raccontato a Thor di un giovane che aveva aiutato Fred e che qualcuno del posto gli aveva dato qualche problema, ma nulla di tutto il resto.

“Io credevo…”

“Cosa? Che avrei scatenato una guerra contro Jotunheim per proteggere mio figlio? O che tanto non potevo comunque farci niente? Come hai potuto tenermi nascosta una cosa del genere? Se Fred fosse morto…” non era riuscito a continuare.

Ora Loki se ne stava lì a guardare il compagno in silenzio.
Sospirò e si sdraiò accanto a lui passando una mano oltre il suo fianco e stringendolo. 

«Thor…»

L’altro non rispose.

«So di aver sbagliato, ma era…nel diario di Fred. Non-non era qualcosa che aveva riportato nel suo libro perciò…pensavo che non se la sentisse di farlo sapere a qualcuno…nemmeno a me se è per questo. E non incominciare a dire che con me parla di tutto e con te no…volevo solo che…»

«Non mi preoccupassi non è così? Tanto era tutto finito e non potevamo più farci nulla giusto?»

Loki accostò il naso ai suoi capelli.

«Non volevo tenerti un segreto»

Thor si voltò verso di lui ed incontrò i suoi occhi.

«Avrei solo voluto che ti fidassi di me Loki, ci sarei stato per Fred…»

«Oh Thor, ma tu ci sei sempre per nostro figlio!»

«E se fosse morto? Se Udras lo avesse cercato prima?»

«Credeva di averlo eliminato…»

Il biondo annuì e abbassò lo sguardo sul suo petto. 

«Non si può negare che sia stato un colpo di scena.»

«No.»

I due tacquero poi Loki parlò di nuovo «Co-così tu non mi nascondi nulla?» Chiese con una punta di timidezza nella voce. 

«In che senso?»

«Ecco io non ti avevo confessato questo segreto, ma se escludiamo i troppi dolci che faccio mangiare a tua figlia di nascosto, non ho altri segreti con te… tu non ne hai nessuno con me?» Continuò il moro con un sorriso dolce.

Il biondo tossicchiò appena.

«Beeeeh qualcosina qua e là ci sarebbe»

«Del tipo?» Chiese l’altro senza capire. 

Thor ci pensò su, poi prese un respiro. 

«Ok te lo dico, ma prometti di non arrabbiarti.» Disse il biondo guardandolo negli occhi.

Loki lo studiò «Thor guarda che se parli dell’aspirazione di nostra figlia di voler diventare come Sif  da grande, non è un vero segreto. Lo dice da quando è piccola!»

«No, ecco sarebbe un’altra cosa…ehm ricordi quando abbiamo detto insieme a Kate che lei è nata senza i poteri di ghiaccio?»

«Parli di qualche anno fa? Si certo, lo avevamo deciso su Asgard e una volta a casa glielo abbiamo detto… mi sembra l’abbia presa bene.»

«Ecco si tesoro vedi…lei…lo sapeva già.»

«Che vuoi dire?» Chiese Loki tirandosi su di scatto. 

«Voglio dire che durante quel weekend in cui ti ho organizzato una festa nostra figlia ha seguito nostro padre e Fred di nascosto su Vanaheim e lì ha…ecco… scoperto di non avere quei poteri.»

Loki impallidì e lo fissò ad occhi sgranati; a Thor parve tanto che le posizioni si fossero invertite.

«E?» Domandò il moro.

«E cosa?»

«E che altro?!»

Thor appoggiò il viso su una mano.

«Quasi tutto il resto.»

Il moro si congelò «No-no avevamo…avevamo detto…»

Ma il marito gli prese una mano «Non c’è stato modo di evitarlo. Kate ha usato un incantesimo molto potente e…l’ha scoperto e basta. Dei suoi poteri, della sua nascita anche della pozione che le ha tolto i poteri. Lo sai che non era lei a far nevicare, ma Fred?» Provò sdrammatizzare con un sorriso, ma l’altro non sorrideva.

«Thor come hai potuto tenermelo…»

«Nascosto? Per lo stesso motivo per cui tu non hai detto di Fred a me amore. Non volevo questo. Paura, preoccupazione, Kate stava bene e questo era l’importante. Non avrebbe avuto senso darti pene ulteriori. Così quando hai voluto parlarle noi…abbiamo semplicemente fatto finta di niente.»

«Thor avresti dovuto dirmelo!»

«E tu avresti dovuto dirmi di Fred.» Controbatté l’altro, ma non c’era rabbia o rancore nella sua voce piuttosto era dolce. «Abbiamo sbagliato entrambi. L’uno voleva proteggere l’altro. Tsk che sciocchi…dovremmo saperlo ormai che affrontare i problemi insieme è da sempre la nostra forza.»

A quel punto Loki chiuse gli occhi un istante e preso un respiro annuì. 

«Ora considerando che domani a quest’ora potremmo essere morti…che ne dici di venire qui tra le mie braccia?»

Loki alzò gli occhi al cielo, ma sorrise. Si sdraiò accanto al marito e lasciò che l’altro lo stringesse e lo conducesse contro il suo petto.

«Ho paura Thor, per la nostra famiglia, ma allo stesso tempo ho la certezza che questa… non sarà la nostra fine»

Al che Thor sorrise contro la sua fronte e gli prese la mano sinistra alzandola. Sfiorò gli anelli che il marito portava all’anulare.

«Allora facciamoci una promessa: che faremo di tutto pur di salvare la nostra famiglia e che resteremo vivi per poterci abbracciare ancora. Vuoi promettermelo Loki? Vuoi promettermi che sopravviveremo per stare ancora insieme?» Chiese sfiorandoli ancora.

Loki seguì il suo gesto con lo sguardo e muovendo piano la mano intrecciò le dita alla sue.
Sorrise dolce «Si Thor, te lo prometto…»

16.30 In una cantina di NY

Quante ore erano passate da quando si era risvegliato in quel posto? Mickey non lo sapeva, ma non aveva osato chiudere occhio.
E poi perché nessuno era ancora arrivato a prenderli? 

«Non arrivano…che strano…forse non funzionano»

Ig aprì appena gli occhi e lo guardò.

«Accidenti adesso vorrei avere un’abilità come i membri della mia famiglia e tirarci fuori da questa situazione.» Incontrò lo sguardo dell’altro. «Tu sei bravo in qualcosa?»

Ig pensò un istante a come comunicare.
I polsi legati insieme non gli permettevano di fare quello che avrebbe voluto così li portò entrambi accanto al suo fianco destro. Poi con un movimento semicircolare li sollevò tenendo una mano come se stesse stringendo qualcosa di invisibile e l’altra con due dita piegate che poi rilasciò.

«Mmm…non è facile, ma a giudicare dal movimento posso provare…Sei bravo con l’arco?»

Igdard fece un cenno di assenso e un lieve sorriso.

«Mpf anche io vorrei diventare bravo in qualcosa, ma tutto quello che so fare è studiare…»

Guardò meglio il giovane davanti a sé: ora che sapeva chi fosse non gli incuteva alcun timore, ma gli sembrava così stanco e debole.

«È da molto che sei qui vero?»

L’altro annuì di nuovo.

«Se quel pazzo ci separasse vorrei ci fosse un modo per ritrovarti e venire a salvarti. Sempre che non mi uccida prima è ovvio.» Disse Mickey iniziando a studiare la stanza intorno a sé.

Era priva di finestre e non c’erano posti in cui potersi nascondere. Guardò la propria immagine nello specchio quasi cercasse aiuto nel suo riflesso.
Ma davanti a lui stava solo un sedicenne in catene coi capelli scompigliati e gli occhiali sul na…

«Certo gli occhiali!»

Iniziò a guardarsi meglio intorno. Doveva trovare un posto sicuro in cui nasconderli e darsi così almeno la possibilità di ritrovare quel posto se fosse stato portato via.
Certo se non funzionavano sarebbe stato inutile però tanto valeva provarle tutte. Il suo sguardo si fermò sulla lunga cassettiera sotto allo specchio.
Non sarebbe mai potuto arrivare ai cassetti ed aprirli, la catena era davvero troppo corta, ma sarebbe bastato un piccolo nascondiglio e…

«Si!» Esclamò accorgendosi di una piccola cavità lungo la base del mobile: non era molto alta e probabilmente era opera di qualche topo, ma sembrava il nascondiglio perfetto. 

Mickey si sfilò gli occhiali con una mano e li chiuse piano.
Li strinse tra le mani e distesosi su un fianco iniziò a strisciare aiutandosi con i piedi e protendendosi verso quel punto.
Ig lo osservò senza capire bene le sue intenzioni.

«Se solo ci arrivassi.» Sussurrò tentando di farsi più vicino, ma la catena al piede gli impediva di allungarsi di più. Quei pochi metri sembravano uno scoglio lontano. «Avanti»

In quell’istante Igdard sgranò gli occhi e scosse le catene dei piedi.

«Cosa c’è?» Chiese Mickey bloccandosi.

Ig gli fece un cenno con la testa verso la porta e Mickey sentì distintamente dei passi leggeri.
Con tutta la forza che aveva in corpo e il più velocemente possibile si ritrasse verso il punto da cui era venuto sforzandosi di tornare con la schiena contro la parete.
Aveva ancora gli occhiali tra le mani e in un gesto istintivo proprio mentre qualcuno si fermava davanti alla porta si sollevò la maglia e ve li infilò sotto appoggiandovi poi le braccia sopra.
La porta di quella sorta di prigione si aprì un istante più tardi.
Udras entrò con un sorriso soddisfatto stampato sulla faccia «Buongiorno, avete riposato?»

Mickey lo guardò con astio mentre Ig aveva già richiuso gli occhi.

«Sono venuto a portarvi qualcosa da mangiare. Mancano poche ore all’incontro con la tua famiglia Mickey. Dobbiamo essere ben presentabili.»

E schioccate le dita davanti ai due prigionieri comparvero un piatto di minestra con un cucchiaio e Mickey si ritrovò un tozzo di pane tra le mani. 

«Coraggio mangiate» li invitò il mago con un sorriso. 

Mickey lanciò uno sguardo ad Igdard che scosse impercettibilmente la testa. A quel segnale il ragazzo appoggiò il pane al suo fianco.

Intanto Udras si avvicinò a Igdard «Avanti Ig, sai che devi mangiare.» 

Il piatto di minestra rimase al suo posto così come il giovane in catene.

«Ah e va bene, ma almeno bevi qualcosa» Un bicchiere di acqua comparve tra le mani del mago. 

Mickey capì che tutta quell’insistenza non presagiva niente di buono.

«Da bravo Ig, bevi. Non farmi fare brutta figura» Disse avvicinandoglielo alla bocca, ma l’altro non la aprì «Credimi se ci fosse un altro modo eviterei di sporcarmi volentieri le mani! Ma sia come vuoi, ricordati che sei tu che lo hai voluto…di nuovo.» 

Mosse la mano e Igdard si piegò in due in avanti: sul suo viso si dipinse una tremenda espressione di dolore. Poi un’energia invisibile lo costrinse di nuovo con la schiena contro al muro facendogli sbattere la testa con forza. A quel punto il mago allungò la mano libera premendogli le guance e versando il liquido nella piccola fessura formatasi tra le labbra.

«Lascialo stare!» Gridò Mickey.

Igdard tossì e il suo corpo venne percosso da una sorta di tremore tanto che dovette chiudere gli occhi quasi stesse sopportando una grande fatica.

«E vedi di non sputarla, la promessa di trovare il tuo Freddi e ucciderlo senza dargli alcuna possibilità  di difendersi è sempre valida se ti rifiuti!»

«Sei un verme!»

Udras si voltò verso Mickey e di nuovo sorrise.

«Avanti Mickey mangia qualcosa »

Ma il ragazzo spinse il piatto lontano da sé con un piede.

«Non ho fame grazie!»

«Oh, ma devi mangiare o tuo padre penserà che non mi occupo a dovere del suo piccolo rampollo.» Lo studiò un istante «Sembri diverso. Uhm o forse è solo questa tua nuova condizione che ti rende finalmente giustizia. Allora caro Mickey c’è qualcosa che dovresti darmi».

Ig aprì gli occhi di colpo sgranandoli e raccogliendo tutta la forza che aveva fece per bloccare il mago per un piede, ma questi mosse una mano inchiodandolo al muro. «Oh avanti Ig non c’è bisogno di fare così. Rischi di spaventarlo! Ci metterò un istante vedrai.»

Dal modo in cui Ig tentava di dimenarsi e Udras lo stava guardando come un predatore studia la sua preda Mickey dedusse che non si sarebbe trattato di niente di buono per lui. Il mago si avvicinò e si chinò davanti al ragazzo. 

«Cosa vuoi da me?»

«Ecco vedi Mickey quando tuo padre mi costringeva ad occuparmi di te e Kate ho avuto modo di  conoscere le vostre vite, i vostri interessi e ovviamente qualche dettaglio in più sulla vostra famiglia. Ma solo Tony e Kate mi hanno dato la soddisfazione di crollare addormentati più e più volte sul lavoro o sui libri permettendomi di leggergli la mente indisturbato. Con te è stato praticamente impossibile. Sei uno studioso instancabile sai?» Disse puntando lo sguardo nel suo mentre Mickey istintivamente si schiacciò di più contro la parete quasi a volervi entrare e scomparire dentro.

Strinse più forte il punto in cui teneva gli occhiali.

«Ma adesso che sei qui posso finalmente prendermi quello che mi serve anche da te. Sicuro di non voler mangiare prima? Sarà più facile credimi»

Il ragazzo lo guardò con astio.

«E va bene. Cerca di non resistere però d’accordo?»

E improvvisamente allungò una mano verso di lui.
Non appena quelle dita fredde si posarono sulla sua fronte Mickey la sentì come congelarsi e un forte di mal testa invaderlo.
Un istante dopo rivide sé stesso la sera prima davanti all’auto del finto Larry, sollievo, la sua conversazione con Marcus e Kate, gioia, immagini velocissime che scorrevano velocemente e capì che Udras stava davvero leggendo la sua mente, le sue emozioni e i suoi ricordi.
Chiuse gli occhi e cercò di allontanare la testa da quella mano, ma ottenne solo che una fitta di dolore gli invadesse tutto il corpo. 

«Se ti ribelli farà male, guarda com’è ridotto Ig. Ha provato così tante volte a negarsi.»

Mickey intanto sentiva la testa esplodergli, il corpo teso e ogni suo tentativo di liberarsi pareva solo aumentare il dolore che provava.
Ma non voleva darsi per vinto e con tutto sé stesso si contraeva e tentava di allontanare il mago da lui. L’altro con la mano libera gli incantò le gambe costringendolo a rimanere fermo, rendendolo impotente mentre continuava a prendersi tutti i suoi ricordi e le sue emozioni.
E la cosa peggiore era che alcuni facevano male.
I suoi genitori che litigavano, paura, un attimo dopo Steve che lo abbracciava, conforto, ma Udras non gli diede il tempo di prenderne nemmeno un po’: sembrava scartare i ricordi positivi e prendersi solo quelli più bui e tutto ciò che ne derivava.
Così al dolore del corpo Mickey sentì sommarsene un altro che veniva da dentro.
Probabilmente si trattò solo di pochi minuti, ma gli sembrarono un tempo infinito; poi Udras ritrasse la mano e lo guardò deluso. 

«Niente di speciale, Kate in effetti aveva molto più materiale di te. Pazienza me lo farò bastare.» Disse sollevandosi dal ragazzo che col respiro corto e le lacrime agli occhi si era accasciato a terra come sconvolto da un tremendo senso di ansia. «Fossi in te riposerei un po’, la sera è ormai vicina. Tu stai bene attento allo specchio Ig, non voglio che ti perda un solo istante d’accordo?»

Gli occhi di Igdard erano pieni di odio; il mago schioccò le dita lasciandoli di nuovo soli.
Ig guardò verso Mickey con apprensione. Il ragazzo giaceva ancora a terra rannicchiato su sé stesso.
Ig scosse un po’ le catene per attirare la sua attenzione, ma il ragazzo non diede segno di risposta. Il giovane però insistette ancora e ancora finché l’altro guardò verso di lui che indicò il mobile con  le mani incatenate.
Mickey seguì il suo gesto, ma forse non per davvero.
Si sentiva debole e profondamente affranto; era come se le paure che da sempre avevano fatto parte di lui e le emozioni che per anni aveva cercato di soffocare fossero tornate a galla tutte insieme: l’abbandono, la paura di non essere all’altezza della sua famiglia e dei suoi genitori, sentire di non avere niente di speciale.
Ig intanto continuava ad indicargli il mobile.Ma a Mickey interessava davvero di quello sconosciuto e di cosa voleva in quel momento in cui lui stava così male? Perché avrebbe dovuto aiutarlo quando anche lui aveva bisogno di aiuto? Si sentiva così confuso.
Poi Ig abbassò le mani e cercò il suo sguardo; Mickey lo trovò carico di comprensione come se sapesse esattamente cosa avesse appena provato.
E non era forse così? Anche Udras l’aveva detto. Chissà quante volte aveva fatto del male anche a lui, quante volte lo aveva costretto a bere quella sorta di pozione.
Quasi inconsciamente Mickey fece scorrere lo sguardo sul suo corpo osservandolo meglio. Era pieno di tagli e lividi. I polsi e le caviglie erano rovinati della catene e non poteva nemmeno immaginare come fosse ridotto il collo sotto quello spesso strato di metallo.  
Ma la parte peggiore erano gli occhi troppo stanchi e specchio di quell’anima che doveva aver sopportato tanto dolore.
E cosa provava poi sapendo che Fred fosse in pericolo?
E così Mickey si diede dello sciocco.
Cercò di farsi forza nonostante si sentisse estremamente debole.  Sfilò gli occhiali ancora tenuti stretti da sotto la maglia e raccogliendo tutte le sue energie si trascinò nuovamente fino al mobile.
Si sentiva esausto, ma doveva arrivarci. Era così che Ig si sentiva da mesi? Forse da fuori il suo corpo poteva sembrare forte, ma dentro Mickey era sicuro che stesse proprio come lui.
Si protese e si allungò più che poté al punto di sentire la caviglia fare male finché, trovandosi a pochi centimetri dalla cavità, appoggiò gli occhiali a terra e con la sola punta delle dita ve li spinse dentro.

«Ecco così.» Sussurrò prima di chiudere gli occhi e addormentarsi stremato. 

 

22.30 Casa Odinson 

Fred spalancò gli occhi col respiro corto. Era solo nella sua stanza e seduto sul letto; la porta era aperta e tutti si trovavano al piano di sotto. Si passò una mano sulla fronte e appoggiò la testa contro al muro.
Chiuse di nuovo gli occhi.
Doveva stare calmo, era fondamentale o il piano non avrebbe funzionato a dovere. Ma era un buon piano poi?
Non poteva fare a meno di avere dei dubbi.
Udras era un mago che aveva ingannato la morte stessa e che poteva leggere la mente e lui? Lui era solo un ragazzo.
Sapeva quanto dura fosse la vita e non era uno sprovveduto: aveva subito una grande perdita, aveva vissuto a lungo da solo in territori più o meno sconosciuti e pericolosi, ma era pur sempre un ragazzo. Ce l’avrebbe fatta davvero?
Mentre la sua famiglia era rimasta insieme tutto il giorno, lui si era isolato in camera ad esercitarsi o meglio a cercare la calma interiore.
Il problema era che quando chiudeva gli occhi c’era sempre qualcosa ad invadere i suoi pensieri.
Provò di nuovo.
Respirò profondamente e si sentì in pace poi un’immagine comparve nella sua mente. Acqua, acqua cristallina in un laghetto con solo una piccola cascata ad incresparne la superficie; tutto intorno alberi ghiacciati  e neve candida. 

«Fred! Se ti prendo!» La voce di Ig che fradicio e sorridente nuota alle sue spalle fino alla cascata. 

«Appunto, devi prendermi!»

La sensazione di quell’acqua fredda, rigenerante e la spuma leggera della cascata sulla pelle. Ci si nasconde dietro e trattiene il respiro sott’acqua mentre l’altro lo raggiunge.

«Ah-ah pres…ma che?» 

Ig, con il getto dell’acqua alle spalle, si ritrova da solo con la parete di roccia dura davanti a sé.L’altro, sott’acqua, lo prende per le caviglie facendogli perdere l’equilibrio e facendolo cadere di schiena. 

«Sei finito Fred!» Lo minaccia Ig quando riemerge.

Ma lui ride, ride mentre l’altro lo coinvolge in una lotta in acqua e poi gli blocca i polsi, ma, come è tipico suo, facendo attenzione a non fargli male.
Ig lo spinge contro la roccia dura alle sue spalle. 

La resa tra una risata e l’altra. «E va bene. Hai vinto!»

«Oh e credi che basti?» Gli domanda lo jotun. 

No, lo sa che come minimo gli taglierà i capelli, ma intanto non può fare a meno di incontrare il suo sguardo e incantarsi ad osservarlo per qualche secondo; forse si sbaglia, ma ha l’impressione che l’altro stia facendo lo stesso con lui.
L’acqua gli ha infradiciato i capelli e i suoi occhi sembrano risaltare ancora di più.

«Allora come intendi vendicarti?» Riesce a chiedere con una punta di imbarazzo; le mani ancora bloccate mentre le gocce d’acqua gli scendono sul viso. Si aspetta una promessa di vendetta, ma non è ciò che arriva. 

«Fred io…» 

E a lui il cuore si ferma per un attimo per poi accelerare di colpo.

«Io…» in quell’istante una sorta di bagliore viola, come un cristallo colpito dalla luce, attira il loro sguardo. Si voltano e ecco qualcosa che prima non avevano notato in mezzo alle rocce. Un fiore di ghiaccio viola: un fiore dai petali come quelli di un giglio, ma uno stelo corto e di una bellezza assoluta. 

«Che cos’è?»  Chiede.

«Non lo so Fred.» Risponde Ig mentre gli lascia i polsi e come guidati da un’energia più forte di loro entrambi allungano la mano, ma il fiore scompare sotto ai loro occhi. 

«Uhm che strano…Peccato, mi sarebbe piaciuto coglierlo» dice. 

«Beh Fred credo che esistano doni che ci è solo concesso vivere. Spiriti liberi che non appartengono a nessuno. Non puoi essere tu a decidere che diventino tuoi anche se a volte…lo vorresti con tutto il tuo cuore»  

E lui incontra di nuovo il suo sguardo rapito, Igdard gli sorride.
Sono ancora uno davanti all’altro, nascosti alla vista del mondo in quel piccolo nascondiglio che ha qualcosa di magico. Basterebbe protendersi pochi centimetri l’uno verso l’altro e tutto potrebbe essere finalmente chiaro.
Si, soli pochi…
Il richiamo di Jambo, che non trovandoli si lamenta preoccupato, li riporta alla realtà.
Entrambi abbassano lo sguardo imbarazzati e non possono trattenere una lieve risata.

«Coraggio andiamo adesso o Jambo passerà in rassegna anche il fondo del lago pur di trovarci.» Sentenzia il giovane jotun e gli da le spalle verso il getto della cascata.

Vorrebbe richiamarlo, in fondo si accontenterebbe di pochi secondi. Scuote la testa e dandosi dello stupido lo segue al di là del getto della cascata.
A quel tempo Fred non aveva la minima idea di cosa fosse quel fiore, ma su Vanaheim, durante le sue ricerche nei boschi ne aveva parlato a Smirthyn.

«Oh ragazzo.» Aveva esclamato il mago con una profonda tristezza nella voce «Non sai quanto mi dispiace per te. Purtroppo so esattamente cos’è quel fiore. Ne ho sentito parlare nelle leggende del nostro popolo e pare si tramandi anche nei Nove. I miei genitori, che si sono amati fino alla morte, dissero che da bambini videro una rosa bianca sul tronco di un albero; la cosa sembrò  loro insolita e si avvicinarono per toccarla, ma la rosa scomparve.» 

«Non capisco Smirthyn. Che vuoi dire?» 

«Vedi pare che se due persone siano destinate a rimanere con qualcuno per la vita, anche se ancora non ne sono consapevoli, ricevano un segno. Di solito si manifesta sotto l’aspetto di un fiore. Un fiore diverso per ciascuna coppia e che scompare se solo si prova a toccarlo e a prenderlo per sé. Quel fiore è libero e puro come l’amore stesso e come l’amore non è qualcosa che puoi possedere o imporre. Si manifesta solo a coloro che si ameranno per sempre perché ritiene la forza del loro legame sua pari.» 

Il ragazzo lo aveva guardato dubbioso per un istante, ma il mago era subito intervenuto.

«Non mi credi vero? É comprensibile, tu sei uno studioso e hai bisogno di prove. Lascia che ti racconti una cosa allora. Da giovane anche Loki mi raccontò di aver visto un magnifico fiore  crescere al centro di un ruscello e che qualcuno provò a coglierlo per lui. Ma il fiore scomparve e…Thor finì in acqua.» Aggiunse Smirthyn con un lieve sorriso misto di dolcezza e tristezza. 

Quella per Fred era una prova più che sufficiente e se da una parte lo rendeva enormemente felice per i suoi genitori, dall’altra gli spezzava il cuore.
Dunque un crudele scherzo della vita? Aveva conosciuto la persona a lui destinata e questa gli era stata portata via per sempre. E quello che era peggio….era che lui lo aveva capito ancora prima di vedere quel fiore.
Strinse gli occhi e mentre una lacrima li lasciava, espirò. 

«Si papà?» Chiese riaprendoli piano.

Loki era sullo stipite della porta in procinto di bussare. 

«Freddi, sei diventato bravissimo ad intercettare le persone.»

«Su Vanaheim ho fatto molto esercizio sul prestare attenzione ai suoni dentro e fuori di me.»

Loki lo raggiunse e si sedette accanto a lui.

«Sei riuscito a risposare?»

«Per lo più ho meditato, ma non è semplice. Emozioni, pensieri, tutto che si somma. E poi c’è quella parte di rabbia e delusione che cerco di tenere lontana, ma… torna sempre. Temo che Udras ci contasse. Forse mi ha confessato la verità cosicché mi arrabbiassi e perdessi il controllo. Lo aveva già fatto e nonostante lo abbia ferito gravemente è riuscito a sopravvivere. Forse spera che agendo subito accada di nuovo, che mi senta più debole e in colpa…» strinse la stoffa dei pantaloni «oppure era semplicemente troppo stanco di aspettare per avere la sua vendetta, ma ne dubito.»

Le sue iridi verdi incontrarono quelle del suo stesso colore del padre «Voi come state?»

«Beh, Tony è sull’orlo di una crisi di nervi, Steve non sa più come tenerlo a bada e tua sorella ha lucidato tutte le sue armi per “rilassarsi”. Tuo padre invece ha contattato Heimdall telepaticamente avvisandolo della situazione e chiedendogli di fare altrettanto con Madre. Se ci succedesse qualcosa devono sapere cosa sta succedendo qui. Poi si è messo di guardia sul pianerottolo di casa per ore, adesso è in salotto con gli altri.»

«E tu?»

«Io ho cercato di fare come te, calmarmi ed attendere che arrivasse la sera. Spero che vada tutto bene, non sopporterei l’idea che quel pazzo vi…» chiuse gli occhi per un istante.

Fred annuì. «Ha creato una bella trappola. Ognuno di noi ha più di un punto debole e lui lo sa. In questo modo è più facile sbagliare ed esporsi. Ma te lo prometto papà non gli permetterò più di farci altro male. In un modo o nell’altro finirà stasera.»

Loki lo guardò apprensivo e gli strinse la mano.

«Vorrei solo che tu e tua sorella non faceste gesta avventate. Ciò che desidero più di ogni altra cosa è che voi stiate bene. Io e tuo padre ce la caveremo in un modo o nell’altro e faremo di tutto per proteggervi»

Fred gli sorrise e si protese verso la porta «Si papà?» In quell’istante Thor si trovava ancora a pochi metri di distanza dalla sua camera.

Si affacciò un po’ confuso. 

«Però Maghetto, di questo passo farai andare Heimdall in pensione.»

Gli altri due alzarono gli occhi al cielo. 

«Comunque avreste voglia di mangiare qualcosa?» Chiese «Tra non molto dovremo andare. Con l’auto ci metteremmo due ore, ma con i “nostri mezzi” ci basterà poco. Sarà meglio comunque avere un po’ di energie.» Aggiunse girandosi verso le scale.

«Anche Kate la pensa così direi, ma non ho fame grazie.» Disse Fred gentile. 

«Oh avanti fratellino.» Lo riprese Kate apparendo in quell’istante sulla porta con una fetta di pizza tra le mani «Quando ti ricapita di farti una pizza come ultimo pasto?»

Loki e Fred scossero la testa e sorrisero rassegnati.

«Tuo padre ha ragione Freddi, devi accumulare un po’ di energie.» Gli disse Loki gentile. 

Il ragazzo annuì «E va bene allora e pizza sia!» E si alzò.

Loki lo imitò e fece per dirigersi alla porta, mentre gli altri due si erano già voltati verso le scale, ma… «Aspettate, vi prego.» Li fermò Fred «Io volevo ringraziarvi per…insomma per tutto. So che non sarà facile e non potrei sopportare l’idea che vi succedesse qualcosa. Però volevo dirvi che io…che io…»

Ma Loki si scambiò uno sguardo con Thor e si avvicinò al figlio «Lo sappiamo Fred e anche noi vi vogliamo bene più di noi stessi.»

Il ragazzo sorrise commosso e lo abbracciò mentre anche Thor si avvicinava e stringeva entrambi. 

Però mancava qualcuno. Thor intercettò Kate che li fissò un momento «Scordatevelo! Io sono una guerriera ricordate?»

Ma Thor spostò un braccio e lo protese nella sua direzione. La ragazza alzò gli occhi al cielo esasperata «E va bene.» Disse ripulendosi le mani alla bella e meglio «Ma se sopravviviamo e ne fate parola con qualcuno, vi uccido io.»

E avvicinandosi alla sua famiglia si fece coinvolgere in quell’abbraccio che sapeva di casa. 

23.50 In una foresta fuori NY

Fred si materializzò insieme a Loki in un grande spiazzo in mezzo ad un bosco. Un istante dopo anche Thor arrivò in volo con il suo martello e con la figlia stretta a sé seguito a ruota da Iron-man che portava Capitan America.
Il gruppo si guardò intorno, ma era tutto buio e appena illuminato dai raggi della luna tra gli alberi. 

«Che posto è questo?» Domandò Steve.

«A giudicare dall’architettura sembra un campo scout.» Rispose Fred notando alcuni vecchi bungalow tra gli alberi. 

«Perché? Si aspettava che ci mettessimo in cerchio a cantare Kumbaya tutti insieme?»

«Certo che no signor Stark» la voce di Udras mise tutti in allerta. «I canti davanti al fuoco non sono proprio il mio genere.»

Il mago emerse dagli alberi dietro di loro indossando un lungo completo di pelle nera e gli occhiali che Larry tipicamente portava; aveva i capelli neri raccolti in una coda bassa e un ghigno stampato sulla faccia. 

«Siete in anticipo. Immagino sia stato estenuante attendere tutto il giorno»

«Perché ci hai fatto venire in questo posto?»

«Oh non lo sa signor Stark? Ma dovrebbe! Rientra nelle donazioni delle Stark Industries, c’è il suo nome sull’insegna all’ingresso.»

Tutti guardarono Tony con un misto di rimprovero e rassegnazione.

«Che c’è? Non mi ricordo certo tutte le donazioni che faccio!» Si giustificò Iron-man.

Udras ghignò «No lo immaginavo! Questo posto è stata una piacevole scoperta, sono venuto alla sua inaugurazione, perché lei non aveva voglia di partecipare ovviamente. Ora che l’estate è finita è chiuso. Così ho pensato che potesse essere un ottimo punto di incontro.» E schioccate le dita un grande falò fino ad allora spento e che il gruppo non aveva notato si accese al centro della radura. 

«Allora Fred ti consegni a me?» Chiese Udras senza tanti giri di parole. 

«Puoi scordartelo bellimbusto!» Rispose Kate per lui. 

Thor e Loki assunsero le loro tenute da battaglia e il Dio del Tuono strinse il suo martello, Tony abbassò la maschera da Iron-man e Steve alzò lo scudo. Felpa e jeans di Fred divennero un abito verde acqua mentre i suoi capelli rimasero lunghi nella loro attuale capigliatura e tenuti insieme da uno dei suoi fermagli; nella sua mano apparve una spada di ghiaccio e sulla sua schiena una faretra piena di frecce e un arco. Infine anche Kate mutò d’abito che diventò un corpetto in metallo e pantaloni aderenti in pelle bordeaux; i capelli legati in una coda alta con due ciuffi davanti, un robusto e lungo bastone tra le mani e il pugnale al fianco. 

«Come “no” è molto chiaro…Ah proposito signor Stark ho una cosa che le appartiene.»

E di nuovo schioccò le dita.

«Mickey!» Gridò Steve.

Il ragazzo si materializzò al fianco di Udras e anche se ora privo di catene cadde a terra stremato.
Udras lo prese per i capelli e lo mostrò al resto del gruppo.

«Non toccarlo maledetto!» Lo minacciò Steve. 

«Altrimenti Capitano?» Ghignò Udras.

Ma in quell’istante Mickey raccolse tutte le forze che aveva e provò a parlare. 

«Fred, Ig è…» Tentò, ma Udras gli rifilò un calcio nei reni facendolo piegare per il dolore e togliendogli il fiato.

«Così va meglio.» Disse il mago scaraventandolo poi a terra a qualche metro da lui, ma in quel momento un pugno dell’armatura di Iron-man lo colpì in piena faccia.

«Non toccare mai più mio figlio brutto bastardo!» Gridò Tony.

Udras si sfilò gli occhiali rotti dal viso e si toccò una narice trovandosi del sangue sulle dita.

«Ma che parole forti! Pensate forse di sconfiggermi a suon di insulti?» Disse infilando gli occhiali rotti in una tasca del suo abito. 

«No» rispose nuovamente Tony «Se permetti te lo mostriamo…ORA!»

Steve fece uno scatto parandosi davanti a Mickey e proteggendolo con lo scudo, mentre gli altri si avventarono sul mago. Loki si materializzò dietro Udras colpendolo alle spalle coi suoi pugnali.  Udras non ebbe il tempo di voltarsi che Kate lo colpì col bastone allo stomaco.Il mago scagliò la ragazza contro un albero con una sfera di energia, ma un istante dopo Tony lo strinse per le spalle e Thor lo picchiò sulla testa col martello mandandolo al tappeto.

«TONY!» Gridò Steve. Il compagno si precipitò da lui che teneva Mickey tra le braccia.

 Si alzò la maschera.

«Porta nostro figlio via di qui.» Gli ordinò il Capitano guardandolo negli occhi.

«Steve io…» esitò l’altro.

«Tony… è nostro dovere» Gli rispose guardandolo con un sorriso gentile e implorante. 

Tony lo fissò un istante ed annuì poi prese il figlio tra le braccia e in un istante volò via.
Udras intanto si riprese e si risollevò sui polsi in tempo per vedere Iron-man andarsene col figlio. Allungò una mano verso di loro, ma… 

«Arghhh!» Gridò mentre una freccia gli si conficcava precisa nel polso alzato. 

«Ottimo centro non trovi?» Gli domandò Fred guardandolo soddisfatto e rimettendo l’arco sulla schiena.

Il mago lo guardò con un sorriso di sfida e si tolse la freccia dal polso come fosse la cosa più naturale del mondo.

«Già, peccato che potrai usare l’intera faretra, ma non salverai comunque la tua famiglia!»

Al che Fred si avventò su di lui con la spada sguainata, ma il mago sparì e si materializzò alle sue spalle. Stava per colpirlo, ma lo scudo di Capitan America lo prese in pieno alla testa facendolo voltare furioso.

«Ti sei messo contro la famiglia sbagliata mago dei miei stivali! Thor!»

Udras si girò vedendo che il Dio del Tuono aveva lanciato il martello contro di lui. Si smaterializzò un attimo prima di essere colpito, ma non appena riapparve Loki lo ferì al costato con due pugnali. 

«Questo per aver anche solo pensato di sfiorare mio figlio!» Altri due colpi uno al viso e uno al ventre «Questo per mio nipote!» Un altro al viso e uno al petto «E questo per aver minacciato la mia famiglia!»

Udras guadagnò qualche centimetro e prima di dare a Loki la possibilità di colpirlo di nuovo scomparve e riapparve trovandosi Kate alle spalle che lo colpì con una tale forza che lo fece piegare in due «Lo ammetto “Larry” sto diventando brava a scuola, ma la lotta rimane la mia specialità!» E lo colpì ancora.
Udras d’improvviso si trovò sotto un attacco di colpi che arrivavano da ogni lato e da ogni direzione. Erano veloci, forti, determinati e lui non riusciva nemmeno a pensare a come reagire. Infine perse l’equilibrio e cadde prono: l’ultima cosa che vide voltandosi fu Thor che col suo martello e il potere dei fulmini nelle orbite si avventava su di lui. 

In volo verso NY

Mickey si risvegliò con l’aria fredda della sera che gli sferzava il viso «Pa-papà»

Tony alzò l’elmo e lo guardò «Ehi buongiorno. MICKEY!»

Il ragazzo aveva avuto come un conato di vomito «Okay okay ci fermiamo.» Fece il padre allarmato. Avevano già raggiunto le prime case di periferia della città; Tony atterrò sul tetto cementato di un palazzo poggiando Mickey a terra.
Il ragazzo si allontanò da lui e a fatica si alzò in piedi trascinandosi fino al parapetto da cui si affacciò vomitando il poco che gli era rimasto in corpo. Tony gli si avvicinò preoccupato, ma il ragazzo si voltò e mentre si accasciava contro il muro gli fece cenno di fermarsi. 

«Mickey ti porto a casa. Lì starai bene e farò immediatamente venire qualcuno a visitar…»

Ma il ragazzo scosse energicamente la testa. 

«N-no papà no-noi dobbiamo andare a prenderlo!»

«A quel pazzo stanno pensando tuo padre e gli altri, io devo portarti a casa!»

«No papà no-non Udras. Dobbiamo andare a prendere-a prendere Igdard!» Riuscì a dire. 

«Mickey stai male! Io devo…» Avanzò verso di lui e fece per toccarlo, ma il figlio si scostò e si alzò a fatica appoggiandosi al muro «Mickey?» Domandò Tony preoccupato. 

«Noi dobbiamo andare da lui ti dico!»

«Mickey io non capisco.»

«Papà…c’è-c’è qualcuno che ha bisogno di noi. Udras lo tiene prigioniero, lo userà per fare del male a Fred. Io lo so e poi…poi lo ucciderà. Dobbiamo…dobbiamo liberarlo adesso! E io so dov’è! Ho lasciato gli occhiali e …»

«Adesso basta sei troppo debole devo portarti a casa.» Riprovò il padre.

«NO!» Si rifiutò ancora il ragazzo battendo un pugno sul muro «Tu adesso devi ascoltarmi!»

Tony temendo che il figlio rischiasse di farsi male alzò entrambe le mani cautamente «Va bene ti ascolto allora» 

Il ragazzo non perse tempo e con tutte le forze che aveva in corpo si sfogò «Credi che sia facile?Sapere di essere quello più debole e senza abilità e per questo Udras ha rapito me? Essere quello che deve essere portato via e-e salvato perché il primo a rischiare di morire?!»

Il ragazzo lo fissava con disperazione «Per una volta papà ti prego, ascoltami davvero! Io-io lo so che non sono speciale come te o come papà o come gli zii e non ho i poteri di Fred e Kate, ma voglio essere utile in qualcosa, voglio almeno salvare quel ragazzo! Ti prego papà, poi farò tutto quello che vuoi!»

Tony lo guardò: il figlio era in piedi davanti a lui determinato come non mai per quanto debole e  mal ridotto e gli stava chiedendo con tutto sé stesso di ascoltarlo. Sospirò.

«Il mio dovere e quello di tuo padre, l’unico che conti davvero, è quello di proteggere te, ma tu sei più forte di quello che credi figliolo…» Chiuse gli occhi un momento ed espirò sonoramente  «Tuo padre mi ucciderà per questo…» si avvicinò e gli appoggiò una mano sulla spalla «Ti aiuterò, ma non osare dire mai più che non sei speciale Mickey. Tu e Steve siete la mia unica ragione di vita e poteri o no, abilità o no questo è e sarà sempre così figlio mio.»

Mickey seppur debole gli sorrise fiero ed annuì. «Avanti papà c’è qualcuno che ha bisogno di noi!»

Iron-man si abbassò l’elmo «Bene, dove andiamo figliolo?»

«Nel luogo dove ho lasciato gli occhiali sempre che Friday riesca a localizzarli!» Disse poi con una punta di ansia nella voce. 

«Ehi è di una mia creazione che stai parlando! Friday!»

«Si signor Stark.»

«Coordinate per gli occhiali di mio figlio!»

«Corrispondono allo stesso punto di ieri signore.»

«Ma allora il localizzatore funziona!»

«Certo che funziona! Ma quel pazzo aveva minacciato di ucciderti! Perché credi non sia arrivata la cavalleria a salvarti!»

Mickey sorrise a suo padre.

«Sai papà sei davvero un genio!»

«Un genio e tutto il resto figliolo! Ma te la senti davvero di venire con me in queste condizioni Mickey?»

«Più che mai!» Rispose il figlio aggrappandosi a lui “Ig arriviamo!”

 

Sul campo di battaglia 

Il gruppo di combattenti fissava nel punto poco distante dal falò in cui il mago giaceva da diversi minuti dopo l’ultimo attacco. Avevano usato molte energie, ma Udras sembrava non dare segno di vita. Sennonché dopo qualche istante…
Il corpo del mago si mosse come scosso da… una risata!
Udras si fece leva su una mano e si alzò a sedere ridendo, ridendo come un folle.

«Un attacco combinato» disse alzandosi da terra e fronteggiandoli tutti senza paura mentre i graffi e le ferite sparivano dal suo corpo «Devo ammettere…che era proprio quello che mi aspettavo.»

Steve strinse lo scudo mentre gli altri si misero in posizione di attacco. 

«Ma ammetto che stavo iniziando a stufarmi un po’.»

La sua espressione divenne seria. 

«Adesso se permettete… tocca a me!»

«ATTENTI!» Gridò Fred. Un istante dopo da terra si sollevarono lunghe e forti radici che afferrarono chi per un braccio chi per una caviglia.

Il gruppo provò a liberarsi, ma le radici crescevano e crescevano imprigionandoli sempre di più. Thor scagliò un fulmine a terra, ma servì a poco: le radici si bruciarono, ma al loro posto se ne sostituirono altre.
Kate ne fu circondata e nonostante Cap avesse lanciato lo scudo verso di lei tagliandone parecchie si ritrovò lui stesso bloccato e completamente avvolto un istante dopo.
La stessa sorte toccò alla ragazza.
Thor, Fred e Loki continuarono a combattere imperterriti.
Lingue di fuoco scivolarono via dal falò andando a circondare Fred, ma il padre le spense ghiacciandole. Udras notò come Loki avesse abbandonato i pugnali e coi suoi poteri stesse tenendo a bada meglio di tutti le radici e le fiamme.

«Oh, ma insomma! Potreste anche arrendervi no?! Sto sprecando un sacco di energie inutilmente» 

Si materializzò dietro a Loki tentando di prenderlo alle spalle, ma il Dio dell’Inganno si dissolse davanti a lui. Udras non fece in tempo a capire che il vero Loki gli comparve alle spalle e lo ferì al fianco sinistro coi suoi pugnali. Il mago oscuro si voltò fronteggiandolo.

«Hai abbassato la guardia.» Lo schernì l’altro.

«Come darti torto?!» Osservò l’avversario toccandosi nel punto colpito e guarendosi «Direi anche tu!» E mossa una mano un’energia invisibile trainò Loki contro di lui. Udras allungò velocemente la mano destra sulla sua fronte mentre con l’altra lo teneva stretto a sé per il fianco.
Loki tentò subito di fargli resistenza, ma cacciò un urlo di dolore; il mago dal canto suo aveva un ghigno trionfante dipinto in volto mentre gli leggeva dentro, ma dovette lasciarlo non appena sentì la lama di un suo pugnale piantarglisi nella pancia.
Si staccò da lui pressandosi la ferita con una mano e appoggiandosi con l’altra ad un albero alle sue spalle.
Loki lo fronteggiò furioso facendo per avanzare verso di lui, ma nuove radici spuntarono dal terreno tentando di afferrarlo e costringendolo a ricominciare a tenerle a bada con la sua magia.
Udras approfittò della sua distrazione e alzato lo sguardo notò un grosso ramo di un faggio proprio sulla testa dell’altro; ghignò malefico. 

«È ora di fare la nanna Vostra Maestà.» E schioccate le dita il ramo crollò sopra l’avversario.

«Loki attento!» Gridò Thor alle sue spalle. 

Il moro non fece in tempo ad accorgersi di nulla che il marito si era gettato su di lui scansandolo  e adesso giaceva a terra schiacciato dal grosso ramo.

«Thor nooo!» Fece per raggiungerlo, ma alcune radici gli bloccarono i piedi mentre altre avvolgevano il marito.

Udras si materializzò accanto al Dio del Tuono privo di sensi e gli scansò il pesante ramo di dosso con una facilità sorprendente poi si chinò toccandogli la fronte.
Loki alzò una mano per lanciargli contro un incantesimo, ma una nuova radice spuntò da terra bloccandogli un polso e l’altro lo seguì. Udras alzò lo sguardo da Thor un istante per contemplare l’impotenza dell’avversario, ma un momento dopo Fred si avventò su di lui: il mago oscuro si rialzò di scatto e lo afferrò per le spalle poi, dopo aver fatto un mezzo giro su sé stesso, sparì portandolo con sé. 

«Freeed!» Gridò Loki ormai disperato. 

Le radici continuarono a crescere e ad arrampicarsi su di lui che tentava di romperle con tutta la forza che aveva in corpo e intanto cercava di avvicinarsi al corpo di Thor a terra e ormai completamente ricopertone.
Poi una radice più grande delle altre spuntò da terra e gli strinse il collo. Il Dio dell’Inganno annaspò e provò a fare resistenza… poi tutto si fece nero. 

In una cantina a NY

«Sfondala!» Ordinò Mickey a suo padre.

Guidati da Friday Tony e Mickey avevano raggiunto il garage e ora si trovavano davanti alla cantina. 

«Cosa?!» Chiese Iron-man spaesato.

«Non c’è tempo! Avanti sfondala!» Ordinò il ragazzo appoggiandosi ad una porta lì accanto.

«Mickey non voglio ripagare cantine a caso. Sei sicuro che….»

«PAPÀ!»

«E va bene stai indietro allora!»

E con un solo calcio buttò giù la porta della cantina.
Ig sollevò la testa e guardò senza capire prima la porta scardinata e a terra poi verso l’ingresso. Alla vista di Iron-man fece un scatto all’indietro come se avesse visto un mostro alieno.
Tony avanzò e sollevandosi l’elmo osservò il tizio a terra e incatenato.

«Ehm Mickey con prigioniero ti riferivi al barbone in catene per caso?»

«Credevi ci riservasse un trattamento cinque stelle?! Ig sono io. Mickey!» Si palesò il giovane dietro al padre. «Questo è mio padre! Abbiamo seguito il localizzatore e siamo venuti a prenderti! Ha funzionato Ig!»

Igdard passò lo sguardo incredulo da padre a figlio poi sollevò i polsi imprigionati sotto ai loro occhi. 

«Ma certo le catene!» Esclamò il ragazzo guardandosi intorno. 

Il suo sguardo si fermò sul mobile. Scavalcò la porta a terra e anche se ancora un po’ debole vi si avvicinò iniziando ad aprire cassetti. Trovò una  vecchia pinza da meccanico e si accostò al muro dove erano piantate le catene.
Cercò di strapparle, ma quella si spezzò. 

«Pessima marca di attrezzi» Osservò il ragazzo agitato.

«Ehm figliolo! Permetti?» Gli disse il padre muovendo le dita come fosse la cosa più ovvia del mondo. 

Mickey arrossì appena.

«Scusate, la fretta gioca brutti scherzi! Ma fa attenzione papà!»

Igdard li fissò senza capire cosa avessero in mente.

«Ma certo! Ho installato un nuovo sensore di precisione millimetrica! Sta indietro Mickey e tu non ti muovere aspirante barbone se non vuoi ritrovarti con una mano o un piede in meno.» Disse Tony rimettendosi l’elmo.

Due piccoli fasci luminosi fuoriuscirono dai palmi della sua armatura. Ig e Mickey chiusero gli occhi d’istinto mentre Tony compiva la sua operazione coi laser; quando li riaprirono le catene al muro erano state tagliate mentre le manette che tenevano uniti mani e piedi erano spaccate a metà con una precisione millimetrica.

«Ma guarda, ha funzionato davvero!» Disse Tony sollevandosi l’elmo soddisfatto. 

«Come ha funzionato davvero?!»

«A dirtela tutta era la prima volta che lo testavo, ma è stato un successo direi.»

Mickey scosse la testa e si avvicinò a Igdard studiando un istante il risultato «Non si è nemmeno preoccupato di renderle indistruttibili. Avrà pensato che nessuno ti avrebbe trovato o che fossi troppo debole per spezzarle.»

Lo jotun si fissò polsi e piedi: intorno aveva ancora i bracciali in ferro.

«Fermo così bel tipo, ci ho preso gusto.» Disse Tony avvicinandosi di nuovo e tagliando coi laser anche quelle parti restanti così da rendergli collo, mani e piedi davvero liberi «Ecco, così va meglio ver…?»

La voce gli morì in gola osservando i segni terribili sui polsi e sulle caviglie e ovviamente lungo il collo dello sconosciuto che seppur a fatica si fece forza e si sollevò. Mosse un piede in avanti, ma barcollò rischiando di cadere.
Mickey lo afferrò al volo e lo sorresse aiutato dal padre. 

«Come lo portiamo via papà?»

«Beh figliolo questa è la parte più facile no? Friday armatura 45 e “aggancino"! E di corsa per favore, abbiamo una certa fretta di andarcene fuori dai piedi!»

«In arrivo in 2 minuti signore» rispose la voce dentro la sua armatura.

«Grande!» Disse Mickey lasciando che il padre sorreggesse Ig da solo ed avvicinatosi al mobile recuperò i suoi occhiali. Li indossò e tornò a dare una mano a Tony «E ora Ig, ti portiamo fuori di qui!»
Igdard lo guardò fiero e annuì. 

In un appartamento a NY

Fred cadde con un mezzo giro sul pavimento dell’appartamento di Udras sempre avvolto nella semioscurità.
La spada era sparita, forse cadutagli quando si erano smaterializzati.
Si girò di scatto verso il nemico scoprendolo calmo e tranquillo in piedi alle sue spalle. Si rialzò velocemente, ma Udras non lo degnò della minima considerazione piuttosto si massaggiò il setto nasale. 

«Un terribile spreco di un ottimo paio di occhiali…» e sfilandoseli dalla tasca li gettò sulla cassettiera sotto lo specchio.

Studiò un attimo la sua immagine.

«Ma pazienza. Anche così può andare…» mosse una mano in aria, gesto che Fred gli aveva già visto fare la volta precedente, poi notò la macchia scura che gli si stava estendendo sul ventre e la tenne premuta con la mano già sporca di sangue.

«Cosa può andare? Dov’è la mia famiglia?» Chiese Fred con determinazione, ma per tutta risposta Udras si andò a sedere sul divano e chiuse gli occhi.

«Potresti fare silenzio Fred? Quello stupido scudo mi ha dato un gran mal di testa.»

Ma un leggero rumore attirò il suo orecchio. Aprì appena gli occhi notando che l’altro lo teneva sotto tiro col suo arco.

«DIMMI DOVE SONO!» Tuonò il ragazzo. 

Udras girò gli occhi esasperato.

«Sei fastidioso come lo era quello stupido di Ig!»

Gli disse fissandolo con astio, ma Fred tese di più l’arco.

«Mfp ti da fastidio vero? Che parli così di lui…» Udras mise su un ghigno soddisfatto mentre Fred non si mosse di un millimetro.

«Ma certo che ti da fastidio! E come non potrebbe? Del resto ti ho portato via il tuo unico vero amore. E per lui era lo stesso…l’ho visto sai? Mentre gli leggevo dentro. Quanto ti amava, quanto ti voleva, eravate destinati a stare insieme davvero. Forse per sempre…»

Una freccia partì dall’arco di Fred conficcandosi esattamente accanto all’orecchio sinistro di Udras. Il mago la osservò con la coda dell’occhio e tornò su di lui che già ne aveva preparata un’altra.

«La prossima te la ritroverai in fronte se non mi dici dov’è la mia famiglia… adesso!»

Udras sorrise soddisfatto.

«Ah Fred, Fred, Fred…Sempre così determinato ad ottenere risposte. Come se questo potesse servire poi. Ma va bene…» una lieve luce comparve sotto la sua mano coperta di sangue, Udras  espirò quasi si sentisse stanco e smise di premere il punto ferito «Se vuoi saperlo sono esattamente dove li abbiamo lasciati. Nel bosco! O almeno fisicamente. Riguardo alle loro anime beh… diciamo che ognuno di loro sta affrontando i suoi demoni.»

Fred tese di nuovo la corda dell’arco.
Il mago sorrise e si mise più comodo sul divano «E adesso Fred è tempo che anche tu affronti i tuoi!»

Kate si ritrovò sola in una stanza da letto, la stanza della sua infanzia. Era ancora un’unica camera con il letto a castello in legno bianco e una montagna di giocattoli sparsi ovunque. 

«Benvenuta Kate Odinson, studiato storia?»

La ragazza si voltò di scatto incontrando lo sguardo del mago in piedi dietro di lei che esibiva un ghigno beffardo sulla faccia. 

«La pagherai per il male che hai fatto a mio fratello!» Lo minacciò assumendo una posizione d’attacco col bastone che aveva tra le mani. 

«Ma come, proprio tu parli di “fare del male”? Tu che sei la causa di tante sciagure?»

«Non mi incanti con i tuoi giochetti mago oscuro!»

«Oh nessun trucchetto solo un’osservazione veritiera! Certo i poteri magici di Fred sono immensi insieme al suo potere di ghiaccio, ma tu dovevi essere persino più potente. Sei già molto forte col solo potere del fulmine figuriamoci poi…se avessi avuto anche il ghiaccio. Ma ahimè per una bambina quei poteri erano troppo da sopportare…saresti potuta morire…avresti potuto uccidere tuo padre…anche se in parte l’hai ucciso non trovi?»

La ragazza lo studiò attenta. Come faceva a …

«Vorresti sapere come so tutto questo vero? Vedi io leggo la mente, i ricordi e i sentimenti e così ho letto anche i tuoi. Tu eri fonte di un enorme potere quello dell’unione dei due elementi dei tuoi genitori, ma erano troppo da sopportare e così hai causato dolore e morte. O forse pensi di aver scoperto davvero tutto sulla tua nascita?»

A quelle parole Kate si gelò, ma tentò di rimanere concentrata.

«So cosa stai cercando di fare, ma i sensi di colpa non funzionano con me…»

Il mago ghignò.

«No? Allora lascia che ti mostri qualcosa. Mi sono preso la libertà di prendere in prestito un ricordo o due dalla memoria di Loki e così…» e schioccando le dita la stanza fino ad allora vuota si riempì di vita.

«Papà!»

Kate si voltò vedendo sé stessa bambina protendersi a penzoloni dal lettino di sopra verso quello in basso. 

«Fred fa il prepotente perché è più grande!»

«Non è vero!» Rispose il fratello dal letto sottostante. 

«Papà posso avere un fratellino più piccolo? Così lo cambio con Fred!»

Loki e Thor  seduti in fondo al letto di Fred risero «Adesso dormite bambini.» Disse Loki dolce.

I genitori si alzarono e baciati i figli uscirono dalla stanza.
Udras ghignò malevolo verso Kate e li seguì nel corridoio. La ragazza strinse forte il bastone, ma lo seguì intenzionata a capire le sue intenzioni.
I due semidei entrarono nella loro camera da letto seguiti inconsapevolmente dagli altri due che, come Kate ormai sapeva, dovevano essere invisibili ai loro occhi. 

«In effetti tesoro» se ne uscì Thor allegro «sarebbe bello no? Avere un altro bambino intendo…Magari stavolta ci vengono dei gemelli.»

«Thor» fece l’altro appena imbarazzato «Non è possibile.»

«Eddai scherzavo! Lo so che impazziresti con quattro figli piccoli! Però ecco… pensavo che magari… possiamo aspettare che Fred e Kate siano un po’ più grandi. Ti confesso che avere una famiglia numerosa non mi dispiacerebbe affatto!»

Loki scosse la testa.

«Non- non è per questo…»

Thor lo guardò con una punta di apprensione.

«Lo so, dopo quanto è successo con Kate e i suoi poteri sarai spaventato…lo capisco, ma forse… »

«No, non è così…ecco…io…mi sento come se non» sospirò «come se non potessi avere altri figli» si confessò il moro abbassando lo sguardo. 

Thor non capì e nemmeno Kate. 

«È-è una cosa jotun?»

«No Thor, io credo che…credo che sia legato alla pozione che ho bevuto…»

Kate trattenne il fiato e sgranò gli occhi; d’istinto abbassò il bastone.
Thor però continuò. 

«Ma tesoro, Kate ha fatto persino nevicare. Perché tu non…»

«Perché credo che la pozione si sia presa qualcosa di nostra figlia e qualcosa di me…Thor non credo potremo avere altri bambini…mai più»

Kate sentì la testa quasi girare e una morsa stringerle forte lo stomaco.
Thor guardò il compagno immobile in piedi davanti al letto. Si avvicinò e abbracciandolo se lo strinse contro «Ma abbiamo la nostra famiglia no? Non è questo che conta?»
Loki annuì, ma accostandosi al petto di Thor un velo di tristezza gli calò sugli occhi. 

«Oh-oh la principessina Kate ha combinato un guaio. E anche bello grande direi.»

La ragazza scosse la testa con forza e si rese conto che il nemico le stava girando intorno come un predatore che studia la sua preda. Puntò i piedi a terra e si voltò appena col busto mentre lui passava alle sue spalle. 

«Come fai ad avere questo ricordo?» Disse seguendolo con lo sguardo.

«È molto semplice mia cara, mi basta solo sfiorarvi, così…»

Kate ancora voltata sentì un dito freddo sulla tempia e agitò di scatto il bastone davanti a sé per colpire quella presenza che la stava toccando, ma trovò solo aria.
Il ricordo mutò, la giovane lo dedusse perché si trovava sempre nella camera dei genitori, ma Thor non c’era più. La porta del bagno però era aperta e Loki, che indossava una camicia nera leggera e portava i capelli appena tagliati sotto al collo, stava in piedi davanti allo specchio. 

«Papà?» Chiamò lei d’istinto. 

Loki si toccò la pancia e sospirò triste abbassando lo sguardo.

«Lo vedi, quanto dolore negli occhi di tuo padre?» Disse di nuovo la voce del mago.

La ragazza la sentì, ma non lo vide da nessuna parte. Poi si avvicinò al bagno e finalmente lo scorse dentro lo specchio accanto al riflesso di suo padre.

«Cercava di capire se qualcun altro sarebbe arrivato nella vostra famiglia. Sfortunatamente per lui questo era impossibile.»

«Ma cosa stai dicendo?!» Si infuriò la ragazza.

Il mago ghignò.

«La verità mia cara! Credi che quella pozione abbia ucciso solo una parte di te? Certo ha ucciso i tuoi poteri di ghiaccio, ma a lui ha tolto un’altra cosa…da allora non ha più potuto avere figli»

«Menti!»

«L’ha appena ammesso e tu vuoi negare che sia vero? Se ancora non ci credi guarda pure tu stessa le conseguenze della tua nascita.»

Dopodiché scomparve lasciando Kate sola col padre. 

Loki alzò gli occhi e si guardò allo specchio. Si morse le labbra.

«La nostra famiglia….» Sussurrò «La nostra famiglia….»

Ma non appena chiuse gli occhi una lacrima scese a rigargli il volto.
A quel punto Kate si sentì spezzare. 

«Papà…» riuscì solo a pronunciare mentre un nodo le saliva alla gola togliendole il respiro e il bastone le cadeva dalle mani. 

 

Thor aprì piano gli occhi avvertendo un forte dolore alla testa. Si ritrovò sul pavimento di una sala che conosceva molto bene: la Sala del Trono.
Si fece forza sui gomiti e si alzò; guardandosi intorno la trovò vuota. Era ai piedi del trono, il trono di Odino, ma c’era qualcosa di strano: perché il trono non aveva due sedute come negli ultimi mesi?

«Thor figlio di Odino» il biondo si voltò minaccioso riconoscendo la voce del mago. Lo trovò in piedi alle sue spalle «innamorato dell’uomo che ti ha ingannato, che ti ha fatto esiliare, che ti ha pugnalato e tradito. Certo è che bisognerebbe vedere l’altra parte in causa, non credi?»

Thor strinse forte il suo martello.

«Perché è vero potevi essere re e invece hai sacrificato tutto per lui…ma la domanda è quanto lo  amavi davvero re di Asgard? Per chi ti sei sacrificato? Per lui o per un tuo bisogno egoistico?»

Thor si avventò contro di lui, ma il mago si dissolse nell’aria.

«Oh a quanto pare  l’amore ti rende cieco anche di fronte a te stesso e ti oblivia i ricordi. E Loki? Credi che ti ami davvero? Dopo tutto quello che gli hai fatto? Forse in fondo il suo desiderare il trono era solo un modo per sentirsi finalmente amati da qualcuno.»

Thor lo guardò con un sorriso di sfida. 

«Cerchi di mettermi contro l’uomo che amo eh? Ma non funzionerà te lo assicuro!»

«Oh no Thor, non hai capito. Cerco solo di capire perché l’uomo che dici di amare ti ha odiato per tanto tempo…Che ne dici di scoprirlo insieme?» Schioccò le dita e la sala prese vita.

«Lokiiiii!»

Il richiamo della sua stessa voce lo fece voltare sorpreso. Si ritrovò davanti sé stesso più giovane di molti secoli: sulla Terra avrebbe avuto si e no l’età di Kate. 

«Questa la paghi Fratello!»

«Oh avanti Thor!» Il Dio del Tuono si voltò verso il trono scorgendo il marito, anche lui ancora ragazzo, sedutovi «Lo sai che mi piacciono gli scherzi.»

«Mi hai pugnalato mentre dormivo! Ti sembra uno scherzo questo?!» Controbatté il maggiore indicandosi una macchia rossa sulla casacca bianca all’altezza del ventre. 

«Quante storie e poi non lo sai che si dorme sempre con un occhio aperto?»

«Stavamo riposando insieme sotto la quercia!»

«Sei stato comunque poco accorto.» Sentenziò l’altro mettendosi più comodo con le gambe su uno spallaccio del trono.

«Ah è così?» Chiese il Thor più giovane con un ghigno «Sembri così saggio Fratello!»

«Errore, io sono saggio e molto più di te, viziato buono a nulla…aaah solo per questo meriterei il trono di nostro padre.»

«Ah ma davvero?» continuò Thor «Beh potrei anche pensare di cedertelo allora, se accetti di sfidarmi»

«Thor» sbuffò l’altro facendo spuntare un piccolo pugnale e rigirandoselo tra le mani «Sai che nella lotta non potrei mai batterti.»

«Nessuna lotta, che ne dici piuttosto… di un bacio?»

A Loki quasi cadde il pugnale. «Cosa?»

«Io voglio il tuo primo bacio…»

Thor, quello adulto, si sentì avvampare. Aveva completamente rimosso quel ricordo. 

«Frena Fratello! Non è il mio primo bacio!» Si risentì l’altro mettendosi meglio a sedere.

Thor alzò un sopracciglio con fare eloquente.

«E va bene» confessò  il moro «non ho mai baciato nessuno e allora?!»

«Questa è la sfida che ti lancio, se darai a me il tuo primo bacio io ti cederò il trono. Non importa quale sia il volere di nostro padre.»

Il più giovane lo studiò sospettoso. 

«Perché?» 

«Non lo so, perché sono uno sconsiderato viziato buono a nulla e posso ottenere tutto quello che voglio?»

«Uhm non mi fido»

«Oh avanti Loki! Cos’è? Hai paura?»

«Certo che no! Ma non mi fido della tua parola.»

«Ok allora ti prometto che se mi darai quel bacio, qualunque cosa accada, il trono sarà tuo.»

Il moro esitava ancora; e così il biondo gli diede le spalle.

«Se non vuoi vorrà dire che erediterò il trono, Asgard e tutto il resto.»

«Aspetta.» Lo richiamò il più piccolo dopo un istante.

Thor si voltò con un sorriso sulle labbra, mentre sé stesso più adulto trattenne il fiato. 

«Allora?»

«Chissà cos’avrà risposto il tuo caro fratellino Dio del Tuono?»

 Sussurrò Udras perfido alle spalle dell’attuale re di Asgard. 

«E va bene se mantieni la promessa…il mio primo bacio sarà tuo.»

Thor vide sé stesso più giovane sorridere trionfante e salire piano i gradini del trono.

«“Saggia” scelta Fratello.» Disse avvicinandosi e fermandosi di fronte a lui ancora seduto.

Rimasero un istante a guardarsi in silenzio; occhi negli occhi. Il giovane Thor sembrava aver perso tutta la sua spavalderia mentre Loki lo guardava con una punta di ansia nello sguardo.

«Thor sei sicuro?»

«Si» rispose il biondo avvicinandosi piano a lui.

«Dove hai preso questo ricordo?» Chiese il Dio del Tuono anche se la scena davanti ai suoi occhi aveva tutta la sua attenzione. 

«Ma da te ovviamente. Mentre eri svenuto a terra»

Thor mosse d’istinto qualche passo verso i due ragazzi: vide Loki arrossire e trattenere il fiato mentre sé stesso più giovane si inchinava davanti a lui e si protendeva verso le sue labbra, ma in quell’istante…

«Thooor! Si può sapere perché non sei ad allenarti nell’arena?!» Il Padre degli Dei con tanto di scettro entrò nella Sala del Trono talmente furente che persino Thor adulto sussultò nell’udire la sua voce.

«Che state combinando? In piedi Thor! Loki che fai sul trono? Venite entrambi qui immediatamente!»

I figli obbedirono di corsa e raggiungendo il padre ai piedi del trono si inginocchiarono. 

«Thor sono andato nell’arena convinto di trovarti lì, ma non c’eri. Credevo stessi poltrendo e invece ti trovo qui a perdere tempo. E cos’è quello sulla tua casacca? Sangue? Loki sei stato tu?»

Il figlio più giovane abbassò lo sguardo.

«Si padre…» mormorò.

Il Padre degli Dei batté il suo scettro a terra.

«DI NUOVO?» Tuonò «Quante volte ti ho detto che devi smetterla di comportarti in questa maniera infantile verso tuo fratello?!»

«Perdono Padre.» Disse Loki mortificato. 

«E cosa stavate facendo adesso?»

Loki guardò verso il fratello quasi cercasse un aiuto, ma Thor si limitò a chinare di più lo sguardo a terra.

«Allora? C’entri ancora tu Loki? Hai fatto un incantesimo a Thor e lo stavi per far prostrare ai tuoi piedi è così? È così Thor?»

Thor adulto sentì qualcosa dentro di lui farsi strada, qualcosa di molto simile alla rabbia: come poteva suo padre anche solo pensare…

«Si è così» rispose una voce identica alla sua. 

Loki guardò il fratello maggiore con occhi carichi di smarrimento mentre il Dio del Tuono non poteva credere alle parole che sé stesso più giovane aveva appena pronunciato.

«Loki mi ha fatto un incantesimo padre…»

 

Steve stava preparando una torta mentre i raggi di quella magnifica giornata di sole invadevano la cucina della Tower.
Appoggiò una ciotola piena di crema vicino alla radio accesa canticchiando le parole della canzone in onda. 

«Your kisses lift me higher like the sweet song of a choir. You light my morning sky with burning love…Mickey è tardi! Devi andare a scuola!» Chiamò a voce alta il figlio versando l’impasto in una teglia.

«Arrivooo» fece in risposta il bimbo da un’altra stanza. 

«E quando tornerai ci sarà la torta che mi hai chiesto ad aspettarti!» Sorrise il Capitano. 

«Capitano Rogers.»

Steve alzò la testa richiamato da una voce che conosceva bene; si trovò davanti Nick Fury. 

«Signore! Che ci fa qui?» Chiese ripulendosi velocemente le mani al grembiule che indossava e spegnendo la radio. 

«Mi spiace interrompere le tue» gettò uno sguardo alle ciotole e all’impasto «occupazioni… Devi prepararti, c’è una missione.»

«Ma Signore oggi devo occuparmi di mio figlio…»

«Mi dispiace Capitano, ma ho bisogno che tu venga immediatamente con me. Non c’è tempo per la tua famiglia. Sai che se il dovere chiama tu devi esserci!»

Steve abbassò lo sguardo con una punta di vergogna. 

«E Tony?»

«Stark si sta già occupando di un’altra questione, ma ci raggiungerà.»

«Sono pronto papà.» Mickey, sui sette anni, spuntò in quel momento sulla porta della cucina tutto sorridente; notò Fury e guardò il padre interrogativo.

Il Capitano si rivolse a Fury «Mi dia un momento per favore» si avvicinò a Mickey e si chinò davanti a lui.

«Hai visto? Ci ho messo solo cinque minuti. E tu stai preparando la mia torta vero?»

Steve gli sorrise in un misto di orgoglio e tristezza poi appoggiò le mani sulle spalle del figlio con gentilezza. 

«Mickey, c’è stato un piccolo imprevisto. Io adesso devo andare in missione e… anche papà.»

«Oh va bene, ma tu farai in tempo a venire a prendermi a scuola vero? Avevi detto che poi andavamo al parco.»

Steve guardò Fury che scosse la testa in segno di diniego. 

«Che ne dici se rimandiamo il parco ad un altro giorno? Dirò agli zii di passare a prenderti oggi e magari potresti fermarti a dormire da Kate»

«Ma come? State via così tanto?» 

«Il tempo necessario piccolo.» 

«Posso venire con voi?» 

«No tesoro, mi dispiace.»

«È perché non ho i poteri o un’armatura?» 

«No, certo che no, è solo che tu devi pensare a giocare e divertirti mentre i papà hanno del lavoro da fare. Sono questioni da grandi. Ma ti prometto che faremo il possibile per essere a casa da te prestissimo ok?»

«Ok» rispose il bimbo abbassando lo sguardo deluso. 

Steve sentì il cuore accartocciarglisi nel petto; lo abbracciò. «Ti voglio bene Mickey» sussurrò. 

«Oooh che ricordo triste. Mi si stringe il cuore!» Intervenne la voce di Udras alle spalle del Capitano. 

Steve si ridestò di colpo ritrovandosi a stringere aria tra le braccia. Si voltò e fronteggiò il nemico.

«Ma il dovere prima di tutto non è vero Capitano?»

«Che cosa mi hai fatto?!»

«Io? Niente? A parte portarti con me in questo ricordo, chiaro. Viene dalla memoria di tuo figlio. Non è stato facile averlo, ma sai com’è…con la forza si ottiene tutto» ghignò malefico.

Steve, fuori di sé dalla rabbia, gli si avventò contro, ma l’altro sparì.

«Oh, ma come siamo arrabbiati. Non l’ho mica ucciso sai.» Disse ricomparendo poco distante da lui. 

«Non avresti dovuto nemmeno sfiorarlo bastardo!» Gli inveì contro Steve tentando di attaccarlo ancora, ma ottenne lo stesso risultato. 

«Però, non fate arrabbiare il Capitano Rogers o altro che torte e biscotti! Suvvia Steve mi sono solo divertito un po’ a spiare tra i sentimenti di tuo figlio. E sapessi quanta tristezza ho visto. Soprattutto nel sapere di venire sempre secondo per i suoi genitori rispetto ai loro doveri e ai loro impegni.»

Un nuovo tentativo di colpirlo fallito. 

«E tu ti sei mai chiesto cosa provi davvero Mickey? Un bravo genitore dovrebbe sapere come si sente suo figlio. Facciamo così oggi mi sento misericordioso, perciò ci penserò io a mostrartelo.»

E schioccate le dita il ricordo cambiò.
Steve si ritrovò nel salone della Tower; vide un’ombra di sé stesso più giovane di diversi anni che discuteva con quella di Tony anch’egli più giovane. 

«Avevi detto che stasera saremmo usciti tutti insieme!»

«E infatti usciremo! Steve devo andare a quella festa e tu e Mickey dovete venire con me!» Controbatté Tony.

«Per cosa? Perché Tony Stark possa usarci per dare sfoggio di sé o perché averci lì ti farà mettere in pace con la tua coscienza?!»

«Steve non solo tu hai delle responsabilità va bene! Io ho un’azienda da mandare avanti maledizione!»

«E una famiglia no?»

«Papà.» I due si voltarono verso un Mickey, un po’ più grandicello di quello di prima, che li guardava triste. «Perché state litigando?»

«Ma no è tutto a posto Mickey.» Disse Tony avvicinandoglisi «Ehi stasera ti piacerebbe vestirti elegante e venire con me e papà ad una festa?»

«Ma è una cosa di lavoro?» Domandò il figlio mentre Steve guardava il compagno a braccia incrociate.

«Si, ma sarà divertente vedrai.»

«Ma io credevo che saremmo andati al cinema» fece il bimbo deluso.

«No, ma ci andremo domani promesso.»

Ma Mickey scosse la testa. «Si l’hai detto anche ieri e il giorno prima.»

Tony fece per parlare, ma Steve lo anticipò.

«Sei un’egoista Tony…»

«Si è così Steve.» Lo attaccò l’altro spazientito rialzandosi e tornando a fronteggiarlo «e guarda un po’ hai voluto una famiglia con questo egoista.»

«Basta!» Li richiamò ancora il bambino «Io, io volevo solo stare con voi due, ma adesso…adesso voglio solo stare da solo!»

E voltandosi lasciò di corsa la stanza. 

«Mickey.» Provò a seguirlo il vero Steve, ma il bambino non poteva sentirlo. 

«La verità fa male è Capitano? Un bambino così dolce e sensibile che voleva solo una famiglia. Ed è capitato a due genitori troppo impegnati a dedicarsi al resto del mondo per occuparsi del loro unico figlio. Posso solo immaginare cosa si provi a non sentirsi amati. E soprattuto a non essere speciali come il resto della propria famiglia a tal punto da venir rapiti sotto gli occhi dei propri cari dal primo stagista scelto a caso da Tony Stark. Ironia della sorte poi loro non sono comunque abbastanza forti per salvarlo. Come si sarà sentito il povero Mickey?»

Steve si affacciò cautamente alla cucina dove il bimbo si era rifugiato e singhiozzava piano tenendosi le gambe al petto seduto contro al frigorifero. Intanto il litigio tra i genitori aveva ripreso in sottofondo nell’altra stanza. 

«Allora, credi che in tutti questi anni tu e Tony Stark siate stati dei bravi genitori Capitano?»

 

Loki aprì gli occhi e si guardò attorno scoprendosi seduto con le sue vesti regali sul trono a due sedute suo e del marito. Thor non c’era. 

«Maestà?»

Lo chiamò una voce ai piedi del trono. Loki si voltò e scorse un astronomo di corte.

«Si?» Chiese il re.

«Quindi siete soddisfatto?»

«Di-di cosa?»

«Ma dell’andamento di questo anno! Asgard prospera e gli alberi danno frutti abbondanti e dolcissimi. Il popolo è felice. È stata un’ottima annata mio re e voi non ne esultate? Come primo anno del Vostro regno dovrebbe rendervi felice!»

«Io non capisco.» Ammise Loki spaesato. Conosceva quell’uomo, conosceva quella sala, sembrava tutto normale, ma dov’era Udras?! Prese a guardarsi intorno con agitazione.

«Ehm… State bene mio re?»

«Ma certo che sto bene! Eh solo che…»

«Chiedo perdono, avrete le vostre ragioni. Non ho altre buone nuove da darvi perciò con permesso mi congederò da voi. Volevo solo aggiungere, Maestà, che fuori c’è qualcuno che dice di avere dei doni per voi, posso farlo entrare? Ha insistito molto.»

Quasi senza pensarci Loki annuì e l’astronomo con un inchino si congedò. In quell’istante uno straniero entrò nella Sala del Trono: indossava una lunga tunica scura e aveva il capo coperto da un cappuccio.
Si portò ai piedi del trono, poi se lo tolse…
Loki si alzò di scatto in piedi. 

«Tu» esclamò minaccioso. 

Udras lo fissò con un ghigno soddisfatto. 

«Ecco che finalmente mi trovo davanti al traditore di Jotunheim. Il grande Loki, re di Asgard. Sai volevo ucciderti prima di tutti, ma Fred ti ha superato. Si è guadagnato il primo posto.»

«Guardie!» Chiamò Loki, ma nessuno intervenne. Erano soli.

«Ma come, chiami le tue guardie? Siamo nella tua testa mio re. Più precisamente in quella parte  di te che spera di essere stato all’altezza dei suoi doveri.»

«Dove sono i miei figli?»

«I tuoi figli? Ti importa così tanto di loro e del tuo popolo? Loki avanti…ritorna in te…ritorna com’eri una volta quando chiunque ti temeva! Alleati con me. Io posso darti tutto sai? Tutto ciò che volevi e che non hai avuto. Tutto ciò che vorresti o che potresti avere»

«Non voglio le tue false promesse, voglio la mia famiglia!»

«E l’avrai. Potrei persino risparmiare il tuo Freddi sai? Non mento quando dico che posso darti tutto. Per esempio… Il trono di due regni» 

Schioccò le dita e uno scettro d’oro e di ghiaccio comparve nella mano destra di Loki. 

«La salvezza della tua famiglia.»

Schioccò ancora le dita e i suoi figli comparvero sorridenti sulle scale del trono e Thor si materializzò al suo fianco. 

«Posso darti ciò che ti è stato tolto e che in cuor tuo desideravi con tutto te stesso…la possibilità di avere di nuovo dei figli.»

Loki lo guardò con occhi sgranati mentre l’altro schioccò un’ultima volta le dita.
Uno strano calore lo pervase; fu come se qualcosa che mancava in lui da molto tempo, un pezzo di sé, avesse fatto ritorno nel suo corpo. Si sentì sconvolgere dentro a tal punto che inconsciamente gli salirono le lacrime agli occhi. 

«Allora cosa dici Dio dell’Inganno, accetterai i miei doni?»

 

 

Note:

Ciao a tutti! Ed eccoci qua!
Per la serie i danni vanno restituiti con gli interessi Udras non si è certo risparmiato con la nostra famigliola preferita.
E Igdard? Lo ammetto non ho avuto cuore di lasciarlo morire tra i ghiacci di Jotunheim perciò, a costo di sembrare scontati, eccolo qua vivo e “vegeto”.
Il capitolo sei arriverà il prima possibile, non è mia intenzione tenervi sulle spine, ma ci vuole il suo tempo =(
Intanto mando un abbraccio a tutti e…al prossimo capitolo! =)

   
 
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