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Autore: Circe    28/02/2020    4 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Lord Voldemort : “L’avevo avvelenata tutta”


Le prime ore del pomeriggio erano lente e silenziose, un pallido sole rischiarava la giornata, ma dalle finestre si infilava, tra i vecchi infissi, un lieve sibilo di vento freddo.
Lo percepivo sulla pelle del viso, sulle mani, ne sentivo l’odore come se fossi all’esterno, ogni mio senso captava il vento come naturalmente amplificato, il mio potere oscuro mutava e si accresceva senza sosta, sentivo tutto attraverso esso e più lo usavo, più diventava vita e parte di me. 
Quell’aria serpeggiante sulla pelle mi dava una bella sensazione.
Ero sdraiato sul grande divano non lontano dalla finestra, il braccio alzato davanti ai miei occhi reggeva a penzoloni il medaglione di Serpeverde.
Osservavo distrattamente quel prezioso oggetto oscillare davanti ai miei occhi. La catena d’oro era intrecciata tra le mie dita e, muovendo leggermente la mano, il futuro Horcrux si muoveva lentamente con essa, a destra e sinistra, destra e sinistra. 
Nello stesso modo, la mia mente oscillava tra un sì e un no, un sì e un no.
La catena scricchiolava appena ad ogni movimento, lo smeraldo verde brillante era assai pesante e capeggiava su tutto il gioiello, talmente grande che quasi stonava.
Quell’oggetto era un simbolo importante, doveva essere trasformato in un Horcrux, questo lo volevo e già da tempo, ma quando compiere l’incantesimo? 
Ero incerto.
Mi sentivo bene in quel momento, non era nei miei progetti tornare a subire il dolore fisico e mentale che comportava la rottura dell’anima.
Forse mi ci sarei abituato un giorno, sarei riuscito a fare un incantesimo che non comportasse effetti collaterali, oppure il mio corpo non ne avrebbe semplicemente più risentito, sarei arrivato a creare Horcrux senza problemi. 
Forse, un giorno… ma in quel momento ero ancora lontano da quel tipo di traguardo.
Anzi, ad ogni Horcrux creato, la situazione peggiorava e il dolore aumentava di molto, di conseguenza, molto probabilmente, sarebbe andata così anche quella volta.
Era il prezzo da pagare per l’immortalità: dolore, immenso dolore e prostrazione fisica, poca cosa di fronte al vivere per sempre.
Abbassai il braccio e il medaglione si sfilò lentamente dalle dita, lo lasciai cadere a terra, chiusi gli occhi per un attimo. 
Non avevo voglia di pensarci e non avevo voglia di provarlo, tutto quel dolore.
Era la prima volta che mi succedeva di non desiderare di compiere al più presto quell’incantesimo oscuro.
Non capivo il motivo del mio tentennare, o forse non volevo capirlo e non volevo pensare nemmeno a quello.
“Mio Signore, ho creato la pozione, ho usato alcuni incantesimi per aumentarne il potere, dovrebbe essere perfetta.”
Aprii gli occhi, Bella stava in piedi davanti a me con un piattino fumante.
Non risposi e non distolsi lo sguardo dalla sua figura.
La guardai e la osservai. 
La studiai.
Era effettivamente davvero bella, mi stava molto accanto e solitamente non mi infastidiva la sua presenza, era cambiata negli ultimi tempi, era rimasto davvero poco della ragazzina che avevo conosciuto, a cui avevo insegnato la magia oscura, a cui avevo fatto l’onore di donare il mio Marchio e a cui avevo fatto capire cosa fossero davvero il piacere, il sesso, la perversione.
E il dolore.
Era diventata una donna ormai, una donna affascinante, intelligente e misteriosa, ma non era solo questo in lei ad essere cambiato. 
Emanava uno strano potere che nulla aveva a che fare con la magia vera e propria, o forse era stato proprio l’uso smodato della magia oscura a farle nascere quella particolare aura.
Aveva qualcosa di attraente, di magnetico e inquietante che si percepiva con gli occhi e anche con l’olfatto, con tutti i sensi.
Mi salì involontariamente alle labbra un sorriso ironico: quanta importanza le stavo dando, troppa.
Era l’unica che ritenevo degna di starmi accanto, l’unica con cui provavo piacere a farmi vedere insieme, forse anche contro il mio stesso volere conscio.
“Bene, bevila allora, perché te l’ho fatta preparare per assumerla tu.”
Mi guardava interrogativa. Io non avevo voglia di parlare e spiegare, mi irritava quando non capiva al volo, o fingeva di non capire. 
Parlai comunque.
“Ti sei indebolita dopo le ultime prove di magia oscura, hai bisogno di rimetterti in forma, se l’hai fatta esattamente come ti ho indicato, la pozione ti aiuterà.”
Senza dire una parola si sedette sul tappeto accanto al divano e, titubante, iniziò a sorseggiare la pozione.
“Ha un sapore orribile, ma sono contenta che l’abbiate pensata per me, maestro.”
Le guardai le labbra sensuali che risaltavano sulla ceramica bianca. Le labbra le truccava appena, mentre gli occhi erano sempre scuri, truccati di nero come il mistero.
Aveva sempre voluto diventare una Mangiamorte, anche quando ero circondato e volevo circondarmi di soli uomini e maghi oscuri, non aveva tentennato una sola volta. Era sempre stata di straordinaria bravura e mi aveva convinto velocemente.
La sua obbedienza, il suo intuito, i suoi silenzi e il suo mistero, il caldo fuoco della sua vagina: era davvero lei che mi faceva sentire bene. Mi faceva sentire sicuro, più forte, e allo stesso tempo mi distraeva dai miei intenti.
Guardai il futuro Horcrux per terra, accasciato e dimenticato sul tappeto, come se non esistesse nemmeno. 
Aspettai che finisse di bere la pozione, poi senza dire una parola le presi la mano, me la portai vicina, fino a toccare il basso ventre. La tenni stretta come in una morsa.
Lei capì subito cosa desideravo. Si liberò della stretta con un moto di ribellione che non usava mai con me, ma in quel frangente specifico lo accettai: voleva farmi capire che sapeva bene come darmi piacere, senza le mie forzature.
Sentii subito la sua mano scendere lentamente sul sesso, eccitarmi. Poi le labbra e la bocca, il suo calore, la lingua. 
Fu veloce e sublime l’apice del piacere.
Ne avevo davvero bisogno.
Non parlai per un po’ e non la guardai. Sentii che si appoggiò sul divano, sempre rimanendo seduta per terra, senza prendersi troppe libertà. Senza parlare.
Come piaceva a me. 
Rimasi a lungo a godermi quel momento lungo e rilassato e quel silenzio in cui ero certo mi guardasse e mi ammirasse.
Quando mi sentii voglia, le rivolsi di nuovo la parola.
“Dobbiamo fare un incantesimo importante, di magia oscura, tu mi puoi assistere.”
Feci una pausa per vedere se mi ascoltava. Era seria e attenta.
“Non lo faremo insieme, lo farò io, ma tu dovrai essere presente in seguito, senza chiedere nulla.”
Feci una pausa.
Ci guardammo attentamente negli occhi.
Passarono, in quello sguardo, molti pensieri e stati d’animo.
Fu questione di un attimo, un lampo intensissimo.
Nessuno di noi due accennò minimamente a quello scambio, avvenuto senza il supporto della magia.
“Va bene, mio Signore, come desiderate voi.”
Non era entusiasta, probabilmente aveva capito che era pericoloso, che metteva in gioco grande parte della mia integrità, ma mi assecondava sempre, la mia Bella.
Forse nemmeno io avevo parlato con il solito tono convinto e perentorio, continuavo a non avere voglia di farlo, ma allo stesso tempo non potevo fermarmi: era inevitabile per me.
Restammo zitti entrambi di nuovo, senza muoverci, senza scambiarci più altri sguardi.
Fuori si era fatto ormai buio. Finalmente l’oscurità era giunta a coprire tutto. Quando nella stanza non si distingueva ormai più nulla, mi decisi a parlarle di nuovo.
“Accendi il fuoco, fallo con la mente, tu puoi, mi piace quando lo crei.”
Era vero, mi piaceva molto quando comandava il suo elemento. Mi piaceva anche vedere la naturalezza con cui lo faceva, il suo potere enorme era sempre affascinante, amavo vedere come lo avevo accresciuto e valorizzato, come lo avevo plasmato e con quale maestria ora lei lo sapeva utilizzare.
Nel giro di pochissimo, il fuoco illuminò la stanza e il tepore si espanse tutto intorno.
Si illuminò anche il medaglione a terra sul tappeto, lo smeraldo mandava lievi riflessi verdi. Bella lo guardò per un attimo, senza chiedere nulla, anche io lo guardai, ma lo lasciai lì dov’era, non sapevo ancora quando avrei attuato il mio intento, ci avrei ragionato in seguito.
“Vieni, Bella, vediamo cosa resta da fare di questa giornata.”
Si alzò da terra per sedere accanto a me sul divano: forse non sapeva bene a cosa mi stessi riferendo, ma lo aveva intuito, oppure ci sperava.
Non attesi un istante, la afferrai per avvicinarla a me, la stretta era quella del serpente con la preda.
Le baciai il collo, le spalle, poi le aprii la veste e le baciai e succhiai il seno. La toccavo ovunque, sentivo la sua pelle calda che vibrava. Sotto al mio tocco lei si muoveva come una serpe, riempì la stanza di gemiti sommessi. 
Sì, era vero che mi piaceva averla e possederla. Avevo sempre usato il sesso per i miei tornaconti personali, avevo sedotto belle e orribili donne, giovani e vecchie, stupide e intelligenti. Avevo usato il sesso per esercitare il mio potere sugli altri, per manovrare le donne a piacimento. Sapevo di piacere e ne avevo sempre approfittato, avevo assoggettato chiunque mi servisse. 
Adesso però mi piaceva avere e possedere lei, era diverso, molto diverso e a tratti disturbante.
Davvero molto disturbante. 
Mi staccai dal suo seno, rimasi per un istante con la mia pelle sulla sua e ne sentii l’odore, cercai di respirare con calma, ma poi tornai a succhiarle il collo, a divorare la sua pelle calda e percepire il sangue che scorreva veloce nelle vene.
Le passai la mano tra i capelli, tirandoli lentamente e sempre con maggiore violenza, nel mentre la osservai e la sentii gridare leggermente.
Allora la guardai fissa, finché non ricambiò lo sguardo, le mie dita stringevano con violenza le sue ciocche scure e sinuose.
Sorrise sfacciatamente.
Giocava con me.
Le misi le dita vicino alla bocca, volevo farla smettere, toglierle quel sorriso, ma lei mi morse e mi succhio’ le dita con ardore.
Sorrisi anche io.
Avevo davvero voglia di sentire quel calore di fuoco e passione che era la sua vagina. La bocca, le labbra, la lingua calda: niente mi era bastato poco prima, avevo voglia di prenderla, penetrarla a sangue e immergermi in quel suo liquido caldo e avvolgente. 
Lei non desiderava altro e questo mi eccitava.
L’avevo cambiata, l’avevo avvelenata tutta e ora, così, era solo mia. Era sempre stata malsana, ma adesso lo era ancora di più. 
E mi piaceva ancora di più.
La presi subito, con tutta la forza che mi veniva, per sentirne il sangue, per farla diventare sempre più un essere solo mio. 
E per un pezzo non pensai all’ Horcrux.
 
 
   
 
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