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Autore: Circe    09/03/2020    2 recensioni
Il veleno del serpente ha effetti diversi a seconda delle persone che colpisce. Una sola cosa è certa: provoca incessantemente forte dolore e sofferenza ovunque si espanda. Quello di Lord Voldemort è un veleno potente e colpisce tutti i suoi più fedeli seguaci. Solo in una persona, quel dolore, non si scinde dall’amore.
Seguito de “Il maestro di arti oscure”.
Genere: Drammatico, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'Eclissi di sole: l'ascesa delle tenebre'
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Dal grimorio di Bellatrix : “Il rumore del mare”


Questa volta iniziai ad indebolirmi molto più velocemente delle volte precedenti, non capivo se fosse per via di incantesimi più potenti che mi succhiavano via tutta l’energia, oppure perché il mio fisico stentava a recuperare velocemente ciò che impiegava per la magia oscura.
Riuscivo a tenermi su abbastanza bene solo grazie alle pozioni che mi aveva ceduto e insegnato a preparare il mio maestro. Non era comunque facile: avevo la netta sensazione che quel sostegno artificiale potesse smettere di fare effetto da un giorno all’altro. Mi sentivo un involucro forte, ma all’interno un flusso di energia che man mano svaniva sempre più.
Naturalmente non ebbi mai nemmeno un cedimento, andai avanti con tutti gli insegnamenti e gli incantesimi che il mio Signore mi faceva apprendere e poi pretendeva da me.
Vedevo molto bene come anche lui fosse indebolito e provato, per questo avevo pensato che, probabilmente, aveva innalzato la difficoltà e la potenza degli incantesimi. Con una differenza: mentre io impiegavo tutto fino in fondo, lui spesso si frenava e mi lasciava fare, forse si preservava per qualcosa di ancora più forte.
I momenti passati con lui, lontani da tutti, restavano comunque quelli intimamente più belli, nonostante la fatica e gli sforzi.
Facevamo l’amore meno spesso, forse per via del troppo impegno sulla magia, ma il tempo condiviso era di gran lunga maggiore, e le volte in cui mi prendeva, all’improvviso, nel mezzo degli elementi e della natura, erano straordinariamente intense.
Io spesso non me lo aspettavo, era sempre una delle persone più imprevedibile che avessi mai conosciuto. Questi suoi assalti improvvisi e prepotenti, mi facevano sentire la sua passione e la sua potenza, sentivo di appartenergli in tutto e questa cosa mi piaceva, mi facevano sentire anche protetta e desiderata.
Da lui.
La difficoltà insomma, stava solo nella magia, stavo imparando a dominare l’elemento acqua, o almeno ci provavo: tanto il fuoco mi era congeniale, tanto l’acqua la trovavo davvero difficoltosa e sfuggente e ci impiegavo tempo e concentrazione. Era impetuosa e terribilmente difficile da controllare, richiedeva uno sforzo estremo, eppure donava un fortissimo entusiasmo e un’ebrezza enorme di potere.
Vi erano poi momenti straordinari che questo elemento sapeva creare: le sorgenti di acqua calda dove, insieme al mio maestro, ogni tanto potevamo immergerci per ritrovare energia e calore.
Erano momenti davvero magici, quasi mistici, nella notte, nascosti nell’oscurità, le ore passavano lente e l’energia tornava a fluire nel corpo.
Amavo potergli stare così vicina, vederlo mentre cercava di rigenerare le sue forze e io facevo la stessa cosa con le mie.
Guardavo il suo corpo e per la prima volta lo potevo osservare per ore e ore, senza fretta, iniziavo a percepirlo tramite l’acqua in cui eravamo immersi. Cominciai così a capire la profondità e la sensibilità del nuovo elemento che fino a quel momento mi era sempre sfuggito. 
Naturalmente, osservando così tanto il mio maestro, vedevo comunque bene la realtà di cosa stava succedendo: vedevo la sua magrezza sempre estremamente pronunciata, vedevo i suoi muscoli tirati, sotto la pelle pallida, il viso scavato. Lui non sembrava farci caso, non se ne interessava, cercai anche io di concentrarmi su altro.
Mi incantavo a vedere i capelli bagnati ricadergli scomposti sul viso, la trovavo sempre bello, non mi capitava mai di vederlo così, poi mi soffermavo sulle gocce d’acqua che gli sfioravano le labbra, si fermavano a lungo lì sopra, come avrei voluto fare io.
Fino a quel momento le giornate erano state, per me, molto belle, nonostante la fatica, i dolori e le sconfitte.
I ritorni al Quartier Generale poi, erano sempre pieni di sesso e dei suoi intrighi di potere. Questi ultimi mi annoiavano e li seguivo sempre da lontano, forse anche un po’ distratta. Lui li gestiva in modo magistrale, dando ordini ai Mangiamorte e manovrando nell’ombra mille questioni politiche a me incomprensibili.
La sua vita andava avanti su due binari: il potere e la magia oscura.
Sapevo comunque che aveva in mente qualcosa di difficile e pericoloso e non avrebbe cambiato i suoi piani.
Iniziai a capire che si era deciso quando mi disse di rallentare con gli incantesimi, di dedicarmi maggiormente alle mie prove in autonomia e notai che preservava maggiormente la sua persona da sforzi eccessivi.
Sulle prime mi preoccupai per lui, anche senza sapere esattamente cosa volesse fare, sapevo che sarebbe stato dannoso, ma poi la fiducia che avevo nei suoi confronti mi persuase a fare esattamente come mi chiedeva, senza drammi e ansie.
Una mattina, stavo ancora dormendo nel caldo del mio letto, quando mi svegliai sentendo il Marchio Nero bruciare forte, ancora confusa dal sonno lo guardai nel buio e lo baciai, come se potessi risvegliarmi con lui, baciare lui.
Se appoggiavo il viso sul Marchio Nero sembrava di sentire il suo sapore sulla mia pelle, mi eccitava da morire quel tatuaggio sul braccio, tanto che feci fatica a distaccarmi dai miei pensieri erotici.
Mi alzai solo perché dovevo raggiungerlo, mi vestii, mi lavai il viso e mi pettinai. Guardandomi allo specchio iniziai a notare che anche io avevo il viso piuttosto scavato, gli occhi più cupi e sinistri. Mi dispiacque non aver tempo di osservare attentamente i cambiamenti che faceva in me, lentamente, la magia oscura, era ciò che avevo cercato per anni davanti allo specchio, ma lui mi voleva e dovevo andare.
Misi un pochino di povere minerale sugli occhi e dell’altra sulle labbra, poi mi smaterializzai da lui.
Appena gli fui davanti gli feci un inchino col capo, mescolato ad un sorriso radioso: ero sempre così contenta di vederlo.
“Buongiorno, mio Signore, mi avete chiamata?”
Lo trovai però più distante, più preso da se stesso. Capii che era una giornata particolare, che probabilmente si era risolto di fare ciò che aveva in mente da tempo.
“Sì, Bella, come ti ho detto già, penso tu mi possa essere utile con le tue conoscenze e capacità, verrai con me, ma pretendo discrezione, non ti devi impicciare in nulla di ciò che farò, siamo d’accordo?”
Annuii senza aggiungere nulla, era serio e distante, capii che dovevo limitarmi ed essere la sua migliore Mangiamorte e lo feci.
Restai quindi in attesa, guardandolo. La luce della mattina accentuava il suo pallore, era vestito tutto di nero, con abiti stretti, che assottigliavano ancora di più il suo fisico, solo una cosa particolare spiccava: il medaglione di smeraldo e oro. La pietra gli ricadeva sul palmo della mano, mentre la catena era stranamente attorcigliata al suo polso, un suo strano modo di portare un medaglione.
Non parlava e spesso sfiorava la bacchetta, sembrava accarezzarla.
Insomma si stava preparando e concentrando, era proprio venuto quel giorno, sicuramente avrebbe fatto qualcosa di potente, quelle cose che mandavano lui e la sua magia oltre tutto e tutti, per cui era sempre tanto affascinante e potente.
Cose che sbaragliavano ogni limite consentito e andavano al di là.
Cose che lo portavano farsi del male, anche molto male.
“Ti sei incantata, Bella? Vogliamo andare?”
Sorrisi perché davvero mi ero incantata. Guardarlo, pensarlo, cercare di capirlo… mi incantavo sempre davanti lui, che comunque rimaneva sempre un grande e affascinante mistero.
Mi sorrise anche lui, un sorriso inaspettato e appena accennato. Aveva capito che davvero mi ero incantata davanti a lui e gli era sfuggito il suo sorriso ironico e malizioso, tipico di quando lo facevo sentire speciale. 
Speciale e unico e non solo per la sua magia.
Senza più dire una parola, mi afferrò e ci materializzammo velocemente in un luogo a me sconosciuto, vicino ad una scogliera quasi a picco sul mare. 
Lui non sembrava affatto estraneo a quel luogo, si muoveva senza problemi.
Il mare rumoreggiava arrabbiato poco lontano da noi, il vento portava con sé la salsedine e l’odore dell’acqua gelata e della schiuma delle onde impetuose che sbattevano contro gli scogli. Quel vento forte ululava ovunque attorno, correva fra le rocce a picco sul mare e mi sferzava incessantemente sui capelli, quasi non riuscivo a tenermi ferma tanta era la sua violenza.  
Non appena il mio Signore mi sciolse dalla stretta delle sue braccia dopo la materializzazione, sentii ancora più freddo e vento.
Lo guardai per capire cosa desiderasse da me. 
“Devi trovarmi una vittima sacrificale. Un lavoro ben fatto, veloce e pulito.”
Sgranai gli occhi: eravamo in un posto isolato e sconosciuto, non vi era anima viva in quel luogo inospitale e lui mi chiedeva una vittima. Inoltre dovevo essere anche veloce. 
Non avevo idea di come fare, dove cercarla questa vittima.
In ogni caso annuii, pronta a fare esattamente ciò che mi veniva ordinato.
Trovai ciò che mi aveva richiesto, pur faticando non poco, gli portai un Babbano che non capì nemmeno cosa gli stavamo per fare e lo lasciai solo per il suo incantesimo, non chiesi nulla, non volli sapere nulla perché capivo perfettamente che non ne avrebbe mai voluto parlare. 
Ciò non significava che non avessi intuito, immaginato e forse capito, ma preferii spegnere il cervello, fingere di non sapere e continuare a servirlo per come mi chiedeva e per come aveva bisogno. 
Potevo facilmente informarmi seguendo le mie supposizioni e verificare sui tanti libri a disposizione: non lo feci mai. Preferii fare come mi veniva richiesto da lui, semplicemente lo assecondai.
Non mi fu facile comunque. 
Attesi lungamente che terminasse l’incantesimo, un incantesimo che per riuscire nel modo voluto richiese ore, ore passate in sua attesa in un posto selvaggio e inospitale, sola e senza spiegazioni. 
Nonostante questo non mi mossi e non mi inquietai mai.
Solo quando lo vidi tornare mi abbandonai ad un sospiro di sollievo. Sollievo che durò poco, giusto il tempo di osservarlo, di guardarlo anche da lontano. 
“Ma che avete fatto, mio Signore?” 
Questo fu quello che pensai, desolata.
Mi morsi lingua e labbra per non proferire parola. Per non chiedergli nulla.
Mi avvicinai. Non portava più il medaglione al polso, lo teneva al collo con la camicia leggermente aperta. Il vento sferzava freddo, io portavo pesanti vestiti di lana, lui sembrava nemmeno accorgersene.
La sua figura, già magra precedentemente, era ancora più emaciata e sembrava debole, ma forse era solo una mia impressione perché avanzava, pallido come un fantasma, ma senza un minimo cedimento nonostante l’energia usata per l’incantesimo.
Le mani erano arrossate, sembravano appena pulite da una quantità copiosa di sangue, sul viso e sul collo era sudato, le labbra erano violacee e contratte. Mi decisi a guardarlo meglio in viso, negli occhi.
I suoi bei lineamenti sembravano come leggermente dissolti, stanchi, sfibrati, totalmente privi di energia, il pallore davvero estremo del viso metteva in risalto gli occhi cerchiati da occhiaie profonde e scure.
La cosa più inquietante però erano questi occhi completamente rossi.
Non avevo mai visto iridi di quel colore, mi impressionò non poco vederlo così, spesso notavo screziature di rosso, ma mai quel rosso era stato tanto intenso e completo prima d’ora.
Le pupille erano strette, sembravano aghi, gli occhi erano totalmente inespressivi persi in una calma artefatta. Pensai che fosse dovuto al laudano, che aveva un effetto potente, ma non sapevo se lo avesse preso quella mattina, potevo solo immaginalo. Questo pensiero però mi consolò: pensai che in quel modo non doveva soffrire troppo delle conseguenze di quell’incantesimo.
Io ne soffrivo invece, perché vederlo così mi faceva male.
“Mio Signore, avete finito qui? Possiamo rientrare?”
Vidi che rimase spiazzato dalle mie parole, lui era forse già proiettato in avanti sulle prossime azioni.
“No, ora devi fare una cosa per me, poi io terminerò i miei compiti e tu tornerai al Quartier Generale.”
Piuttosto che lasciarlo lì, da solo, a fare chissà quale altro incantesimo, avrei fatto di tutto, ma era inutile anche solo chiedere, aveva sicuramente già progettato tutto, per cui non mi azzardai a dire nulla.
“Ditemi voi, mio maestro.”
“Devi usare ciò che hai imparato in questi mesi, devi placare le onde, darmi vari momenti di calma del mare, proprio qui, nei pressi di queste rocce.”
Mi sentii una stretta allo stomaco: avevo appena imparato a destreggiarmi con l’elemento acqua e mi chiedeva di controllare le onde di un mare quasi in tempesta.
“Mio Signore… mi avete appena insegnato… non so se…” 
Non sapevo cosa dire, non ero sicura di farcela, anzi avevo proprio paura di non farcela.
“Richiede un’energia straordinaria, che in questo momento mi risparmierei volentieri di utilizzare. Tu sei riposata e pronta per farlo, ti ho preparata in queste settimane anche per questo.”
Quelle parole, dette con freddezza e distacco mi diedero comunque un po’ di fiducia. Forse percepii che era il suo modo di fidarsi di me, contava su di me e non potevo deluderlo ora.
“Pensate possa farlo, mio Signore?”
Glielo domandai ancora, ma già stavo pensando a come riuscirci, non avevo più paura.
“Sei qui per questo.”
Annuii lentamente, concentrandomi.
Lui, senza parlare, si avviò verso le rocce a picco sul mare e io lo seguii, lì vi era un varco fra gli scogli ,che portava ad una grotta dove si infrangevano le onde. Più avanzavamo, più il vento che si alzava dal mare arrivava a noi, mescolando odori e sapori di aria, acqua e sale. 
Lo seguii fino ad un certo punto, quando mi disse di fermarmi estrassi la bacchetta dal fodero, pronta per l’incantesimo.
“Bene, quando avrai fatto ciò che ti ho chiesto, potrai andare. Io qui continuerò da solo.”
Mentre pronunciava quelle parole il vento soffiò violento portando la salsedine del mare addosso ai nostri corpi, i miei capelli volavano dappertutto, li sentivo umidi e gelati.
Lui aveva una camiciola mezza aperta, che batteva ad ogni folata conto il suo petto e non sembrava nemmeno percepire il freddo, il medaglione gli vibrava alla base del collo quasi fosse vivo, era tutto tremendamente strano e inquietante.
Mi guardava con quegli occhi terribili e rossi, i capelli frustati dal vento creavano un contrasto meraviglioso con quello sguardo da inferno.
Lo guardavo e sentivo l’odore del mare arrabbiato, in quel momento così tormentoso e pericoloso mi sentivo un fremito forte e violento corrermi fra le gambe, nello stomaco, lungo tutta la colonna vertebrale. Era il desiderio che era nato in quell’istante e mi entrava nel midollo e saliva verso il cervello.
Quel fremito si trasformò in un momento di eccitazione fortissima, pressante nelle mie viscere. Lo desideravo da morire, volevo fare l’amore con lui, lì in quel momento pazzesco.
Feci una sforzo immane per reprimermi. Cercai di bloccare tutti i miei pensieri e sentimenti.
Non parlai più e non risposi, semplicemente raccolsi tutta la mia energia e iniziai l’incantesimo.
Non pensai nemmeno più di non farcela, gli liberai la via come mi aveva chiesto e, infine, tornai al Quartier Generale, perfettamente ligia a ciò che mi aveva ordinato.
 
   
 
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