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Autore: dreamlikeview    12/03/2020    2 recensioni
Dodici anni dopo la fine della guerra, Draco Malfoy-Potter si considera una persona felice. Nonostante qualche scaramuccia con suo marito, il loro matrimonio è solido e stabile, il suo lavoro lo soddisfa e si sente fortunato, fino quando un Auror bussa alla sua porta. In quel momento, la sua vita perfetta è messa in discussione da una notizia, la notizia peggiore che possa ricevere: Harry risulta disperso, dopo un attentato alla sua squadra ed è probabilmente morto. E il cuore di Draco muore insieme a lui.
[dal capitolo 1:
Quelle terribili parole, che non avrebbe mai voluto sentire, erano appena state pronunciate dall'Auror. E il mondo di Draco Malfoy in Potter era crollato come un castello di carte dopo una folata di vento. Aveva perso Harry.]
[Drarry, short-fic, angst con happy ending]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, la storia è scritta senza alcuno scopo di lucro e non è finalizzata a offendere nessuno.
 
WARNING! ALERT! DANGER! La storia tratta per la maggior parte di lutto e come viene affrontato dal protagonista, anche attraverso dei flashback. Viene fatto un uso (abuso) sbagliato dell’alcool che io non condivido. Non fatelo a casa!

Avviso: L'OOC è leggero, credo di non aver stravolto troppo i personaggi stavolta. Ma la prudenza non è mai troppa. 
Nota: I flashback non sono in ordine cronologico.

Enjoy the show!



______________________________


 

The One That Got Away

2. Before you go.



 

Our every moment, I start to replay
But all I can think about is seeing that look on your face […]
So, before you go, was there something
I could've said to make it all stop hurting?
[Before you go – Lewis Capaldi]

 

Draco chiuse gli occhi e sospirò pesantemente, si massaggiò il ponte del naso, cercando di respirare normalmente.
Era stata un’altra pesante giornata tra lavoro e amici ficcanaso, si sentiva sfinito. Poi Ron era piombato a casa sua, verso le nove e gli aveva consegnato una scatola con tutti gli effetti personali di Harry, era riuscito a fargliela ottenere, perché non aveva senso tenerla al ministero. Il rosso gli aveva comunicato che ciò significava una sola cosa: le ricerche erano state sospese. «Abbiamo fatto il possibile per riportarlo a casa» aveva detto poi, rammaricato. Draco si era limitato ad annuire, fissando quella scatola, senza riuscire a reagire in alcun modo, né alle parole di Ron né alla presenza di quell’oggetto tra le sue mani.
Era passato più di un mese da quando Harry risultava disperso, ma lui lo sentiva dentro al suo cuore, dietro alla disperazione, dietro alla tristezza, dietro a tutto il dolore che stava provando, c’era un barlume di speranza, lo sentiva: Harry era vivo da qualche parte. Forse era ferito, forse aveva bisogno di soccorsi, ma era vivo. Lui lo sapeva, lo avrebbe sentito, se fosse morto. Doveva essere vivo, non poteva essere morto. Lui non era stato ucciso neanche da un Anatema che uccide, non sarebbe stata un’aggressione a farlo. Anche Teddy ne era certo: glielo scriveva settimanalmente, sicuramente Harry sarebbe tornato. Il bambino ne era sicuro, la sua speranza invece vacillava, ma doveva trovare la forza per sperare nel meglio. Era patetico da parte sua aggrapparsi alle parole piene di speranza di un dodicenne, ma Teddy aveva ragione. Tuttavia, il ministero si stava arrendendo, lo stesso Ron si stava arrendendo e Draco non riusciva a capire perché lo stessero abbandonando in quel modo. Harry non avrebbe mai abbandonato nessuno, avrebbe fatto di tutto per ritrovare tutti, fino all’ultimo disperso. Il biondo aveva accettato passivamente la scatola e le sue parole, solo perché non aveva la forza di fare altro. Dopo aver salutato il rosso e chiuso la porta, era tornato in camera sua, dove aveva appoggiato la scatola sul letto e la stava ancora fissando, riflettendo sul da farsi.
Non voleva aprirla, non voleva vedere ciò che il suo sentimentale marito conservava; così la lasciò sul letto ed uscì per andare al bar più vicino, aveva bisogno di distrarsi, perché non voleva pensare che Harry non sarebbe mai più tornato.
Restò fuori casa tutta la notte, bevve fino a quasi dimenticare il suo nome – ma non abbastanza da dimenticare Harry – e, quando respinse in malo modo un tizio che ci provava con lui, fu cacciato dal bar. Fu quello a convincerlo a tornare a casa, ma non riuscì ad arrivare fino alla camera da letto. Si lasciò cadere sul divano, dove si addormentò quasi subito.
Per sua fortuna, quello fu un sonno privo di sogni.
La mattina seguente appellò degli abiti dal piano di sopra, sfruttò il piccolo bagno del piano di sotto per lavarsi e cambiarsi, bevve una pozione per i postumi della sbronza, che gli aveva causato un terribile mal di testa, ed uscì di casa. A volte si sentiva un automa, i suoi movimenti erano così meccanici che neanche si rendeva conto di compierli. Quando arrivò all’ospedale, gli sembrò che tutti sapessero della maledetta scatola di Harry. Cercò di montare sul viso l’espressione più fredda e glaciale che possedeva e si mise a lavorare. Trascorse tutta la giornata al San Mungo e accettò persino di sostituire un suo collega oltre il proprio turno, pur di non tornare a casa e non affrontare quella scatola. Sapeva che se l’avesse aperta, avrebbe dovuto in parte accettare l’idea che lui fosse morto, anche se cercava di allontanare il più possibile quel pensiero dalla sua mente.
Per tutta la giornata, riuscì a tenere sgombra la mente, ma quando tornò a casa e si ritrovò da solo in quell’enorme camera da letto, sentì di nuovo lo sconforto piombare su di lui e avvolgerlo in una morsa spaventosa e dolorosa.
Dopo essersi tolto le scarpe, si sedette a gambe incrociate sul letto, prese la scatola con le mani tremanti e la aprì lentamente. Avrebbe voluto qualcuno accanto in quel momento, ma l’unica persona che voleva accanto a sé, era colui che forse non sarebbe più tornato a casa.
Il contenuto della scatola lo lasciò senza fiato. C’erano una serie di post-it con frasi stupide “di incoraggiamento”, c’erano dei bigliettini dei suoi ammiratori, alcuni disegni risalenti a quando Teddy era ancora piccolo, alcune lettere del ragazzino, una lettera di Draco e poi c’erano alcune delle loro foto. Una in particolare catturò la sua attenzione, ricordava esattamente quando era stata scattata e quando l’aveva regalata a Harry.
 
«Forza, Draco!» esclamò Harry, ridendo e trascinandolo per le strade affollate di Parigi «Ho visto una cabina per le fototessere, hai mai fatto una foto in una di quelle?» chiese eccitato.
«No» rise il biondo «Ma sembra che tu non veda l’ora di farla». Harry arrossì leggermente, alle sue parole. Quando arrivarono davanti alla cabina, Draco la osservò per qualche istante: era una specie di enorme scatola grigia sulla cui facciata c’era scritto a caratteri cubitali: “Photos”, alla cui entrata c’era una tendina scura all’apparenza molto pesante, per evitare che la luce esterna rovinasse le immagini. Sembrava un aggeggio babbano affascinante. Harry lo tirò dentro, non appena la coppia, che già la occupava, uscì. Inserì le monete e decise che avrebbero stampato due copie delle foto così che ognuno dei due avrebbe scritto una dedica sulla propria copia e l’avrebbe regalata all’altro. Un’idea sdolcinata, stupida e romantica ideata da quel citrullo del suo neosposo.
«Cosa dovrei fare esattamente?» chiese Draco.
«Mettiti in posa, al resto penso io» rispose Harry «Ma ti prego, evita espressioni troppo serie». Tempo tre secondi e il moro aveva appoggiato le labbra sulla sua guancia e il flash li aveva investiti, poi gli aveva avvolto le braccia attorno alle spalle in un goffo abbraccio e di nuovo erano stati investiti da quella luce. Draco aveva capito il gioco, così al terzo scatto aveva abbracciato Harry, baciandogli una guancia a sua volta e al quarto gli aveva preso il viso tra le mani, baciandolo dolcemente sulle labbra, mentre suo marito appoggiava le mani sulle sue spalle. Dopo il quarto scatto, erano usciti dalla cabina con degli enormi sorrisi sulle labbra e avevano atteso le due copie delle loro foto. Quando furono pronte, Harry le prese entrambe e ne porse una delle due a lui.
«Dividiamoci, io scrivo la mia dedica, tu la tua e ci incontriamo qui tra dieci minuti» propose. Draco rise, non si aspettava niente del genere, credeva che sarebbero tornati in hotel e lì avrebbero scritto le loro dediche, ma accettò ugualmente. Le idee strampalate del moro erano state uno dei motivi per cui si era innamorato di lui. Si allontanò un po’ e si sedette su una panchina, girò la fotografia e sul retro scrisse poche, sentite parole: “Parigi 2003. Grazie di esserci sempre, nonostante tutto. Ti amo.”
Si erano incontrati esattamente dieci minuti dopo e si erano scambiati le fotografie, Harry dietro alla sua aveva scritto “Parigi 2003. Grazie per avermi sposato. Ti amo”. Si erano scambiati un bacio veloce, prima di correre in hotel e continuare a festeggiare il loro matrimonio con una bottiglia di champagne e una nottata di indimenticabile sesso.

 
Draco osservò la foto e un groppo gli strinse la gola. Harry aveva ancora quella foto, l’aveva sempre tenuta accanto a sé. Dannato sentimentale – pensò, scacciando una lacrima che era sfuggita al suo controllo. Poi continuò a guardare nella scatola e vi trovò anche alcuni ritagli di giornale, una foto babbana del loro matrimonio e altre cianfrusaglie. Deglutì, mentre altre lacrime minacciavano di fuoriuscire dai suoi occhi. Doveva essere forte. Rimise ogni cosa al suo posto, nell’esatto ordine in cui l’aveva trovata, poi la richiuse e la mise sul comodino di Harry. Era certo che quando suo marito sarebbe tornato a casa, avrebbe riportato quella scatola nel suo armadietto e avrebbe rimesso tutto al suo posto. Era una persona che teneva particolarmente al suo disordine.
Tuttavia, più Draco cercava di sentirsi positivo, più sprofondava nella disperazione. Era paradossale, ma in quel momento, riusciva solo a pensare che non avrebbe mai dovuto lasciarlo partire. Se solo avesse insistito di più…
 
«Devi andare per forza anche stavolta?» gli chiese.
«Lo sai che devo partire» ribatté suo marito e, teatralmente, alzò gli occhi al cielo «Non durerà molto».
«Harry… per favore» disse prendendogli il polso, cercando di trattenerlo «Non andare stavolta. Sei il capo, puoi far andare qualcun altro, no? Partecipi a tutte, questa volta… non andare, ti prego». Harry non rispose e Draco immaginò di poter osare di più, si avvicinò a lui e gli strinse i fianchi con forza «Resta con me stavolta, per favore… ho una brutta sensazione».
«Perché fai sempre così ogni volta che devo partire per una missione? Draco, questo è il mio lavoro!» esclamò «Non sono un codardo che manda qualcun altro al proprio posto» disse freddamente.
Il suo tono di voce non gli piacque e le sue parole lo colpirono nel profondo. Draco sapeva che era patetico supplicarlo di restare, ma quella volta aveva una brutta sensazione nel cuore e non voleva che partisse, non voleva rischiare di perderlo, così per una volta si sarebbe abbassato a supplicare, non voleva che partisse, non quella volta. Un marito certe cose le percepiva, no?
«Non sto dicendo che tu sei un codardo, sto solo dicendo che stavolta dovresti restare a casa» insistette «Per favore, Harry… non te lo chiedo mai, solo questa volta…»
«Non posso» rispose freddamente il moro «Qualsiasi cosa dirai, non mi farai cambiare idea».
Draco fece un passo indietro, lasciando i fianchi del marito e abbassando la testa. Se Harry non voleva ascoltarlo, non sarebbe mai riuscito a convincerlo, neanche supplicandolo. Sentiva già un enorme vuoto farsi largo nel suo cuore. Doveva arrendersi alla situazione, come aveva sempre fatto.
«Bene, fai come vuoi» disse, cercando di sembrare distaccato, la sua voce si incrinò lo stesso, ma cercò di darsi un minimo di contegno, perché non voleva che l’altro lo vedesse così disperato. Una vocina nella sua testa gli diceva di non lasciarlo andare, di insistere ancora, di evitare che varcasse quella porta.
«Tornerò da te» disse Harry, addolcendo un po’ il tono di voce «Non preoccuparti, tornerò sempre da te» aggiunse, sorridendo. Poi si abbassò su di lui, dandogli un bacio sulle labbra «Te lo prometto». Senza rispondere, il biondo annuì.
«Ti amo» sussurrò Harry, prima di uscire di casa e chiudersi la porta alle spalle.
Draco non gli rispose.

 
 
Se gli avesse detto di amarlo, avrebbe cambiato idea? Se avesse insistito di più, sarebbe riuscito a tenerlo al sicuro a casa?
Da quel giorno Draco malediceva se stesso e il suo maledetto orgoglio che gli aveva impedito di rispondere a Harry e dirgli che lo amava per l’ultima volta. Se Harry era morto davvero… era morto credendo che lui fosse arrabbiato, che non lo amasse più? Perché non gli aveva detto di amarlo? Era tutta colpa sua, avrebbe dovuto fare di più, insistere di più, magari legarlo al letto e non farlo partire, invece era rimasto in silenzio, come al solito. Che razza di pessimo marito era?
Gli mancava, non riusciva a respirare o a pensare senza di lui.
Harry aveva fatto così tanto per lui, per stare con lui, sfidando amici, conoscenti e l’intera comunità magica. Draco ricordava il giorno in cui si erano presentati mano nella mano alla festa del ministero a cui Harry era stato invitato. Gli aveva stretto la mano per tutto il tempo e non lo aveva lasciato neanche per un secondo da solo. Quando i giornalisti erano piombati su di loro come degli avvoltoi, il salvatore del mondo magico aveva sorriso e aveva detto a tutti che era felice con Draco, che erano innamorati – la sua voce aveva tremato leggermente a causa dell’emozione – e che tutti avrebbero dovuto lasciare in pace il biondo, perché lui lo aveva scelto e non gli importava del giudizio altrui. Ripensando a quella sera, una stretta contrasse lo stomaco già debole del ragazzo disperato, che corse nel bagno per vomitare. Si lavò il viso e quando alzò lo sguardo nello specchio e si vide ridotto in quel modo, uno scatto d’ira improvviso lo spinse a colpire con un pugno il vetro. Era arrabbiato, così tanto arrabbiato, ma anche così tanto triste… non sapeva che una persona potesse provare un simile dolore, non credeva che avrebbe mai sofferto così tanto.
Lo colpì ancora e ancora fino a che esso non si spaccò sotto le sue nocche, alcuni pezzetti di vetro gli ferirono il dorso della mano. Il dolore sembrò risvegliarlo un po’, ma non gli importava nulla di esso, infatti non usò nessun incantesimo per guarirsi, ritornò nella stanza e prese semplicemente un fazzoletto di stoffa, poi lo annodò attorno alla mano ferita. Posò lo sguardo su una foto di Harry, una che lui stesso gli aveva scattato qualche anno prima e vedere il viso sorridente di Harry, lo fece sentire peggio, così si mise sul letto e chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime. Maledetta scatola, maledetto Weasley che gliel’aveva portata. I ricordi lo assalirono di nuovo, facendolo sprofondare ancora di più nella disperazione.
 
«Questa cos’è?» chiese Draco prendendo tra le dita un aggeggio strano che somigliava a una macchina fotografica magica, ma era certo che non lo fosse, non potevano esserci oggetti magici, poiché erano nella vecchia casa babbana di Harry, il quale voleva recuperare alcune delle sue poche cose che aveva lì.
Gli zii ovviamente non avevano avuto la premura di prenderle da quella casa, quando erano andati via. E c’erano anche altre cianfrusaglie che avevano dimenticato o avevano lasciato lì perché non servivano più. Vide Harry entrare in un sottoscala ed uscire da lì con una scatola stretta al petto, era quello il famoso sottoscala in cui aveva passato tutta l’infanzia? Non riuscì a chiederglielo, sapeva che per il moro quello fosse un argomento difficile da affrontare. Così, mentre Harry cercava le sue cose, Draco aveva esplorato la casa babbana, trovandola molto interessante, era rimasto entusiasta dallo “stereo”, un aggeggio che riproduceva la musica. Non si era mai applicato molto in Babbanologia, ma le cianfrusaglie babbane avevano un certo fascino, doveva riconoscerlo, come quella grossa scatola che mostrava immagini in movimento. E poi facevano parte del mondo di Harry e lui voleva sapere tutto del suo mondo, recuperare tutto quello che aveva perso a causa della guerra e abbattere definitivamente tutti i suoi pregiudizi sui babbani e i nati babbani (anche se gli zii di Harry erano un’eccezione).
«È una polaroid, una macchina fotografica babbana».
«Quindi fa le foto?»
«Sì, ma non sono come le nostre, sono ferme».
«Voglio provare» Draco si portò il mirino davanti all’occhio e puntò l'obiettivo verso Harry; sperava che funzionasse nello stesso modo di una magica, non sembrava molto diversa. Si doveva inquadrare e scattare, giusto?
«Che fai…?»
«Forza, sorridi!» esclamò il biondo. Harry lo guardò con quello sguardo colmo d’amore e leggermente imbarazzato, prima che Draco premesse il tasto per scattare. Scattò la foto e dopo un momento l’aggeggio sputò fuori la fotografia; era piccola e quadrata. Il biondo la osservò ammaliato per un po’, poi sorrise e guardò il suo compagno.
«Bellissimo» sussurrò l’ex Serpeverde, alternando lo sguardo tra l’immagine immobile che raffigurava un Harry sorridente e imbarazzato e Harry stesso che lo guardava confuso.
«Hai detto qualcosa, Malfoy?»
«Pft, ho detto che sono un ottimo fotografo» affermò il biondo «Anche se uso queste cose babbane. Io eccello sempre, dovresti saperlo» si pavoneggiò, prima di appoggiare l’oggetto sul pavimento e baciare il compagno, prendendogli delicatamente il viso tra le mani. Lo sentì sciogliersi tra le sue braccia e sorrise nel bacio. Le gote di Harry si erano arrossate e Draco lo trovò adorabile, non sapeva resistergli.
«Cretino» sussurrò il moro, poi si abbassò rapidamente e rubò la macchina fotografica «Adesso tocca a me».
«Sfregiato, ridammela!» esclamò il biondo indignato, mentre il suo compagno lo invitava a mettersi in posa.
«A differenza tua, io lo ammetto» disse il moro «Sei bellissimo, non posso resisterti!»
A quel punto, lui non poté fare altro che abbozzare un mezzo sorriso e lasciarsi scattare le foto. Tutto sommato, era divertente e poi come poteva dargli torto, quando lo riempiva di complimenti?

 

Draco deglutì, mentre quelle immagini cariche di felicità si palesavano nella sua mente. Santo Merlino come avrebbe fatto a vivere senza tutto quello? Perché Harry lo aveva lasciato da solo? Perché era sparito in quel modo, lasciandolo ad annegare in un mare di dolore e di solitudine? Perché non tornava a casa come aveva promesso?
Sono patetico – si disse.
Avrebbe voluto dire che non gli mancava, che la sua assenza non aveva alcuna conseguenza per lui, avrebbe voluto essere più insensibile, avrebbe voluto non sentire nulla, essere insensibile a tutto quello, ma non ci riusciva. Anche se riusciva a mascherare bene le sue emozioni con gli estranei e con gli amici, come un vero Malfoy, dentro di sé era devastato e quando restava solo a casa, dava sfogo al suo dolore. Solo Harry riusciva a non farlo sentire così sbagliato, così vuoto, perché lui lo aveva aiutato a diventare la versione migliore di se stesso.
Non riuscendo a dormire, si alzò dal letto e raggiunse il salone, lì prese una bottiglia di whisky incendiario dal mobiletto degli alcolici e raggiunse la cucina, meccanicamente prese un bicchiere e lo riempì, sedendosi su uno sgabello della penisola, poi bevve il contenuto del bicchiere tutto d’un fiato. La gola bruciò per qualche istante, qualche lacrima scappò al suo controllo e sbatté le palpebre, prima di riempirsi un altro bicchiere. Cercava di dimenticare, ma più ci provava, più i ricordi sembravano piovere nella sua mente. Già immaginava le voci degli amici di Harry dirgli: è colpa tua, avresti dovuto convincerlo a restare, non avresti dovuto permettere che partisse, sei un pessimo marito, Harry meritava qualcuno di migliore. Draco lo sapeva, lo sapeva benissimo, ma neanche i loro peggiori litigi avevano fatto cambiare idea al moro…
La rabbia lo colse di nuovo e lanciò il bicchiere ancora mezzo pieno contro il muro di fronte a lui, esso si fracassò in mille pezzi, così come era distrutto il cuore di Draco. Ne prese un altro e lo riempì immediatamente, poi lo bevve velocemente, per smettere di pensare. Non doveva pensare e ripensare alle cose.
 
Quel luogo era… strano. C’erano persone strane, che indossavano degli abiti di dubbio gusto e che prendevano delle enormi palle per lanciarle lungo una pista, facendo cadere a terra dei… cos’erano quei così? Sembravano delle bottiglie. Dove diavolo lo aveva trascinato Potter, quella volta? Si vedevano da cinque mesi, avevano avuto un sacco di appuntamenti alla babbana, ma questo non lo capiva. Dov’erano? Che luogo era mai quello? Perché erano lì? L’espressione di Harry però era estasiata, doveva adorare quel posto. Gli aveva anche fatto indossare delle scarpe di dubbio gusto.
«Dove diavolo siamo? Che razza di posto è mai questo?» chiese il biondo, alzando un sopracciglio «No, Potter, non resterò in questo covo di babbani puzzolenti».
«Andiamo, principino, non vuoi sfidarmi a bowling?» chiese Harry «Hai paura di perdere?»
«Perdere? Io? Ma ti pare? Quando mai perdo contro un troll di montagna come te?» chiese, incrociando le braccia al petto con sufficienza «Spiegami come funziona questo gioco, nel mondo magico non l’ho mai visto».
«Si chiama bowling. Devi lanciare la palla e far cadere i birilli, se li fai cadere tutti, fai strike».
«Devo prendere quella specie di pluffa?» chiese Draco inclinando la testa e indicando la palla, Harry annuì.
Il biondo si guardò intorno di nuovo. Potter voleva fargli conoscere il mondo babbano e lo apprezzava, stava iniziando pian piano a capire di più di quel mondo, solo che per lui molte cose erano incomprensibili. Stava iniziando ad ampliare i suoi orizzonti e voleva farlo ancora, perché stava lentamente cambiando le sue idee radicali e Harry lo stava aiutando tantissimo. Così, senza pensarci due volte, si avvicinò alla strana pluffa e la afferrò infilando le dita in quei piccoli fori. La sollevò, sentendo quanto fosse pesante e guardò verso Harry scioccato.
«Che c’è, Furetto? È troppo pesante per le tue dita rinsecchite?»
«Pft, non sei divertente». Draco decise in quel momento che una stupida palla non fosse più forte di lui, così la sollevò con un po’ di difficoltà e si avvicinò alla pista. Harry gli spiegò le regole base di quel gioco e lui lanciò la palla, tuttavia mancò le bottiglie, che l’altro aveva chiamato birilli, anzi ne sfiorò uno a malapena. Harry invece li fece cadere tutti e urlò «Strike!» Draco si indispettì e prese un’altra palla e fece per lanciarla, ma mancò di nuovo il bersaglio. Al quarto tentativo, fece per arrendersi. Si guardò intorno annoiato, poi la sua subdola mente da serpe iniziò ad elaborare un piano. Come poteva rendere divertente per se stesso una serata apparentemente sgradevole? Facendo arrabbiare l’ex Grifondoro così tanto da farlo ingelosire, ovviamente. Adocchiò il babbano più affascinante e, senza che Harry se ne accorgesse, si avvicinò a lui con fare ammiccante. Iniziò a flirtare con lui, fino a che non si decise ad aiutarlo a giocare dopo avergli promesso un compenso in soldi, se lo avesse aiutato. Era alto, castano, occhi verdi, tutto sommato era bello, nella media. Non era Harry, questo era ovvio, ma era affascinante e sapeva che avrebbe smosso la gelosia del suo ragazzo.
Bowling, puah!
«Che succede qui? Chi è questo tizio?» chiese Harry, quando notò che il babbano in questione sfiorava le braccia di Draco, ogni volta che quest’ultimo doveva lanciare la palla.
«Oh Harry! Lui è Sebastian! Mi sta insegnando a giocare a bowling» rispose con sufficienza il biondo. Sentiva lo sguardo infuriato di Harry su di sé, stava impazzendo dalla gelosia, ne era sicuro. Erano ancora all’inizio della loro relazione e ancora non sapeva quali fossero le reali intenzioni di Harry nei suoi confronti. A volte gli piaceva testare quanto in realtà l’ex Grifondoro fosse preso da lui, perché lo sapeva che fra di loro stava nascendo qualcosa di bello, qualcosa di puro e di splendido che avrebbe reso felici tutti e due. Lo stavano coltivando piano, come un fiore, se ne stavano prendendo cura… ma ogni tanto, aveva bisogno di capire se fossero solo sue illusioni o fosse tutto reale. E poi provocare Harry gli piaceva in modo quasi subdolo.
«Oh, lo vedo» sbuffò il moro; ma Draco fece di finta di non sentirlo e, mentre Sebastian ancora gli accarezzava il braccio, lanciò la palla, riuscendo a colpire due birilli ed esultò.
«Ci sono riuscito!»
«Ne hai fatti cadere solo due!» esclamò Harry con giusta ragione.
«Sei stato bravissimo, Draco» fece invece il babbano «Lo sai che il tuo nome è bellissimo?» chiese. Draco ghignò.
«Il suo nome è anche il nome di una costellazione, lo sapevi?» chiese il moro con tono velenoso. Harry non poteva sapere che fosse tutto un piano di Draco, studiato solo per farlo ingelosire e per testare quanto ci tenesse a lui. Così il babbano continuò ad adulare Draco, ogni volta che prendeva una palla e faceva cadere i birilli, anche se ne colpiva pochi.
Harry cercò di mantenere la calma per tutto il tempo, il biondo lo vide trattenersi e cercare di evitare di colpire il povero babbano che, in quella storia, era assolutamente innocente. Perché se era così geloso non faceva niente per fermare Sebastian? Perché si tratteneva in quel modo?
Draco prese un’altra palla e la lanciò, facendo cadere tutti i birilli.
«Strike!» urlò Sebastian «Ci sei riuscito! Sei grande!» e fu quello il momento in cui il babbano sbagliò la sua mossa. Fece per avvicinarsi al volto di Draco, forse per dargli un bacio e Harry scattò come una molla tesa per troppo tempo, raggiunse il tizio e gli sferrò un pugno, che lo fece indietreggiare di qualche passo. Poi, senza aggiungere altro, afferrò Draco per un polso e lo trascinò in un angolo più appartato. Lo spinse contro il muro e lo guardò negli occhi, era… famelico. E dannatamente sexy.
«Woah, Potter! Ma che ti prende?»
«Che credevi di fare con quello, eh? Che diavolo volevi dimostrare?»
«Sei geloso» osservò il biondo, con una calma assurda nella voce «Per Salazar, sei sexy quando sei geloso».
«La smetti? Perché flirtavi con quello?»
«Mi hai portato in un posto che detesto» fece incrociando le braccia al petto, mettendo il broncio «Sono qui ad annoiarmi, mentre tu giochi. Io non sapevo neanche che esistesse questo stupido gioco e tu mi hai ignorato. Volevo movimentare la serata» spiegò «È stato facile. L’ho pagato e tu ci sei cascato con tutte le scarpe».
«Tu… piccola, subdola, sudicia serpe…» sibilò il moro. Draco non lo fece finire, abbracciò il suo collo e avvicinò il proprio volto a quello di Harry e lo baciò con trasporto. Dopo un momento di sorpresa, Harry lo afferrò per i fianchi e lo avvicinò a sé, facendo scontrare i loro bacini. Entrambi gemettero l’uno contro la bocca dell’altro e pensarono in fretta di raggiungere la casa di Harry e di fare l’amore per tutta la notte, su tutte le superfici della casa per spegnere la tensione sessuale che si era accumulata durante la serata.
Draco pensò di amare il bowling, ma per i motivi sbagliati.

 
Adesso, la bottiglia di whisky incendiario era semivuota davanti a lui, l’ennesimo bicchiere ancora pieno, un altro era stato distrutto e giaceva sul pavimento, accanto ai cocci del primo. Avrebbe voluto distruggere tutto, ma niente avrebbe alleviato il vuoto che sentiva dentro di sé.
Quando la bottiglia si svuotò del tutto, si alzò dallo sgabello e barcollò fino al salotto, lasciandosi cadere sul divano e si prese la testa tra le mani, invece di aiutarlo a dimenticare, l’alcool lo stava aiutando a ricordare. Cosa gli era rimasto ora? Un cumulo di sensi di colpa, troppi ricordi dolorosi, un vuoto che solo Harry avrebbe potuto riempire e una bottiglia vuota di alcool. Aveva bisogno di Harry, ma Harry se ne era andato, lasciandosi dietro i pezzi del cuore di Draco, che si sgretolava giorno dopo giorno.
Cosa sono io, senza di te, Harry?
 

°°°

 
La casa adesso era completamente vuota, Harry la riempiva con il suo essere rumoroso, con il suo essere goffo, con la sua risata cristallina, con la sua gioia e la sua sola presenza. Quella solitudine lo stava opprimendo.
Uscì di casa senza neanche accorgersene. La strada davanti a sé era deserta e lui non sapeva dove andare. Voleva solo allontanarsi il più possibile da quella casa vuota e fredda.
Il locale babbano era piuttosto piccolo, Draco vi era giunto mentre vagava per la città in preda alla disperazione, dopo essere stato costretto ad andare via da quello magico in cui andava di solito, a causa del suo piccolo diverbio con il tizio che ci aveva provato con lui.
Aveva ascoltato di nuovo la voce di Harry attraverso la segreteria telefonica, non era la stessa cosa, ma era lui… in qualche modo era lui, o quello che ne rimaneva e gli diceva che lo amava; pateticamente si crogiolava in quello. Si fece coraggio e mandò al diavolo anni di buona educazione Malfoy e si sedette al bancone del locale babbano. Storse il naso, quando notò un tizio accasciato sul bancone ubriaco marcio. Non aveva intenzione di ridursi così, ma quasi. Voleva solo dimenticare ogni cosa, dimenticare Harry, il dolore, tutto quanto.
Ordinò degli alcolici, i più forti a disposizione e, dopo aver ingurgitato il primo, sentì di nuovo il peso dei suoi ricordi piombare su di lui. I giorni in cui erano felici, in cui si amavano sembravano così lontani, adesso che era solo. Perché? Maledetto Potter. Bevve ancora, lasciando che il liquore bruciasse la sua gola. Non bruciava quanto il whisky incendiario, ma faceva al suo caso.
«Un altro» gracchiò al barista che senza ribattere gli riempì il bicchierino. Draco avrebbe voluto dirgli che quelle bevande babbane non facevano effetto su un mago purosangue come lui, ma si disse che forse non era il caso. Potter lo avrebbe guardato storto e rimproverato. Il ragazzo riempì di nuovo il bicchiere e Draco lo bevve tutto d’un fiato, ordinandone un altro.
Un flash colpì la sua mente, ancora una volta.
 
«Che diavoleria è mai quella?» chiese Draco, indicando la “cosa” babbana che aveva attirato la sua attenzione.
Per il loro primo anniversario da coppia ufficiale, erano andati in America per una breve vacanza e che essa fosse capitata proprio durante la commemorazione dell’anniversario della fine della guerra – a cui Harry non voleva andare neanche morto – era una mera coincidenza. Pioveva fuori e si erano rifugiati una tavola calda un po’ vintage e c’era uno strano marchingegno che Draco non aveva mai visto in vita sua.
«Un jukebox» disse Harry ridendo «Dai, Draco, possibile che tu non sappia niente?»
«Non mi sono mai applicato in Babbanologia» rispose piccato, incrociando le braccia al petto «A che serve questo affare?» chiese infastidito. Harry rise, la sua risata riempì le orecchie di Draco.
«Te lo faccio vedere subito» rispose entusiasta prendendo alcune monete babbane dalla tasca. Le inserì nello strano marchingegno e poi fece partire della musica. Draco storse il naso e lo guardò.
«Che razza di musica è questa?»
«Gli Abba, razza di ignorante» squittì divertito Harry, afferrandogli la mano e tirandolo verso di sé. Draco arrossì impercettibilmente e si lasciò travolgere dall’entusiasmo del moro. Doveva ammettere che quella canzone che parlava di regine danzanti non era poi così male. Ridendo come due ragazzini, si ritrovarono a ballare su quella canzone, mentre le altre persone del locale ridacchiavano e altre li incitavano a continuare.
 


Draco sospirò scuotendo la testa, quello era stato uno degli appuntamenti più assurdi di tutta la sua vita, ma si era divertito da morire. Quella sera, quando erano tornati nel loro hotel, Harry lo aveva anche convinto – costretto – a guardare insieme un film romantico e strappalacrime. Sdraiati sul letto della camera, avvolti in un plaid, stretti l’uno all’altro, avevano guardato il film scelto dal moro, mangiando cibo d’asporto; Harry si era anche commosso alla fine del film e Draco gli aveva dato un bacio sulla fronte per consolarlo.
Come doveva fare per dimenticare tutto quello?
«Dammene altri due» disse al barista «Doppi, possibilmente».
«Amico, non pensi di aver bevuto troppo?» chiese quello, inclinando la testa perplesso.
«Non sono tuo amico, schifoso babbano» sputò acidamente «Dammene altri due doppi, non sono neanche vicino all’essere ubriaco». Il barista scosse le spalle e fece come richiesto. Draco non gli diede neanche il tempo di finire di versare i drink che aveva già bevuto il contenuto di entrambi i bicchieri.
«Woah, dovresti andarci piano con questa roba».
«Taci e dammene un altro» disse, mettendo sul bancone una manciata abbondante di sterline babbane; il babbano sbatté le palpebre, prese i soldi e gli lasciò direttamente la bottiglia vicino. Il biondo afferrò la bottiglia e si versò altro liquore. Voleva affogare il suo dolore nell’alcool, ma sembrava che questo alimentasse solo i suoi ricordi e i suoi sensi di colpa.
Perché era successo? Come era successo? Dov’era finita la loro felicità? Perché non l’aveva fatto restare? Perché non era stato in grado di tenersi stretto Harry? Perché quel maledetto Grifondoro con la sindrome dell’eroe era partito, nonostante lui gli avesse chiesto di restare? Con Harry tutto era divertente, anche andare nei parchi babbani o sfidarsi a Quidditch nel giardino di casa. Entrambi cercavano di afferrare il boccino e inevitabilmente finivano per rotolarsi sul prato, stretti l’uno all’altro, come a Hogwarts. Sempre per colpa di Potter.
 
Avere una relazione con Harry Potter era divertente, pensava Draco, mentre inseguivano insieme il boccino d’oro a cavallo delle loro scope. Era bello perché, anche se si nascondevano ancora dagli altri, perché non erano pronti ad uscire allo scoperto, almeno per tutti la loro rivalità era storia vecchia e quindi erano liberi di divertirsi a modo loro. Per quello, quel pomeriggio, mentre la maggior parte degli studenti era a Hogsmeade, loro avevano deciso di sfidarsi ad acchiappare il boccino d’oro. Nessuno dei due giocava più a Quidditch, ma entrambi erano stati i migliori cercatori delle loro case – anche se, Draco si era ritrovato ad ammettere che Potter fosse davvero il miglior cercatore della loro età – e la professoressa di Volo chiudeva sempre un occhio quando le chiedevano di poter giocare un po’, ma sempre quando non c’erano allenamenti o partite. A Draco piaceva giocare in quel modo con Harry, gli piaceva prenderlo bonariamente in giro e vederlo sorridere; non lo avrebbe mai ammesso, ma era una cosa che adorava.
Il boccino era a pochi centimetri da lui, allungò la mano per afferrarlo, sentendo Harry raggiungerlo da dietro, tuttavia poco prima che potesse acchiapparlo, si sentì afferrare per i fianchi e si ritrovò sul prato, sovrastato dal corpo del suo ragazzo. L’impatto non era stato violento, aveva sentito solo un leggero fastidio.
«Che diavolo ti prende, Potter?» domandò.
«Ti ho preso» mormorò Harry bloccandolo contro il prato verde, sorridendo in quel modo che a Draco faceva girare la testa. Il biondo alzò gli occhi al cielo, fintamente irritato, invece di afferrare il boccino, Harry aveva pensato fosse divertente far “precipitare” entrambi dalle scope e rischiare di rompersi l’osso del collo, perché frequentava un tale idiota? Tuttavia, quella posizione… se fosse stato meno orgoglioso, Draco avrebbe detto di essere arrossito trovandosi in quella situazione, ma con Harry non si sentiva mai a disagio, aveva questa capacità di far sentire tutti a proprio agio in sua compagnia, forse era per questo che a Hogwarts lo amavano tutti, a parte pochissimi.
«Non vale, dovevi prendere il boccino» protestò il biondo. Il moro si calò su di lui e lo baciò con dolcezza, assaporando piano le sue labbra, facendolo tremare d’emozione.
«Ma ho preso te» asserì con sicurezza «Tu sei più importante del boccino» sussurrò contro la sua bocca. Fu il turno di Draco di baciarlo e trasmettergli attraverso quel bacio tutto ciò che provava per lui.

 
Se solo lui fosse rimasto a casa… singhiozzò, bevendo l’ultima goccia della bottiglia. Se solo avesse avuto la possibilità di rivederlo, anche solo un’ultima volta, gli avrebbe detto quanto lo amava, come aveva fatto il giorno del matrimonio, gli avrebbe detto che pensava solo a lui quando non erano insieme, che era perso senza di lui, che aveva lasciato un vuoto dentro di lui che nessuno avrebbe mai colmato. Aveva così tanto bisogno di lui, così tanto…
Per favore amore mio, torna a casa, ti prego, amore mio, torna…
Forse quella era la sua punizione, durante la sua vita aveva fatto così tanti errori che alla fine l’universo aveva deciso di punirlo, portandogli via la cosa migliore che gli fosse mai capitata nella vita. In fondo, meritava di soffrire, lui aveva fatto soffrire un sacco di gente, ma perché gli avevano portato via Harry?
Avrebbe preferito essere lasciato, avrebbe preferito che l’altro una mattina si fosse svegliato e gli avesse detto di non voler più avere nulla a che fare con lui, perché aveva sofferto troppo a causa sua. Sarebbe stato vero e plausibile, tra di loro non era sempre stato rosa e fiori, non erano sempre stati felici; si erano lasciati due volte nei quattro anni di relazione precedenti al matrimonio: Draco in quelle due occasioni aveva spezzato il cuore di Harry e lo aveva ferito così tanto che lo aveva spinto ad allontanarsi. Preferiva saperlo vivo, ma senza di lui, piuttosto che morto.
 
«Draco, ti prego, possiamo riparlarne?» chiese Harry con tono supplichevole, mentre lui gli dava le spalle. Si erano dichiarati relativamente da poco tempo, due mesi prima, ma Draco sentiva di essersi esposto troppo rivelando i suoi sentimenti – anche se il primo a farlo era stato il moro – e temeva che l’altro volesse ferirlo di proposito. E aveva avuto ragione. Aveva raggiunto Harry per la loro cena con film del sabato sera e lo aveva trovato sul divano, ad “amoreggiare” con la rossa Weasley. Beh, più che amoreggiare lui l’abbracciava e lei piangeva, ma ciò non cambiava com’era apparsa agli occhi di Draco: la ex del salvatore del mondo magico, il suo primo amore adolescenziale, tra le sue braccia. Sapeva che quello era il preludio di un addio e non voleva che fosse Harry a farlo, gli avrebbe spezzato il cuore definitivamente. Quando Ron era andato a prenderla e l’aveva portata via, Draco era esploso e aveva riversato tutta la sua rabbia repressa contro Harry. Gli aveva urlato contro di tutto e aveva cercato di ferirlo nel modo più crudele possibile, ma l’altro non demordeva, voleva spiegargli cosa fosse successo.
Un tradimento, ecco cos’era successo.
Era chiaro ai suoi occhi.
«No che non ne parliamo» sibilò «Hai fatto la tua scelta stasera».
«Non è come pensi, ti prego, almeno ascoltami!» lo pregò Harry.
«Oh certo, se fossi stato io al tuo posto, mi avresti sbattuto fuori senza neanche permettermi di inventare scuse inutili, quindi perché dovrei farlo io con te, ah, Potter?» chiese sprezzante.
«Ascoltami, dannazione!» ululò Harry afferrandogli il polso, provò l’impulso di ritrarsi alla sua presa, ma qualcosa negli occhi dell’altro non lo fece allontanare «Era qui per avere un po’ di conforto. È caduta dalla scopa, ha una lesione permanente che non possono curare in nessun modo, lo sai che significa per una giocatrice di Quidditch?» Draco restò in silenzio «Che non giocherà mai più. Aveva bisogno di supporto da un amico e io gliel’ho dato, tutto qui».
«Non ti credo» disse lui freddamente «Lo so come va a finire, lei viene qui, piange tra le tue braccia e tu torni come un cagnolino abbandonato da lei» disse «Io sono solo il tuo passatempo, quello con cui scopi in attesa che lei torni da te».
«Draco, non è così» i suoi occhi s’incupirono, doveva averlo ferito con quella frase. Bene, così avrebbe capito come si sentiva lui. Si sentiva ferito, tradito, ingannato.
«Ah no? Non provi niente per lei, allora?» chiese il biondo.
«Le voglio bene come voglio bene a Hermione, come a una sorella!» esclamò esasperato «Per favore, fidati di me, non ti tradirei mai, io amo te, lo sai».
«No, non lo so» fece il biondo avvicinandosi alla porta «Non mi fido di te. Penso che non dovremmo vederci mai più, Potter» affermò, abbassando la maniglia. Vide Harry aprire la bocca per ribattere, per trattenerlo, lo vide abbassare la testa, ma non guardò oltre, oltrepassò la porta ed uscì dalla sua vita. Non gli andava di soffrire a causa di uno stronzo traditore come Harry Potter.
Quando, due giorni dopo, si ritrovò Ron Weasley infuriato davanti alla porta del suo appartamento, che gli chiedeva cosa avesse fatto al suo migliore amico e Hermione Granger già pronta a cruciarlo, con la bacchetta sguainata, Draco non demorse dalla sua posizione e cercò di spiegarlo ai due migliori amici del suo ex.
«Sei proprio un coglione e non so davvero Harry cosa ci trovi in te» fece il rosso «Mia sorella non è una minaccia per te, per due motivi: Harry è un idiota che ti ama e lei è felicemente fidanzata con Luna Lovegood fin dalla fine di Hogwarts, non ci pensa nemmeno più ad Harry». Dopo quell’affermazione, Draco si diede dell’idiota, del cretino e dello stronzo. «Cerca di farti perdonare, Malfoy, perché se lo vedo di nuovo piangere a causa tua, giuro sull’onore di Godric Grifondoro che me la pagherai» lo aveva minacciato.
«Bellatrix sarà un piacevole ricordo, in confronto a quello che ti farò io» aveva rincarato la dose Hermione e per un momento, Draco ebbe davvero paura di lei.
Così, tornò da Harry esattamente un’ora dopo aver parlato con i due Grifondoro, ma non per le minacce, né per paura del rosso o della riccia, ma perché non voleva che Harry piangesse a causa sua. Dopo i dovuti chiarimenti, il moro lo strinse così forte da togliergli il respiro «Ti prego, non farmi mai più una cosa del genere, ti prego» sussurrò disperato contro la sua spalla «Ti amo, Draco, amo solo te. Ti prego, se tu non… non provi lo stesso, dimmelo adesso».
«Perdonami» gli sussurrò all’orecchio, stringendolo a sé, pentito di essere andato via e di non averlo ascoltato davvero. «Ti amo anch’io».

 
Il secondo litigio era stato peggiore, Draco lo ricordava bene. E sapeva che fosse stata, di nuovo, tutta colpa sua e a volte, se ci ripensava, si sentiva ancora in colpa nei confronti di Harry. Lo aveva davvero ferito con il suo atteggiamento da stupido, gli aveva fatto del male volontariamente e l’altro – stupidamente – lo aveva perdonato di nuovo. Ma questa è l’ultima volta, ci aveva tenuto a sottolineare il moro. Beh, dopo quella volta, Draco si era davvero impegnato per non farlo soffrire più e lo stesso aveva fatto Harry.
 
Draco ritornò nella casa che, da poche settimane, condivideva con Harry, bagnato fradicio. Aveva un pessimo aspetto e il suo umore era nero. Era arrabbiato con se stesso, con il mondo magico, con il suo capo e con Harry, soprattutto con Harry e non capiva neanche cosa gli avesse fatto di male, beh a parte avergli migliorato la vita in attesa di distruggergliela. Era stata la giornata peggiore della sua vita, nonostante fosse uno dei tirocinanti più promettenti, il nuovo primario del suo reparto lo aveva guardato con aria carica di pregiudizi. Lo aveva messo a svolgere i compiti più umilianti e lo aveva deriso davanti a tutti. Lo aveva trattato come l’ultima ruota del carro, gli aveva detto che se era lì e non a marcire in carcere, era solo perché si scopava Harry Potter e la sua unica garanzia era lui. «Quando Potter si stancherà di te e ti lascerà, probabilmente ti metteranno nel posto a cui appartieni, quindi perché darti la possibilità di fare carriera?» gli aveva detto con cattiveria «Sono sicuro che per lui sarà soddisfacente sbatterti dentro, quando avrà abbastanza prove contro di te; è lì che i pezzi di merda come te meritano di stare. Come tuo padre, lui è morto ad Azkaban ed è la stessa fine che farai tu». Quelle parole lo avevano colpito nel profondo, avevano fatto male quanto una cruciatus, perché esse gli aprirono gli occhi e si rese conto che agli occhi di tutti, sarebbe sempre stato un mangiamorte, un approfittatore che adesso usava la fama di Harry Potter, dalla cui pietà e buon cuore dipendevano il suo lavoro e la sua vita. Ma anche lui lo avrebbe lasciato, Harry lo avrebbe fatto nel momento in cui sarebbe stato più felice e gli avrebbe dato il colpo di grazia, sbattendolo ad Azkaban, era plausibile, perché altrimenti Harry Potter voleva stare con lui?
«Ehi amore» lo salutò Harry vedendolo entrare «Vieni qui, sei tutto bagnato, non potevi usare un Impervius?»
«Non ne avevo voglia» disse atono il biondo chiudendosi la porta alle spalle. Le parole crudeli del primario risuonavano ancora nella sua mente. Le risate di alcuni dei suoi colleghi più intolleranti erano state cattive alle sue orecchie e ancora poteva sentirle. Sentiva su di sé l’umiliante, bruciante verità: se era lì, era solo per merito di Harry, come dicevano tutti.
«So che odi i mezzi babbani, ma un ombrello dovresti portarlo con te» disse Harry con tono leggero, quasi scherzoso, poi gli si avvicinò con un asciugamano e lo avvolse dentro «Ti verrà un malanno, vieni a cambiarti».
«Perché stai con me?» chiese Draco a bruciapelo.
«Perché sono innamorato di te» rispose l’altro con ovvietà «Perché questa domanda?»
«No, invece» disse «Stai solo aspettando il momento giusto per umiliarmi» disse lui, facendo un passo indietro «Come tutti. Anche tu vuoi solo umiliarmi».
«Draco, non so di cosa tu stia parlando» fece Harry, la sua voce era calma, pacata, tranquilla, di solito riusciva a calmare anche lui, ma quel giorno lo fece sentire ancora peggio «Vieni in camera, sei fradicio. Fatti una doccia calda e parliamo della tua giornata, okay?»
«No» fece lui «No, non voglio la tua pietà, devi smetterla di comportarti così!»
«Draco, hai avuto una pessima giornata, l’ho capito, puoi non prendertela con me? Sto cercando di aiutarti» fece Harry, gli prese gentilmente la mano e cercò di portarlo in camera da letto, ma lui lo respinse strattonando la propria mano e spintonandolo lontano da sé.
«Lasciami in pace! Non vedi l’ora di liberarti di me, vero? Dillo che mi odi! Dillo che vuoi che mi mettano dentro così che tu non debba più vedere la mia faccia!» esclamò «Sei solo uno stronzo che si ripara dietro alla maschera dell’eroe! La verità è che sei solo un manipolatore! Appena sarai Auror, mi sbatterai dentro e ti vanterai con tutti di aver catturato uno sporco mangiamorte, non è così?»
«No…» Harry deglutì, era a disagio, Draco poteva vederlo con i suoi occhi, ma la rabbia che provava era così tanta che non vi badò «Smettila…»
«Ah. Allora, cosa? Mi farai arrestare da Weasley? Oh sì, quello non vede l’ora di sbattermi dentro! E con quali accuse? Oh, sono certo che ne inventerebbe alcune bellissime».
«Smettila, Draco, ti prego, sei crudele, io non…»
«Non lo faresti mai, Potter? Dimmi, non sei tu che hai permesso che mia madre finisse in cella? Ti ha salvato il culo e tu non l’hai neanche aiutata! E lei è morta lì dentro!»
«Le-Le avevo promesso che avrei aiutato te… io…» Harry cercò di riprendersi dallo shock di essere stato aggredito verbalmente in quel modo «Ma che problemi hai oggi? Si può sapere perché ce l’hai con me?»
«Perché sei come tutti gli altri! Perché stai solo cercando di umiliarmi e io non ci sto! Non sto al tuo gioco, Potter, hai capito?» chiese «Sei solo uno stronzo e ti detesto!»
«Non starò qui a sentirmi dire cattiverie gratuite quando sto cercando solo di aiutarti» disse atono «Mi stai accusando ingiustamente di cose che non mi sono mai passate per la testa» continuò «Possiamo parlarne civilmente?» Draco scosse la testa «Quindi è questo ciò che pensi di me…?»
«Sì» rispose il biondo «Sì, è questo che penso, sei solo il figlio di una puttana sanguemarcio!»
Fu in quel momento che Draco si zittì e si pentì amaramente delle sue parole, perché lo schiaffo che gli tirò Harry, dopo quell’appellativo, fu del tutto inaspettato e doloroso. Harry aveva ancora la mano a mezz’aria e i suoi occhi, solitamente espressivi erano spenti, ma il biondo non ebbe il tempo di aggiungere nient’altro o di scusarsi, perché il moro gli voltò le spalle e se ne andò.
La porta si chiuse con un tonfo forte e Draco Malfoy rimase lì in piedi, immobile a fissare la porta, dietro la quale il suo ragazzo era sparito, dopo che lui gli aveva vomitato addosso le peggiori cattiverie esistenti. Era lui il figlio di puttana, non Harry.
Ma sì, vattene, non ho bisogno di te e della tua pietà – pensò, fissando la porta. Deglutì, rendendosi conto di essere rimasto solo. Solo com’era sempre stato nella vita e aveva appena spinto fuori dalla sua vita l’unica persona, che aveva detto di tenere a lui e che gli aveva promesso che mai lo avrebbe lasciato da solo.
Forse avevano ragione gli altri a dirgli che sarebbe stato meglio da solo, che non meritava nessuno… sì, forse se avesse continuato a ripeterselo avrebbe smesso di guardare quella porta come se Harry potesse rientrare e dirgli ancora che lo amava e che lo perdonava, ma lo sapeva, aveva esagerato, quella volta non sarebbe tornato da lui. Avrebbe solo voluto rimangiarsi tutte le crudeltà che gli aveva vomitato addosso.

 
 
Si alzò barcollando dallo sgabello e mise altre banconote babbane sul bancone che aveva occupato fino a quel momento e, sentendosi abbastanza ubriaco e con la testa vuota, uscì dal locale. Mentre camminava verso casa, come il peggiore dei barboni, reggendosi prima al muro, poi a una ringhiera, Draco cercava si scacciare le immagini di Harry dalla mente, più pensava a lui, più stava male.
Avrebbe voluto cancellare quel dolore, scappare da esso, ma non poteva, perché lui non sarebbe più tornato a casa e non avrebbero mai più avuto i loro momenti dolci, non avrebbero più avuto le serate “cinema” sul divano, non avrebbe più visto Harry litigare con i fornelli che si ostinava ad usare, non avrebbero mai più fatto l’amore, non avrebbero mai più guardato le stelle insieme, non avrebbero mai più scherzato, riso, fatto gli scemi insieme, non avrebbero neanche litigato per le stupidaggini per poi riappacificarsi sotto le coperte. Si trascinò fino a casa, riuscendo solo per miracolo ad inserire la chiave nella toppa; entrò quasi strisciando fino al divano, dimenticando la porta aperta. Se fosse entrato qualcuno in casa… beh, non gli importava, potevano entrare e ucciderlo, per quanto gli interessava. Crollò sul divano e si addormentò immediatamente, quasi svenuto, senza riuscire neanche a cambiarsi. Se ci fosse stato Harry, lo avrebbe preso tra le sue braccia, lo avrebbe consolato, lo avrebbe portato in camera da letto e lo avrebbe baciato e gli avrebbe detto Sono qui, non vado da nessuna parte, era l’ultima volta. – gli avrebbe tolto le scarpe, gli avrebbe messo il pigiama…
Draco pianse mentre dormiva, non riusciva a farsi una ragione di quanto accaduto, avrebbe solo voluto Harry al suo fianco, ma lui non sarebbe mai più tornato. Sperava che quello fosse solo un terribile incubo durato fin troppo tempo, sperava di risvegliarsi nel suo letto con Harry stretto a lui oppure con l’odore della colazione appena pronta.
Ogni domenica Harry si svegliava per primo, usciva per una piccola corsa per tenersi in allenamento e rientrava con le brioches calde, preparava il tè, raggiungeva Draco a letto, lo svegliava con un bacio – o altro – e poi facevano colazione insieme. Si addormentò con quel pensiero in mente e le lacrime che lentamente si seccavano sul suo volto.
 

°°°

 
Tre giorni, non vedeva Harry da tre giorni, da quando era andato via dopo l’ennesimo litigio, il peggiore. Draco non aveva dato segni di cedimento, fino a quel giorno. Era convinto che l’altro sarebbe tornato di nuovo, che avrebbero chiarito come al solito, invece Harry non era tornato.
Come se nulla fosse accaduto, il giorno dopo, il biondo era tornato al lavoro e aveva scoperto che uno dei suoi colleghi aveva raccontato l’accaduto al direttore dell’ospedale magico e lui aveva provveduto a licenziare il primario seduta stante, perché non tollerava certi atteggiamenti scorretti, di odio gratuito verso un tirocinante promettente e brillante come Draco o come altri nella sua stessa situazione. Il nuovo primario era migliore. Un po’ severo, ma accettabile; avrebbe voluto raccontare tutto a Harry, una volta tornato a casa, ma quando era rientrato, non lo aveva trovato: la casa era vuota, senza di lui. Harry Potter era l’anima di quella casa e senza di lui, Draco era solo e miserabile.
Draco era crollato definitivamente il terzo giorno, quando Hermione Granger era arrivata a casa sua e aveva riempito un baule con le cose di Harry, svuotando definitivamente la casa. La strega non aveva detto niente, si era limitata a guardarlo con quello sguardo saccente e fastidioso, che sembrava dirgli: So che è tutta colpa tua, sapevo che non sareste durati a lungo, vorrei cruciarti, ma ho promesso al mio amico che non ti avrei fatto del male. Se Harry sta soffrendo è solo colpa tua.
Lei aveva preso tutto quello che apparteneva ad Harry e se ne era andata, lasciandolo ancora più solo. Lasciandogli solo una maglia di Harry che Draco stava, pateticamente, indossando in quel momento. Forse lei aveva finto di non vederla o non se ne era accorta, ma tutto il resto delle cose del suo ex erano sparite dalla casa. E Draco si era sentito sconfitto, definitivamente.
No – pensò Draco – no, non posso permettere che creda davvero a quelle cattiverie.
Era un fallito, sì, era un codardo, sì, era un bugiardo, sì. Aveva un sacco di difetti, ma Harry lo aveva accettato nonostante tutto, Harry gli aveva donato un sacco d’amore e lui non era riuscito a dargli nulla, era riuscito solo a ferirlo. Per anni, aveva pensato di non avere scelta, aveva creduto non avrebbe mai conosciuto la felicità e poi era arrivato lui e aveva ribaltato ogni cosa. No – pensò di nuovo. Per Salazar, lui era Draco Malfoy, un maledettissimo Serpeverde, non poteva perdere tutto senza fare nulla. Doveva smetterla di fare il principino senza spina dorsale, assumersi le sue responsabilità e andare a riprendersi la persona a cui teneva, la stessa persona che gli aveva dimostrato che, con poco, si poteva ottenere l’affetto delle persone. E non l’avrebbe lasciato andare, ma più. Da quel momento in poi, ogni cosa sarebbe cambiata, non avrebbe più dubitato di lui, non avrebbe più fatto gli stessi sbagli di cui si era già macchiato.
Colto da quell’illuminazione, si alzò dal divano sul quale si stava crogiolando da troppe ore e decise che era ora di smettere di vivere nel rimpianto. Non badò molto al suo aspetto, indossò velocemente un paio di scarpe e una felpa, non si aggiustò neanche i capelli, aveva troppa fretta di recuperare il tempo perso; la nuova svolta della sua vita doveva iniziare in quel momento, il più presto possibile. Senza neanche guardarsi nello specchio, si smaterializzò pensando intensamente alla Tana, dove sicuramente il moro era andato a rifugiarsi. Bussò freneticamente alla porta, sperando che aprisse lui. Ovviamente, la sua fortuna non lo stava assistendo in quel momento e si ritrovò davanti Ron.
«Che diavolo vuoi? Non hai fatto già abbastanza?»
«Dov’è Harry?» chiese Draco senza neanche salutare, Ron rimase in silenzio «Weasley, per favore, dov’è?»
«Se te lo dico, lo farai soffrire ancora?» chiese con serietà il rosso.
«No, lo giuro. È stata l’ultima volta». Non aveva bisogno di quello, non aveva bisogno del suo permesso, ma avrebbe perso più tempo, se il rosso non l’avesse fatto entrare. Sperava che comprendesse la sua sincerità.
«D’accordo, è di sopra, nella mia vecchia stanza» disse Ron spostandosi dalla porta, Draco annuì ed entrò «Malfoy, che sia davvero l’ultima. Non ha voluto dire niente, ma stavolta è davvero distrutto».
«Non succederà più, Ron» disse deciso, era sincero, forse Weasley se ne rese conto, perché gli restituì uno sguardo quasi comprensivo. In una coppia era normale litigare, ma lui e Harry spesso tendevano ad esagerare. Ma nessun litigio era mai sfociato in quello. Di solito al moro bastava una birra con gli amici per dimenticare tutto, ma quella volta Draco sapeva di aver sbagliato di grosso.
«Non farmene pentire» lo avvisò l’altro. Il biondo annuì e lo ringraziò brevemente, prima di avviarsi verso le scale. Le salì lentamente, sembrava che la casa fosse disabitata in quel momento. Il cuore gli tremava nel petto, ma non voleva tirarsi indietro. Era una promessa che echeggiava nel suo cuore, come un mantra. Doveva riprendersi Harry, dirgli che gli dispiaceva e farsi perdonare; la loro nuova vita insieme doveva partire da quello e dalla sua totale sincerità. In pochi passi raggiunse la porta della stanza e bussò. Un secco «Avanti» risuonò oltre essa e Draco la spinse, entrando nella stanza.
«D-Draco» lo sentì pronunciare, la sua voce tremò e il biondo fu sul punto di fuggire, la sua voce era distrutta, cosa aveva fatto? Come aveva potuto ridurlo così?
«E-Ehi…» balbettò lui, chiudendosi la porta alle spalle «Harry…» si guardarono per un lungo istante, Draco non poteva credere che colui che aveva retto la loro storia per anni, fosse crollato in quel modo. Harry sembrava più devastato di lui, gli occhi verdi erano cerchiati di rosso e i capelli erano più spettinati del solito; il labbro inferiore tremava.
Il moro abbassò lo sguardo, sentendosi sopraffatto dallo sguardo del biondo e chiese: «Cosa sei venuto a fare qui? Ho dimenticato qualcosa? Mando Her-»
«No» lo interruppe, muovendo qualche passo verso di lui «Mi dispiace, Harry». L’altro aprì la bocca per ribattere, ma lui lo interruppe di nuovo «Mi dispiace non essere stato sincero con te» continuò, cercando di ignorare quella vocina dentro di sé che gli diceva di non esporsi in quel modo, che non era prudente.
«Di che stai parlando?»
«Quella sera… non pensavo nulla di quello che ho detto» spiegò piano, fermandosi a poca distanza da lui «Io… avevo avuto una giornata orribile, il nuovo primario mi aveva detto cose orribili e io gli ho creduto, la mia rabbia si è riversata ingiustamente su di te» deglutì «So che il mio atteggiamento non è stato giusto, soprattutto nei tuoi confronti, sono stato uno stronzo con te» fece un passo verso di lui «Mi dispiace non averti raccontato nulla e averti accusato di tutte quelle cose orribili, lo so che tu non sei così».
«Draco…»
«No, fammi finire» disse, Harry annuì e alzò lo sguardo su di lui e notò che ci fosse qualcosa di profondamente diverso in lui, a parte l’aria trasandata e i capelli in disordine. Quello al biondo sembrò un segnale per potersi avvicinare ancora a lui «Volevo solo raccontarti tutto, ma più ti guardavo, più le sue parole erano vere nella mia testa. Io… sono un codardo, ho paura di parlare dei miei sentimenti con te, ho paura di affrontare il mio passato…» strinse i pugni «Ho paura che tu capisca che ti trovi davanti un bambino viziato, un mangiamorte senza spina dorsale e che mi lasci da solo» deglutì, l’altro non disse niente e Draco ne approfittò per continuare «Ho sbagliato tutto con te, Harry, ho sbagliato ad urlarti contro in quel modo, ho sbagliato ad insultarti e ad insultare tua madre» disse ancora «Mi sono pentito di quello che ho detto, nel momento in cui l’ho detto, ma ero troppo arrabbiato per poterti chiedere scusa» sospirò «Mi dispiace, non posso dire altro, so solo che mi dispiace e che non avrei mai voluto ferirti in questo modo» prese un altro respiro e decise di mettersi completamente a nudo «Non ti merito, Harry, non merito il tuo amore, ma prima di perderti per sempre, voglio che tu sappia che non penso nessuna delle crudeltà che ti ho detto».
«Draco…»
«Ti amo, davvero, sono profondamente innamorato di te» lo interruppe ancora «E so che non lo dico spesso e che non sono esattamente la persona più espansiva del globo, ma ti amo». Aveva bisogno di dirgli tutto prima di perdere il coraggio di mettersi a nudo in quel modo «Solo questo» soffiò con una stretta al cuore. Harry restò perfettamente immobile, paralizzato e Draco credette che fosse troppo tardi: non lo avrebbe mai perdonato. Così si voltò verso la porta e la raggiunse, afferrò la maniglia, sentendo le lacrime che cercava di reprimere, premere per riversarsi sul suo volto. Non doveva piangere, era già caduto abbastanza in basso.
«Draco, aspetta» la mano calda di Harry si posò sulla sua spalla e il moro lo fece voltare gentilmente verso di sé. Non si era accorto che si fosse alzato e che lo avesse raggiunto… c’era ancora speranza?
«Perdonami…» sussurrò Draco proiettando i suoi occhi ghiacciati e liquidi di lacrime in quelli dell’ex Grifondoro «Lo so, ho fatto un sacco di errori, ma d’ora in poi… non ne farò più nessuno, te lo giuro». Harry si sbilanciò verso di lui, alzandosi sulle punte e lo abbracciò con forza «Torna a casa con me…» lo pregò, parlando a bassa voce nel suo orecchio.
«Ti amo anch’io» sussurrò il moro, prendendogli il volto tra le mani «Ti perdono» mormorò. Draco appoggiò le mani su quelle del moro e eliminò l’esigua distanza che li separava, appoggiando le labbra sulle sue. Non avrebbe mai più fatto errori, giurò a se stesso, da quel momento, sarebbe stato migliore – o almeno ci avrebbe provato. Si baciarono lentamente, con dolcezza, trasmettendosi ogni sensazione attraverso quel bacio di riappacificazione. Ad occhi chiusi, lasciarono che quel bacio colmasse gli spazi vuoti che non erano in grado di riempire a parole, che confermasse ogni sentimento nascosto, che entrambi non erano in grado di esprimere ad alta voce. Decisero che da quel momento in poi ogni cosa sarebbe cambiata per loro.
«Torniamo a casa» sussurrò il moro, avvolgendo il collo del compagno con le braccia. Draco sorrise contro la sua bocca e si smaterializzò insieme a lui nella loro camera da letto e riprese a baciarlo con passione, facendolo distendere sul letto.
«Mi sei mancato, Harry» sussurrò «Non sai neanche quanto». Harry sorrise e tirò Draco verso di sé, zittendolo e coinvolgendolo in un bacio appassionato. Sì, da quel momento in poi non avrebbe mai più fatto del male ad Harry e lo avrebbe amato davvero, come lui meritava. Non avrebbe più fatto alcun errore, non sarebbe più stato cieco ed ingrato. Da quel momento in poi, sarebbe stato un uomo diverso.

 
Dopo quel litigio, si era impegnato ancor di più a rigare dritto, soprattutto perché quella volta riconquistare la fiducia di Harry era stato più difficile. Soprattutto dopo quell’ultimo litigio, Draco si era reso conto quanto fosse forte il loro legame.
Si risvegliò improvvisamente nel cuore della notte con un enorme mal di testa, aveva la mente offuscata e sentiva una leggera nausea. Si mise seduto e si guardò intorno, la casa era ancora vuota, lui era ancora solo e Harry non era ancora tornato. E la consapevolezza lo colpì con una stilettata nel petto: Harry non sarebbe mai tornato da lui.  
Si trascinò fino al bagno, vomitò l’anima e guardò il proprio riflesso nello specchio rotto, era solo il fantasma di se stesso, si era ridotto come uno straccio a causa del dolore che provava, ma non riusciva a reagire, gli sembrava di aver perso una parte di sé.
Una lacrima scivolò lungo la sua guancia e la scacciò via con un gesto brusco, si lavò la faccia sentendo sotto i polpastrelli la consistenza ispida della barba incolta presente sul suo volto e, dolorosamente, un altro ricordo si palesò nella sua mente.
 
Si stava radendo nel bagno, quando il suo ingombrante fidanzato “tutto muscoli e niente cervello” si palesò alle sue spalle, lo abbracciò stretto da dietro e appoggiò il mento sulla sua spalla, iniziando a lasciargli dei piccoli morsi sulla pelle.
«Sei bello con la barba» disse sulla sua pelle «Non tagliarla».
«Cretino, secondo te, come faccio ad essere sempre attraente?»
«Questo è il tuo problema» mormorò al suo orecchio, spingendo il bacino contro il suo sedere «Tu lo sei sempre».
Draco mollò il rasoio e si voltò verso il moro, lo guardò ghignando e «Perché non ti accomodi? Sono a tua disposizione».
«Con molto piacere» mormorò Harry, baciandolo con passione, prima di inginocchiarsi davanti a lui, Draco gemette per tutto il tempo e poi trovò giusto “premiare” il moro per il suo lavoro perfetto, voltandosi di spalle e piegandosi sul mobile del bagno, offrendosi totalmente a lui. Erano poche le volte in cui glielo lasciava fare e Harry era l’unico a cui si sarebbe affidato così, si fidava ciecamente di lui.
 


Draco vomitò ancora una volta, tossendo con forza. Meritava di soffrire così tanto? Perché era stato felice per sette anni della sua vita e poi la felicità gli era stata strappata con forza dalle mani? Cercò di calmare gli scossoni del suo corpo e quando si sentì meno nauseato, raggiunse di nuovo la camera. Aprì l’armadio e prese una delle felpe di Harry, la indossò sentendosi immediatamente avvolto nel profumo di suo marito, se la strinse addosso, sperando di poterlo sentire mentre lo stringeva, come faceva nei suoi ricordi, nei suoi sogni. Aveva così tanto bisogno di lui…
Raggiunse il letto e sul comodino la vide: la foto che cercava di non guardare mai, dalla quale cercava di fuggire, la foto del loro matrimonio, lui indossava uno smoking bianco – “a me dona il bianco, Potter, tu sembreresti un gelataio” “A te dona tutto, amore” – mentre Harry uno smoking nero. La foto li ritraeva sotto un pesco fiorito, mentre si guardavano negli occhi e poi si baciavano. Il fotografo che aveva scattato quella foto era stato particolarmente bravo, c’era tutto: loro due persi l’uno nello sguardo dell’altro, i fiori di pesco che cadevano dagli alberi e il bacio dolcissimo che loro si scambiavano. Raramente Draco aveva visto foto magiche così belle e… amava quella foto. Anche se guardarla, adesso, faceva male. Si avvicinò ad essa e la sfiorò delicatamente, trattenendo un singhiozzo.
Per una volta, era riuscito a mettere da parte il suo caratteraccio, il suo orgoglio e a far prevalere l’amore che provava per l’altro. Aveva deciso di rendere felice Harry, aveva deciso di fare qualcosa per lui, una volta tanto anche solo per ripagarlo di tutta la felicità che gli aveva donato dal giorno in cui lo aveva invitato a Hogsmeade, al giorno in cui lo aveva perdonato per essere stato un coglione, così aveva raccolto il coraggio a due mani e gli aveva chiesto di sposarlo. E ovviamente l’altro aveva accettato, rendendolo l’uomo più felice del pianeta. Draco pianse ancora, ricordando il giorno in cui si era proposto, o meglio, il giorno in cui aveva capito che la sua vita senza Harry non aveva alcun senso e a quel punto la soluzione era stata solo una.
 
Dopo soli due mesi da quel terribile litigio, si era deciso: aveva comprato l’anello, certo che l’aveva fatto. Era semplice, d’argento, niente di troppo pacchiano o pomposo – a Harry non piacevano quelle cose – e aveva fatto incidere al suo interno una piccola dedica: “Sempre tuo. Draco”. Era stato in ansia per tutto il tempo. Aveva organizzato per il suo ragazzo una cena in un posto romantico, ma non troppo lussuoso, con candele e rose. Poi lo aveva raggiunto al ministero per invitarlo, in quel periodo Harry aveva appena iniziato a lavorare lì come Auror, ma aveva già dimostrato il suo coraggio, come si confaceva ad ogni bravo ex Grifondoro. Stavano insieme da quattro anni, fin dalla fine di Hogwarts e convivevano da due, Draco sapeva che la sua vita era accanto a lui, non ci sarebbe mai stato nessun altro, ne era certo.
«Draco!» esclamò Harry, vedendolo «Che ci fai qui? Che bella sorpresa!»
Il biondo sorrise imbarazzato, mentre il moro gli si avvicinava in fretta, eliminando la distanza che li separava per avvolgerlo in un caldo abbraccio. Era… era bella la sua spontaneità, il suo modo di travolgerlo sempre. E sì, voleva che fosse sempre così, che Harry fosse sempre lì per lui, che lo sostenesse e che lo amasse. Aveva dannatamente bisogno di lui, del suo amore, anche se era consapevole di non meritarlo. Lo baciò, semplicemente lo baciò e mandò all’aria tutti i piani che aveva elaborato per quella proposta. E lo fece lì, davanti a tutti i suoi colleghi, davanti a mezzo ministero, senza fregarsene minimamente del resto. Si mise in ginocchio davanti a lui, estrasse dalla tasca l’anello e glielo chiese: «Harry Potter, vuoi sposarmi?»
Harry si grattò la nuca, imbarazzato, si guardò intorno e prese un respiro profondo «Sì» rispose, prima di afferrare le mani del biondo, facendolo alzare dal pavimento e di tirarlo a sé per regalargli un lungo e profondo bacio, mentre gli spettatori casuali della scena, battevano le mani congratulandosi con la coppia.
Draco sentì il cuore riempirsi di gioia, mentre si aggrappava a Harry e rispondeva al suo bacio, cercando di non pensare al “pubblico” che avevano intorno. L’Auror gli avvolse un braccio attorno ai fianchi e lo tenne stretto mentre lo baciava. Poi lo trascinò verso uno dei camini accesi e si smaterializzò con lui a casa.
Fecero l’amore tutta la notte, promettendosi che si sarebbero amati per sempre. Una settimana dopo, Harry regalò a Draco un anello d'argento contenente un'incisione simile a quella che il biondo aveva dedicato a lui: "Sempre tuo, Harry."

 

Erano passati quasi sette anni da quel giorno, avrebbero festeggiato il loro settimo anniversario entro un mese, si erano sposati il 27 maggio del 2003. Harry aveva promesso che sarebbe tornato in tempo per il loro anniversario, che quell’anno lo avrebbe sorpreso, come da tradizione. Avevano una specie di scommessa tra di loro, ogni anno, il giorno del loro anniversario, uno dei due faceva di tutto per sorprendere l’altro.
Per il primo anniversario, Harry lo aveva portato in un posto magico, Draco aveva promesso che l’anno successivo avrebbe superato quel livello. Così era nata la loro tradizione, che non poteva né doveva essere interrotta.
Trattenne le lacrime guardando la foto, il giorno del matrimonio, forse era stato il giorno più bello di tutta la sua vita.
 

Si erano sposati tre mesi dopo la proposta di Draco, la cerimonia si era svolta in un bellissimo parco inglese, il ricevimento invece lo avevano organizzato in un ristorante babbano di ottima qualità.
«Draco, la linea tra odio e amore è sottilissima e noi l’abbiamo superata in poco tempo. So che a volte sono zotico, ignorante in materia magica e goffo, ma… hai illuminato la mia vita, sei il mio raggio di sole. Ti amo, da oggi e per sempre. Finché morte non ci separi» aveva detto Harry, commuovendo Draco e tutti i presenti.
«Harry, tu mi hai salvato, in ogni modo, mi hai portato via da una sala in fiamme a cavallo della tua scopa, come un vero eroe, mi hai ridato speranza quando credevo che la mia vita non mi offrisse altro. Mi sei stato accanto nei momenti peggiori e giuro che ci sarò sempre per te, ci sarò nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte… ci sarò per te, da oggi e per sempre. Finché morte non ci separi. Ti amo».
«Vi dichiaro marito e marito» disse l’officiante «Potete baciarvi».
Harry afferrò i fianchi di Draco e lo baciò con trasporto, mentre Draco si aggrappava a lui e ricambiava. Non avrebbe potuto essere più felice…
 

… ma la morte li aveva davvero separati e Draco era certo di una cosa: avrebbe amato Harry per sempre, nessuno sarebbe riuscito a colmare il vuoto che sentiva dentro di sé.
Qualcuno aveva accennato ad una commemorazione in suo onore, nel caso in cui non fosse stato ritrovato il corpo. Avrebbero seppellito una bara vuota ed eretto un monumento all’eroe. Era passato solo un mese dalla sua scomparsa, perché non proseguivano le ricerche? Perché si arrendevano così?
Per Draco era semplicemente inaccettabile, Harry non si sarebbe mai arreso dopo così poco tempo, lui avrebbe fatto di tutto per ritrovare i dispersi, per riportare tutti a casa… gli bastava anche solo il suo corpo, aveva bisogno di vederlo, un’ultima volta, piangere sul suo cadavere, stringerlo e dirgli quanto lo odiava per averlo condannato a quel dolore, per ringraziarlo dell’amore che gli aveva donato. Lo odiava, lo odiava con tutto se stesso, ma lo amava anche, era tutto ciò che aveva al mondo, era la sua famiglia e non era pronto a lasciarlo andare, non lo sarebbe mai stato.





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Lumos!
 
Buongiorno e buon giovedì people!
Volevo pubblicare ieri, ma il capitolo mi è sfuggito di mano e mi ci è voluto un po’ per correggerlo decentemente LOL anyway eccoci con il secondo tristissimo capitolo di questa storia. Non credevo fosse così lungo LOL (quasi 12mila parole, ugh, sono la peggiore) ma per ovvi motivi non potevo dividerlo… ugh. Ci ho provato, ma non aveva assolutamente senso che togliessi le ultime duemila parole… ugh, perdonatemi!
Tra ricordi positivi e negativi, Draco rivive tutta la storia che ha vissuto con Harry, com’è nato il loro amore e quanto siano stati fondamentali l’uno per l’altro in momenti difficili. Draco spera che Harry sia vivo, ma è così addolorato che non riesce a rendersene conto. Beve tanto e si getta nell’autodistruzione. La sua vita senza Harry non sarà più la stessa e lui non sa cosa fare. Qui sono passate poche settimane da quando ha ricevuto la notizia (quando gli hanno dato la notizia già ne erano passate due, quindi diciamo che Harry è sparito un mese circa), dategli il tempo di riprendersi çç ha poche interazioni con gli altri, perché non vuole essere compatito, quindi li allontana e non vuole avere a che fare con loro (anche se provano ad intromettersi lol)
Tenete a mente queste parole: non tutto è come sembra. C’è ancora un capitolo che potrebbe confermare o ribaltare il risultato! So che questi capitoli sono un po’ tosti da affrontare, ma spero che vi sia piaciuto anche questo!
Siete curiosi di scoprire se ho accoppato Harry o no? *risata malefica* restate connessi! 
Non vedo l’ora di farvi leggere l’ultimo capitolo! Btw, ringrazio dal profondo del mio cuore Eevaa e lilyy, immancabili e instancabili lettrici per aver iniziato a seguire la storia e per averla recensita :3 grazie anche a tutti coloro che hanno visualizzato e hanno deciso di seguire la storia, thanks!
Penso che lo posterò nel weekend o al massimo lunedì (giusto il tempo di dargli una sistematina), dato che finché non si organizzano con le piattaforme online, i corsi non iniziano… ugh.
Non abbattiamoci, questa situazione passerà, sono giorni difficili e sono vicina a tutti voi che come me soffrite di questa situazione instabile. Stay strong!
E mi raccomando, state a casa! Leggete, scrivete, ascoltate musica, cucinate (davvero, sto tirando fuori il masterchef che è in me), guardate serie tv o film, guardate tutti i film o leggete i libri di HP, giocate a Hogwarts Mystery (quasi 27 anni e non sentirli, giocando ai giochini!) o guardatevi le live su Instagram di Tom Felton che fanno sempre bene e boh, non mettete il culo fuori di casa. Io continuerò a scrivere e a pubblicare roba, per tenervi compagnia :D (tecnicamente dovrei anche studiare, but… farò anche quello, ma non ora LOL)
A presto!
Stay tuned & Stay strong! <3
 
Nox.

   
 
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