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Autore: shilyss    15/03/2020    25 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 10

 

Sigyn era diventata cieca. La consapevolezza gli attraversò la mente con lucida precisione. Comprendendo che lei non lo vedeva davvero, si concesse di scrutarla soffermandosi sulle nocche che si aggrappavano convulse alla grata, sul respiro corto e nervoso, sulle labbra tremanti e, infine, sugli occhi velati di lacrime fiere, ma fissi e senza luce. Si domandò come avesse fatto a perdere la vista e decise che fosse colpa di Kalfr o che si trattasse di un qualche tipo di sacrificio volto a espiare la sua presunta colpa. Una sorta di bieco contrappasso che gli fece storcere la bocca in una smorfia carica di disprezzo. Oppure. Il pensiero lo gelò, caricandolo al contempo di una furia fredda. L’eco di un ricordo vago, sepolto da qualche parte nella sua testa, camuffato dal rancore e dal desiderio, prese a pungolarlo con insistenza. Pensò agli incubi che avevano tormentato entrambi e che ancora non lasciavano andare lui. Alla scintilla si erano spenti gli occhi. Sembrava l’inizio di un poema composto da un buon bardo – c’era un’antica profezia su una luce che smetteva di brillare, da qualche parte, sì, ma dove, anzi perché?

In fondo, si ripeté, lei aveva scelto, preferendo essere una delle serve di Kalfr che.

Il pensiero si interruppe dolorosamente a metà, perché Loki non aveva mai voluto definire cosa fosse, anzi, fosse stata per lui Sigyn; ogni termine gli era sempre parso inadatto – e alcuni, come certi incantesimi proibiti, erano semplicemente impronunciabili.

E poi, lei avrebbe dovuto essere sincera in nome di quello che avevano trascorso, della lotta contro il tempo e il destino combattuta da entrambi. Invece era evidente come si stesse trattenendo, soffocando la verità con l’ostinazione che le era propria – quella sì, non gliel’avevano ancora portata via. Ad Asgard lo avrebbe affrontato sfidandolo come aveva fatto troppe volte, certa che lui non sarebbe riuscito a farle del male – ma una volta, per le Norne, una volta l’aveva fatto. E ancora non riusciva a pentirsi per quel gesto, come non avrebbe provato alcun rimorso all’idea di quello che stava per farle.

Era un inganno lecito, dopotutto: doveva sapere cosa si celasse dietro la maschera che lei, incauta, incantevole, perduta, gli stava mostrando. Gli serviva una conferma, una che desse un senso alla fuga di lei, alla decisione di trascorrere il resto della propria vita sfruttata dentro le quattro mura marcite e affrescate di un tempio.

Le rivolse un sorriso breve e mesto, uno che l’ancella non poté cogliere, non privo di una punta di velenosa ironia. “Che i tuoi antenati ti proteggano, allora.”

Sigyn s’irrigidì e rispose al commiato con un cenno lieve del capo, ma i suoi occhi erano puntati verso il basso, in direzione del pavimento di pietra su cui, presto, avrebbero cominciato a rimbombare i passi, sempre più distanti, dell’Ase. O, almeno, così lei avrebbe creduto.

Il seiðr era una forza capace di alterare la realtà, di acuire le percezioni, di sanare e disfare in egual misura. Ma, soprattutto, infiammava le vene del figlio cadetto di Odino, sinistramente portato a ogni arte che ne prevedesse l’uso.

 

Sigyn non vide Loki andar via. Non poteva più. Rimase in ascolto dei suoi passi che si allontanavano, riconoscendo la cadenza tipica degli stivali dell’ingannatore, secca e decisa come il principe che era. Lo amava ancora e non avrebbe smesso mai. Poggiando la fronte sulla grata metallica, rimpianse i baci ansiosi scambiati di nascosto, il corpo tonico e scattante contro cui si era stretta per troppe notti, i sospiri rotti che li avevano traditi. E poi l’odore, il profumo inebriante e ritrovato della sua pelle misto al cuoio dell’armatura intrecciata, che l’aveva ferita riportando a galla tutto questo e molto altro ancora.

Si odiò per la sua debolezza, per ogni singolo momento perduto che avrebbe voluto di nuovo afferrare, prezioso perché effimero, breve, irripetibile. Il rumore si affievolì sempre di più fino a diventare indistinguibile o, forse, era Sigyn stessa che non riusciva a concentrarsi tanto da sentirlo. L’incontro con Loki, inaspettato e doloroso, era riuscito a spiazzarla, a spezzarla. L’aveva detestato con tutte le sue forze, evitando ogni contatto, convincendosi che anche lui la disprezzasse. Era stata ingannata dal suo stesso cuore che aveva confuso il fastidio con l’amore. I passi sicuri di Loki ormai erano spariti; l’ancella lasciò il reticolato di ferro per tornare dalle sue consorelle immobili, silenziose e certamente giudicanti, che l’avrebbero guidata fino nella sua stanzetta. Un compito che senz’altro consideravano ingrato – che valore poteva avere, per loro, occuparsi di un’ancella impura, ai loro occhi doppiamente colpevole? Decise che non le interessava. L’importante era che Loki se ne fosse andato. Tutto il resto rappresentava il male minore. Raggiunse la sua cella e finalmente si ritrovò da sola con i suoi pensieri.

Nella voce dell’ingannatore aveva rintracciato una punta d’amarezza che l’aveva colpita, incuneandosi in mezzo al petto, lì, dove credeva che le preghiere e le mortificazioni avessero seccato ogni cosa. Per un momento, di fronte alle sue frasi taglienti, Sigyn si era convinta che il principe avrebbe commesso qualcosa di così irreparabile e sciocco da distruggere ogni suo – loro – sacrificio. Invece, per fortuna, era troppo orgoglioso e sicuro di sé per portarla via. Ad Asgard l’aveva avvertita che non sarebbe mai più corso a salvarla ed era riuscito a mantenere la promessa, lui che tendeva fin troppo spesso a ingannare le Norne e gli Æsir grazie alle reti infide dei suoi ragionamenti. Sì, nel tono beffardo e secco di Loki c’era rancore. Si era allontanato da lei una volta per tutte – per sempre. Si chiese perché facesse ancora così male, ma non fece in tempo a cercare alcuna risposta. Qualcosa – qualcuno l’afferrò per la vita e le tappò la bocca prima che potesse anche solo gridare, immobilizzandola. Annaspò, immersa com’era in un mondo fatto d’indefinite ombre grigie, finché non avvertì una bocca sfiorarle l’orecchio. Il suo corpo rispose a quel tocco con un sussulto.

“Come mai adesso sei cieca, Sigyn?”

Era lui. Sentì le sue dita sfiorarle le labbra e smise di opporre qualsiasi resistenza. Loki la sostenne, trattenendola contro di sé, come se lei avesse potuto sfuggirgli o cadere. Erano stati amanti, un tempo, e ora si trovavano vicini, senza barriere o sguardi indiscreti a proteggerli da loro stessi, dall’impulso antico che li aveva traditi, condannandoli. E di fronte a una verità inammissibile. Si domandò se anche lui provasse un brivido intriso di nostalgia, al ricordo, se l’improvvisa vicinanza fosse dolorosa come lo era per lei. Avrebbe dovuto immaginare o intuire che incontrarla non gli sarebbe bastato; astuto com’era, si era senz’altro accorto della maledizione e voleva saperne di più, perché nessuna cosa poteva rimanere celata al furbo dio dell’inganno. Fuggire, alla fine, non era bastato, pensò con orrore, perché la scelta di lasciare Asgard era stata fatta per mille ragioni, certo, non ultima quella, egoistica, di proteggere lui. E questo, il fiero principe di Asgard non lo avrebbe mai tollerato. Scelse di eludere del tutto la domanda e si sforzò di riprendere l’antico contegno di un tempo. “Mi hai teso un agguato. Perché?”

Immaginò l’espressione di Loki: una smorfia breve e laterale. “Lì non eravamo soli. Lì hai mentito.”

 “Va’ via. Ti prego.”

Lui non allentò la presa. “Per questo hai sacrificato ogni cosa, hai lasciato Asgard? Per vivere in modo miserabile, odiata da tutti per aver osato guardare il mondo? No, io dico che c’è di più. Questa è una punizione di quell’uomo o peggio,” dedusse tetro. La verità in bocca a Loki aveva un sapore amarissimo. Era sale su una ferita aperta. “La tua vocazione ti ha rovinata e tu vuoi mentirmi ancora,” concluse gelido. Con la mano libera cedette di nuovo alla tentazione di sfiorarle nuovamente la guancia umida e i capelli costretti nella treccia, come aveva fatto poco prima nel parlatorio. Li preferiva sciolti, ribelli, caotici e non l’aveva dimenticata, ma la stava lasciando – voleva farlo e bruciare ogni ricordo di lei, di loro.

“Lasciami andare,” ribadì Sigyn con una forza che, presto, le sarebbe venuta meno. “Non è niente di tutto questo: è una malattia, sarebbe successo comunque,” cedette.

L’aveva quasi detto. La voce dell’Ase s’abbassò, caricandosi di una promessa oscura. “Dovrei solo usare l’incantesimo giusto, per scoprire che mi nascondi,” considerò, alludendo a una delle arti più crudeli che sapeva usare, quella che consentiva di leggere nel cuore e nelle anime delle persone.

Una violazione brutale e dolorosa per entrambi, lei lo sapeva. “E io dovrei solo gridare più forte,” gli mormorò in risposta.

Loki si concesse una risata breve e secca. “Se avessi voluto chiamare qualcuno in tuo soccorso l’avresti già fatto, mia scintilla.”

“Non tua. Di questo posto, degli Antenati. Sua.”

Avvertì la stretta dell’ingannatore farsi più ferrea; pensò che fosse un abbraccio feroce, l’ultimo.

Le rispose dopo un tempo che le sembrò infinitamente lungo. “C’è un’antica profezia,” iniziò infine Loki con voce distante, carezzandole con le labbra la fronte. “Che parla dell’oscurità che calerebbe su Asgard in caso si offuscasse una luce. Parla di te e tu lo sapevi.”

Era un’accusa. Sigyn sfiorò la mano dell’ingannatore che ancora le cingeva la vita e volse appena il capo verso di lui. Avrebbero potuto baciarsi, se avessero voluto. Erano talmente vicini che sarebbe bastato pochissimo – Loki avrebbe dovuto cercarle le labbra, lei sollevarsi in punta di piedi. Non avvenne, nessuno dei due violò lo spazio proibito.

“Ho attraversato il cerchio,” ammise Sigyn. “Niente di tutto questo conta più.”

Il principe degli Æsir non rispose immediatamente. Se l’ancella avesse potuto vederlo, non le sarebbe sfuggito il modo in cui aveva serrato la mascella virile, il respiro trattenuto, il lampo che offuscò i suoi occhi chiari. “Menti ancora, ma non sul rito,” stabilì. La lasciò andare con un gesto secco. “Avresti dovuto dirmelo prima. Se ti fossi fidata, Asgard ti avrebbe protetta.” Non si era esposto personalmente, non l’avrebbe mai fatto. E aveva giurato di non correre in suo aiuto – ma del resto non poteva, non più. Lo assalì una furia gelida, perché tutto quello che aveva rischiato per lei si era rivelato vano. L’aveva persa, gli era sfuggita – e Sigyn aveva preferito rifugiarsi nel Tempio, anziché metterlo a parte di quanto stava accadendo.

“A che prezzo, Loki? Tutto quello che potevamo fare è stato fatto.”

Non l’hai sconfitto, ma solo ingannato. È una maledizione, la mia. È la maledizione.

L’Ase sollevò appena il mento in un gesto di sfida. “Abbiamo già pagato un prezzo molto alto.”

“No,” insistette lei, “tu non hai idea.”

E quell’ultima affermazione, Sigyn lo sapeva, alludeva solo a una cosa.

“Ti prenderà, non è vero?” Il tono canzonatorio e la scelta precisa del verbo lasciavano trapelare, a lei che non poteva più vederlo, la misura di una collera tenuta a malapena a bada. Le girò attorno con le mani incrociate dietro la schiena, scrutando la verità rivelata Il sarcasmo feroce di Loki la investì in pieno. “Sembra che alla fine questa sia stata la tua scelta: non lottare. Eppure, come vedi, il tuo destino mi riguarda ancora, in qualche modo,” sottolineò perfido. L’ultima frase che le disse bruciava d’ira. “La mia trappola non ha funzionato, dico bene? Mio padre lo sapeva?” inquisì. Rise seccamente. “Certo che lo sapeva.”

Non erano domande che attendevano una risposta e l’ingannatore non attese di riceverne ulteriori. Gli bastò osservare il viso stravolto dell’ancella che si mordeva le labbra per non parlare e quei suoi occhi grigi e vuoti che non potevano più posarsi su di lui. Si era preso Sigyn e non aveva potuto averla: non era riuscito a strapparla a un destino orrendo, non era stato in grado di spezzare le catene di un vincolo ignobile. Se ne andò senza voltarsi, maledicendo Sigurdr, le Norne, lei e persino suo padre, così giusto e lungimirante da nascondergli una verità tanto orrenda e importante. Non era l’unica e Loki non poteva immaginare quanto i segreti di Odino fossero incatenati l’uno all’altro. Lo avrebbe scoperto, poi.

 

 

 

 

 

Loki si era preso Sigyn, ma non poteva averla[1]. Era il trofeo intoccabile di una guerra vinta che gli era costata sangue e un’orrenda ferita, quasi mortale. Se la situazione in cui era invischiato non lo avesse riguardato tanto da vicino, avrebbe trovato tutto molto ironico. Sapeva esattamente quali fossero gli spostamenti della ragazza durante la giornata, ma i molti doveri di natura politica e militare in cui era costantemente impegnato e la precisa volontà di frequentarla il meno possibile facevano sì che, agli occhi della mancata ancella, lui fosse una presenza sfuggente, poco più di un’ombra fugace. L’osservava da lontano, tuttavia. Era un suo preciso compito tenerla d’occhio in virtù del potere che emanava: la scintilla che Sigurdr, incautamente, aveva promesso a un abisso di antico terrore senza sapere neanche di averlo fatto[2]. Prima o poi lo avrebbe scoperto comunque, ma per il momento Padre Tutto aveva deciso di tenere nascosta persino alla diretta interessata quella circostanza sfortunata o magnifica, a seconda dei punti di vista.

 

Gettando uno sguardo nel giardino sottostante, Loki la vide passeggiare tenendo per mano Balder, l’inconsapevole spia che le aveva messo alle calcagna. Al fratellino piaceva moltissimo la compagnia di Sigyn. Con lui la ragazza era gentile e al più piccolo dei figli di Odino piacevano i suoi modi dolci e l’accento musicale di un altro paese; si divertiva a mostrarle il palazzo e a raccontarle qualche aneddoto che finiva inevitabilmente per riguardare Loki, Thor e le loro bravate, spesso punite dal re degli Æsir in maniera a volte anche severa. Ascoltandole, Sigyn pareva divertirsi moltissimo e spesso scoppiava in risate allegre e genuine. Come in quel momento.

L’ingannatore la vide buttare il capo indietro e coprirsi la bocca col dorso della mano in un gesto grazioso che non poté evitare d’osservare – o ammirare. Era abituato a vederla tesa, guardinga, ammantata in un contegno che si sposava benissimo col suo ruolo di ancella e di ostaggio di rilievo trattenuto contro la sua volontà ad Asgard; quella visione rilassata gli apparve come inedita e interessante, ma pericolosa. Ecco perché sfruttava Balder: in cambio di un paio di storie spaventose e qualche giocattolo in legno il bambino, senza nemmeno accorgersene e per vantarsi con lui della sua nuova amicizia, gli raccontava per filo e per segno cosa la incuriosiva, le piaceva o detestava.

Mentre Sigyn rideva ancora, Balder alzò gli occhi verso la terrazza e lo vide. Immediatamente, dato che aveva ereditato il difetto di Thor di non sapere quando tenere la bocca chiusa, iniziò a sbracciare e a chiamarlo, catturando anche l’attenzione di Sigyn, che si voltò verso di lui. Loki assottigliò le palpebre indispettito. Non desiderava essere visto, ma ormai tanto valeva scendere da loro e far finta di nulla. Maledisse mentalmente quel piccolo impiastro, che non appena vedeva lui o il fratello iniziava a perseguitarli con la sua presenza più pressante e invadente di un’ombra. Subiva il fascino di entrambi e non vedeva l’ora di diventare un guerriero come loro e, nel frattempo, li sfiancava. Gli corse incontro trascinando Sigyn per una mano.

“Loki, Loki! Dille che è vero che hai scommesso con i giganti a chi mangiava di più!” saltellò esagitato.

Quella citata da Balder era una disavventura che veniva raccontata spessissimo ai banchetti e suscitava sempre molte risate e battute per via della sua trivialità, sebbene sul momento fosse stata un’esperienza a dir poco spaventosa e agghiacciante.

L’ingannatore guardò la ragazza: lei lo fissava con occhi ridenti e aveva le guance rosse, in attesa che lui confermasse o smentisse la buffa storia; i folti capelli le ricadevano sciolti sulle spalle – un intrico color dell’oro leggermente ondulato in cui sarebbe stato bello affondare le dita, pensò.

“È vero, sì,” ammise tranquillo incrociando le braccia dietro la schiena.

“Ed è vero anche che sei stato tu a proporre una sfida tanto strana? Dovevi avere molta fame,” s’interessò Sigyn con un lampo giocoso nello sguardo. Continuava a tenere il bambino per mano ed era evidente come la presenza di Balder accanto a lei la tranquillizzasse.

Loki rise brevemente e s’inumidì le labbra, in cerca di una risposta altrettanto arguta. Lei cercava di coniugare l’immagine altera e fierissima che aveva conosciuto a Vanheim con quella, più scanzonata e allegra, che le proponevano i racconti del più giovane dei figli di Odino. Nel suo interessarsi alla curiosa vicenda c’era una punta di sfida, la stessa che lo aveva ammaliato e colpito al banchetto di Sigurdr, ma velata da una rara quanto preziosa ilarità.

“Io e Thor non mangiavamo da almeno un giorno. Ci è sembrato un buon modo per farci ospitare,” spiegò stirando le labbra sottili in un ghigno laterale. Anche i suoi occhi scintillavano divertiti, ma questo, lui, non poteva saperlo.  

 Sigyn lo squadrò da capo a piedi e si fece più seria. “Però hai anche perso,” lo punzecchiò.

Lo stava valutando. Aveva messo alla prova la sua pazienza, in cerca dei limiti che poteva varcare e di quelli che, invece, era bene non oltrepassare. E la vicenda, si rese conto, le interessava unicamente perché rappresentava una divertente sconfitta. Balder doveva averla stordita con decine di racconti diversi – tutti caratterizzati dalla presenza di incontrovertibili vittorie – ma l’unico su cui lei si era soffermata era quello che lo vedeva uscire perdente.

“Sì, ma alla fine ci siamo rifatti. Occorre sempre trarre insegnamento dalle disavventure,” spiegò affabile, regalandole un sorriso sbieco e divertito, affascinante. Sigyn rispose increspando appena le labbra verso l’alto e annuendo; evidentemente aveva trovato la sua risposta arguta al punto giusto. Loki fece per andarsene, rispondendo brevemente alla raffica di domande di Balder su quando si sarebbe allenato con Thor e se poteva venire a vederli e se voleva dargli qualche lezione di tiro con l’arco, ma prima che si allontanasse Sigyn lo richiamò.

“Avrei qualcosa anche io da domandarti,” iniziò con un pizzico di disagio nella voce.

Loki inarcò un sopracciglio, ma gli venne spontaneo continuare a comportarsi in maniera affabile. Gli piaceva essere al centro dell’attenzione e che lei lo guardasse come aveva fatto, con un misto di stupito divertimento, piacevole come il tagliente occhieggiare di cui lo aveva fatto oggetto nelle ultime settimane. “Spero non riguardi qualche altro curioso episodio delle mie gloriose gesta,” ironizzò.

Lei scosse il capo. “No, purtroppo. Ho rotto la chiusura di un bracciale,” spiegò. “È un regalo di mia madre. Magari sapresti indicarmi un buon fabbro.”

Lo sguardo di Sigyn si era velato d’ombre: il riferimento alla famiglia da cui era stata strappata cancellò immediatamente l’atmosfera allegra di poco prima. Aveva praticamente sempre vissuto rinchiusa in un palazzo assieme alle sue sorelle e alle compagne, perlopiù lontana dai genitori, ma l’ingannatore sapeva che le ancelle ricevevano frequenti visite dai loro parenti più prossimi. Immaginò che la madre di Sigyn venisse in visita almeno una volta al mese per portarle dolci, abiti, libri e altri piccoli regali. “Lo hai con te? Fammelo vedere,” s’interessò.

Lei tirò fuori da una tasca della gonna il gioiello e glielo porse, facendo attenzione che le loro dita non si sfiorassero. Loki lo esaminò. Era lo stesso che le aveva visto tintinnare al braccio la sera in cui aveva deciso di pretenderla come pagamento per il proprio sangue versato. Sentì qualcosa agitarsi nel proprio petto, ma non si chiese se, tornando indietro, avrebbe ripetuto il gesto di portarla via. Una voce dentro di lui gli suggerì che sarebbe caduto comunque nell’identica rete, anche sapendo della scintilla e dell’atto orrendo di Sigurdr – e pensarci gli fece venire la nausea.

“Posso riparartelo facilmente io,” si espose dopo un momento. “Se non hai paura che possa incantarlo con qualche stregoneria, s’intende.”

 

 

Continua…

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e Lettori,

 

Siamo in quarantena e, se mi avessero detto due mesi fa che sarebbe successa una cosa del genere, non ci avrei mai creduto. Mi sembra di vivere in un film e credo che per voi sia lo stesso (tra l’altro essendo una che guarda tanti, tanti film anche horror questa situazione mi sa davvero di surreale). Nei primi giorni della quarantena, nonostante abbia aderito con forza allo slogan e alle direttive all’#iorestoacasa sono stata presa dallo sconforto e neanche i miei amatissimi Loki e Sigyn sono riusciti a tirarmi su. Ho il cuore da un’altra parte, vicino e lontano.

 

Ma rifugiamoci ad Asgard: Loki non ha salvato Sigyn nel presente. Aveva detto che non lo avrebbe fatto e non lo ha fatto.

Tornano, invece, i momenti nel passato, che da adesso in poi riprenderanno con forza alternandosi al presente. Capiremo, così, a cosa sia stata promessa Sigyn, i tentativi di Loki per salvarla e cosa effettivamente rappresenti la Scintilla, questa caratteristica di cui Sigurdr era, inizialmente, all’oscuro, ma che nel presente conosce. Con la quarantena rileggerò la storia daccapo, ma v’assicuro che tutto torna e tornerà. Spero che le mie storie possano tenervi compagnia in questi giorni difficili ♥, quanta ne fate a me quando leggo della vostra presenza perché vi palesate recensendo o listando.

Per voi un clic può non essere nulla, ma per un’Autrice significa tantissimo. Bastano undici parole o un clic nelle liste per restituire un po’ della magia che la lettura dovrebbe ispirare a chi scrive.

 

Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/.  Ah, mi trovate pure su Twitter ;)

Ricordo che Vanheim e il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

Penso che il prossimo aggiornamento sarà “Solo un accordo,” e vi invito a fare un giro sulla storia a 4 mani che ho scritto con Miryel: Dove va l'anima quando moriamo?

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose,

Shilyss



[1] Torniamo al passato! ^^

[2] Nel presente Sigurdr sa della scintilla, gli è stato detto, ma nel passato, come viene evidenziato nei primi capitoli, no.

   
 
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