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Autore: Misaki Starlyght    27/03/2020    1 recensioni
[IN REVISIONE - cap 1 di 20]
|| M e r t h u r || M a g i c A U || S c h o o l A U || C u r s e d A U || H a t e to L o v e || S l o w B o r n ||
Long ambientata ai giorni nostri. Cosa succederebbe se un Arthur ribelle e problematico e un Merlin apatico e solitario si incontrassero da adolescenti frequentando la stessa scuola? E cosa accadrebbe se la magia esistesse ancora e venisse praticata
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balinor, Merlino, Morgana, Principe Artù, Uther | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Da sempre ormai, le giornate di Merlin si susseguivano ripetitive. Ma, questo era il suo obbiettivo. Avere sempre qualcosa da fare lo teneva impegnato fino a sera, non avendo così, il tempo per pensare ad altro. Tutte quelle azioni meccaniche, dallo svegliarsi ad un orario preciso la mattina, alle azioni giornaliere, fino al coricarsi la sera, lo aiutavano a mantenere il controllo sulla sua vita, visto che con il suo cervello non sempre era fattibile. Era come vivere a fianco ad una centrale nucleare, in costante altalenanza tra una stabilità precaria e l'immediata implosione. Una tortura mentale e fisica che in pochi avrebbero tollerato con tanta ferrea tenacia e silenziosa freddezza.

E poi c'era Arthur. In tutta onestà, non sapeva ancora bene dove collocarlo nella sua vita, dato che rientrava nella categoria delle cose che non poteva controllare. Eppure quel brivido, che provava ogni volta che si incontravano, pareva essere entrato nella sua lista giornaliera di cose da fare, così dal nulla, come i funghi spuntano in montagna dopo un temporale. E ovviamente, come ogni bravo raccoglitore di funghi che si rispetti, mai avrebbe lasciato sprecate quelle prelibatezze invitanti. Era un appuntamento fisso a cui non voleva rinunciare. Per quanto non lo sopportasse, aveva bisogno di lui. Bisogno di quel singolo secondo, nel quale tutto si annullava. Non capiva perché il Pendragon fosse l'unico a fargli quell'effetto e questo lo irritava non poco.

Finì gli ultimi compiti rimasti, e poi andò a dormire. Il problema è che non riusciva proprio a prendere sonno quella sera. Dopo tre giorni i polsi gli dolevano ancora, anche se i segni violacei erano quasi del tutto spariti. Stufo di rigirarsi continuamente nel letto, si mise a pancia in su ad osservare il soffitto bianco della sua stanza. Tentare di tenere a bada i suoi pensieri era un'impresa ardua, e si chiese se sarebbe mai riuscito ad eliminarli o per lo meno a rallentarli un giorno. Poi gli ritornò alla mente che tempo addietro c'era riuscito ma, che il dolce e tanto agognato oblio era durato solo poco tempo. Un sorriso amaro gli si disegnò sulle labbra a quel ricordo nostalgico. Istintivamente mimò con le mani in aria, il gesto di picchiettare con le dita su una siringa, seguito da un sospirato -Bei tempi...- per poi far ricadere le braccia sul vecchio materasso della sua stanza.

Una luce fastidiosa proveniente dalla finestra catturò la sua attenzione, si era dimenticato di chiudere le persiane. Una luna piena, la più grande che avesse mai visto, splendeva nel cielo. Vedere la regina della notte coronata da un manto nero con diamanti stellati, era qualcosa di maestoso. Ricordò di aver letto su qualche libro di storia, che nell'Antica Britannia la luna era considerata come uno dei tanti volti della Dea Madre: una Dea di un antico culto pagano, ormai morto e sepolto da centinaia di anni.

-Deve essere bello credere in qualcosa che non si può vedere e confutare scientificamente.-

Non capiva perché la gente pregasse divinità immaginarie partorite dalla mente umana che, ovviamente non avevano alcun controllo sulla realtà fisica. Eppure, farlo sembrava portare almeno un po' di conforto e speranza, e per questo un po' li invidiava.

Sarebbe bello credere, almeno per una volta.

Essere come tutti gli altri...anche solo per una volta....

Merlin si alzò dal letto per chiudere le persiane, e passando davanti allo specchio si osservò con la coda dell'occhio notando tanti piccoli lividi e graffi sul corpo. Tutti riconducibili agli scontri con Arthur quando lo stritolava con la sua presa ferrea e lo spintonava a terra. Negli ultimi giorni ci era andato giù pesante, più del solito. Tornava a casa sempre con dei lividi, piccoli e spesso in punti che non si notano ma che si fanno sentire. Era un atleta e sapeva bene dove colpire per causare dolore ma, senza creare troppi danni.

Ringraziava che sua madre, Hunit, da quando si erano trasferiti, faceva due lavori per mantenere entrambi. Le molte ore di lavoro la costringevano a stare via tutto il giorno, andando via presto la mattina, prima che si svegliasse per andare a scuola e tornare molto tardi la sera quando ormai, era già andato a dormire. Riuscivano a vedersi giusto qualche ora il fine settimana e questo, permetteva di nasconderle i segni che gli lasciava il biondo sulla pelle. L'ultima cosa che voleva, era farla preoccupare nella situazione già precaria nella quale navigavano. Inoltre sarebbe stato solo tempo perso, Arthur, era il figlio di Uther Pendragon. Sarebbe stato come scalfire una statua di marmo con un chiodo arrugginito.

Praticamente inutile.

Sentì uno schiocco provenire dalla porta di casa. Sua madre era rientrata, era davvero tardi. Si coricò nel letto, dando le spalle verso la porta chiusa di modo che se fosse entrata, non lo avrebbe visto in faccia. La sentì mettere giù la borsa. Seguì con l'orecchio i suoi spostamenti in casa, mentre si spogliava in camera e poi in bagno a lavarsi fino a sentire un leggero scricchiolio della porta di camera sua.

Sua madre, entrata nella stanza, gli fece un paio di carezze sul capo.

-Ti voglio bene.- Gli sussurrò all'orecchio, e uscì per andare a coricarsi nel suo letto.

In quell'esatto momento, qualcun altro stava guardando quella stessa luna, dall'altra parte della città. Le finestre spalancate della stanza da letto facevano entrare l'aria ormai estiva, i capelli lunghi e neri della ragazza erano adagiati sul cuscino bianco, e la pelle diafana brillava alla luce dei raggi lunari. Gli occhi erano fissi sul ventre bianco del cielo notturno, ma non vedevano lei, bensì oltre il tempo e lo spazio. In estasi dal Potere della Vista, Morgana Pendragon, stava viaggiando con la mente nel futuro.

***

Merlin si svegliò la mattina seguente. Sua madre era già uscita da un pezzo. Andò in bagno a lavarsi e poi fece colazione in cucina come al solito. Casa sua non era molto grande. Faceva parte di una serie di casette a schiera molto vecchie, alla periferia della città. C'era l'entrata con annesso il salotto, la cucina, il bagno e le due camere da letto. Non c'erano ninnoli inutili ad arricchire la casa, secondo sua madre servivano solo a fare polvere.

Gliela aveva sentito dire spesso negli anni da sua madre, anche se non si era mai del tutto convinto che Hunit, si riferisse davvero alla polvere. Semmai ad un suo tentativo di tenere lontano lo sporco sentimentale indesiderato.

Il mobilio era semplice, qualche foto di loro due e quadri appesi qua e là. Nel complesso era comunque una casa accogliente.

L'unica cosa che era sempre mancata tra quelle pareti, era una foto di suo padre.

Non lo aveva mai conosciuto, e sua madre non parlava mai di lui.

Era riuscito a cavarle fuori qualche parola di bocca a sette anni, ma nulla di più.

Merlin, ricordava che un giorno, afflitto dalla frustrazione del non sapere, l'aveva minacciata di non rivolgerle più la parola, se non gli avesse detto almeno una cosa su suo padre.

Passò una settimana di silenzio, prima che Hunit si decidesse a parlare, e dargli due brevi e semplici informazioni proferite con immane fatica.

Gli disse che il suo nome era Balinor e che come lui aveva un quoziente intellettivo fuori dal comune.

Non aggiunse altro a parte il farle promettere di non chiederle più nulla al riguardo, e così Merlin fece. Soddisfando nel tempo la sua fame con quei due miseri dati.

Era chiaro che la testardaggine l'aveva decisamente presa da sua madre.

Conoscere anche solo due semplici nozioni, lo face sentire più vicino a quell'uomo per qualche tempo. Finché la cosa sciamò, quando capì che quella figura paterna che aveva sempre desiderato avere nella sua vita non sarebbe mai tornata. Inoltre, vedere la tristezza sul volto di sua madre nel parlarne, gli fece capire che qualunque cosa fosse accaduta tra di loro, era meglio lasciarla sepolta sotto la sabbia per non riesumarla mai più. Oltre all'imparare un'altra lezione che si sarebbe portato dietro a vita: che l'amore è un'avida puttana.

Finì di fare colazione, mise via i biscotti nella dispensa, lavò la tazza nel lavandino e preso lo zaino uscì di casa, per andare alla fermata dell'autobus. Una nuova monotona giornata stava iniziando.

Arrivato a scuola, Gwen era già li ad aspettarlo. Non abitava lontano dal centro come lui, quindi le bastava prendere la bici per arrivare in orario. -Buon giorno!- Lo salutò con il suo solito entusiasmo.

-Buon giorno, Gwen.- Rispose con una leggera piega della lebbra. La ragazza prese Merlin sotto braccio, che frenò l'istinto di allontanarla, e s'incamminarono verso le aule. Non si sarebbe mai abituato alla sua spiccata vena affettuosa. -Non vedo l'ora che arrivino le vacanze estive! Non ne posso più di banchi e professori. Ci stanno sommergendo di compiti quest'anno e la mia vita sociale è diventata I.N.E.S.I.S.T.E.N.T.E!- Concluse con un broncio teatrale. -Non manca molto alle vacanze estive. Solo due settimane ancora.-

La ragazza si accasciò alla sua spalla piagnucolando. -Troppo lunghe...Approposito! Mi stavo dimenticando. Oggi potresti darmi una mano con i compiti di chimica? Non capisco come tu faccia a non avere un briciolo di ansia per l'esame. Ah no, aspetta che idiota che sono... tu sei uno stramaledetto cazzo di genio! - Concluse, aggiungendo alla frase un pizzico di frustrazione e invidia per sottolineare la fortuna sfacciata che il moro aveva nello studio a differenza sua.

-Se tu ti impegnassi un po' di più non arriveresti ogni volta con l'acqua alla gola.-

-Impegnarmi...tu nemmeno lo fai. Ti basta una lezione per capire tutto. Questa si chiama ingiustizia. Ed è per questo che non capirò mai il perché ti manca un anno di scuola. Non dirmi che ti piace così tanto lo studio che hai corrotto gli inseganti per ripetere l'anno?-

-No.-

-Allora perché?-

-Ho...avuto problemi familiari...te l'ho detto.-

-Che nello specifico vuol dire?-

-Problemi. Familiari.-

-Prima o poi scoprirò il tuo segreto, Emrys.-

Concluse Gwen con determinazione, puntandogli un dito davanti alla faccia.

Tutti quei mesi e ancora non sapeva il motivo del suo anno sabbatico forzato. Era frustrante per lei non sapere. Era la regina del gossip e per quanto lei e Merlin fossero amici, il moro restava ancora un muro indecifrabile e misterioso.

Cosa poteva mai nascondere un diciottenne solitario, introverso e troppo intelligente?

Forse solo la pubertà. Che voleva dire tutto e niente, nella stessa parola.

- Comunque oggi ho da fare. Possiamo fare domani?.-

-Ok. Anche se immagino che con "da fare" tu intenda passare sotto banco compiti già fatti per altri studenti, pagati un occhio della testa.-

ribatte contrariata enfatizzando l'ultima parola con le mani facendo il gesto delle virgolette.

-Non guardarmi così. Sono loro che non vogliono impegnarsi e se vogliono buttare via soldi per dei compiti già fatti è una loro scelta, e se posso guadagnarci qualcosa tanto meglio. Non sarò io ad esse impreparato agli esami. E poi i miei clienti provengono quasi tutti da famiglie ricche, cosa vuoi che siano per loro 200 sterline buttati al vento?-

-lo sappiamo che sono degli idioti certificati ma...andiamo, tu sei meglio di loro.-

-E questo chi lo dice?-

La ragazza fu sul punto di ribattere quando la campanella di inizio lezione suonò, costringendola ad ingoiare le parole che stava per dire. Succedeva sempre, ogni volta che Merlin sfoderava quelle battute taglienti su sé stesso, e Gwen ogni volta non riusciva a fare niente se non ammutolirsi e sentirsi a disagio per lui; non capendo mai se stesse scherzando o meno.

***

Le lezioni mattutine si svolsero tranquillamente, finché non suonò la campanella. I ragazzi uscirono e Gwen raggiunse Merlin alla fermata.

Uno zaino colpì violentemente la testa di Merlin all'improvviso, facendolo barcollare.

-Oh, che sbadato. Sei così insignificante Merlin che non ti avevo visto.-

-Arthur. Credo che tu debba revisionare il tuo arsenale degli insulti. Stai iniziando a perdere colpi.- Rispose Merlin sarcastico, toccandosi la parte lesa della testa. Mentre si pregustava l'oblio che a pochi secondi lo avrebbe avvolto.

Gwen aveva già artigliato il suo braccio per la paura, sussurrandogli di lasciar correre o si sarebbe cacciato nei guai. Non capiva questo suo voler darsi la zappa sui piedi da solo provocandolo, quando era palese che non ce ne fosse alcun bisogno.

-Mi ero quasi scordato della tua lingua tagliente. Dovrei tagliartela.-

Soffiò il biondo mellifluo, sfoggiando quel suo solito sorrisetto sarcastico dall'aria superiore, che irritava Merlin tutte le volte. Detestava quel dannato sorrisetto che il biondo non mancava mai l'occasione di sfoggiare.

Da mesi da quando aveva difeso quel povero ragazzo, il biondo non faceva che vessarlo tutti i giorni. Prima con insulti, poi semplici pizzicotti che lasciavano un leggero alone rossastro che andava via dopo pochi minuti, seguiti poi da lividi veri e propri. Merlin era l'unico con cui ci andava giù pensate, ed era anche l'unico che lo aveva costretto a cambiare più volte tattica per costringerlo a sottomettersi, ma senza risultato.

Arthur si avvicinò a Merlin di un passo ancora, erano ad un soffio l'uno dall'altro. Lo prese per il collo della maglia avvicinandolo a se e soffió acido al suo orecchio per non farsi sentire dagli spettatori li intorno.

-Cosa cazzo devo fare con te?-

Arthur non riusciva a sopportare quegli occhi. Erano mare in tempesta, come la sua anima. Guardarlo lo intimoriva e lo faceva incazzare allo stesso tempo. A volte aveva la sensazione che con quegli occhi riuscisse a scorgere oltre l'armatura che con tanta minuzia si era costruito. Li riconosceva, quelli erano occhi che avevano conosciuto il vero dolore, come i suoi.

Un impercettibile sfumatura.

Una macchia indelebile, che nemmeno il sorriso più costruito poteva camuffare.

E solo chi aveva provato il dolore sulla propria pelle poteva riconoscere.

Non poteva sopportare che qualcun altro fosse in grado di scorgere quello che nascondeva sotto la sua armatura, che con tanto impegno e fatica aveva costruito. Soprattutto lo mandava in collera il fatto che Merlin non volesse arrendersi. Tutti gli altri lo facevano, perché non avrebbero dovuto? Era un Pendragon, tutti abbassavano il capo quando si trattava della sua famiglia.

Tutti.

Tranne lui.

Costantemente lo sfidava tacitamente, come un uccellino dall'animo libero e indomito che scalcia per liberarsi dalla gabbia e volare via. Quello che avrebbe voluto essere lui, libero di volare via da quella vita che ormai era diventata una prigione. 
Una prigione con sbarre d'oro e mobilio di lusso certo, ma sempre una prigione restava.

All'inizio era stato divertente, il nuovo arrivato era spassoso come giocattolo di svago. Il suo essere recidivo nei suoi confronti era diventato una piacevole sfida da affrontare tutti i giorni, il problema era che Arthur si stancava velocemente dei suoi giocattoli e col tempo capì che Merlin, non aveva alcuna intenzione di rompersi. Nella sua mente tutti vedevano che non riusciva a romperlo, e lo questo lo faceva impazzire di rabbia.

Quel ragazzo, con i suoi atteggiamenti ribelli stava minando la sua autorità, e non poteva permetterlo. Se la gente avesse visto com'era realmente, sarebbe stata la fine. Come gli aveva sempre insegnato suo padre fin da piccolo, era meglio essere forti e temuti piuttosto che deboli e compatiti, e questo era quello che aveva sempre fatto, aveva lottato e conquistato il suo trono personale, non conoscendo altro modo.

Merlin lo guardava fisso, quegli occhi non facevano che ferirlo, Doveva fermarli. Subito. D'istinto chiuse la mano, le nocche divennero bianche per la forza con cui strinse. I muscoli delle braccia rigidi, per la tensione accumulata. Stava per mollargli seriamente un pugno in piena faccia. Non capiva più niente, la mente era annebbiata, e l'unica cosa cui riusciva a pensare era di spegnere quegli occhi immediatamente.

Ai suoi occhi era inconcepibile, che quel semplice ragazzo dall'aria insignificante riuscisse a metterlo al tappeto, senza neanche toccarlo.

Cosa diavolo sei tu?

Un urlo stridulo si alzò dalla bocca di Gwen attirando l'attenzione di tutti su di loro. Merlin invece, non mosse un muscolo, ancora sotto l'effetto anestetizzante di Arthur. Quasi sperò che gli tirasse quel pugno per prolungare quel piccolo momento di pace dalla sua mente frenetica.

Forse la gente lo avrebbe considerato un masochista per questo, ma non gli importava. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per un momento di meraviglioso e bramato silenzio.

Invece un paio di occhi verdi entrarono nella visuale di Merlin, era Morgana Pendragon. La ragazza appoggiò delicatamente una mano sul braccio alzato del fratello per farlo calmare. Subito Arthur divenne un blocco di marmo al suo tocco leggero. Conosceva bene quella luce nei suoi occhi, da troppo tempo ormai. -Adesso basta Arthur. Non è il caso di esagerare...-

Gli occhi di Arthur erano ancora fissi in quelli di Merlin, e con la mano lo teneva ancora stretto in una morsa. Morgana li separò, togliendo lei stessa la sua mano dalla maglietta del moro.

Se Arthur era temuto e rispettato, Morgana era totalmente l'opposto. Gentile e aggraziata, era lei che frenava il fratello quando la situazione diventava troppo critica. Nella sua delicatezza sapeva essere notevolmente forte e determinata nelle sue decisioni. Saper calmare un ragazzo della stazza di Arthur non era per niente facile, eppure, bastava un suo tocco e il biondo riacquistava un po' di calma, quasi per magia.

-Sono certa che Merlin, per oggi, abbia imparato la lezione...-

Pronunciò quella frase guardando Merlin, i suoi occhi lo scrutarono attentamente. Di primo acchito non sembrava avere nulla di speciale, il suo aspetto gracile e pallido non prospettava alcun che di grandioso. Eppure Morgana sapeva che sotto quel suo aspetto innocuo e malaticcio, il moro celava doti, che probabilmente nemmeno lui stesso sapeva di avere.

La sorella prese Arthur sotto braccio, ancora congelato dalla sua presenza, ma poteva lo stesso percepire il suo umore inquieto scalpitare nel silenzio.

-...e poi non vorrai rovinare un così bel faccino?-

Merlin rimase di sasso, non se lo aspettava. Il biondo si divincolò dalla stretta della sorella e se ne andò a pugni stretti. Lo guardarono entrambi andarsene finché Morgana si girò nuovamente verso il moro. Con una mano gli sfiorò il viso. Sembrò quasi una carezza.

-Il Destino ha davvero un'ironia tutta sua.-

Quasi non si accorse di averla pronunciata ad alta voce quella frase, rivolta più a se stessa che a Merlin.

-Ci si vede in giro Merlin.- gli disse lanciandogli un occhiolino per poi seguire il fratello nella folla creatasi lì in torno.

Fu la voce di Gwen al suo fianco a far evaporare la nebbia nella quale la sua mente era caduta.

-...rlin..Merlin? MERLIN?? Stai bene?- Lo chiamava mentre gli scuoteva forte il braccio. -Ma sei stupido? Lo sai che non devi provocarlo! Certe volte te le vai proprio a cercare. E hai visto Morgana? È stato incredibile! Conosce il tuo nome ti rendi conto? Ti ha letteralmente salvato la vita! Ti rendi conto...- Era diventata una mitraglietta umana che non smetteva più parlare tra un gridolino di entusiasmo e l'altro.

Gwen gli stava letteralmente distruggendo un timpano. Andò avanti per venti minuti buoni prima che si calmasse, ed esaurisse tutte le esclamazioni possibili e immaginabili del suo vocabolario, creando perfino un miscuglio tra quelle conosciute per rendere la cosa ancora più grandiosa.

Quando finalmente cambiò discorso, Merlin non la stava più ascoltando da un pezzo. La sua mente era ancora rapita dagli eventi appena accaduti, e un'unica frase continuava a tormentare la sua mente.

"Il Destino ha davvero un'ironia tutta sua."

La sorella di Arthur era davvero una ragazza bellissima quanto enigmatica, e incominciava a pensare che forse ci fosse molto più di quello che sembrava, sotto la cortina di cristallo che la famiglia Pendragon aveva costruito negli anni, intorno a sé. Gli atteggiamenti così violenti di Arthur non potevano essere casuali, e solitamente il fulcro della cosa celava sempre una nota infelice.

 

  
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