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Autore: Nereisi    30/03/2020    3 recensioni
A Punk Hazard gli Strawhats si scontrano con le abominevoli realtà del Nuovo Mondo: innocenti vittime della crudeltà di persone potenti, traffici di Frutti del Diavolo, esperimenti umani. Nonostante la loro vittoria, vengono a conoscenza di una terribile verità: non sono riusciti a salvare tutti i bambini. Decisi a porre fine ai rapimenti, gli Strawhats si imbarcano in un viaggio che li porterà alla ricerca di un nemico nascosto in piena vista.
La chiave per la soluzione di questo mistero sembra essere una ragazza che avrebbe preferito di gran lunga rimanere nell'ombra, capitata nel posto giusto al momento sbagliato.
Tra nuove isole, combattimenti contro il più insospettabile degli avversari, aiuti inaspettati e fin troppi Coup De Burst la ciurma di Cappello di Paglia verrà coinvolta in un viaggio che potrebbe scuotere - e forse distruggere - le fondamenta del mondo e dell'ordine che lo governa.
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Mugiwara, Nami, Nuovo personaggio, Sorpresa | Coppie: Franky/Nico Robin, Sanji/Zoro
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Footprints'
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Note autrice: Scusate per la prolungata assenza. Se seguite il mio blog su tumbrl sapete che ero concentrata su altri progetti. Ad essere sincera avevo già iniziato a lavorare su questo capitolo da un po' di tempo, ma poi ho notato la data e mi è montata questa pressa di pubblicare. Perchè mai, direte voi? Ebbene, oggi, 30 marzo 2020, è il secondo anniversario di Barefoot! Ben due anni di pubblicazione e, pensate, non sono ancora arrivata nemmeno alla metà della storia. Ne avremo ancora per un bel po'! 
A detta della mia beta questo capitolo è molto diverso dai miei soliti, quindi spero di ricevere un feedback anche da voi. Ci terrei molto, specialmente vista l'occasione. Anche se è più corto del solito e di passaggio, mi sono divertita a scriverlo.
Spero anche che tutti voi siate in salute e al sicuro e che questo aggiornamento vi distragga da tutto quello che sta succedendo lì fuori. Buona lettura!

Se volete tenervi aggiornati sui miei lavori potete seguirmi su Tumblr!- Nereisi


 
Barefoot
- Edging -


 
 

“Dove diavolo pensi di andare? Torna qui!”

Mana non diede retta a quella voce roca e se la squagliò più in fretta che poté, scavalcando la balaustra e atterrando sul praticello che ricopriva il ponte della Sunny.

Non si era mai pentita così in fretta di una decisione.

Nonostante la batosta di qualche giorno prima, aveva commesso un errore. Aveva decisamente sottovalutato la brutalità dei metodi del suo nuovo insegnante. Zoro si era vantato, dandosi delle arie e professandosi un maestro infinitamente migliore di Sanji. Mana si era aspettata un allenamento rigido, doloroso. Si era aspettata una nuova collezione di lividi. E, avendo più o meno compreso il carattere dello spadaccino, si era aspettata che non fosse esattamente loquace, o largo di manica nell’elargire consigli. Si era preparata mentalmente.

Ma, nonostante tutto, immaginava che il rapporto botte-insegnamenti fosse almeno di 7 a 1.

Si era sbagliata. E di grosso.

La “versione Roronoa” del suo allenamento consisteva nel farsi pestare come un caco regolarmente, ogni giorno per svariate ore. I consigli non sembravano contemplati nel regime d’allenamento, se non si contavano quelle volte che lo spadaccino le abbaiava dietro imprecazioni e prese in giro mal masticate.

Non le era molto chiaro cosa avrebbe dovuto imparare. Che Roronoa predicasse col dolore era ormai palese, ma fino a quel momento Mana non era riuscita ad estrapolare nulla di costruttivo da quelle sessioni di allenamento.

Detto questo, non aveva intenzione di continuare a essere maltrattata per sport. Quindi, se l’era data a gambe.

Oh, aveva ceduto, eccome se aveva ceduto!

Mana alzò la testa, incespicando in avanti per sfuggire alla presenza che sentiva incombere alle sue calcagna, pressante. Con suo orrore, vide Chopper e Usopp guardarla con occhi sgranati. Si erano pietrificati sul posto, la biancheria da stendere ancora in mano. Quello, unito alle loro espressioni, li faceva sembrare dei ladri colti sul fatto e quasi le scappò una risata; poi si ricordò che figura stava facendo in quel momento e pensò di essere l’ultima ad avere il diritto di ridere.

Quasi a darle ragione, sentì Roronoa piombare di colpo dietro di lei e le scappò un gridolino strozzato. Avvampò per la vergogna. Era davvero difficile mantenere un contegno scappando via a tutta birra da un demonio che non aveva nessun’altro scopo se non quello di pestarla ulteriormente.

Lo spadaccino emise un suono che assomigliava terribilmente a un ringhio e Mana considerò seriamente l’idea di trasformarsi e volarsene via da quel casino; ma proprio mentre lo stava pensando, la fatica le giocò un brutto scherzo. Mise un piede in fallo e il dolore le annebbiò la mente, facendole perdere l’equilibrio. Roronoa non si fece scappare l’occasione e, come se la volesse sbeffeggiare, scattò in avanti e le rifilò una pedata in mezzo alla schiena, facendola cadere e ruzzolare in avanti tra i versi spaventati dei suoi due compagni.

Quando riaprì gli occhi, il cielo era diviso esattamente a metà dal filo della spada di Roronoa, che la guardava con uno sguardo tra l’irritato e il derisorio. L’arma era a pochi centimetri dal suo naso e le ricordò fin troppo bene un avvenimento piuttosto simile e recente.

“Non credere di poterti riposare. Alza il culo.”

Mana sollevò la testa e lo guardò in cagnesco. Roronoa alzò un sopracciglio. “Finiscila di cercare di darti un tono. È troppo tardi per quello ormai.” Le indirizzò un ghigno di scherno. Quello stronzo si stava divertendo fin troppo. “Hai detto che avresti messo da parte il tuo orgoglio. Non cercare di attaccarti ai rimasugli. Lo devi abbandonare del tutto, polletta.”

“Stai zitto.” Mana si lasciò cadere nuovamente sull’erba. Lo sapeva. Lo sapeva, ma era difficile. Aveva scoperto di essere una persona più orgogliosa di quello che pensava. A parole era tutt’altra cosa che nei fatti. Abbassare la testa e chiedere aiuto era un conto. Ma essere sbattuta in giro come uno straccio venendo trattata come l’ultima degli stupidi… Era umiliante. Le ricordava fin troppo i tempi in cui era solo un pezzo di carne numerato, completamente alla mercé di persone che non avevano solo il coltello dalla parte del manico, ma proprio tutta l’argenteria; non capire o eseguire un comando comportava gravi conseguenze. E lei quel momento della sua vita l’aveva superato; se l’era gettato alle spalle e non ci sarebbe mai più tornata. Piuttosto, la morte.

Ovviamente non glielo avrebbe mai detto; sarebbe stato ancora più umiliante. Sarebbe stato come cercare di fargli pena con la propria storia strappalacrime e non era decisamente il tipo. E, francamente, lui non le sembrava una persona a cui fregava particolarmente di quel tipo di aneddoti; per cui non ci sarebbe stato motivo di vuotare il sacco in ogni caso.

Roronoa inclinò la testa e abbassò la spada, pungolandola con la punta dello stivale. “Avanti.”

Mana esalò pesantemente e si tirò su. Roronoa si girò e si incamminò verso dove tutto era iniziato: la prua della nave. Sarebbe stato più comodo potersi allenare sul ponte, dove c’era più spazio ed erba ad attutire cadute e tonfi vari; ma a quanto pareva era giorno di bucato. Lo spazio serviva ai due filibustieri di turno per tendere i fili da un gancio all’altro, passando anche per l’albero maestro, e mettere ad asciugare i voluminosi piumoni che venivano usati durante la navigazione nelle isole invernali. Visto che in quel momento stavano attraversando mari caldi, avevano approfittato del bel tempo per fare un po’ di faccende domestiche; o almeno così le aveva spiegato Nami. Passando lì accanto, Mana cercò istintivamente di imbrigliare la bruciante sensazione di vergogna che provava, cercando di non perdere ulteriormente la faccia; poi si ricordò la discussione appena avuta. Combattendo una battaglia interiore con se stessa, cercò di rilassarsi, di essere più trasparente. Cercò di ricordarsi che non era più imprigionata, che era in un posto sicuro. Circa.

Il risultato non dovette essere troppo promettente, perché sia Usopp che Chopper – che pur la stava guardando con preoccupazione, probabilmente per il mosaico di lividi che sfoggiava sulla pelle – fecero un passo indietro con un’espressione atterrita. Mana arrossì e girò la testa di scattò, nascondendosi il viso con i capelli. Lo sghignazzare per niente camuffato poco avanti a lei la informò che il suo sedicente maestro trovava la situazione molto divertente. Mana ponderò se tirargli un bracciale in testa, mandare tutto a farsi benedire e scappare per mare.

Lo spadaccino si girò di nuovo verso di lei, più che pronto a riprendere il loro duello a senso unico. Mana rimase dov’era, per nulla impressionata dal suo entusiasmo, e alzò un sopracciglio.

“Sai che cercare di guadagnare tempo non servirà a molto, vero?”

Ignorò la battuta sarcastica, incrociando le braccia. “Probabilmente servirà più di questo stupido allenamento. Hai preso in giro Sanji per non avermi insegnato nulla e ti sei fatto tanto pregare, ma non sei molto meglio di lui come maestro.” Lo spadaccino assottigliò lo sguardo, ma
Mana non si lasciò intimidire. Ne aveva avuto abbastanza. “Sono giorni che non fai altro che picchiarmi con le spade in pugno, senza dire nulla di costruttivo. Per quanto mi fossi preparata mentalmente ai tuoi metodi, c’è un limite a tutto.”

“Io sono molto meglio di quel damerino. Almeno non ho paura di farti la bua.”

“Ah, beh, grazie. Se volevo del dolore gratuito andavo a fare a botte in qualche bettola, almeno avevo la soddisfazione di poter rispondere a qualche colpo.” A quell’affermazione, lui le sorrise nuovamente con fare derisorio. Probabilmente aver ammesso la propria impotenza nei suoi confronti aveva accarezzato il suo ego. Mana perse la pazienza, vedendo che il suo messaggio non riusciva ad arrivare al mittente. Di nuovo. “Sanji ha ragione, sei davvero solo un gorilla.”

Roronoa si indispettì. “Occhio a come parli, polletta.” Disse, puntandole la spada contro.

E meno male che era stato lui a dirle che l’orgoglio accecava!

Mana fece un passo verso di lui, avvicinandosi all’arma con fare sprezzante. “Come pensi che possa imparare qualcosa se non mi dici cosa sbaglio?” Esclamò, pestando un piede a terra.

“Nessuno ha mai imparato l’haki dell’armatura con le poesiole!”

“Lo so! Lo so che è qualcosa di doloroso! Ma cazzo, non puoi aspettarti che mi arrivi l’illuminazione divina su come difendermi tra un colpo e l’altro!”

Lui fece una smorfia. “Beh, io l’ho fatto.”

Lei incrociò nuovamente le braccia. “Beh, io non sono te.” Fece una pausa, masticandosi leggermente la lingua; poi aggiunse: “Tu sei molto più portato al combattimento. E non lo dico solo perché sei più forte di me. Sei sempre stato un guerriero. Io lo sono diventata perché sono stata costretta. Ci sono molte cose che non sono immediate per me.”

Roronoa la fissò per un lungo momento, poi lasciò calare la spada. Si grattò la testa sospirando. Mana lo guardò, in attesa. Lo spadaccino la guardò di nuovo con la coda dell’occhio, poi spostò l’attenzione su un punto dietro di lei. Rimase sorpreso da quello che vide, poi aggrottò la fronte e schioccò la lingua, seccato. Mana si girò, confusa; ma dietro di lei c’era solo la balaustra.

Quando si girò di nuovo, Roronoa stava rinfoderando la spada.

 
-
 

Luffy guardò curiosamente il proprio braccio destro che scompariva sotto coperta, la porta che si chiudeva qualche metro più sotto al suo naso. Sbatté le palpebre, scalciando con i piedi con il suo solito fare da bambino. “Non sono sicuro che ti dovessi intromettere. Zoro aveva detto di non ficcare il naso.”

Robin sorrise, lo sguardo nascosto dal cappello a tesa larga. “Oh? Ma io non ho fatto nulla. Ho solo guardato.”

Il suo capitano la guardò storto. “Robin.”

L’archeologa continuò ad annaffiare i vasi di fiori. “A volte uno sguardo vale più di mille parole. Non puoi biasimarmi per essermi incuriosita dopo tutto quel baccano.”

Luffy si tirò a sedere, incrociando le gambe. “E comunque non avresti dovuto usare i tuoi poteri. Chopper ha detto che ti dovevo fare compagnia e stare attento a non farti stancare. Dopo glielo dico che li hai usati.”

“Suvvia, è stata una cosa veloce. Non l’ho nemmeno sentita.”

Luffy scosse la testa, cocciuto. “Glielo dico lo stesso. Altrimenti Chopper ha detto che se scopre che li hai usati e io non gli ho detto niente dice a Sanji di non farmi la merenda per due giorni.”

Una mano sbocciò da un vaso, staccò un vivace ibisco arancione e lo infilò tra i capelli corvini di Luffy. “Sarà il nostro piccolo segreto, capitano.”

Il ragazzo sorrise al suo gesto.

Lei gli sorrise di rimando, voltandosi e riprendendo a innaffiare.

“Gli dico che hai usato i poteri DUE volte.”

Robin si bloccò, sospirando, sconfitta.
 
-

 
Usopp e Chopper issarono con uno sforzo l’ultimo piumone sul filo per i panni.

In realtà, più che un filo era una vera e propria corda rinforzata, adibita quasi esclusivamente alla biancheria di Franky; era talmente grande e pesante che dei normali cavi non ne avrebbero mai retto il peso. Usopp andava particolarmente fiero del lavoretto di fino che aveva fatto per il gancio che fissava la corda all’albero maestro: era abbastanza forte e ben montato da non cedere sotto al peso dei panni bagnati e non rovinare il legno, ma anche abbastanza piccolo e anonimo da non essere visto subito quando si dava uno sguardo al ponte della nave. Era riuscito a dare un’aggiunta funzionale alla Sunny senza rovinarne la bellezza.

Un tonfo alle sue spalle segnalò la resa di Chopper, che era crollato a sedere ansimando.

“Non ti arrendere ora, compagno! Dobbiamo portare a termine l’impresa, ora o mai più!” Esclamò con fare drammatico.

Chopper si sventolò con uno zoccolo. “Fa troppo caldo. So che è il tempo ideale per lavare le cose che ci serviranno più avanti, ma affaticarmi sotto questo sole non è la migliore delle idee per me.” Disse, la lingua a penzoloni.

Usopp si accucciò, sventolandolo con una federa ancora umida. “Dai, lo sai che è meglio finire di fare tutto in un colpo solo. Così poi hai tutto il tempo per rilassarti e riprenderti.”

La piccola renna sembrò tirarsi su. “Appena finiamo qui vado a dormire con Luffy. Vieni anche tu?”

Lui scosse la testa. “Scusa ma non posso. Ci sono delle piccole riparazioni e accorgimenti da fare in giro per la Sunny.”

“Non se ne dovrebbe occupare Franky?”

Usopp alzò lo sguardo al cielo, corrucciato. “Normalmente sì, ma da un paio di giorni mi ha chiesto di fare il suo turno di manutenzione. Da quanto ho capito è concentrato su un nuovo progetto.”

A Chopper si illuminarono gli occhi. “Magari vuole apportare qualche miglioria ai suo raggi laser!”

Il cecchino rise, tirandosi di nuovo in piedi. Porse il cesto della biancheria al piccolo medico, poi impugnò il battipanni. “Dai, il resto del lavoro pesante lo faccio io. Tu finisci di stendere.”

Lui annuì, mutando nella sua forma più alta per poter meglio raggiungere i fili.

Continuarono così per qualche minuto, il silenzio interrotto solo dai colpi vigorosi che Usopp impartiva ai piumoni per cercare di fargli riprendere un po’ la forma.

“Secondo te come andrà a finire tra quei due?” chiese Chopper.

Usopp non si fermò, ma si prese un po’ di tempo prima di rispondere. “Sinceramente, non lo so. Zoro non ha mai avuto allievi da quanto ne so, non ha esperienza come maestro.” Disse, pensieroso. “E poi sai com’è fatto. Il suo modo di risolvere i problemi è correrci dritto incontro a viso aperto. Non so come farà a insegnare qualcosa a qualcuno che non è della sua stessa razza.”

“Della sua razza?”

“Tipo il resto del monster trio.” Entrambi sospirarono al pensiero di quei tre pazzi che riuscivano a comunicare perfettamente tra loro anche con dei semplici grugniti.

“Però c’è anche da dire che nemmeno Mana ha un carattere facile.”

“Dici? Quando parla con me io la trovo molto gentile. Secondo me si comporta così a causa di quello che le è successo in passato.”

“A me ogni tanto sembra che abbia più di una personalità, visto come cambia umore velocemente. Mi fa paura.”

“A te fanno paura tutti.”

“Oi.”

“Comunque è diversa da Nami. Lei si arrabbia perché ha i nervi costantemente a pezzi.”

“E perché la nostra ciurma ha un talento particolare per farla esplodere.”

“Anche questo è vero. Ma dopo un po’ ti abitui e sai come prenderla... Magari quando la conosceremo meglio ci abitueremo anche a lei.”

“Può essere. Nel frattempo, dovrà fare a testate con Zoro.”

“Già. Però magari riusciranno a incontrarsi nel mezzo. Prima li ho visti andare verso lo studio, Zoro sembrava avere un’idea.”

Usopp inspirò bruscamente. “Dici davvero? L’hai visto in faccia? Sembrava convinto?” Chopper annuì. Usopp frugò in una delle tasche della sua salopette e tirò fuori penna e taccuino. “30 marzo 1522, Zoro ha avuto un’idea.” Recitò ad alta voce mentre scriveva.

Chopper fece un risolino. “Non dovresti tenere un elenco del genere per Luffy, piuttosto?”

Usopp sfogliò il taccuino, poi lo girò verso di lui. “Ovviamente, per chi mi hai preso?”

“Oh. Da quanto ce l’hai?”

“Tengo il conto da Alabasta. Guarda, questa è stata la volta che gli è saltato in mente di usare l’acqua contro Crocodile. Se non avessi saputo per certo che era vero non ci avrei mai creduto.”

Entrambi si scambiarono dei sorrisi divertiti.

Qualche secondo dopo, un berciare iracondo riecheggiò da sotto coperta, seguito da dei tonfi secchi.
I due compagni decisero saggiamente che non ne volevano sapere niente e tornarono alle loro mansioni, dando decisi le spalle alla fonte del baccano.
 
-
 

Sfoggiando un nuovo bernoccolo, Roronoa la guidò di nuovo sullo spiazzo di prua.

“Quella dannata strega. Perché mi ha colpito di punto in bianco? Bah.”

Mana sospettava che la ragione si celasse, nell’ordine: nell’averla interrotta durante dei complicati calcoli nautici, nell’averla chiamata strega più di una volta chiedendole un favore e nell’aver fatto volare via un plico di carte mentre provava l’oggetto che gli era stato appena consegnato. Ma poteva benissimo sbagliarsi.

Si concentrò su quello che Roronoa stringeva in mano. Da quello che aveva visto poco prima, erano tre segmenti di legno che potevano essere assemblati in un bastone.

Seguendo il suo sguardo, Roronoa maneggiò il suddetto bastone, saggiandolo. “Questo era quello che usava prima che Usopp le costruisse quel suo Clima Tact. È un semplicissimo bastone ma, conoscendola, sapevo che probabilmente non l’aveva buttato. Una volta Robin l’ha definita una disperafobica. O qualcosa del genere.” Disse, ghignando.

Mana sbatté gli occhi. Lo spadaccino le puntò l’arma contro. “Ho smesso di usare le spade di bambù per allenarmi da anni. A meno che tu non voglia essere colpita da qualche quintale di acciaio, questa è l’unica alternativa non affilata che ho su questa nave.”

Mana, finalmente, capì. Si mise in guardiaa, pronta a scattare in caso di bisogno.

Roronoa afferrò il bastone con entrambe le mani. “Tutto quello che ti posso dire su come richiamare l’haki è: è tutta una questione di intenzione. Ora, proviamo una cosa un po’ diversa. Invece di cercare di proteggere tutto il corpo, prova a concentrare tutto il tuo haki in un singolo punto.”

“Ma io non so neanche come richiamarlo-“

“Forse non sai come farlo, ma l’hai già fatto.” La interruppe Roronoa. “È da stamattina che riesco ad avvertire il tuo haki, ma è fin troppo debole.” Mana sgranò gli occhi e si guardò le mani, sorpresa. “Immaginalo come un pezzo di stoffa. Invece di coprirti tutto il corpo, piegalo, stratificalo e concentralo in un punto solo. Questo è il tuo obiettivo principale per adesso.” E, non appena ebbe finito di parlare, si lanciò contro di lei.

Mana alzò subito le mani per difendersi, ma il colpo arrivò più tardi di quello che aveva previsto. Roronoa roteò il bastone e di nuovo lei cercò di parare, ma il fendente la colpì in ritardo. Mana cercò lo sguardo del suo avversario, trovandoci intento: le stava dando intenzionalmente il tempo di ragionare e prepararsi. Ciò non significava che i suoi colpi facessero meno male; quindi aveva comunque un incentivo per difendersi.

Con i lividi che cantavano sulla pelle, Mana si preparò a incassare un’altra bastonata. Di nuovo, non accadde nulla e la steccata di dolore si propagò per tutto il suo braccio.

E ancora.

Steccata, difesa, dolore.

E ancora, con l’irritazione che montava sempre di più.

Steccata, difesa, dolore.

E ancora, con il sudore che le scorreva a rivoli sulle tempie per la concentrazione.

Steccata, difesa, dolore.

E ancora.

Steccata, difesa, dolore.

E ancora.

Steccata, difesa.

Dolore?

Mana aggrottò la fronte, spostando lo sguardo dove il bastone le stava schiacciando la pelle. Lì, in mezzo alla pelle arrossata dal sole e dai colpi la sua pelle si era annerita; e il colpo non le aveva causato danno. Era quello, il suo tanto agognato scudo? Era talmente poco scuro che avrebbe potuto tranquillamente passare per un livido. Le spade di Roronoa invece diventavano nero pece, il suo haki era inconfondibile. Ce l’aveva davvero fatta?

Eppure. Il dolore non era arrivato.

L’ombra sparì com’era venuta e Mana quasi pensò di essersi immaginata tutto; ma alzando lo guardo vide il sorriso compiaciuto del proprio maestro.

Roronoa sollevò nuovamente il bastone.

“Ancora.”
 
-
 

Mana uscì di nuovo sul ponte qualche ora dopo. Individuò un posticino perfetto per raccogliere le idee e si sedette, i capelli ancora bagnati dopo averli lavati. La stanchezza le pesava addosso come uno di quei piumoni che Usopp e Chopper sembravano aver faticato tanto a stendere quel pomeriggio, ma per una volta si sentiva stanca solo nel corpo. Aveva finalmente fatto dei progressi.

Tra le cose che l’avevano stupita di più quel giorno, però, forse non avrebbe neanche messo al primo posto la prima manifestazione tangibile del suo haki, quanto piuttosto la sua inaspettata intesa con il Cacciatore di Pirati. Una volta che l’allenamento aveva portato i primi, tangibili frutti, tutto sembrò scivolare al proprio posto. Erano entrati in un ritmo, senza bisogno di troppe parole. Non le aveva nemmeno dato più fastidio ricevere le mazzate, visto che quelle che effettivamente la colpivano erano iniziate a calare. Ogni volta che riusciva a manifestare il proprio haki, il ghigno del suo avversario si allargava un po’ di più. Che fosse per il suo ego da talentuoso insegnante o che fosse effettivamente contento per lei, quello non sapeva ancora dirlo.

Quando il loro allenamento era finito e lei si stava per dirigere verso il bagno, Roronoa le aveva lanciato qualcosa. Era un tubetto di crema per cicatrici. Durante quella sessione di allenamento aveva avuto la possibilità di guardarlo davvero per la prima volta, meno vestito del solito a causa del caldo e del movimento, e aveva notato molte più ferite sul suo corpo. C’era quella sull’occhio. Quella enorme sul petto. Ce n’erano innumerevoli sparse per le braccia.

E poi ce n’erano due dalla forma strana, una per ogni piede, all’altezza delle caviglie. Come se qualcuno avesse cercato di mozzargli i piedi. Chissà che storia potevano raccontare, quelle cicatrici.

“Usala.” Le aveva borbottato. “Non ti ho colpita sulla schiena più di tanto, ma Chopper dice che le cicatrici sono più sensibili della pelle normale.” E improvvisamente, come se avesse aspettato per riversarsi nel suo cervello, la sensazione di pelle irritata che tirava la assalì. Probabilmente anche il sole impietoso di quel giorno ci aveva messo lo zampino.

Mana si toccò i bracciali. Tra una cosa e l’altra, non aveva pensato a loro per tutto il giorno.

Si mise un po’ più comoda e alzò la testa, appoggiandola sul legno. Il venticello causato dalla navigazione le muoveva leggermente i capelli bagnati, accarezzandole il viso. Il sole aveva appena iniziato a tramontare, colorando il cielo di arancio; ma aveva scelto un posto in ombra, quindi la luce non le dava fastidio.

In quel momento, capì il fascino dei pisolini su una nave in movimento.

E mentre lo pensava, si addormentò.
 
-
 

Chopper si appisolò non appena fu saldo tra le braccia di Luffy, fidandosi del suo capitano perché li portasse nel loro posticino preferito per fare il loro pisolino pomeridiano.

A malapena cosciente, registrò lo sciabattare giù per le scale della Sunny che poi si attutì quando arrivarono sul prato. Dopo qualche altro passo, sentì che si erano fermati di botto. Stava quasi per aprire un occhio, quando sentì Luffy fare una piccola risata sottovoce e avanzare un altro po’. Chopper sentì il fresco e l’ombra coprirgli gli occhi mentre veniva depositato a terra. Luffy gli diede un paio di pacche gentili e Chopper si rilassò sull’erba, mutando ad occhi chiusi nella sua forma quadrupede per fornire più superficie morbida possibile al suo capitano.

Mentre si accoccolava, sentiva che anche Luffy si stava muovendo. Forse si stava stendendo anche lui – e infatti eccolo; un peso sulla schiena. Sentì una sensazione bagnata; probabilmente il suo capitano si era già addormentato e gli stava sbavando addosso. Poco male, ormai ci aveva fatto il callo. Avrebbe approfittato di un bagno anche per alleviare un po’ il calore di quella giornata.

Completamente rilassato, Chopper lasciò andare del tutto la propria coscienza e dormì, tranquillo.

Non si accorse del secondo peso che gli si appoggiò sullo stomaco, dopo essersi sfilato un vecchio cappello di paglia.

 
-
 

Quando Nami aveva marciato sul ponte della Sunny per sapere che fine avesse fatto il suo vecchio compagno d’avventure, quello che non si era aspettata di vedere era Robin con una macchina fotografica in mano e un sorriso mefistofelico sulle labbra.

La navigatrice sbatté gli occhi, notando che erano presenti anche Brook e Zoro. E se mentre uno sembrava avere un’espressione intenerita sul viso, l’altro aveva addosso il suo solito brutto muso, con l’aggiunta di un ghigno che non prometteva nulla di buono. Si avvicinò e notò una gamba del suo capitano. Bene, lo stava comunque cercando. Era ora del suo pisolino ma, se chiedevano a lei, aveva dormito anche troppo. Qualcuno le permetteva mai di fare dei riposini in tranquillità, quando era lei la persona che ne necessitava di più in tutto quel dannato brigantino? No? Ecco.

Nami aprì la bocca per svegliare il pelandrone, ma Robin scosse la testa. Le fece cenno di avvicinarsi con una mano e Nami la affiancò.
Uh. Quella non era la solita combriccola dei pisolini.

A rispondere al suo sguardo interrogativo c’era quello atterrito di Mana, pietrificata come una statua di sale sotto l’adorabile peso del suo capitano e di Chopper, entrambi serenamente addormentati e indissolubilmente aggrovigliati a lei. Diamine, Luffy aveva persino un fiore tra i capelli. Che esagerazione.

La ragazza sembrava essere nel bel mezzo di un covo di vipere e non osava muoversi né parlare, lanciando occhiate di fuoco a Brook e Zoro, che stava facendo di tutto per non scoppiarle a ridere in faccia. Robin sorrise e scattò un’altra foto. Giustamente, era la persona della ciurma addetta all’intelligence quella che racimolava del potenziale materiale di ricatto. Tutto filava.

Mana strinse visibilmente la mascella e cercò di districarsi; ma un verso illegalmente adorabile di Chopper la fermò sul nascere e lei fece un’espressione costipata, chiaramente sconfitta.

Nami si morse il labbro per non sghignazzare. Aveva delle cose importanti da comunicare al suo capitano, ma… beh. Potevano aspettare fino a cena.



  
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