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Autore: DarkDemon    05/04/2020    14 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - ISCRIZIONI CHIUSE]
«Sai, girano voci, alcuni figli di Apollo dicono di aver avuto delle visioni e l’augure sembra piuttosto irrequieto.» Helen aveva abbassato lo sguardo a terra mentre giocava nervosamente con uno dei suoi boccoli dorati. Boniface non aveva mai parlato con lei nonostante facessero entrambi parte della seconda coorte e la ragazza sembrava piuttosto timida e a disagio. «Tu… voglio dire, anche tu ne sai qualcosa no? Sto ancora imparando tutti questi dei, ma tu sei figlio di Giano, no? Qualcosina riesci a vederla.»
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Il ragazzo si voltò verso di lui con sguardo preoccupato. «Amico mio, prega che non sia chi penso, altrimenti… bhe, siamo in una montagna di merda.»
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«Semidei, siete ragazzi valorosi, mi dispiace essere io il portatore di cattive notizie, ma ho bisogno del vostro aiuto, tutti noi ne abbiamo.»
[...]
«Ah, figlia di Venere, la tua domanda è in realtà legittima.» Sorrise e tornò a chiudere gli occhi. «Io sono Astreo.»
«Titano degli astri, delle costellazioni e dell’oroscopo.»
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Nyx, Semidei Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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    Il sole di fine settembre iniziava a perdere il suo calore, i suoi raggi carezzando con gentilezza le foglie rosse invitando gli alberi a liberarsene completamente per prepararsi al gelo invernale. Quel pomeriggio il vento soffiava più del solito, portando con se un aria gelida ma ancora piacevole che riempiva i polmoni e spettinava i capelli. Le nuvole erano giganteschi cumuli di cotone che correvano veloci nel cielo terso dell’autunno appena iniziato.
  Boniface quel giorno era quasi felice di avere il turno di guardia alle porte del Campo Giove, quasi. Il clima era tale che una felpa sopra la maglia e la sottile armatura era sufficiente per non farlo gelare troppo. Le macchine scorrevano languide e silenziose nonostante la velocità, nella vicina autostrada, noncuranti dei due ragazzi di guardia ad un tunnel invisibile ai mortali. Sapeva di un tempo in cui le macchine non erano elettriche e dove i loro motori erano chiassosi: non riusciva ad immaginare come fosse stato fare di guardia al passaggio allora, immerso nel chiasso e nello smog. Ringraziava gli dei di essere nato in un epoca in cui l’uomo aveva rimediato, o almeno ci stava provando, ai suoi errori, e sopratutto dove l’Olimpo non minacciava di cadere da un secondo all’altro.
  Erano passati sessantotto anni da quando Apollo era stato tramutato in umano da Giove ed aveva dovuto sconfiggere quei folli del triumvirato, da allora sembrava che la pace si fosse più o meno stabilita… o almeno questo era quello che pensavano quasi tutti. Chiunque aveva un briciolo di dono della profezia aveva iniziato ad avvertire da ormai qualche mese che questo sottile equilibrio aveva iniziato ad incrinarsi e Bonny per primo era pronto ad aspettarsi il peggio.
  Il figlio di Giano stava in piedi dritto, appoggiato all’asta della sua lancia mentre si osservava attorno con sguardo preoccupato.
  «Non succede mai nulla eh?» Ridacchiò al suo fianco Helen, una ragazzina figlia di Opi, divinità agraria, giunta al campo solo qualche mese prima; scappata dall’orfanotrofio ormai viveva come lui a Nuova Roma per tutto l’anno.
  Si strinse nelle spalle e le lanciò uno sguardo veloce: «Suppongo di si...» Non era un veggente e men che meno l’augure, che gli dei lo scampassero, ma faceva spesso sogni la cui realizzazione era anche troppo precisa. In quanto figlio di Giano non aveva grossi poteri che lo aiutassero in battaglia, ma poteva vedere un po’ del futuro ma anche del passato, tuttavia i suoi sogni erano così strambi che faticava a distinguere il vero dal falso; ancora aspettava il giorno in cui dal cielo fossero caduti piccoli coniglietti bianchi al posto dei fiocchi di neve la vigilia di Natale, erano già passati tre anni.
  «Sai, girano voci, alcuni figli di Apollo dicono di aver avuto delle visioni e l’augure sembra piuttosto irrequieto.» Helen aveva abbassato lo sguardo a terra mentre giocava nervosamente con uno dei suoi boccoli dorati. Boniface non aveva mai parlato con lei nonostante facessero entrambi parte della seconda coorte e la ragazza sembrava piuttosto timida e a disagio. «Tu… voglio dire, anche tu ne sai qualcosa no? Sto ancora imparando tutti questi dei, ma tu sei figlio di Giano, no? Qualcosina riesci a vederla.»
  «Si, è così, ma il mio non è un vero e proprio dono della profezia, è più un ‘whops’. Come quando fai qualche tiro a basket e per puro caso fai canestro, non sai farlo davvero, è il caso.» Per sua sorpresa Helen ridacchiò «Mi stai dicendo che i tuoi sogni captano le frequenze radio sbagliate?» Non l’aveva mai pensata da quel punto di vista, ma era un bel modo di vedere la cosa.
  «Si, effettivamente si, sono una radio rotta… o super dotata, dipende dai punti di vista.» Sorrise e tornò ad osservare l’orizzonte. «Però non posso aiutarti, non ricordo più neanche un sogno. So che li faccio, di importanti dico, mi sveglio che ricordo qualche frammento, ma dopo pochi minuti tutto diventa polveroso e alla fine il ricordo scompare prima che io possa scriverlo da qualche parte.» Aggiunse dopo un attimo di silenzio con sguardo serio. Alla sua destra poteva intravedere il viso roseo di Helen che lo osservava, probabilmente preoccupata.
  «Pensi che stia per succedere qualcosa?»
  «Statisticamente è certo, nulla è eterno.» Si voltò a guardarla nuovamente, trovandosi davanti un espressione ben più preoccupata di quanto pensasse. Si affrettò ad aggiungere: «Oh ma non è detto! Potrebbero volerci mesi se non anni! La venuta di Percy Jackson era stata...» Non poté finire la frase poiché nella corsia alla sua sinistra si levò un violento strombazzare di auto diversi veicoli inchiodarono, perforando l’udito dei due poveri semidei.
  Boniface strinse la lancia mentre guardava una figura correre tra le corsie dell’autostrada, scavalcare a fatica il guard raill e venirgli incontro. Sembrava un insieme di panni sporchi che andava sciogliendosi man mano che si avvicinava, afflosciandosi sempre di più sul terreno.
  Il traffico attorno a loro iniziava a riprendere a scorrere veloce mentre l’uomo zoppicava verso di loro. Era anziano, la pelle incartapecorita dal sole pendeva molle sulle ossa sporgenti, la barba bianca sottile, così come i capelli radi.
  «Che cosa...» Provò a dire Helen, il cui gladio tremava nelle mani piccole.
  «Ci vede. Non è mortale.» In qualche modo Bonny lo sapeva, forse per quella sensazione alla gola, come quando incontri qualcuno per la prima volta ma di cui hai già sentito parlare fin troppo e non sai come comportarti, o più probabilmente per gli occhi. Nonostante tutto in quell’uomo fosse decrepito ed avvizzito, gli occhi brillavano come due gemme già da lontano, animati da una forza decisamente immortale. Quando gli arrivò di fronte poterono incrociare lo sguardo solo un secondo prima che l’uomo crollasse a terra.

 



    L’infermeria era silenziosa eccetto per il respiro pesante del vecchio sdraiato sul lettino e l’ovattato ticchettio dell’orologio. La brillante luce del sole pomeridiano entrava nella stanza filtrata da sottili tende di lino grezzo, illuminando l’ambiente di una polverose luce calda, in cui le volute di fumo emesse dalla sigaretta del Pretore Morin aleggiavano come spettri.
  Dopo che il vecchio gli era letteralmente svenuto sui piedi Boniface aveva mandato Helen a chiamare aiuto. Quando era tornata assieme ad un robusto figlio di Vulcano i due avevano portato l’uomo in infermeria e lasciato Helen a fare la guardia, mandandole in affiancamento poi il primo semidio incontrato per strada. Ora si trovava solo nell’infermeria assieme al pretore, che osservava con aria contrita prima lui poi il vecchio steso sul lettino.
  «Quindi ricapitoliamo, un vecchio ha attraversato un autostrada come un cerbiatto smarrito, vi ha zoppicato incontro e vi è svenuto ai piedi e voi lo avete portato qui?» Messa giù così non sembrava più una grande idea.
  «Esatto, ma se ci ha visti ed ora possiamo dire che è riuscito ad entrare qui, superando pure il Piccolo Tevere...» Si strinse nelle spalle. «Ho pensato fosse la cosa più giusta da fare»
Cesaria sospirò e prese un lungo tiro dalla sigaretta per poi massaggiarsi il setto nasale con due dita, Bonny cercò di non farle notare che si era stampata due aloni rosa a causa delle dita ancora sporche di vernice fresca. «Speravo che un momento del genere non capitasse mai, almeno non mentre ci sono in carica io. Dopotutto un popolo si capisce dal suo sovrano: se ho tempo di dipingere nel mezzo del pomeriggio vuol dire che davvero non ho un cazzo da fare.» Ridacchiò la figlia di Venere alzandosi dalla sedia su cui sedeva in modo scomposto e avvicinandosi al lettino.
  «Mi hai detto che tu non ti ricordi i tuoi sogni vero? Almeno non quelli utili.» Aggiunse mentre prendeva un’altra lunga boccata pensierosa.
  «Si, più o meno da quando gli altri hanno iniziato ad avere previsioni strane io non ricordo più le mie, non può essere un caso.»
 «Grazie al cazzo, certo che non è un caso, genio. Vammi a recuperare l’augure, o qualsiasi persona si ricordi queste dannatissime visioni.» Sbottò tornando a sedersi sulla sedia e poggiando i piedi sul letto.
  Boniface uscì con un veloce cenno del capo, ormai si era abituato al temperamento della figlia di Venere che, ad oggi, rimaneva tra i semidei più singolari che avesse mai conosciuto. Una ragazza scostante e che pareva tutto meno che figlia della dea dell’amore. Volgare e piena di vizi si era candidata al ruolo di pretore per gioco, ma la sua grinta e determinazione le avevano assicurato il ruolo per ormai diversi anni, ruolo che in realtà ricopriva sorprendentemente bene. Nonostante i suoi vizzi e abitudini discutibili era una persona pratica, organizzata e realista che, in un modo o nell’altro, era riuscita a garantire al Campo ciò di cui aveva bisogno. Certo non senza l’aiuto dell’altro Pretore che ricopriva le sue assenze nei week-end, che passava a dormire per recuperare le ore di sonno perse durante il resto della settimana.

 



    Quentin era seduto a gambe incrociate in mezzo al tempio di Apollo, gli occhi chiusi ed un sorriso pacifico dipinto sul volto. Era un ragazzo magro e dai tratti delicati ma il carattere frizzante, che ben sapeva come utilizzare i propri privilegi per evitare allenamenti e “intercedere con gli dei”, ovvero meditare o, nella maggioranza dei casi, mangiare.
  «Non ti dovresti star allenando?!» Boniface entrò a fiato corto, i passi che rimbombavano tra le colonne bianche. L’augure aprì un occhio verde e gli lanciò uno sguardo divertito per poi richiuderlo e alzare il mento. «Boniface Dixon, ti stavo aspettando...» Disse strascicando le parole e portando il figlio di Giano a roteare gli occhi. «Smettila di dire puttanate, lo sappiamo entrambe che non funziona così, prova i tuoi trucchetti da guru su qualcun altro, Quin, alzati.» Disse, dandogli un paio di calci, le mani nelle tasche della felpa grigia. «Ti vuole Cesaria, abbiamo trovato, ho trovato, un vecchio strano alle porte del campo.» Quentin aprì finalmente gli occhi e si alzò spazzolandosi jeans chiari: «Oh bhe, quindi è iniziata.» Trillò allegro, anche se i suoi occhi chiari non brillavano della stessa luce del suo sorriso.
  «Cos’è iniziato?» Domandò Bonny con diffidenza, non sapendo se l’augure si stesse ancora prendendo gioco di lui o se fosse, per una volta, serio.
  Il ragazzo si voltò verso di lui con sguardo preoccupato. «Amico mio, prega che non sia chi penso, altrimenti… bhe, siamo in una montagna di merda.»

 



    Quando arrivarono di nuovo in infermeria Cesaria aveva finito la sua sigaretta che ora giaceva fredda e spenta sul comodino, aveva le braccia incrociate ed un espressione seria dipinta sul bel volto, se non fosse che si conoscevano ormai da anni Boniface avrebbe scommesso che si trattava di una ragazzina di forse diciassette anni, imbronciata perché i suoi genitori l’avevano messa in punizione, e non di una donna adulta e, a modo suo, responsabile. Lui e Quentin dovettero schiarirsi la voce un paio di volte per catturare la sua attenzione, rivolta completamente al vecchio addormentato.
  «Chi è?» Chiese, senza nemmeno alzare lo sguardo dal soggetto della sua domanda. Quentin entrò lentamente nella stanza, prendendo una sedia e portandola affianco al letto in modo da essere opposto al pretore. «Non ho risposte certe, ma penso che venga dall’alto… almeno credo.»
  «Dall’alto, che cazzo vuol dire dall’alto?» Sbottò la figlia di Venere, non particolarmente in vena quel giorno per i soliti giochi di parole dell’augure.
  «Rilassati dolcezza, cercavo di alleggerire la tensione.» Ridacchiò sedendosi sulla sedia.
  «Oppure facevi solo il minchione come tuo solito, dolcezza.» Sorrise Cesaria assottigliando lo sguardo e sporgendosi verso di lui.
  «Dall’alto vuol dire cielo, sicuramente non è caduto da un aereo, non credi?» Ridacchiò, punzecchiando con in dito il naso del pretore che gli scoccò uno sguardo irritato ma che nascondeva un mezzo sorriso divertito.
  «Non è Caelus, vero?» Domandò Bonny dalla soglia, da cui non si era mosso. I due semidei si voltarono a guardarlo sorpresi, non aspettandosi di trovarlo ancora li.
  «Dei spero di no, spera di no, o hai portato un folle al campo.» Sorrise angelica la figlia di Venere. «In ogni caso, a quanto ne so io, lui ora dovrebbe avere la forma di una deliziosa tartar quindi non credo.» Aggiunse, cercando però conferma nello sguardo di Quantin che annuì piano in risposta.
  «Dubito anche io, nulla nelle mie previsioni mi ha fatto pensare a lui, solo un oracolo davvero stronzo avrebbe cercato un modo per parlare di Caelus in maniera così vago.»
  «Sbaglio o noi abbiamo solo una divinità celeste? Eccetto Giove ovviamente… ma non penso sia lui, no?» Chiese Boniface, appoggiandosi allo stipite della porta ed osservando il vecchio con un misto tra curiosità e preoccupazione. Si sentiva stupido a chiedere tutte quelle domande, sapeva di averlo sognato, lui o qualcosa che lo riguardava, doveva sapere almeno qualcosa, ma non ricordava nulla.
  «E’ probabile si tratti di un dio greco, loro hanno… un catalogo molto più ampio.» Rispose piano Quentin.
  «Quindi è un dio.» Disse Cesaria, confermando quello che fino a quel momento era stato solo un alito di pensiero comune alle loro menti, che disperatamente cercavano di ignorarlo. Un dio non faceva mai visita a caso e sopratutto, non sveniva per mezz’ora.
  «Allora perché non è a Long Island?» Ancora una volta Bonny portò lo sguardo dei due ragazzi su di se, tuttavia nessuno di loro poté pensare ad una spiegazione. In silenzio si voltarono tutti a guardare il vecchio, la mente piena di domande.
  «Beh se quindi è una divinità, io gli do altro nettare. La dose semidivina che gli han dato i figli di Apollo prima probabilmente non l’ha nemmeno sentita.» Esclamò Cesaria alzandosi dopo un paio di minuti in cui nessuno aveva mosso un dito. Prese la bottiglia di nettare dal comodino e con delicatezza versò ben più di qualche goccia nella bocca socchiusa del vecchio. Per qualche secondo non successe nulla, poi l’uomo iniziò a muoversi.
  Strizzò gli occhi e fece una smorfia per poi finalmente svegliarsi. Si guardò attorno smarrito per un attimo, per poi sorridere riconoscente. Il pretore e l’augure erano però persi ad osservare le sue iridi, anche Boniface si avvicinò per poter vedere bene ciò che aveva solo intravisto.
  Il vecchio aveva gli occhi più blu che i ragazzi avessero mai visto, una colorazione così scura ed intensa che nessun essere mortale poteva vantare, ma non era finita li: le iridi erano screziate di centinaia e centinaia di piccolissime pagliuzze argentate che brillavano riflettendo la luce.
  «Ora capisci perché l’ho portato qui?» Disse piano, rivolto a Cesaria che annuì lentamente in risposta.
  «Ti ringrazio, ragazzo.» Disse il vecchio, guardando Boniface, che stava ai piedi del letto. Il ragazzo raddrizzò la schiena quando lo guardò negli occhi.
  «Semidei, siete ragazzi valorosi, mi dispiace essere io il portatore di cattive notizie, ma ho bisogno del vostro aiuto, tutti noi ne abbiamo.» L’uomo parlava a fatica mentre faceva vagare lo sguardo sui loro volti.
  «Siamo onorati della sua presenza, possiamo chiederle il suo nome?» Chiese educatamente Cesaria mentre tornava a sedersi sulla sua sedia, questa volta in modo più composto, pur restando nei suoi limiti.
  «Ah, figlia di Venere, la tua domanda è in realtà legittima.» Sorrise e tornò a chiudere gli occhi. «Io sono Astreo.»
  «Titano degli astri, delle costellazioni e dell’oroscopo.» Terminò per lui Quentin, che aveva un espressione di curiosità misto ad ammirazione, come ogni volta che si parlava di qualcosa o qualcuno che potesse, in un modo o nell’altro, prevedere il futuro.
  «Corretto, augure.» Aprì nuovamente gli occhi e li fissò in quelli verdi di Quentin, l’espressione grave. «L’equilibrio si sta rompendo, dopo anni ciò che temevo si sta avverando. Tu sai ragazzo… lo sapete entrambe.» Terminò la frase guardando Boniface il quale era fermo sul posto, lo sguardo smarrito. Lui sapeva? Sapeva che cosa, non ricordava nulla e perché solo lui non ricordava nulla? Non aveva senso. Si sentiva le mani sudate ed il battito accelerato, gli sembrava di aver appena corso una maratona. La testa gli scoppiava mentre cercava di recuperare memorie sepolte da tempo, ricordi ormai irraggiungibili.
  «Bonny… Bonny...» La voce preoccupata di Quentin gli arrivò ovattata, si riscosse come da un sogno e sbatté le palpebre più volte, l’occhio sinistro che bruciava inspiegabilmente. Si accorse solo quando portò le dita ad esso che stava lacrimando copiosamente. Astreo lo guardava con un sorriso mesto.
  «Cos’è?» Gli chiese in un filo di voce.
  «Il futuro, ragazzo mio.»

 

 

Angolo Autore

    Ma buon salvissimissimo!
 Prima di tutto vi ringrazio per aver aperto la storia e nel caso averla letta fino a qui, spero vi sia piaciuta. Penso onestamente che la qualità di questo prologo peggiori di riga in riga, ma sono curiosa di sapere cosa ne pensate voi. Ammetto però di esserne in qualche modo fiera: non scrivevo davvero da un sacco e devo dire di aver notato dei miglioramenti dall'ultima volta. Ho sempre avuto il vizio di narrare poco e portare avanti la storia a discorsi, cosa che ho sempre odiato parecchio, su di me ma anche come lettore, e migliorare quest'aspetto è sempre stato un mio pallino. Penso onestamente di esserci riuscita anche se sono un po' ricaduta nel vecchio vizio verso la fine, ma sto cercando di non badilarmi troppo.
 Dunque, passando ai fatti: cosa ci faccio qui? Bhe gentaglia, questa è una storia interattiva! Yay! Avevo voglia di scriverne davvero da un fottio, poi ieri ho avuto sto flash mistico e ho colto la palla al balzo. Si è vero, attualmente ho altre due interattive in "corso" (sempre se un capitolo all'anno vuol dire in corso) ma c'è una differenza chiave tra quelle interattive e questa: l'organizzazione. Wow, pazzessco, sono stupita di me stessa, ma ho già messo giù i punti salienti di questa storia, che potrà andare da un minimo di 14 capitoli ad un più probabile massimo di almeno 28. 
 Probabilmente da questo prologhetto avete capito veramente poco, quindi lasciatemi spiegare molto brevemente: Ofiuco rompe i maroni e vuole diventare un segno zodiacale, spuattanando l'equilibrio cieleste e di tutto quello che ne consegue. I nostri 12 amatissimi segni sceglieranno quindi dei semidei che verranno "benedetti" da loro per combattere, liberarli e ancora una volta salvare il culo a tutti quanti.
  Per mandare le schede avete due settimane di tempo, domenica pubblicherò la seconda parte di questo prologo (oh si, c'è una seconda parte 
(¬‿¬)).
  Per terminare ringrazio i miei tre demoni tentatori angeli che mi han convinto a fare sta cacata.
  Ma passiamo a delle semplici e veloci regole:

 

REGOLE
        ⩥ Avete tempo per consegnare le schede fino il 19/04 (ci si può accordare su eventuali proroghe)
      ⩥ Spero di non dover arrivare al punto di dire "se non recensite/vi fate sentire ogni tot siete fuori" tanto gli oc moriranno in un modo o nell'altro comunque. Il punto è, io certo scrivo per me, ma se mi affidate dei vostri personaggi mi sembra davvero il minimo da parte vostra non sparire.
     ⩥ Per favore, mandatemi OCs origiali e scritti bene. Non voglio vedere due righe di fisico e tre aggettivi per la personalità, non me ne frega, siete fuori. Se non dovessi ricevere abbastanza schede decenti tapperò i buchi con i miei OCs, ci metto pochissimo. Oppure potrei prendere più OCs da una persona: cercherò di essere varia ma anche giusta, nei confronti degli altri e miei, non ho intenzione di bloccarmi per colpa di OC tridimensionali quanto un triangolo.
      ⩥ Mi servono 11 OCs. Cercate di essere omogenei sia con il sesso che con i genitori divini. Possono essere sia greci che romani.
      ⩥ Così come vi scarto se mi fate OCs piatti, lo faccio anche se non trattate tematiche serie in modo inadeguato.
      ⩥ Potete mandarmi quanti oc volete.
      ⩥ L'età preferirei che andasse dai 17 ai 25
      ⩥ C'è posto libero per un pretore e per tutti i centurioni, idem per i vari ruli nel campo mezzosangue.
    ⩥ Potete richiedere a che segno assegnare il vostro semidio ma non è certo che venga assegnato a quello, la cosa importante è il carattere combaci con le caratteristiche del segno. Non in modo spiaccicato, non fate OCs con caratteri copiaincollati dalla pagina di "Donna moderna: le caratteristiche degli scorpioni". Grazie. Inoltre non penso ci facciate una grande figura. Non è detto che un OC sia assegnato al segno zodiacale sotto cui è nato.


⫸ PER PARTECIPARE
      ⩥ Per partecipare basta una recensione a questo capitolo, non la futura parte due, in cui dite età, sesso, discendenza e di che segno vorreste sia. Argomentate un po' le vostre recensioni, non dico di idolatrarmi ma non usatele solo per iscrivervi (ho memoria di anni fa in cui mi han rimosso la storia perchè "sfruttavo le iscrizioni per avere più recensioni", vorrei evitare.)
      ⩥ Le schede van mandate esclusivamente per messaggio privato con oggetto "Nome e Cognome - La rivalsa di Ofiuco"
      ⩥ Mandatemi una sola scheda per messaggio, grazie.




⫸ SCHEDA
      ⩥ NOME E COGNOME:
      ⩥ SOPRANNOME:
      ⩥ ETÀ E COMPLEANNO:
      ⩥ IDENTITÀ DI GENERE:
      ⩥ GENITORE DIVINO E RAPPORTO CON ESSO:
      ⩥ FAMIGLIA MORTALE E RAPPORTO CON ESSA:
      ⩥ SEGNO ASSEGNATO & QUATTRO AGGETTIVI PER DESCRIVERE L'OC:
      ⩥ GRECO O ROMANO:
      ⩥ EVENTUALE RUOLO E/O POSIZIONE E COORTE.
      ⩥ FISICO:
      ⩥ PRESTAVOLTO (facoltativo): 
      ⩥ ABBIGLIAMENTO E STILE:
      ⩥ CARATTERE:
      ⩥ STORIA PERSONALE:
      ⩥ PAURE E DEBOLEZZE:
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      ⩥ POTERI:
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