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Autore: Bri2k04    06/04/2020    1 recensioni
|Maylor - accenni Jimercury|
John Deacon, un Sopramondiano la cui vita non lo soddisfa in alcun modo, scappa di casa e si ritrova in un mondo completamente diverso rispetto a quello al quale era abituato.
Il Sottomondo è strano, egocentrico, colorato, bizzarro, quasi quanto le persone che lo abitano. Nasconde dei terribili segreti, ed anche i tre ragazzi che incontra al suo arrivo - un biondo stregone, un riccio che evapora ed un moro dal trucco variopinto - posseggono storie che potrebbe non essere pronto ad ascoltare.
E non tutto è come sembra, nel Sottomondo, specialmente se il Re di cuori si mette in mezzo ai quattro nuovi amici...
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Jim Hutton, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Buongiorno a tutti! Mi chiamo Brì, sono nuova su questa piattaforma come scrittrice, anche se ho letto diverse fanfiction in passato. Finalmente, ho deciso di cimentarmi anche nella pubblicazione di una mia opera su una delle mie sezioni preferite, parlando dei Queen. Come avrete letto nella premessa, si tratterà di una AU un po' particolare, in quanto i nostri ragazzi vivranno nel mondo di Alice!
Ho già pubblicato i primi capitoli di questa fic sul mio profilo di Wattpad - mi trovate là sotto al nome di Brì2k04.
E beh, che dire... vi lascio alla lettura!

Le ultime parole pronunciate da suo padre erano ancora impresse nella sua mente, indelebili, quasi come se il ragazzo – o il suo subconscio – non volesse dimenticarle. Quasi come se fosse una punizione che si autoinfliggeva, probabilmente indice di consapevolezza.

Perché poteva darsi che, in fondo, l'uomo non avesse mai avuto torto.

John chiuse gli occhi e si fermò, appoggiando una mano sul tronco ruvido dell'albero al suo fianco. Pioveva, una pioggia che il ragazzo avrebbe definito con un solo aggettivo. Crudele.

Era una pioggia gelata, di quelle che ti penetrano nelle ossa e che ti fanno tremare in un modo incontrollato. Era una pioggia che sembrava rispecchiare completamente lo stato d'animo del rosso: faceva rumore, quelle erano gocce che non volevano passare indisturbate.

Sembrava quasi arrabbiato, quel cielo.

Un singhiozzo uscì dalle sue labbra. Non se n'era neanche accorto, ma John stava piangendo, e quel basso gemito gli portò nuovamente alla mente tutto quello che era appena successo a casa sua.

Si staccò dall'albero di scatto, come se fosse stato scottato. Come se i suoi stessi pensieri gli avessero ricordato tutto il dolore, tutta la tristezza e la rabbia che aveva caratterizzato quel pomeriggio. Si staccò, e senza guardarsi indietro corse, corse lontano dall'abitazione, lontano da quel luogo che per lui era stato più un ricordo di sofferenze che un riparo dal mondo esterno.

Un passo davanti all'altro, John cercava di non pensare a nulla. Cercava di concentrarsi solo sui suoi piedi che incespicavano leggermente nel fango, tentava di guardare solo alla pioggia che gli sferzava il viso. Eppure tutto riconduceva a lui, all'uomo che si era abituato a chiamare padre, anche se con qualche difficoltà.

Il modo con il quale il vento soffiava, rabbioso ed incontrollato, gli ricordava troppo le urla agghiaccianti che il padre si divertiva ad emettere per spaventare lui e i suoi fratelli; ed ogni passo in più gli faceva male, perché il fianco continuava a dolergli in modo insopportabile.

John provava a non pensarci, tentava di ignorare quelle continue fitte che gli rendevano difficile il respiro, eppure quello era più un dolore emotivo che fisico. Quel tipo di dolore lui non lo poteva controllare in alcun modo, come non poteva assolutamente cancellare l'eco delle voci dei suoi fratelli, quel pomeriggio.

Soprattutto non riusciva ad eliminare dai suoi ricordi le parole velenose che suo padre gli aveva urlato dietro poco prima. A ripensarci il rosso fu costretto a rallentare il passo fino a ridursi a trascinare stancamente i piedi, straziato da quella ferita ancora troppo fresca per essere ignorata.

Il ragazzo si era abituato, oltre a chiamare quell'infido uomo con l'appellativo padre, ai suoi schiaffi ed ai suoi colpi, sempre mirati alle parti più deboli del suo fisico. Si era abituato, ed ormai non ci faceva quasi più caso, come si era anche abituato alle prese in giro dei suoi fratelli – fratellastri, lui si costringeva sempre a correggersi, anche se era difficile – quando il suo viso era pieno di lividi ed il suo corpo era talmente malridotto da provocargli difficoltà a camminare.

Ci aveva impiegato del tempo, ma piano piano aveva imparato a rifugiarsi in quello che lui chiamava il suo posto sicuro. Non era altro che la sua testa, ed ad alcuni poteva anche sembrare una stupidaggine, ma da là dentro il dolore fisico non si sentiva quasi. Ormai i colpi del padre non facevano quasi più effetto: il suo corpo era lì, ma la sua mente altrove, la sua anima era al riparo dalle ferite.

Conosceva il comportamento dell'uomo: si limitava a picchiarlo fino a quando non boccheggiava, ormai rannicchiato per terra, e poi lo lasciava andare.

Eppure quella volta era stato tutto incredibilmente doloroso, e non solo perché i colpi, se possibile, erano stati più forti. Quella volta era stato doloroso perché l'uomo aveva infierito anche con le parole, mirando a minare l'animo di quello che avrebbe dovuto chiamare con affetto figlio.

Quella giornata era stata orribilmente crudele, e di questo conveniva anche John, mentre si stringeva le braccia nell'assurdo tentativo di scaldarsi un poco. Mentre camminava, il rosso ripensò alle sue parole, così tremendamente vere da indurlo a scappare.
Sporco frocio di merda, aveva premesso, facendo alzare gli occhi già pieni di lacrime al figlio, tu il cazzo te lo devi tenere nelle mutande, non nel culo degli altri.

John boccheggiò, trascinato ormai solo dal desiderio di allontanarsi il più possibile dalla casa. Era l'inerzia a guidarlo, il fianco gli faceva male da impazzire, eppure ricordando ciò che era successo aumentò il ritmo della corsa.

La cosa che lo avrebbe fatto sorridere se non fosse stato così distrutto era che lui non aveva mai fatto nulla di male. Quel mattino si era limitato ad andare a prendere il suo ragazzo a casa, ed erano andati insieme a scuola. Suo padre non avrebbe avuto da temere: oltre ad una stretta di mano non c'era stato nulla.

Eppure quando era lì, riverso sul pavimento, senza praticamente forze, non aveva ribattuto. Si era limitato a chiudere gli occhi, spaventato, perché non sapeva come avrebbe potuto reagire il padre a quella scoperta.

Tutta l'educazione che ti ho impartito, tutto l'amore che ti ho riservato... dopo tutto questo tu mi ringrazi così? Facendo il finocchio con un altro che non è altro che una merda come te?

John sentì una fitta al petto nel ricordarsi quelle parole. Aumentò ulteriormente il ritmo, con le lacrime che ormai gli offuscavano gli occhi. Non guardava nemmeno più dove stava andando: l'unica cosa che desiderava era che quella giornata non fosse mai esistita.

Nulla era andato bene, nemmeno a scuola, che di solito era il posto nel quale si sentiva più a casa. Strinse gli occhi con forza ricordandosi l'altro avvenimento che lo aveva distrutto. Federico, il bel ragazzo italiano con il quale aveva una relazione da ormai tre mesi, lo aveva lasciato. Per una ragazza.

Ed eccola, la rabbia: lo pervadeva in tutto il suo essere, era seconda solo al dolore. Al pensiero di Federico un lieve singhiozzo gli uscì dalle labbra. Fece un altro passo, e poi non ricordò più nulla.

Se qualcuno fosse stato dietro di lui lo avrebbe visto sbattere la testa contro un ramo, cadere in avanti e sparire, inghiottito da una sorta di buco alle basi di un albero gigantesco.

Prima di lasciarvi andare, vorrei evidenziare il fatto che niente di ciò che dice il padre di John in questo capitolo è assolutamente indice di un mio pensiero omofobo, tutt'altro. Sono assolutamente pro lgbt, non prendete ciò che ho scritto come un mio pensiero personale, perché non è affatto così.
A presto,
-Brì

   
 
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