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Autore: Bri2k04    11/04/2020    1 recensioni
|Maylor - accenni Jimercury|
John Deacon, un Sopramondiano la cui vita non lo soddisfa in alcun modo, scappa di casa e si ritrova in un mondo completamente diverso rispetto a quello al quale era abituato.
Il Sottomondo è strano, egocentrico, colorato, bizzarro, quasi quanto le persone che lo abitano. Nasconde dei terribili segreti, ed anche i tre ragazzi che incontra al suo arrivo - un biondo stregone, un riccio che evapora ed un moro dal trucco variopinto - posseggono storie che potrebbe non essere pronto ad ascoltare.
E non tutto è come sembra, nel Sottomondo, specialmente se il Re di cuori si mette in mezzo ai quattro nuovi amici...
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Jim Hutton, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Ciao a tutti! Prima di lasciarvi alla lettura, vi ringrazio per le visualizzazioni e le recensioni, davvero. Non mi aspettavo di ricevere le prime recensioni già adesso, dalla prima storia che pubblico, e ne sono contenta.

John guardava un po' stranito il comportamento del suo accompagnatore. Quando si erano incontrati sembrava un po' turbato, forse era nervoso, ma dopo l'imbarazzo iniziale si era dimostrato simpatico, socievole e dal carattere decisamente scherzoso.

Gli era piaciuto il fatto che Roger cercasse, in qualche modo, di tirarlo su di morale, anche se c'era poco che potesse fare: ciò che era successo quel giorno non poteva dimenticarlo facilmente, e nemmeno le sue risate avrebbero potuto sollevare il suo morale.

Avevano iniziato a camminare per il bosco, ed il rosso, tra un pensiero deprimente ed un altro, si stava guardando intorno con estrema curiosità. Ad essere strano non era solo Roger, che da quando aveva iniziato a piovere non aveva detto praticamente niente: anche il paesaggio intorno a lui era poco familiare.

Non aveva mai vissuto in città, la sua casa era stata prima in una delle campagne di Londra e poi si era spostato, dopo il secondo matrimonio della madre, in Italia, in un paesino sperduto del Milanese il cui nome non lo ricordava nemmeno lui.

C'era da dire che di campagne e di boschi ne aveva visti, nella sua vita: aveva molte più esperienze in mezzo alla natura che in mezzo ai suoi compagni di scuola, ne era consapevole. Ed aveva visto diverse foreste anche straniere: era andato in America, con suo padre – il suo vero padre -, che lo aveva portato a visitare i magnifici parchi naturali del Nord America, ed aveva visto innumerevoli foto anche della foresta Pluviale.

Eppure nulla gli ricordava in alcun modo qualche paesaggio che aveva visto in precedenza. Oltre ad innumerevoli alberi mai visti prima – piante con tronchi bitorzoluti, con cortecce incredibilmente lisce oppure con incisioni che sembravano stranamente naturali, nonostante fossero delle scritte in inglese – c'erano i funghi.

Pensava che, dopo tutte le gite a funghi che aveva fatto durante l'infanzia, ormai aveva visto ogni specie di fungo esistente, eppure quei tipi di organismi viventi non li aveva mai nemmeno immaginati. Erano enormi, e di tutti i colori possibili: ce n'erano alcuni di un rosso scuro, quasi nero, con il gambo talmente bianco da accecarlo; altri erano di un violaceo tendente al bluastro, con il gambo nerissimo; e ce n'erano altri variopinti, di due o tre tonalità diverse dei colori più impensabili.

I suoi occhi vagavano per quella natura senza che lui potesse controllarli, completamente assuefatti dalla magia che quel posto – il Sottomondo, lo aveva chiamato Roger – sprigionava.

Oltre agli alberi e ai funghi c'erano anche degli occhi che, di tanto in tanto, spuntavano tra gli arbusti. Erano proprio questi sguardi fugaci che, insieme a rari tuoni, lo facevano sobbalzare. Si stringeva spesso nel suo leggero cappotto, cercando di scaldarsi un po', nella speranza infantile di riuscire anche a proteggersi dal timore che gli provocavano tutti quei tuoni rabbiosi.

A volte qualche rumore improvviso lo faceva sobbalzare, facendogli sentire come la sensazione di non essere desiderato, là in mezzo. Sentiva qualcosa che li seguiva, ma non si arrischiava a girarsi, nella paura di incrociare per davvero lo sguardo di chissà che creatura mostruosa.

Un lampo rischiarò il cielo, e John sentì un brivido di puro terrore percorrergli la schiena. Si sentì come se, al posto di diciassette anni, ne avesse ancora quattro, quando il mondo era ancora un luogo completamente da scoprire e tutto era fiabesco ed esagerato. La goccia che fece traboccare il vaso, inducendolo a soffocare un urlo di paura e a stringere tra le mani gli avambracci, conficcandosi le unghie nella carne, fu quando calpestò per sbaglio un ramo, provocando un rumore sinistro che riecheggiò nel silenzio.

"Roger...", chiamò, pigolando quasi.

Il biondo si girò verso di lui, con un'espressione quasi di fastidio dipinta sul viso. Ma quella sensazione che John aveva provato quando aveva visto la faccia di Roger sparì subito, e sulle labbra del biondo si dipinse un sorriso cordiale, anche se comunque teso. "Dimmi, John. Siamo quasi arrivati, non preoccuparti.", disse, cercando di capire il motivo per il quale era stato interpellato.

Il rosso scosse la testa, timido, e continuò a camminare. "Qua... qua è sempre così... così...", iniziò, con un tono interrogativo. Non trovava la parola giusta: tutto gli appariva minaccioso, ma allo stesso tempo pieno di una fantasia ed una meraviglia che lo incantavano.

Roger rise. "Così oscuro?", chiese, retorico. "No, solitamente è tutto molto più... come dire... fiabesco. È raro che ci sia un temporale, succede solo quando...", mormorò, pensieroso. Si rinchiuse nel silenzio nel quale era rimasto poco prima, e John si limitò a guardarlo, pensando che il biondo finisse il suo discorso.

Quando, però, John si rese conto che Roger non aveva intenzione di spiegarsi meglio, tentò di nuovo. "Quando piove, qua nel Sottomondo?", chiese, timido.

Roger si voltò nuovamente verso di lui, rabbuiato, senza alcun accenno di sorriso. "Succede molto raramente, di solito quando qua il tempo è brutto si limita a fare uno scroscio di pochi minuti. L'ultima volta... l'ultima volta è successo quando è arrivata una persona dal Sopramondo.", sussurrò, perso nei ricordi. "John, tu sei un umano, non è vero?", chiese poi.

Il rosso, interdetto, annuì. "Penso... penso di sì. Vengo dall'Europa.", spiegò.

Il biondo annuì a sua volta, pensieroso. "Quello che immaginavo.", concluse, ritornando a guardare davanti a sé e cambiando sentiero, per addentrarsi in una parte della foresta ancora diversa da quella precedente. "Tutto potrebbe sembrarti un po'... un po' strano, soprattutto in questa zona. È stato così anche con l'altro ragazzo, ma ti abituerai in fretta.", spiegò, senza guardarlo e scostando un ramo da davanti ai suoi occhi.

John si guardò intorno, stupito dalla velocità con la quale il paesaggio intorno a sé cambiava. Quella zona era molto più viva di quella precedente: oltre alle ombre che lanciavano gli alberi, sentiva come lo sfarfallio di migliaia di farfalle, il ronzio di innumerevoli insetti, l'ululare di decine di lupi.

Non vide alcun animale, tutto sembrava immobile, eppure i rumori erano molto più definiti, in quella foresta. I funghi troneggiavano ai bordi del sentiero, ed anche Roger, che probabilmente era abituato da sempre ad aggirarsi per quei luoghi, si guardava intorno leggermente in soggezione.

"L'altro... ragazzo? Questo è un mondo diverso, non è vero?", chiese, curioso. In realtà, quello che lo spingeva a porre queste domande non era solamente la curiosità: lui voleva occupare tempo, parlare per non accorgersi di ciò che succedeva attorno a lui e, soprattutto, del dolore lancinante che provava al fianco.

Roger non aveva dato segno di accorgersene e procedeva al suo fianco, mantenendo un passo sostenuto e lanciandogli occhiate di tanto in tanto. Annuì. "Siamo nel Sottomondo, mentre tu vieni dal Sopramondo. Qua le cose sono molto diverse, e solitamente i passaggi da mondo a mondo non sono permessi. Sei uno dei pochi ad essere arrivato qua.", spiegò.

Il rosso sentiva che mancava qualcosa a quella spiegazione, sapeva che Roger stava omettendo qualcosa. Deglutì e si strinse le braccia al petto, sentendo freddo fino alle ossa, e si arrischiò a fare un'ultima domanda. "Ma... ma non sono l'unico, non è vero? Chi è l'altro ragazzo?", domandò.

L'altro ragazzo si fermò di scatto, inducendo anche John ad arrestarsi, interdetto. Lo guardò negli occhi. "Non ne parliamo mai, John. È un argomento che non posso affrontare... non spetta a me farlo.", disse, con una serietà che John non gli aveva mai visto per tutto il tragitto.

Il rosso annuì, leggermente spaventato dal tono con il quale era stata pronunciata questa affermazione, ed abbassò gli occhi, in soggezione. Non disse nulla, e Roger si sentì un po' in colpa per il suo scatto.

"Scusami, non volevo... spaventarti.", mormorò, a testa bassa. "È questo dannato tempo. Mi fa sentire uno schifo.", spiegò, continuando a camminare.

"È per questo che, quando sono arrivato, eri arrabbiato?", chiese John, senza riuscire a stare zitto.

Roger ridacchiò, scuotendo la testa. "Sei curioso, Johnny. No, non è per questo, no. Ma sono meteoropatico, ed è una cosa veramente odiosa.", soffiò, facendo annuire in silenzio il rosso.

Questo poteva spiegare molte cose, nel comportamento di Roger. Inizialmente, oltre alla lieve rabbia, il ragazzo era apparso scherzoso e disponibile. Con le prime gocce di pioggia aveva iniziato a rabbuiarsi un po', e quando le gocce erano diventate praticamente secchiate si era chiuso in un teso ed ostinato silenzio dal quale John lo aveva tirato fuori a fatica.

Sembravano due persone diverse, il Roger di mezz'ora prima ed il Roger di quel momento, e la meteoropatia lo poteva spiegare abbastanza bene.

Il rosso non disse più niente, ormai perso nei suoi pensieri. Aveva tentato di ignorare i ricordi parlando con Roger, quello che ormai poteva considerare come un nuovo amico, ma non ce l'aveva fatta per troppo tempo.

Non era che gli mancasse casa, affatto: i suoi ricordi tornavano più che altro per rammentargli dolorosamente che tutto quello che succedeva era solo per causa sua. Era iniziato tutto con il secondo matrimonio della madre, e nulla era poi migliorato.

Forse, all'inizio, John aveva sperato che la situazione si sarebbe potuta evolvere in un modo più pacifico, di cortese silenzio o addirittura di muto rispetto reciproco, ma si era reso velocemente conto che non sarebbe mai stato così.

Alla luce di quelle amare riflessioni, quella foresta oscura e quel temporale sembravano quasi tranquilli, innocui. Sospirò leggermente, stringendosi nel cappotto ed incespicando sui suoi passi, azione che non passò inosservata agli occhi di Roger, il quale si fermò e tornò indietro, per assicurarsi che tutto andasse bene.

"John... tutto ok?", chiese, preoccupato, affiancandosi ad esso.

Il rosso annuì, nascondendo maldestramente una smorfia di dolore dovuta al fianco dolorante.

Roger se ne accorse, ovviamente, e fece un'espressione contrariata. "Guarda che ci possiamo anche fermare. Non manca molto alla casa del mio amico, ma se non riesci più a camminare ci fermiamo laggiù e mi fai vedere che cos'hai.", continuò guardandolo con apprensione. Dato che il rosso non rispondeva in alcun modo, il biondo tornò alla carica. "Ti fa male il fianco, non è vero? Dai, fammi vedere, non mordo mica. Un piccolo incantesimo e sei come nuovo.", propose, avvicinandosi a lui.

Ma John si ritrasse, spaventato, e scosse rapidamente la testa. "No, no, non ne ho bisogno. Mi sono... mi sono fatto male quando sono caduto, prima. Niente di che, passerà... passerà velocemente.", farfugliò, cercando di convincere Roger.

Ma quest'ultimo non era un idiota, e si era accorto che John nascondeva qualcosa, come si era accorto anche che il rosso non avrebbe mai voluto dirgli nulla su come si fosse fatto male. Sospirò, rassegnato, e rallentò un po' il passo, in modo tale da permettere a John di seguirlo con meno difficoltà.

Fecero qualche altro passo, e poi Roger domandò: "Allora, e questa storia dello sporco frocio di merda?". Si riferiva, ovviamente, alla frase precedente di John, che con amarezza aveva pronunciato queste parole, facendo intendere che fosse stato un altro prima di lui a pronunciarle.

Una smorfia si dipinse sulle labbra del rosso, e quest'ultimo si morse un labbro, abbassando la testa. "Ecco, i-io...", iniziò, imbarazzato.

Roger sorrise, fermandosi di fronte ad un ramo pieno di foglie. "Tranquillo, anche io sono gay, non devi preoccuparti del mio giudizio.", lo consolò, facendo apparire un timido sorriso anche sul volto di John. "Ma non dirlo a nessuno.", continuò, guardandolo serio negli occhi.

Il rosso annuì. "E a chi potrei mai dirlo? Siamo in mezzo al nulla, da soli...", mormorò.

Roger strizzò un occhio e sollevò il ramo, svelando una scogliera con una casa dalla forma particolare sulla cima. John strabuzzò gli occhi nel vederla, ed il biondo aspettò un attimo prima di parlare, lasciando il tempo a John per metabolizzare.

Quell'abitazione aveva la strana forma di un cappello a cilindro, e le sue pareti esterne erano tutte fatte da lamine di alluminio colorato, un alluminio che rifletteva in modo magistrale la luce. Sopra l'ingresso, fatto da una porta alta e stretta di legno di mogano, troneggiava un bellissimo orologio con le lancette di argento.

"Qua nel Sottomondo non sempre le cose sono quelle che sembrano, Johnny.", mormorò Roger, scrutando la casa egocentrica dell'amico. "Veloce, ci inzupperemo tutti. La porta del Cappellaio è sempre aperta, in caso di amici in difficoltà.", disse, ritrovando la sua allegria che da subito lo aveva caratterizzato.

John deglutì, chiedendosi che tipo di persona potesse mai abitare in quella casa, e seguì Roger fino all'ingresso. Suonarono il campanello e, dopo solo pochi secondi, gli aprì una delle persone più bizzarre che il rosso avesse mai incontrato.

 Suonarono il campanello e, dopo solo pochi secondi, gli aprì una delle persone più bizzarre che il rosso avesse mai incontrato

Che dire... gli altri personaggi non sono ancora entrati nel vivo della storia, ma vedrete che già dal prossimo capitolo avrete la possibilità di scoprire come sono inseriti Fred e Bri nella fanfiction
Sperando che questo capitolo vi sia piaicuto, io vi saluto, augurandovi una buona Pasqua, sperando che stiate tutti bene, nonostante chiusi in casa.
A presto,
-Brì

 

   
 
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