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Autore: Saeko_san    19/04/2020    1 recensioni
Un'ombra si risveglia alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, a Venezia, qualche giorno dopo l'uccisione di un importante imprenditore della zona.
Un patto di collaborazione viene stretto tra l'ombra e una giovane ragazza, in cerca di vendetta.
| written between 2009 and 2010 |
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10:
Sacrificio per un amico sconosciuto
 
7 marzo 2002. Venezia, Campo dei Frari, sestiere di San Paolo. Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, cella ovest. 
 
La luna piena stagliava i suoi deboli raggi nella notte scura, infiltrandosi ambigua attraverso la finestra della cella dell’uomo, erano all’incirca le due di notte e tutto sembrava andar bene (ma solo apparentemente). Il vocabolario di cirillico era aperto; una biro vecchio stile a inchiostro blu in mano al frate aveva appena finito di scrivere l’ultima parola della traduzione e la “Pergamena della Tecnica Proibita” stava srotolata affianco al foglio moderno.
Interdictae Artis Membrana.
Perché ora sapeva cos’era. Aveva il foglio con la traduzione poggiato ordinatamente sul tavolo, di fronte a lui. Soffocò un sospiro di terrore.
Quella formula era dannatamente diabolica; sentiva crescere dentro il suo cuore quell’impulso che aveva predetto Manes: impedire a quei tre di sapere il contenuto di quel documento una volta venutone a conoscenza; avvertiva la voglia opprimente di accartocciare quella vecchia pergamena sgualcita, di gettarla nelle fiamme del piccolo antico camino della sua stanzina e lasciare che la damnatio memoriae cogliesse quello scritto.
Ma si contenne. Posò la biro accanto al foglio sulla scrivania, tentando di fermare il visibile tremolio della sua mano.
Due giorni di lavoro ci erano voluti, per una traduzione decente – i grafemi erano antichi, le parole non sempre corrispondevano a quelle odierne, pur se la lingua russa era la stessa.
Agli altri monaci e suore suoi colleghi aveva riferito di avere avuto una febbre improvvisa; la curiosità di tradurre quel foglio che Manes, Lixa e Paolo gli avevano affidato era stata tanta, ma ora si sentiva svuotato di ogni tipo di interesse e spirito d’avventura: aveva solo paura.
Una paura che non sapeva descrivere, ma l’ignoto che poteva celarsi dietro a quella opera era qualcosa di terribilmente oscuro; decise che comunque si trattava di magia e la magia non esisteva sulla terra, ma solo la fede in Dio era auspicabile.
Avrebbe dato quella traduzione ai tre ragazzi: si sarebbero resi conto da soli della sua pericolosità.
Glielo aveva promesso e frate Dominìc Ballon manteneva sempre le promesse.

 
***
 
Quel mattino si presentò assolato e splendente. Era il primo, dopo un inverno di continue piogge e freddo gelido e vento insopportabile; anche se non era ancora arrivata, la primavera iniziava a far sentire le sue prime avvisaglie.
Lixa, quel mattino, si era svegliata con una strana sensazione: sentiva che quel giorno, nonostante il bel sole che splendeva nel cielo, sarebbe successo qualcosa di spiacevole; probabilmente riguardava frate Ballon e l’Interdictae Aris Membrana. Il pomeriggio del giorno prima era andata in chiesa a pregare e a trovare Manes e Paolo; i due amici le avevano detto che frate Ballon si era chiuso in camera sua per un’improvvisa febbre, ma tutti e tre sapevano che in realtà stava traducendo il loro prezioso documento. Inoltre aveva seguito Paolo e Manes nelle loro ricerche dell’assassino di suo zio; avevano ricavato un identikit dell’uomo grazie ai ricordi di Manes.
I due avevano provato a chiedere alla ragazza se tra quelli che conoscevano suo zio ce ne era uno con gli occhi verdi e una mano più giovane dell’altra, probabilmente meccanica; ma lei non aveva mai visto nessuno con quelle caratteristiche ruotare attorno alla sua famiglia.
I tre avevano dunque cercato al comando di polizia e all’anagrafe di Venezia tutte le foto e i dati di tutti gli abitanti della città sulla laguna – sempre grazie a quell’amico di vecchia data del signor Livio, che aveva il fratello che lavorava nella casa dolciaria del defunto imprenditore.
Era stato un lavoro lungo e faticoso, ma era l’unico modo per poter capire chi fosse l’uomo in questione. Avevano iniziato non appena Paolo era entrato a far parte del patto e proprio due giorni prima avevano finito: nessun cittadino veneziano corrispondeva all’identikit dell’omicida.
Ora avevano iniziato con i turisti, che in quel periodo dell’anno erano veramente pochi a Venezia, perciò avrebbero fatto in fretta; era una fortuna avere una persona amica che avesse accesso a quelle informazioni, che altrimenti da soli non sarebbero mai stati in grado di reperire.
Questi pensieri l’accompagnarono per tutta la mattina, mentre seguiva le lezioni a scuola, durante la ricreazione, mentre tornava a casa, pranzava, faceva i compiti e attendeva l’orario dell’inizio della messa del pomeriggio. Quando furono le cinque meno venti si mise la sua giacca blu e bianca e uscì. Le giornate iniziavano gradualmente ad allungarsi e quando giunse al sagrato della chiesa, il sole era ancora in cielo, anche se si stava avviando verso il tramonto.
Senza sapere perché, Lixa avvertiva la sensazione che tutto ciò che le stava attorno si muovesse più lentamente, che il tempo stesso scorresse più lentamente, mentre lei si muoveva frenetica, come se il tempo non fosse mai abbastanza. Infatti si ritrovò davanti al portone della chiesa alle cinque meno dieci, dieci minuti di anticipo. Non le era mai successo, dato che di solito arrivava lì perfetta come un orologio.
Comunque entrò e attese. Man mano arrivarono gli altri fedeli e tra loro intravide anche la signora Laura; la donna la salutò cordialmente, decisamente sorpresa di vederla già lì.
“Certo, ogni volta ci incontriamo fuori” realizzò Lixa, vedendo lo sguardo confuso della sua vicina e tutrice, ma facendole segno di non preoccuparsi. La messa iniziò, Lixa congiunse le mani, chiuse gli occhi e iniziò a pregare a labbra strette. Ma una voce che non aveva mai sentito, se non in rare occasioni, iniziò il sermone: non era quella di frate Ballon e nemmeno quella di frate Luigi. Lixa aprì gli occhi e sull’altare vide frate Lazzaro: era identico a frate Luigi, ma il timbro di voce era decisamente più profondo; quel tono ebbe un effetto calmante sulla ragazza, che invece di ricongiungere le mani, chiudere gli occhi e cominciare a pregare a labbra strette, rimase vigile e attenta a quanto il frate stava dicendo, forse per la prima volta da quando lo zio era morto senza pensare alla vendetta.

 
***
 
La messa finì presto. Frate Ballon aveva fatto in modo che fosse frate Lazzaro a tenere il sermone, quel giorno; lui aveva bisogno del tono di voce rassicurante di quell’uomo.
Avrebbe dovuto consegnare a Paolo, Lixa e Manes la traduzione dell’Interdictae Artis Membrana e aveva fatto in modo che anche Paolo e Manes si trovassero lì durante la messa pomeridiana. Frate Lazzaro, eccetto rarissime volte, era il perfetto contrario del fratello gemello. Se frate Luigi era nevrotico, isterico e rabbioso e solo rare volte cercava di mantenersi calmo, frate Lazzaro invece era tranquillo, paziente e incredibilmente loquace, poiché solo poche cose riuscivano ad irritarlo (e tra queste c’era l’insistenza della polizia nel fargli domande sull’omicidio di Livio Tosca).
Parlare con lui era l’unico rimedio all’agitazione; anche solo ascoltarlo aveva un effetto calmante.
Quando il sermone finì, tutti i fedeli sembravano tranquilli e sicuri che le loro preghiere sarebbero state ascoltate.
“Dovrebbe esserci sempre Lazzaro a tenere la messa” pensò il prete a capo del personale della basilica. Persino Federico, il ragazzo introverso che viveva lì, sembrava più calmo: infatti parve non preoccuparsi quando frate Ballon si avvicinò a Paolo, stranamente solo.
 
-Dov’è Manes?- gli chiese.
-Nella mia ombra- rispose il ragazzo –Uscirà fuori quando tutti i fedeli se ne saranno andati, quando Lixa si avvicinerà e quando gli altri funzionari della basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari si saranno allontanati dalla sala dell’altare-.
-Ti ha detto lui così?-.
-Testuali parole-.
 
Lo sguardo grigio di Paolo per un attimo si immerse in quello nero di frate Ballon, prima di addolcirsi nel vedere Lixa mentre li raggiungeva; dopodiché il ragazzo spiegò anche a lei le condizioni nelle quali Manes sarebbe uscito dalla sua ombra.
Quando tutti i fedeli se ne furono andati e gli altri frati e suore si allontanarono dalla sala dell’altare, l’ombra si affacciò da dietro le spalle di Paolo. I suoi occhi d’oro sembravano due monetine sospese a mezz’aria e risaltavano tantissimo nel suo corpo ombroso; frate Ballon sussultò per la prima volta a quella vista.
Poi l’ombra si trasformò in fumo nero e al suo posto comparve il ragazzo con i capelli neri e ricci, due ciocche di capelli verdi sul lato sinistro della testa e gli occhi azzurrodorati.
Fissò frate Ballon, facendo uno sguardo che diceva: “So già quel che c’è nel documento”. I ragazzi non avevano detto al prete della capacità di Manes di leggere nel pensiero, quindi l’uomo non se ne curò più di tanto.
 
-Ragazzi, ho passato due giorni a tradurre il vostro pezzo di carta-.
-E di cosa parla?- chiese Lixa, con gli occhi che le brillavano.
-Di una tecnica che spiega come poter portare qualcuno in un quadro. Ci sono tutte le indicazioni per eseguirla. Non c’è bisogno che vi spieghi nulla, è fin troppo esplicita. Non c’è menzionato nessun modo per tornare indietro una volta nel dipinto-.
 
Mentre frate Ballon pronunciava queste parole aveva tratto da sotto il suo saio un foglio A4 ripiegato molte volte su se stesso, assieme al rotolo della pergamena, legato con un nastro bourdeaux.
 
-A chi li consegno?-.
-Lo dia a Paolo- disse Manes, con una voce atona.
 
Il suo tono roco e vellutato aveva uno strano effetto mentre cercava di apparire senza emozione; quell’effetto ebbe le conseguenze di allarmare sia Lixa, che lo guardava confusa, sia Paolo, che invece lo fissava sorpreso e preoccupato.
 
-Paolo è stato l’ultimo di noi tre a entrare nel patto. Può fungere da intermediario tra me e te- spiegò Manes, in risposta allo sguardo interrogativo della ragazza.
 
Il prete consegnò all’orfano la traduzione, ignorando ciò di cui stava parlando l’ombra; il solo atto di consegnare quei due pezzi di carta aveva qualcosa di incredibilmente ufficiale. Li guardò con un nodo allo stomaco. Stava facendo la cosa giusta?
 
-Beh, da adesso in poi potrete fare da soli- disse –Se comunque avete bisogno di aiuto, sapete dove trovarmi-.
-Grazie, frate Ballon- dissero i tre all’unisono, mentre aprivano la traduzione e iniziavano a leggerla.
 
L’uomo anziano si voltò un attimo. Sui loro volti si stava già dipingendo un’espressione inorridita. Lui, frate Dominìc Ballon, aveva fatto la cosa giusta?

 
***
 
Si erano ritrovati tutti e tre nella saletta che si trovava accanto alla tomba di Monteverdi, il mattino seguente; era domenica, i visitatori non potevano entrare e la messa mattutina era finita da poco. La sera prima avevano letto attentamente la traduzione dell’Interdictae Artis Membrana, anche più di una volta. Sembrava loro di essere precipitati in una sorta di incubo.
L’unico modo concreto per poter entrare in un quadro era un sacrificio di sangue. Umano. C’erano descritti tutti i riti necessari che dovevano precedere l’uccisione, poiché bisognava sacrificare la vittima davanti al quadro, per potervi poi entrare.
 
-Siamo sicuri che questo sia l’unico modo per poter entrare in un quadro?- chiese Manes.
 
Lixa e Paolo lo guardarono in uno strano modo. Era stato il primo ad aver rotto il silenzio.
 
-Sì, purtroppo- rispose sconsolata Lixa –Ho letto tutti quei libri che c’erano nella Biblioteca Marciana. Non ci sono altre spiegazioni concrete-.
-E quindi ora come facciamo?- chiese Paolo.
-Due sono le cose: o rinunciamo al nostro patto, io non troverò chi ha ucciso lo zio di Lixa e non tornerò nel quadro, da mia madre- e detto questo guardò i suoi due amici.
 
Entrambi scossero il capo, Lixa con più vigore di Paolo. Per l’ennesima volta provò a scrutare i pensieri della ragazza, ma ancora una volta ne rimase deluso; di nuovo niente, zero assoluto, solo silenzio proveniva dalla mente della ragazza. Allora espose la seconda opzione:
 
-Oppure troviamo qualcuno da sacrificare e manteniamo il patto-.
 
A quest’affermazione vide loro due sbiancare di nuovo. Lo facevano spesso quando avevano cominciato a sentire il verbo “sacrificare”.
-Siamo ad un punto fermo- convenne Paolo, sedendosi sulla panchina di marmo davanti al quadro della saletta.
-Io avrei un’idea- iniziò Lixa.
 
Manes la scrutò intensamente, in attesa; era indecisa, si mordicchiava il labbro inferiore, non sembrava essere certa nemmeno lei di quello che stava per proporre. L’ombra avrebbe voluto seriamente riuscire a leggerle nel pensiero.
Silenzio.
 
-Che idea?- chiese Paolo, guardandola con uno sguardo speranzoso.
-Ma non credo che vi piacerà-.
-Tu intanto dilla-.
-Poteri essere sacrificata io-.
 
Silenzio di nuovo. Ma stavolta non solo dai pensieri di Lixa, poiché anche nella sua testa c’era il silenzio assoluto. Persino Paolo non disse nulla. Sembrava che il tempo si fosse fermato nel tempo stesso in cui Lixa aveva pronunciato la frase: “Potrei essere sacrificata io”. Persino la chiesa sembrava tacere; era come se quella frase l’avesse urlata e chiunque nel raggio di miglia fosse ammutolito.
 
-Sei impazzita, Lixa?- riuscirono a dire Paolo e Manes.
-No. Io sarei disposta a questo-.
-Saresti disposta?- quando Manes pronunciò questa frase ebbe l’impressione di un deja-vu.
 
Aveva detto quella stessa domanda quando lui e Lixa avevano stretto il patto e quella volta Lixa era stata irremovibile; questa volta Manes avrebbe dovuto impedirlo. “Devo impedirlo!” pensò con vigore.
 
-Sì-.
-Ti rendi conto che questo renderebbe nullo il patto che tu e Manes avete stretto?- chiese Paolo, con gli occhi sorpresi.
-Come?- le difese di Lixa sembrarono improvvisamente intaccate.
-Certo- continuò Manes, che aveva capito ciò che intendeva Paolo –Se tu ti lasciassi sacrificare, io non avrei più motivo di vendicare tuo zio-.
-Ma potresti vendicarlo prima che io venga sacrificata-.
-Non se ne parla. Mi rifiuto di ucciderti- disse Manes, voltandosi verso la polla dell’acqua santiera presente in quella stanza.
-Io avrei un’altra idea- disse Paolo d’improvviso, con lo sguardo che gli si accendeva sul viso.
-Quale?- chiese Manes, senza voltarsi.
-Potreste sacrificare l’uomo che ha ucciso Livio Tosca. Così Lixa avrebbe la sua vendetta e Manes potrebbe tornare tranquillamente nel quadro-.
-Ma non abbiamo ancora trovato quell’uomo-.
-Ve lo volevo dire ieri, ma poi con quella traduzione…-.
 
Manes si voltò e sia lui che Lixa si avvicinarono a Paolo.
 
-Chi è?- chiese la ragazza.
-Si chiama Antonio Cisano. È un imprenditore napoletano che si è appena accaparrato la direzione della Ca’ de Delizie, l’azienda dello zio di Lixa. Corrisponde perfettamente all’uomo che Manes ha visto nei suoi ricordi. Si veste sempre di nero, ha gli occhi verde smeraldo, come l’anello che porta sul medio della mano sinistra e ha la mano più giovane, finta e meccanica perché quand’era giovane sembra che abbia perso quella vera in una battaglia per le vie di Napoli con i fuochi d’artificio-.
-È lui- disse Manes.
 
Ne era sicuro.
 
-Paolo, sei un mito!- gridò Lixa, piena di felicità.
 
Corse ad abbracciare il ragazzo. Un’emozione fortissima investì Manes in pieno; ma non era la sua emozione, bensì quella di Paolo. C’era qualcosa di sbagliato nel provare felicità per aver trovato un uomo che poi sarebbe stato ucciso per vendetta, ma tutte quelle settimane passate a vagare nel nulla sembravano improvvisamente acquistare un senso.
Lasciò soli i due ragazzi, uscì dalla saletta e si avvicinò all’altare. Guardò il quadro dell’Assunta di Tiziano. “Madre” pensò, mentre sfiorava la tela con un dito “Sto per tornare da te”. Anche lui, dopo molto tempo, sorrise.




























Note di Saeko:
siamo giunti finalmente al turning point della storia, in cui i due ragazzi uniscono molti punti del mistero; scoprono l'identità dell'assassino presente nei ricordi di Manes e trovano un modo (forse) concreto per riportare l'ombra nel quadro. Spero di essere riuscita nell'intento di rendere questo capitolo lugubre, come era nelle mie primarie intenzioni. Una piccola "chicca" che posso lasciarvi era che la suspense era stata creata inizialmente da frasi brevissime che però, rileggendo l'intero capitolo, spezzava moltissimo la narrazione e credo fosse sinceramente fastidioso da leggere; mi auguro che questa versione sia più piacevole ma che al tempo stesso non abbia eliminato quel senso di trepidazione che volevo scaturisse dal capitolo. Se ci sono errori o altro, fatemi sapere!

Passo a ringraziare alessandroago_94 per essere passato a commentare anche il precedente capitolo e AuroraDea per avermi inserita negli autori preferiti.

Vi auguro di passare una buona domenica (o quel che ne rimane); bye folks.

Saeko's out!
  
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