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Autore: Malbethy    21/04/2020    0 recensioni
Emma era una ragazza come tante. Viveva diligentemente per soddisfare il Sistema, lavorava duramente e solo la sera si concedeva il lusso di essere una ragazza di 20 anni.
Ma una sera tutto cambia. La sua vita verrà stravolta e si troverà a dover combattere per poter sopravvivere. Non sarà sola.
Amicizie perdute, amori ritrovati.
Una nuova saga distopica.
Il Sistema vi controlla.
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le strade erano tutte uguali a Seattle, se non per chiazze di colore che distinguevano i quartieri.  Al mio era stato assegnato il rosso, colore abbinato a chi lavorava in campo medico come me e mio padre. Di notte, senza luce a rischiarare il buio, il colore era talmente scuro da sembrare sangue rappreso che colava giù dalle pareti, non c’era nessun lampione ad illuminare la zona e camminare da sola per queste vie mi aveva sempre dato un senso di angoscia difficile da spiegare.
Non era come il quartiere di Jason, con le sue case verdi, che donavano quasi sempre un senso di allegria ogni volta che qualcuno passava per di lì.
<<  Arrivati piccola >>, Jason mi aiutò a rimettermi in piedi, difficilmente ci sarei riuscita da sola. Questa volta lo giuravo su tutto ciò che avevo di più caro al mondo, non avrei mai più esagerato con l’alcool. Le luci del salone erano accese, questo significava che mia madre come sempre era rimasta sveglia ad aspettarmi. Non riusciva a non vedermi più come una bambina e continuava stare in pensiero per me.
<< Oh-oh. La signora ti aspetta >>
<< Se non dovessi farmi sentire domani, chiamate le guardie >>, sussurrai.
Eccola lì mia madre, con i suoi capelli corvini che le incorniciavano il volto pallido, mentre mi guardava con aria di rimprovero dalla finestra. Addio al mio piano di entrare di soppiatto!
La casa era calda e il profumo di limoni della crema viso di mia madre era ancora nell’aria e rievocava in me ricordi di un’adolescenza felice e spensierata.
<< Emma, possibile che ogni notte rientri sempre più tardi? Lo sai che io e tuo padre stiamo in pensiero! Non ci posso credere! Devi pensare anche a noi! O non ci vuoi bene?  >>
Non avevo le forze di rispondere, la testa continuava a girarmi terribilmente e mi limitai ad annuire e dare un bacio sulla guancia liscia di mia madre.
<< Mi dispiace. Però possiamo parlarne domani? Ho veramente bisogno di dormire. >>
Non so se mia madre sentì quella frase, una luce accecante illuminò la casa come se fosse giorno seguita da un tonfo talmente forte da farmi tremare il cuore. La porta d’ingresso era stata completamente scardinata e lasciata cadere.



Le scale erano di cemento grezzo, non raffinate come il resto della casa, come se chi le avesse costruite avesse voluto finire il lavoro il più in fretta possibile. Le luci attaccate al soffitto si accendevano quando la loro insegnante ci passava sotto, rivelando un altro corridoio lungo e buio di cui non si intravedeva la fine.
Non aveva mai sofferto di claustrofobia, ma avrebbe potuto benissimo cominciare ora. Sembrava che le pareti si stessero restringendo intorno a lei e il soffitto la stesse schiacciando. Prese lunghi respiri per cercare di tranquillizzarsi.
Neanche quando era piccola le aveva mai dato fastidio stare chiusa in spazi stretti, ora che sapeva cosa fosse la libertà non riusciva a sopportare l’idea che le fosse stata tolta un’altra volta. Tutti camminavano in silenzio, andando in contro al loro destino a testa bassa. Emma provava ad immaginare cosa sarebbe successo da lì a poco, ma la sua immaginazione non arrivava a tanto. Come avevano intenzione di addestrarli?
A cosa li avrebbero addestrati? Combattimento, armi? Qualcuno si sarebbe fatto male?
L’ultimo punto era sicura fosse l’unico a cui avrebbe potuto rispondere da sola e un grande ‘si’ lampeggiava nella sua mente.
L’unica cosa di cui era certa è che ormai stavano camminando da cinque minuti e il suo cuore batteva talmente velocemente che aveva paura che anche gli altri potessero sentirlo.
Iniziava a sudare freddo e sentiva che la tuta le si stava appiccando addosso. L’ansia le stava corrodendo lo stomaco, aveva troppe domande che le risuonavano in testa, domanda a cui sperava oggi qualcuno avrebbe dato delle risposte.
Ed eccola lì la loro destinazione, una stanza enorme si estendeva davanti a loro. Quattro persone li stavano aspettando, seri e nella stessa identica posizione: mani dietro la schiena e testa rigida con lo sguardo puntato in avanti.
<< Buongiorno. Vedo che nessuno ha saltato l’appuntamento, quasi mi dispiace le punizioni sono sempre la parte più divertente di questi addestramenti. Il mio nome è Felix, sarò colui che vi addestrerà a combattere. I miei colleghi qui, sono Samantha esperta di veleni, Joe esperto di lotta con armi e Rox esperta nelle comunicazioni >>
Emma guardò tutti e quattro cercando di associare i nomi ai loro volti, l’uomo che aveva parlato era sicuramente colui che attirava più l’attenzione. La pelle color cioccolato, la stazza imponente e lo sguardo da psicopatico. Guardava tutti con un’espressione disgustata perenne sul volto.
Samantha era donna piccola, assomigliava quasi ad un folletto, a cui avevano strappato le ali, sorriso sempre presente, capelli biondi portati corti e mani in continuo movimento.
Gli ultimi due erano identici, se non per il sesso. Stessi capelli rossi, stessi occhi scuri e stessa espressione vacua. Erano sicuramente fratelli.
<< Mi… Mi scusi >> a parlare fu una dei suoi compagni. Non l’aveva mai notata, né in mensa, né in doccia, né per i corridoi. Era abbastanza anonima, difficilmente si sarebbe ricordata di lei o l’avrebbe notata, se non avesse aperto bocca ora.
<<  Ecco, perché dovete addestrarci a combattere? >>
Ed eccola qua la domanda che tutti volevamo porre, ma nessuno aveva il coraggio di fare. Proprio la ragazza anonima, quella a cui nessuno avrebbe dato un soldo, aveva avuto il coraggio di farla. Alcune volte le persone ancora mi sorprendevano.
<< La ragazzina qui ha fegato devo ammetterlo. Come al solito tocca a me spiegare dove vi trovate, perché siete qui e tutte le altre cose. Ve la farò breve, siamo gli Shadows, gli assassini scelti dal Sistema. Agiamo nell’ombra, aiutiamo chi ha bisogno, ma alla fine dei conti siamo mercenari. Il Sistema ci ricompensa per togliere di mezzo persone che potrebbero costituire un problema. Ora, nessuno vi costringerà a rimanere o seguire le lezioni. Potete andarvene e sono sicuro che il Sistema vi ricollocherà per un’altra mansione. Quindi a chi non piace, prego >>, Felix indicò una porta nera dall’altra parte della stanza, che risaltava sopra le pareti completamente neutre che li circondavano.
Vedeva ragazzi e ragazze che bisbigliavano fra di loro e si guardavano intorno spaesati da quella scoperta e dalla possibilità di abbandonare.
Il maestro di combattimento non aveva indorato la pillola e ora guardava i suoi studenti con un sorrisetto sulle labbra, aspettando chi di loro avesse lasciato per primi.
Per Emma, però, il tranello c’era. Era impossibile che lasciassero andare via le persone così facilmente, si trattava comunque di una società segreta di cui nessuno era a conoscenza, tranne alcune persone come Raw. Se andarsene era possibile in quale modo avrebbero potuto costringere a non parlare?
Un gruppo di ragazzi fece un passo in avanti, in totale erano sei, rivolsero un sorriso incerto agli insegnati per dirigersi, poi, verso quella porta che prometteva salvezza.  Riuscirono a fare solo alcuni passi prima di cadere a terra, senza emettere nemmeno un suono. I corpi atterrarono con un tonfo sordo, manici di coltelli sbucavano dalla loro schiena o dai loro colli. Alcuni avevano la bocca spalancata, altri era caduti con la faccia sopra il pavimento facendo rumore di ossa rotte.
Emma si girò velocemente verso le quattro figure in nero che erano di fronte a loro e tutti stavano ritornando piano alla loro posizione originaria, mentre risistemavano i coltelli da lancio che non erano serviti.
<< Come dicevo il Sistema saprà come reindirizzarvi. Il concime serve sempre >>
Il suo corpo era come immobilizzato, non riusciva a credere che della vite avessero così poco peso. Quei ragazzi avevano una famiglia, genitori da cui tornare, amanti da riabbracciare e amici da consolare. Ora erano semplicemente cadaveri.
Non volevano insegnare semplicemente ad uccidere, volevano insegnare ad essere delle macchine.
La ragazza riusciva a vedere Mia in lontananza che tremava e stringeva il proprio corpo con le mani. Jason che la guardava, ma aveva paura ad avvicinarsi per le ripercussioni che avrebbe potuto ricevere.
<< Purtroppo siete rimasti in undici, quindi non vi potremmo dividere in modo equo. Ora chiamerò il primo gruppo che andrà con Rox: Jason, Rob, Jade. >>
Li conosceva tutti e tre. Il suo cuore perse un battito quando sentì il nome di Jason, che si dirigeva verso la donna con un’espressione decisa sul volto. Sperava solo di vederlo all’ora di pranzo.
<< Secondo gruppo: Camilla, Lucien, Sebastian. Voi andrete con Samantha >>
Ecco, come si chiamava la ragazza anonima. Camilla, un bel nome che di sicuro le si addiceva. Gli altri due li aveva incrociati qualche volta, ma non avevano scambiato neanche un saluto. Rimanevano in cinque.
<< Il terzo gruppo che invece andrà con Joe sarà: Mia, Sam, Micheal e Romi. Che cazzo di nome è Romi?>>
Emma rimase da sola al centro della stanza, era rimasta solo lei e per esclusione avrebbe svolto la sua prima lezione con lo psicopatico.
La solita fortuna.
<< Tu, capelli bianchi con me. Per essere più chiari, questi gruppi non cambieranno mai>>
Come volevasi dimostrare.

Cambiando invece stanza due figure guardavo la scena con una certa curiosità. Joseph guardava con interesse la ragazza che stava al centro della sala con le spalle dritte e l’espressione neutra in volto, non aveva mai nascosto il suo interesse verso di lei da quando l’aveva vista per la prima volta, sporca e denutrita, che invece di preoccuparsi per se stessa cercava con gli occhi gli amici.
Non passava inosservata, ma il suo interesse verso di lei non era dato semplicemente dal colore dei suoi capelli, ma perché conosceva solo una persona che li aveva avuti così e non la vedeva da circa dodici anni.
<< Secondo te può essere lei? >>
<< Non lo so, Joseph. Dobbiamo aspettare >>
<< Oh, aspetterò. Puoi giurarci >>


{E rieccoci! Mi scuso con tutti per l'attesa, ma fra Pasqua e poi problemi miei personali non ho avuto modo di pubblicare altro. Per farmi perdonare questa settimana ho pensato di effettuare due aggiornamenti, quindi di pubblicare anche il terzo capitolo. Ma non vi prometto nulla, che se non dovessi farcela, mi sentirei in colpa! 
La storia di Emma va avanti e come vedete ho accennato il punto di vista di altri personaggi, che non sarà una costante, ma capiterà che ci sia. 
Ringrazio FDFlames che ha lasciato la mia prima recensione e lo ringrazio di nuovo per tutti i complimenti. 
Mi sono accorta che nei precedenti capitoli alcune frasi di dialoghi si erano completamente cancellate e quindi ho riaggiornato tutto! 
Grazie mille a tutti! Al prossimo capitolo <3 }

 
  
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