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Autore: Dragon mother    25/04/2020    2 recensioni
Isabella sta tornando da una breve vacanza insieme ai genitori. Poco prima di giungere nella sua città, l'auto su cui viaggia precipita in un laghetto. Lei viene salvata miracolosamente ma dei suoi genitori non vi è nessuna traccia... per alcuni anni...
Eccomi qui a ripubblicare questa storia dal mio vecchio account. Tutti i capitoli sono stati revisionati e all'occorrenza corretti.
Spero entrerete a dare un'occhiata.
Genere: Fluff, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Buongiorno ragazze e buon 25 aprile!
Alla fine ho deciso di regalarvi due aggiornamenti alla settimana anche per questa storia. I giorni saranno gli stessi di Summer love.. credo vi faccia piacere e quindi vi lascio alla lettura..
In questo capitolo Bella farà la conoscenza di un altro Cullen. A presto.
 
 
Bella
 
Quando il dottore mi dovette lasciare per iniziare le sue visite, mi sentii nuovamente sola, nuovamente schiacciata da quel senso di abbandono e solitudine che da qualche ora mi attanagliava il cuore.
"Bella devi solo riposare, vedrai che poi starai meglio" così mi aveva detto il dottor Carlisle, l'amico di papà.
Le operazioni erano andate bene, ma qualcosa ancora non mi era chiaro: dove erano i miei genitori?
Guardavo fisso di fronte a me, le pareti della camera non erano mai state così -strette-, così opprimenti come nelle ore passate.
Mi sentivo come in una trappola.
Un paio di colpetti alla porta mi fecero capire che avevo visite.
Una bella signora si presentò
sulla porta.
Alta, snella, dai capelli color cioccolato e due occhi d’ambra.
"Ciao Isabella, sono Esme, la moglie del dottor Carlisle"
"Oh..." dissi incapace di pronunciare altre parole.
Il dottore era stato così gentile da chiamare sua moglie per tenermi un po' compagnia.
Richiuse delicatamente la porta alle sue spalle e con passo aggraziato si avvicinò al mio letto.
"Ho saputo dell'incidente e degli interventi cara, come ti senti adesso? Hai molto dolore?"
"No, no ora va molto meglio signora, grazie" le risposi con un po’ di fatica, guardandola in viso.
Era davvero una bella donna, giovane e.. strana, proprio come il dottore.
"La prego, si.. si sieda qui accanto a me".
"Ti ringrazio cara ma dammi pure del tu, chiamami pure Esme"
"Va bene, Esme"
"Ma dimmi tesoro, non ricordi niente dell'incidente?"
Quella domanda mi spiazzò e mi gelò ogni muscolo del corpo.
Esme notò subito il mio stato di dolore e quasi si ammonì da sola per la domanda forse poco opportuna che aveva appena fatto.
Ma non era colpa sua, voleva aiutarmi, voleva capire anche lei che cosa potesse essere accaduto giù al ponte.
Raccolsi tutte le forze sforzandomi di non iniziare a piangere e le raccontai tutto ciò che ricordavo.
Quel mattino stavo tornando a casa coi miei genitori, eravamo felici per la vacanza appena conclusa e poi... all'improvviso l'auto ha sbandato ed è finita giù dal ponte, nell'acqua.
E da li, per me, c'era il buio.
"Mi dispiace tanto cara" mi disse accompagnando la frase con un dolce sorriso.
Cercai la sua mano e la strinsi nelle mie. Le sue dita erano affusolate, dalla pelle morbida e.. fredda. Non badai più di tanto a quel particolare, così felice di avere qualcuno accanto.
Passammo il tempo a parlare di lei. Mi raccontò del suo lavoro, all'atelier di moda, della sua casa, di Carlisle e di quanto si amassero. E si vedeva, anche solo quando lei pronunciava il suo nome.
Qualcuno bussò e fui contenta di vedere il dottore sbucare dietro porta.
"Bene, vedo che avete fatto amicizia!" si fermò sorridente accanto al letto.
"Si caro, Isabella è proprio una creatura deliziosa"
"Posso dire lo stesso di te, Esme"
Posò il suo sguardo su di me e mi accarezzò una guancia.
"Bene, allora Bella, facciamo ancora qualche esame prima di cena e poi sei libera, per oggi, ok?"
"Certo dottore, sono prontissima!"
Non sapevo da dove tirassi fuori tutta quella forza per affrontare quella situazione ma dovevo andare avanti, dovevo farcela.
E ci sarei riuscita.
 
 
Esme
 
Anche il cuore di un vampiro può soffrire?
Vedere una bambina di 11 anni sola, spaventata e inerme in un freddo letto d' ospedale, mi aveva stretto il cuore.
Da quando ero diventata una vampira, ogni senso in me si era ampliato, ogni senso si era affinato e probabilmente anche il mio cuore era più sensibile, forse non aveva smesso di provare dolore, forse non aveva mai perso battiti e forse non si era mai fermato.
Avevo molte domande che mi giravano in testa e anche alcune ipotesi che mi facevano sentire ancora più triste per la sventura di questa piccina.
Carlisle non aveva fatto le mie stesse considerazioni su cosa potesse davvero essere successo e all'inizio non volle prendere in esame i miei pensieri. Aveva più dubbi di me.
In fondo ciò che pensavo poteva rivelarsi reale e talmente pericoloso, per tutti.
Tutto collegato ad una città, tutto collegato ad un nome: Aro Volturi.
 
 
 
Carlisle
In ospedale avevo parlato ad Esme della sparizione dei genitori di Bella e lei mi aveva dato delle ipotesi a cui io non volevo proprio credere.
"Io sospetto che dietro a tutta questa storia possano esserci i Volturi" mi aveva confidato.
"No Esme, non può essere. Sono consapevole dei rapporti un po' tesi che intercorrono tra la nostra famiglia e quella di Aro ma non posso pensare che si sia abbassato a tanto."
"Carlisle pensaci. Non hai trovato i corpi dei genitori di Bella, non ci sono tracce -umane- o di animali nei pressi del lago o del ponte, quindi cosa potrebbe essere accaduto se non quello che temiamo? E poi, non mi hai detto anche tu che hai sentito uno strano odore, più simile al nostro, quando sei tornato al lago? In più, non ricordi quanto Aro desideri avere Alice ed Edward tra le fila della sua guardia?"
"Caspita Esme, se tu dovessi avere ragione, sarebbe davvero un bel pericolo, soprattutto per la piccola!"
Esme mi stava aprendo gli occhi.
Aro è un "vecchio" vampiro, uno degli -Antichi-, uno dei primi vampiri ad essere stato creato, perfino più -vecchio- di me.
Per una parte della mia vita da morto, ho vissuto alla sua corte, come membro della sua guardia. Ero un vampiro -neonato- e senza un posto dove andare, ero solo e spaesato, ero giovane e.. aggiungo anche stupido.
All'inizio mi trovavo abbastanza bene, nonostante non mi sentissi perfettamente integrato in quella comunità fatta per lo più di vampiri già ultracentenari.
Col susseguirsi delle primavere però, mi accorgevo maggiormente di quanto poco fossero buone e gentili le intenzioni di Aro e dei suoi fratelli, Caius e Marcus, nei miei confronti.
Stavo diventando la loro marionetta e questo non mi piaceva affatto.
Conoscevo bene le poche regole su cui era fondata la convivenza dei Volturi e una di queste era che se qualcuno voleva abbandonare il palazzo, poteva benissimo farlo, non sarebbe stato trattenuto.
A suo rischio e pericolo la probabilità di subire in futuro una negazione di aiuto qualora fosse stato necessario.
L'abbandono del palazzo significava abbandono nel momento del bisogno.
Una forma indiretta di vendetta e chi trasgrediva solitamente veniva punito.
In quei tempi maturai anche l’idea di diventare -vegetariano-, motivo in più per il quale Aro iniziò a non vedermi più di buon occhio. Vedevo il modo in cui veniva adescato ogni giorno il nostro pasto e dentro di me sentivo ancora una fiammella di umanità che non si era spenta. Non potevo più sopportare tutto quel dolore e quelle urla di persone innocenti, colpevoli solo di voler visitare il palazzo in cui i Volturi risiedevano. Aro era molto ligio a far rispettare le sue regole e il fatto che io non volessi più bere sangue umano per lui era un’ abominio anche se detto da lui non poteva avere gran valore, era un’ indegnità per la quale non potevi più essere considerato un vero vampiro. Per lui tutti noi vampiri eravamo stati creati per bere il sangue degli umani, provavamo piacere per quello e niente avrebbe dovuto cambiare la nostra vera natura.
Ho vissuto questi anni con la paura che ciò potesse avvenire, che lui potesse in qualche modo vendicarsi e forse è giunto il momento.
Ma non avrei mai permesso, a costo della mia stessa esistenza, che per un mio errore fossero Isabella o la sua famiglia a pagarne le conseguenze.

 
   
 
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