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Autore: Anna Wanderer Love    25/04/2020    1 recensioni
La sua vista si schiarì, e riuscì a vedere un volto umano davanti a lui, dai grandi occhi verdi che lo fissavano preoccupati. Le labbra dell’umana si mossero veloci, di nuovo, ma di nuovo Thranduil non riuscì a comprendere cosa stesse dicendo e fece una smorfia mentre un fischio copriva ogni rumore, tranne quello del suo cuore che batteva sempre più lento.
Sentì le palpebre farsi sempre più pesanti, e appoggiò la nuca al tronco ruvido dietro di sé.
No, lesse sulle labbra dell’umana. Non addormentarti.
La vide estrarre qualcosa da sotto al mantello grigio, una fiala dal contenuto azzurrognolo. La avvicinò alle sue labbra, afferrandogli il mento per socchiudere la sua bocca. Versò un sorso del liquido, il sapore dolciastro si mischiò a quello acre del sangue. Thranduil fece in tempo a mandare giù, poi gli abissi calarono su di lui.
O:
Thranduil rimane ferito mentre viaggia per raggiungere le sue truppe, che si stanno radunando per cacciare il male da Bosco Atro. Da chi sarà salvato? E come farà a tornare dal suo popolo?
Kairos: dal greco, "momento giusto o opportuno, momento supremo". Un momento in cui accade qualcosa di speciale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII




Thranduil si accorse che l’umana che teneva tra le braccia era sprofondata in una sorta di trance. Immobile, si lasciava sorreggere senza muovere nemmeno la testa, posata sul suo petto. Il re degli elfi aveva faticato non poco a portarla fino a casa, dopo aver sfibrato il suo corpo con l’allenamento del primo pomeriggio. Ma alla fine aveva rallentato il passo, mentre gli alberi si facevano meno folti e la luce della luna piena rischiarava la radura davanti a loro. Thranduil camminò tranquillo fino alla casa, osservando come le stelle fossero particolarmente luminose nel manto scuro del cielo, avvertendo il lieve sospiro caldo della donna scaldargli il collo.
Si fermò davanti alla porta di casa, gettando per la prima volta un’occhiata all’umana rannicchiata tra le sue braccia. Era ancora pallida. Vide le sue palpebre tremare, prima che lei aprisse gli occhi e si rendesse conto che erano arrivati. Si aggrappò alla sua spalla e Thranduil represse un brivido di dolore. Gli aveva afferrato un punto poco più sopra alla ferita che gli mordeva la carne, ma probabilmente era così sconvolta che nemmeno se ne era resa conto. La depositò delicatamente a terra, continuando a sorreggerla con un braccio che le cingeva il fianco, e allungò una mano per aprire la porta d’entrata.
L’aria calda all’interno della stanza le aggredì le guance, che ripresero un colore rosato. Thranduil la sostenne, zoppicante, fino a farla sedere davanti al camino. Mentre la donna si lasciava andare sulla poltrona, per la prima volta alzò gli occhi dal basso e Thranduil vide una scintilla di stupore balenare nelle sue iridi di giada mentre scorgeva lo spettacolo davanti a sé.
L’elfo rimase immobile, senza che alcuna emozione trapelasse dai suoi eleganti lineamenti, mentre lei lo guardava sconcertata, un accenno di lacrime negli occhi. Per sua fortuna, le ricacciò indietro mentre osservava quel volto incantevole e impassibile.
- Avete fatto tutto… voi? – mormorò, riportando lo sguardo sul tavolo davanti a loro.
Sopra alla sua superficie, tutto era stato disposto con ordine e cura. I piatti erano posti uno di fronte all’altro, accanto alle posate, i bicchieri all’angolo delle tovagliette colorate che Thranduil aveva estratto dai cassetti. Al centro, una scodella con della zuppa ormai fredda, del pane appena sfornato che doveva essere stato fragrante e caldo solo qualche ora prima, e una piccola torta decorata da spicchi di frutta che troneggiava al centro.
- Non ha importanza – liquidò la faccenda Thranduil, chinandosi per slacciare i lacci dello stivale della donna. Si fermò quando sentì una mano posarsi esitante sulla sua spalla. Alzò il volto, trovandosi davanti quello commosso di lei. Aveva ripreso colore, alcune ciocche di capelli le erano scivolate davanti al viso e le sue labbra erano di un invitante rosa scuro, costellate dagli impercettibili segni dei suoi denti.
- Grazie – sussurrò, abbozzando un sorriso.
L’elfo alzò un sopracciglio, chinando brevemente il capo per mostrare di accettare la sua gratitudine. Tornò a svolgere i lacci, allargandoli per far sì che sfilando lo stivale la sua caviglia non fosse troppo pressata, e osservò poi il gonfiore che l’aveva resa il doppio di quella che era prima.
Asinna si chinò sopra di lui, i suoi riccioli gli ricaddero sulla spalla mischiandosi con i suoi capelli d’oro colato. Thranduil sentì improvvisamente il suo profumo di gelsomino e vaniglia avvolgerlo sensualmente, e si ritrasse appena mentre le mani della donna andavano a tastare la caviglia.
Osservò la sua bocca contrarsi in una smorfia dolorante, poi lei si raddrizzò, indicando i cassetti.
- Potete portarmi le bende? – prima ancora che avesse concluso la domanda lui si era alzato ed era andato a prenderle. La donna guardò la schiena dritta dell’elfo con un misto di emozioni confuse che le prendevano a pugni lo stomaco, finché lui si voltò e catturò il suo sguardo con le iridi perlacee. Si avvicinò e si inginocchiò di nuovo, accanto a lei, afferrandole con delicatezza la gamba e allontanando le sue mani puntinate di lentiggini chiare per svolgere la stoffa e cominciare a fasciare la caviglia. Anche lì la pelle chiara era decorata da quelle allegre macchioline castane.
Asinna trasse un respiro tremante, mentre sentiva le dita delicate dell’elfo scorrere sulla sua pelle, con il cuore che si rifiutava di battere a un ritmo regolare. Thranduil stesso poteva sentire il suono rimbombare nelle sue vene sotto ai polpastrelli, ma rimase in silenzio.
L’umana era reduce da un incontro che l’aveva scossa profondamente, e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era cadere trappola dell’adrenalina e di sensazioni confuse nate da un disperato desiderio di conforto. Sorrise con compassione, scuotendo appena il capo, rimproverandosi. Da quando si era ammorbidito così tanto da non sfruttare le debolezze altrui?
Eppure, quando alzò lo sguardo e vide il verde mare di dolcezza dei suoi occhi, seppe di aver fatto la scelta giusta. Se avesse permesso alla donna di scavalcare barriere invalicabili, anche con un solo gesto sconsiderato dettato da un bisogno momentaneo, qualcosa l’indomani sarebbe cambiato. Per quanto Thranduil avvertisse la tensione che c’era nell’aria, e sentisse che dentro di lui qualcosa si stava rompendo, che la barriera che aveva posto tra sé e il mondo fosse sulla buona strada per crollare, sapeva che non sarebbe stato giusto lasciare che l’umana cedesse all’istinto solo perché era puramente curioso di vedere cosa sarebbe successo.
Si rialzò, porgendole esitante una mano per aiutarla ad alzarsi. Asinna intrecciò le dita alle sue, infinitamente più lunghe, e si trasse in piedi, cercando di fare ordine nella mente caotica e di scacciare l’agitazione che non le lasciava tregua. Posò lentamente il piede ferito a terra e caricò gradualmente il peso. Era sicura di non essersi rotta nulla, e la fasciatura avrebbe di sicuro aiutato a far assorbire il colpo.
- Sarebbe un peccato sprecare quello che avete fatto – disse, voltando il volto verso l’elfo. Le loro dita erano ancora intrecciate. Thranduil scrollò lievemente le spalle.
- Ormai è freddo.
Asinna abbozzò un sorriso. La calma nei suoi occhi grigi stava sortendo l’effetto di quietare la sua inquietudine. Stava spazzando via ogni complesso intrico di desideri ed emozioni che le opprimevano lo stomaco.
- Dovete riprendere le forze.
Un sorriso sarcastico velò le labbra provocatorie dell’elfo, che le lanciò uno sguardo mellifluo da sotto le lunghe ciglia nere. La sua voce profonda fece vibrare il suo cuore dolente.
- Certo, riversate la colpa su di me – la prese velatamente in giro, ma accettò il suo timido invito. La aiutò a sedersi, e quando le sue dita lasciarono andare il calore della sua pelle e incontrarono la fredda aria, Thranduil sentì qualcosa contorcersi nel petto.
È la luna, pensò con rammarico.
Per un istante, la sua mente tornò a quando centinaia di secoli prima scherzava tra i raggi di luna e il chiarore delle stelle, avvolto in morbide coperte di seta, guardando gli occhi dell’amore della sua vita, e accarezzava la pelle tesa che proteggeva quella che sarebbe diventata la persona più importante della sua intera esistenza. È la luna, dicevano, è la luna quella che darà la sua bellezza a nostro figlio. È la luna, che rende tutto più magico. È la luna, che fa sentire la pace nel cuore.
Thranduil si sedette davanti ad Asinna, il cuore che batteva al ritmo di una nostalgia che gli toglieva il fiato. Eppure, nel perdersi per un attimo nel verde giada che lo osservava sereno, il dolore si affievolì.
È la luna, pensò.
Tornò al presente, ai piatti che Asinna stava riempiendo nonostante la sua mano ancora tremasse. Proprio non riusciva a rinunciare ad avere la situazione sotto controllo, pensò l’elfo con un flebile sorriso che lei non notò. Era tardi, probabilmente troppo tardi, ma il tempo si era dilatato in una bolla che li aveva racchiusi nel loro mondo, e mangiarono lentamente, assaporando tutto ciò che avevano davanti con più gusto del solito.
Alla fine rimaneva solo la torta da tagliare. Thranduil aveva cercato a lungo dei libri di cucina, sfogliando i fascicoli di pergamene tenuti insieme da spago, scorrendo velocemente gli indici per trovare delle ricette per preparare la cena. Quando sarebbe tornato a casa, avrebbe decisamente dovuto provare a imparare ad arrangiarsi a cucinare, nel caso circostanze simili fossero capitate di nuovo -anche se si augurava di essere solo paranoico, e che una tale eventualità fosse ben remota. Solo alla fine aveva trovato nell’armadio in camera qualcosa che potesse essergli utile, un vecchio ricettario polveroso abbandonato sopra all’angolo della mensola, e seguendo riga per riga le istruzioni era riuscito a creare quella piccola tortina decorata da macchie sgargianti di frutta. Era stato più difficile di quanto si aspettasse, ma era soddisfatto del suo lavoro.
Asinna gli porse il coltello, e l’elfo fu colta da un dubbio fastidioso.
E se non è buona?
Si rimproverò da solo non appena ebbe formulato quel pensiero. Perché si curava così tanto di un dettaglio così irrilevante? Il re di Bosco Atro si stava davvero rammollendo. Si era già sforzato troppo.
Afferrò il coltello e con tagli decisi divise la torta in due piccoli spicchi. Spinse il piatto verso di lei, che afferrò la sua fetta con un sorriso per poi morderla delicatamente, mentre anche Thranduil prendeva la sua porzione. L’espressione vagamente fiera della donna gli fece intuire che ancora una volta, il re degli elfi non aveva sbagliato nulla. Era deliziosa.
La donna lo guardò aggrottando le sopracciglia.
Non è la vostra prima torta, lesse sulle sue labbra.
Sorrise, e si limitò a scrollare le spalle. Spostò lo sguardo sulla finestra, e la valle addormentata sotto di loro. Le stelle erano piccoli diamanti luccicanti nel cielo, che vegliavano sulla foresta silenziosa. Era giunto il momento. Il re degli elfi riportò lo sguardo su di lei.
- Cosa è successo?
Lei si irrigidì, guardandolo con una sorta di timore indeciso negli occhi. Rimase in silenzio a lungo, immersa nei suoi pensieri. Il suo zigomo era ancora sporco di terra, così come il suo braccio, su cui figurava una fastidiosa bruciatura che arrossava il bianco della sua pelle.
Infine, tornò a guardarlo. Thranduil sorresse il suo sguardo. Fosse stato quello stesso pomeriggio, si sarebbe arrabbiato per il suo silenzio. Avrebbe preteso prima una risposta. Ma la quiete della notte aveva lenito anche il suo carattere ombroso e impaziente, come un dolce unguento steso su una ferita bruciante.
- C’era un ragno.
Asinna vide un’ombra calare sulle iridi grigie dell’elfo. Si protese verso di lei, improvvisamente teso.
- Un ragno? Come siete riuscita a scappare? – esclamò incredulo.
Un sorriso triste illuminò il volto dell’umana, una nota malinconica trapelò dalle sue parole.
- Ve l’ho detto, che questo bosco è la mia salvezza.
Il re degli elfi la guardò intensamente, ma lei non sembrava intenzionata a dire altro. Distolse lo sguardo dal suo, alzandosi lentamente.
- Vado al ruscello.
Thranduil aprì la bocca per protestare, ma le implicazioni delle sue parole lo trattennero un istante più del necessario. Rimase seduto, immobile, mentre la donna usciva lentamente, con un’andatura ondeggiante, e esalò un profondo sospiro. Si alzò dopo qualche minuto, raggiungendo il retro della casa. Mirtilla dormiva in un angolo del recinto, appallottolata su se stessa. I vestiti di Asinna erano stesi per terra vicino a dove lui aveva abbandonato i propri quando si era alzato in piedi e si era immerso nel ruscello per la prima volta. Per un attimo, la superficie dell’acqua rimase intatta, riflettendo come uno specchio il manto del cielo. Poi si ruppe, e la schiena della donna emerse, mentre rivoli d’acqua le scendevano lungo la pelle nuda, i capelli che si allargavano nell’acqua come una corona scura.
Thranduil si era avvicinato, tanto da riuscire a vedere le lentiggini che le macchiavano l’incavo della colonna vertebrale con i suoi occhi da elfo, anche se rimaneva distante di parecchi passi. Si sedette a terra, incrociando le gambe mentre la donna si voltava percependo la sua presenza. O meglio, voltava la testa, avendo cura di coprirsi con le braccia, abbassandosi subito per immergersi fino alle spalle, arrossendo involontariamente.
- Non sappiamo se sia lontano, e senza udito non posso proteggervi nel caso arrivasse qualche pericolo. Non guarderò, prometto.
Nonostante le sue parole, i suoi occhi erano soffermi su di lei quando notò un sorriso divertito addolcire il suo viso. Asinna si voltò quel tanto che bastava per scoccargli un’occhiata impertinente, e far sì che l’elfo osservasse le sue labbra muoversi lente.
- Da quando vi ho chiesto di proteggermi?
Thranduil rimase senza fiato. Mai nessuno gli aveva dimostrato una tale irriverenza, e dal suo volto era sicuro trapelasse la sua seccatura. Il modo in cui lei rise, gettando la testa indietro e lasciandosi cullare dall’acqua, glielo confermò. Scosse la testa, distogliendo lo sguardo con un’improvvisa voglia di colpire qualcosa.
Era persino andato a cercarla nel bosco, si era sforzato di cucinare per far sì che non arrivasse a casa e si trovasse a dover faticare, l’aveva portata in braccio fino a lì e lei lo prendeva persino in giro. L’elfo sbuffò, rigido come un cristallo di ghiaccio, anche se dentro di lui c’era una tempesta di fuoco. Rimase seduto sull’erba umida, fremendo di impazienza mentre i suoi occhi vagavano senza trovare quiete nella bellezza della foresta, le braccia incrociate sul petto come un bambino arrabbiato.
Passò molto tempo, tanto che il re si chiese se la donna non si fosse addormentata in acqua. Poteva vederla, con la coda dell’occhio, ferma nel ruscello, con la testa inclinata verso l’alto ad ammirare il cielo. Passò molto tempo, in cui la sua impazienza si trasformò in una calma accettazione. Dopotutto, era un elfo. Un’ora era meno di un istante nella sua lunga vita.
Infine, la vide muoversi. Girò la testa, chiudendo gli occhi per evitare qualsiasi fraintendimento, mentre lei si rivestiva e i tessuti si bagnavano a contatto con la sua pelle fradicia. Asinna si avvicinò all’elfo, seduto a gambe incrociate, il corpo imponente rigido nella bellezza eterea e maestosa che lo rendeva simile a una statua. Si avvicinò, inginocchiandosi davanti a lui, fissando i suoi lineamenti cesellati, i capelli d’oro scossi dalla lieve brezza che la faceva rabbrividire di freddo, le lunghe ciglia nere che tremarono appena prima di sollevarsi e lasciarle vedere le sue iridi plumbee.
Lui non si mosse di un millimetro, nemmeno nel trovarla così vicina a sé.
Asinna sopportò in silenzio, mentre lui scandagliava il suo volto con cura, osservando le lentiggini chiare sulla pelle pallida, il neo sullo zigomo, gli occhi verdi, per poi tornare a fissare le sue labbra mentre lei pronunciava un’unica parola.
- Grazie – mormorò. Esitò, poi allungò una mano ad afferrare quella dell’elfo con le sue, umide ed insicure. – Grazie, per quello che avete fatto per me oggi.
Thranduil fece brevemente pressione sul suo palmo con il pollice, come aveva fatto tutte le notti in cui Legolas si sdraiava nel buio accanto a lui e piangeva spaventato dai mostri dietro alle tende. Le strinse il palmo, in un muto gesto di affetto e riconoscenza. La rabbia era evaporata.
- Prego. Avrei dovuto ascoltarvi, oggi pomeriggio.
Asinna sbuffò divertita. Si alzò e gli tese una mano. L’elfo la prese e con un movimento rapido si trasse in piedi. Tornarono in casa, e Thranduil le indicò la porta della sua stanza.
- Andate.
Quando Asinna fece per protestare, la zittì con un’occhiata che non ammetteva repliche. Il suo braccio muscoloso rimase teso in aria.
- Andate – ripeté lentamente. Asinna lo fissò crucciata, poi alzò gli occhi al cielo e passò sotto al suo braccio senza nemmeno doversi chinare, scuotendo i ricci bagnati.
Thranduil era piuttosto sicuro che stesse mormorando qualcosa come maledetto elfo.
Quando la porta si chiuse, Thranduil sospirò e si lasciò cadere con eleganza sulla poltrona davanti al camino, in cui ardevano gli ultimi ciocchi consumati dalle fiamme affamate. Portò una mano a sorreggere la testa, fissando il buio oltre la radura.
Ora doveva fare i conti con i suoi pensieri.

Asinna era sveglia, quando i primi raggi di luce le scaldarono le guance. Aprì lentamente gli occhi per abituarli al chiarore dell’alba, fissando i fiori intrecciati sopra alla sua testa. Nel sonno le coperte le erano scivolate fino al bacino, e sentiva le braccia infreddolite. Sospirò, voltandosi su un fianco e guardando la porta socchiusa. I suoi vestiti erano sparsi sul pavimento, dato che la sera prima se li era sfilati ansiosa di mettersi sotto alle coperte.
Aveva fatto fatica ad addormentarsi. Primo perché le coperte e il cuscino erano intrisi dell’odore ammaliante dell’elfo, che le aveva impedito di lasciare andare ogni pensiero che le frullava in testa. Secondo perché ciò che era successo continuava a tornarle alla mente: il ragno, l’alce, la corsa verso casa. La cena che l’elfo aveva preparato per lei, e il fatto che si fosse preoccupato tanto da andare a cercarla quando era calato il buio. E non per ultimo, il ruscello.
Asinna non aveva avuto modo di spogliarsi davanti a qualcuno da anni, e mai l’aveva fatto volontariamente. Il fatto che la sera prima non avesse provato nemmeno una briciola di vergogna era una cosa che le faceva torcere le budella, a pensarci ora, la mattina dopo. Non si capacitava di come si fosse tranquillamente immersa nelle acque cristalline lasciando che lui vegliasse accanto a lei.
Asinna si voltò dall’altro lato. Avrebbe tanto voluto che la sua mente smettesse di lavorare.
Sospirò di nuovo. Erano passati solo tre giorni da quando l’elfo si era risvegliato, ma sembravano una settimana. Troppe cose erano successe, e dato che se ne sarebbe andato non prima di qualche giorno aveva davvero paura di cosa avrebbe potuto accadere in quelli successivi.
Un rumore attutito catturò la sua attenzione. Rimase immobile per qualche istante, poi decise di alzarsi. Si infilò i pantaloni color muschio e una camicia bianca, arrotolando le maniche sulle braccia. La bruciatura sull’avambraccio provocata dalla caduta della sera prima le dava un fastidio insopportabile, accentuato dal suo nervosismo.
Nell’uscire dalla camera, facendo attenzione a non scaricare il peso sulla caviglia dolorante, afferrò la fiala che conteneva la crema che l’elfo avrebbe dovuto spalmare sul graffio che gli attraversava la fronte fino allo zigomo, irritandosi. Gli aveva fatto la predica perché si era dimenticato di metterla, e poi lei stessa si era scordata di dargli la fiala la notte prima.
Quando entrò nella stanza, ciò che si trovò davanti fu così inaspettato che rimase immobile, cercando di capire se stesse sognando o meno.
L’elfo era addormentato sulla poltrona davanti al camino, la testa inclinata sulla spalla, le braccia incrociate sul petto. Sotto alle sue gambe distese, però, c’era la testa curiosa di Mirtilla che la fissava, con il muso appoggiato sullo stivale dell’elfo. Asinna fissò gli occhi marroni della capra, destabilizzata, chiedendosi per un attimo se non fosse vittima di una presa in giro.
Dal suo atteggiamento, l’elfo aveva messo in chiaro che non gradiva la capra. E poi lo trovava addormentato con lei come un bambino con il suo pupazzo.
Un risolino le sfuggì dalle labbra, ma si trasformò in una risata silenziosa che la costrinse a premersi entrambe le mani sulla bocca per evitare di svegliarlo. Peccato che però l’elfo sembrò istintivamente percepire la sua presenza, e le sue palpebre si sollevarono lentamente. I suoi occhi grigi si fissarono su di lei senza esitazione, osservando la sua ilarità con un’ombra di disprezzo.
- Cosa? – esclamò, per poi rendersi conto che qualcosa era appoggiato sul suo piede. Si sollevò dallo schienale della poltrona, guardando in basso per rimanere di stucco nel vedere la testolina bianca di Mirtilla sollevarsi verso di lui con un muto ‘bee’.
Asinna diede libero sfogo alla risata, mentre la faccia sconvolta dell’elfo si imprimeva vividamente nella sua memoria. Era sicura che non avrebbe dimenticato presto quella scena.
- Colazione – lo prese in giro con un sorriso sornione, prendendo dei bicchieri per posarli sul tavolo, mentre lui la fulminava irritato.
- Potremmo mangiare questa capra per pranzo – borbottò, per poi afferrare all’improvviso il bicchiere in volo verso la sua testa. Si voltò verso la donna per trovarla a pochi passi da sé, furibonda.
- Non ditelo nemmeno per scherzo!
Thranduil inarcò le sopracciglia, seccato. Sbuffò, rimanendo in silenzio, mentre Asinna si voltava e cominciava a disporre la colazione sul tavolo. Mirtilla si alzò e lui fu libero di muoversi. Afferrò il braccio della donna con forse un po’ troppa forza, attirandosi la sua occhiata seccata mentre la costringeva a sedersi e finiva di predisporre la colazione, evitando che sforzasse troppo la caviglia, e tenendole comunque il broncio.
Maledetta capra.

Quel giorno passò tranquillo. Asinna controllò le ferite dell’elfo, trovandole a buon punto nonostante gli sforzi del giorno prima. Mentre spalmava concentrata gli unguenti e riarrotolava le bende, Thranduil notò come l’aria fosse tesa. Qualcosa era cambiato nel suo atteggiamento, che la portava a tenere una maggiore distanza e a colorare le sue guance di un impercettibile rosa. Sapeva cosa fosse, e in parte se ne rammaricava, nonostante si ripetesse di non darci più di tanto peso, consapevole che ormai era questione di giorni prima di separarsi.
L’umana era imbarazzata nel trovarsi vicino a lui, probabilmente anche il suo bagno nel ruscello la notte prima infestava i suoi pensieri. L’elfo era consapevole che gli umani si tormentassero con pensieri e paranoie inutili, quando qualcosa non andava come programmato. E di sicuro trovarsi a così breve distanza da un elfo -per cui ogni creatura umana provava una sorta di attrazione, indipendentemente dal sesso- l’aveva portata a pensare troppo alla specie di legame che li connetteva.
Da parte sua, anche Thranduil aveva avuto modo di tormentarsi quella notte, con gli stessi pensieri. Una tale vicinanza tra elfo e umana non si era mai vista nella storia. Figurarsi tra un’umana comune e un re degli elfi. La scenetta della sera prima aveva contribuito a rafforzare i suoi sentimenti contrastanti, che aveva cercato di sopprimere per tutte le lunghe ore in cui era rimasto a fissare la luna. Era furioso, perché sotto sotto si era accorto che la compagnia della donna non era poi così male, e si stava instaurando un legame che qualsiasi altra persona -non lui di certo- avrebbe definito amicizia.
Era confuso, perché il desiderio di tornare dal suo popolo era stato affievolito, anche solo per un istante, dal rammarico. Perché Thranduil aveva trovato una sorta di rifugio, lì. Per quanto la donna si rivolgesse a lui in un tono che non avrebbe mai accettato in circostanze normali, lo facesse lavorare sodo, osasse persino prenderlo in giro, Thranduil si era abituato fin troppo velocemente alla sua compagnia, alle sue lentiggini, alle sue battute e ai suoi ordini imperiosi addolciti dal verde dei suoi occhi.
Era arrabbiato con se stesso, perché inavvertitamente aveva fatto ciò che si era sempre impedito di fare. Trovare qualcuno che scalfisse la monotonia e la solitudine dei suoi giorni.
E pensare che entro breve tempo quella presenza sarebbe svanita dalla sua vita gli lasciava un lieve sentore di amarezza. Sapeva di dover tornare indietro, di dover tornare alla guerra e al sangue, alla freddezza e alla solitudine nelle stanze vuote del suo palazzo, ma l’atmosfera tranquilla e dolce di quel rifugio sulle montagne aveva curato gran parte della sofferenza che aveva celato nel cuore per fin troppo tempo. E non era sicuro di volerlo lasciare andare.












Angolino dell'autrice: 
Buonasera! Come state? Spero che vada tutto bene e siate contenti!
Questo è un capitolo fondamentale. In seguito all'avventura spaventosa di cui Asinna si ritrova protagonista, l'atmosfera cambia radicalmente: sia lei sia Thraduil sono disposti a lasciare andare il velo di ostinazione che impediva loro di parlarsi veramente, di godere della reciproca compagnia, di apprezzarsi per davvero. E questo li porta a pensare e a riflettere sul loro rapporto, sui loro desideri, sulla loro solitudine che tra pocò tornerà ad avvolgersi, quando le loro strade si separeranno. In un breve momento, mettono a nudo le loro anime e lasciano che l'altro lo veda. 
Ormai siamo cica alla metà della storia, ci avviciniamo sempre di più alla fine... chissà cosa succederà nel poco tempo che hanno ancora a disposizione!
Io sto bene, ieri ho ricevuto la notizia di essere stata selezionata per l'Erasmus... sto già impazzendo per le procedure burocratiche, per questo mi stavo dimenticando di postare il capitolo! Scusate il ritardo, spero di essermi fatta perdonare ;)
Come sempre, sono benvenuti i vostri commenti e le vostre riflessioni, che mi fanno sempre sorridere!
Un abbraccio, 
Anna 
   
 
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