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Autore: breezeblock    26/04/2020    3 recensioni
Non sapeva dire con esattezza quando si era perso. Sta di fatto che adesso faticava a ritrovarsi, tra quei ricci ribelli e morbidi, tra i lembi di stoffa del suo vestito color indaco, nell’incavo del collo che il suo maglione largo lasciava scoperto, nella sua bocca che sapeva di tè al limone. Si era perso in quel labirinto che sapeva di lei, c’era scivolato dentro e adesso annaspava per trovare una via d’uscita. [...]
La Granger alimentava i suoi desideri con i fiammiferi e poi li estingueva con secchiate di acqua gelida, tutto con la stessa bocca carnosa maledetta. [...] Sarebbe finito al San Mungo entro la fine dell’anno, di questo era ormai certo.
IN REVISIONE
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Muggle Studies - The Years '
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Muggle Studies
 
2.
 
I AM SURPRISED THAT YOU'VE NEVER BEING TOLD BEFORE
THAT SOMEBODY WANTS YOU
 
 
 

Se in una giorno qualunque, in un universo parallelo, gli avessero detto che avrebbe fatto cose sconce con la Granger di notte, ubriachi e buttati sul prato nei pressi di casa di Hagrid, Draco non ci avrebbe creduto. Non avrebbe creduto possibile che una delle sue più intense fantasie proibite avesse avuto il tempo di un respiro nel mondo reale. Anche perché da come si erano evolute le cose – o meglio, non evolute- la Granger sembrava del tutto ignara di essere stata una dei soggetti agenti quella sera.  
Era stata lei ad aver fatto la prima mossa, lei aveva preso l'iniziativa con tanta passione. E invece, la cocciuta e ostinata Grifondoro sembrava aver dimenticato ogni particolare. Draco però se lo aspettava, se non ci avesse pensato l’alcool a sradicare dalla memoria tutti quei folli gesti il mattino dopo, ci avrebbe sicuramente pensato da sola, forse intenta a nascondere persino a sé stessa la prova vivente di quanto si fosse lasciata andare con lui.
Il mondo aveva iniziato davvero a girare al contrario. 
Il Serpeverde non intendeva starle dietro e cercare di farle ammettere quello che entrambi avevano quasi provato quella notte, anche perché secondo lui non c’era nulla di più rispetto a quello che era successo, era ancora convinto che se non l’avesse fermata avrebbero creato più problemi che altro. Conoscendola, a quell’ora si stava mordendo le mani al pensiero di aver tradito il suo ragazzo, quindi lui non voleva interferire confondendo ancora di più le sue convinzioni già abbastanza precarie. 
Pensandoci bene non c’era molto da confondere. Di sentimenti, nei gesti di quella notte, non ce n’erano stati, perciò non avevano nulla da dichiararsi.
Quindi, Draco ritornò alla sua vita di sempre, riprese ad osservarla passare distratta nei corridoi, specie quando di pomeriggio il cortile interno si riempiva di quella luce dorata che le accendeva i riflessi sui capelli. Il vento, che si infiltrava tra le colonne dove aveva preso a crescere l’edera, gli alzava la gonna quel tanto che bastava per fargli ricordare che quelle gambe le aveva toccate non solo nelle sue fantasie. Oh, quello si che era il momento migliore della giornata.


Ciò che c'era stato era molto di più di quanto potesse mai sperare comunque, anzi molto più di quanto alla fine si fosse mai permesso di immaginare. La speranza era già qualcosa di diverso dall’immaginazione, un qualcosa di più in cui Draco non si riconosceva; essere speranzoso avrebbe voluto dire ancorarsi invano ad un ottimismo da sognatore, avrebbe significato che infondo un po’ ci teneva che succedesse. Le sue erano fantasie basse, istintive, primitive, niente a che vedere con il coraggioso, impavido sentimento d’amore e sacrificio che avrebbe forse accreditato a un Grifondoro. 
La situazione con Granger era piuttosto una delicata spina nel fianco che a volte lo lasciava respirare, altre invece lo punzecchiava o lo provocava e lui stava semplicemente al gioco. Solo che di quel gioco, aveva potuto godere per poco: in effetti, la Granger aveva fatto di tutto pur di incontrarlo solo lo stretto necessario, il che significava vederlo solo durante le lezioni che avevano in comune in cui peraltro, se gli faceva un cenno di saluto sbrigativo era già troppo. Quando la lezione Difesa Contro le Arti Oscure terminava lei scattava sull’attenti e fuggiva via ancor prima che gli altri riuscissero a infilare il libro nella borsa. Draco sorrideva sempre di fronte a quel goffo tentativo di evitarlo; non capiva perché la ragazza inventasse tutti quegli espedienti per non rivolgergli la parola. Il fatto che non stesse trattando l’accaduto come una cosa normale arrivò quasi ad offenderlo un po’. Andava bene voler passare oltre, ma addirittura negare che qualcosa fosse accaduto, questo no. 
Perciò, quando finalmente un giorno la colse da sola in biblioteca, le si avvicinò con una scusa pietosa, deciso a parlarle. Draco era si, uno di poche parole, ma quando aveva qualcosa da dire difficilmente teneva la bocca chiusa. . La ragazza se ne stava seduta su una panca rivolta verso una grande vetrata da cui filtrava la luce perfetta per studiare. La raggiunse e si sedette sulla panca accanto a lei, con il corpo di spalle alla finestra e la schiena appoggiata al tavolo. Allargò le braccia per appoggiarvisi e inclinò la testa per cercare di capire cosa stesse leggendo. La Granger, che nel frattempo lo aveva seguito osservandolo di sottecchi oltre le pagine di un libro, si voltò piano verso di lui con un sopracciglio alzato, dubbiosa, forse un po' incuriosita. 

«L’hai presa tu l’unica copia di Infusi e Pozioni Magiche del ‘94?»

«No, perché cerchi proprio quella versione?»
«Perché è l’unica edizione che non è stata ritoccata da editor timorati del Signore Oscuro, voglio esercitarmi con roba forte». Nel dire “roba forte” Draco cambiò intonazione, abbassando la voce e scandendo lentamente quelle due parole che sortirono nella Granger l’effetto sperato. Sapeva essere proprio un pesce lesso a volte. 
La ragazza, che chiaramente abboccò all’amo, sollevò gli occhi dal libro e li indirizzò su un punto indefinito davanti a sé scioccata, poi si voltò lentamente verso di lui, come se il minimo movimento potesse creare disturbo in quella sala del castello a lei così cara. 
Lo osservò sorridere lievemente e mordersi le labbra di cui ricordava ancora il sapore di fumo e di gin, poi gli rispose a bassissima voce, cercando di soffocare un sorriso che intorno a lui sembrava far capolino spontaneamente e che sembrava altrettanto impossibile da frenare. 

«Io non lo so dov’è, chiedi a Seamus, sta facendo crediti extra in biblioteca. E poi ti serve davvero? Sei abbastanza bravo in pozioni, a quanto si dice in giro»
«Ah, si? E cos’altro si dice in giro?» Draco si avvicinò di più, inclinando la testa verso di lei. 
Indossava un maglioncino blu notte di cashmere, senza lo stemma della sua casa stampato sul cuore. D’’altronde era domenica, l’unico giorno della settimana in cui gli studenti potevano scegliere di non indossare la divisa. Il ragazzo le sorrise, alludendo non troppo poco velatamente alla notte di un mese prima. 

«Niente di scandaloso, spero» la Granger gli stava implicitamente chiedendo se avesse rivelato a qualcuno quello che avevano fatto. Il dubbio era lecito, visto che alla fine lei non lo conosceva così bene e ignorava quanto potesse essere discreto nei fatti che lo riguardavano. 
«Questo mai» rispose neutro lui.

Quella risposta fu ciò che lei voleva sentire, velata però da una pessima bugia, perché Hermione conosceva le voci di corridoio che riguardavano Malfoy, non che se le andasse a cercare, certo, ma  lui era così popolare - forse più nel male che nel bene - che le giungevano quando il fatto in questione non aveva compiuto nemmeno due ore di vita. Conosceva per sentito dire quasi tutte le ragazze con cui era andato a letto e -purtroppo per le sue orecchie- anche qualche particolare piccante, che ignorava perà se fosse stato ritoccato o  se invece corrispondesse a verità. 
La Grifondoro sapeva come andava li ad Hogwarts, un segreto non era mai un segreto e a svelarlo ci pensava sempre il gruppetto delle Tassorosso del quinto anno, che si era fatto una nomea più grande persino di quella di Potter. Quelle reginette – così le aveva soprannominate una volta, memore di qualche film babbano per adolescenti- avevano occhi e orecchie dappertutto e sapevano sempre come organizzare grandi feste senza di fatto invitare nessuno. La voce si spargeva solo tra i più fortunati da loro scelti e da lì, ecco che iniziava l’andirivieni losco in piena notte in cui alcune volte era stata trascinata anche lei. 
Non sapeva quale simpatia avesse mai potuto suscitare in quelle ragazze, ma ad Hermione piacevano e forse loro sapevano anche questo e ciò bastava per farle ottenere sempre l’invito d’onore che le giungeva persino da una del loro esclusivo club. “Porta anche Potter, ovviamente” era sempre la frase conclusiva dopo la quale sparivano nel nulla cosmico. Chissà quale incantesimo svanitore usavano per fare quelle entrate e uscite di scena così teatrali.

La Grifondoro gli sorrise amichevolmente e annuì come per registrare ciò che il ragazzo le aveva appena detto. 

«Chiederò a Seamus allora, sempre che non l’abbia già fatto esplodere» commentò sarcasticamente.
Hermione rise a voce più alta e incontrollata, ma si mise subito una mano davanti alla bocca sperando che non l’avesse sentita nessuno. 
Draco allora si alzò e si strofinò le mani sui pantaloni neri, però prima di girare i tacchi e andarsene si appoggiò di fronte a lei con entrambe le braccia sul tavolo. Le coprì temporaneamente la luce, che si era rimodellata seguendo i contorni della sua figura longilinea. Si chinò un po’ di più verso di lei e le abbassò il libro che la ragazza un secondo prima tentò goffamente di sollevare per frapporlo tra loro. 

«Non ignorarmi, Granger»
 
Sperava avesse messo in chiaro che potevano comportarsi civilmente senza snobbarsi come un tempo e che anche se la Granger se ne fosse pentita, perché ne era sicuro, cercò di farle capire che non aveva senso far finta che non fosse successo nulla, anzi, quel comportamento non avrebbe fatto altro che ingigantire la cosa e dal canto di Draco non c’era niente da ingigantire.
La lasciò con la testa sui libri e le guance arrossate. Quanto al suo cuore, lo seguì galoppando oltre la biblioteca.

Il lunedì seguente a lezione di Pozioni, Hermione lo salutò come avrebbe salutato chiunque, sembrava più a suo agio rispetto a quanto accaduto tra loro. 
Nonostante il cambiamento impercettibile nelle azioni e negli occhi di lei, Draco Malfoy continuava a non capire nulla della testa della Grifondoro, o meglio, c’erano momenti in cui poteva leggerle dentro e capirla come se stesse lavorando su una pozione che poteva seguire anche ad occhi chiusi, poi ce n’erano altri, come quelli che a malapena condividevano da un mese, in cui proprio stentava a comprendere cosa le passasse in testa.
Questo perché lui per primo non chiedeva nulla, e non perché non fosse interessato, ma perché dopo quella notte non sapeva ancora come muoversi. Se fosse stata libera, di certo ci sarebbe finito a letto e la questione sarebbe stata risolta. Di sicuro una notte con lei non avrebbe estinto tutte le fantasie che si era costruito durante le lezioni condivise, ma poteva essere comunque un buon inizio. C’era però quel Weasley di mezzo, e lui non avrebbe fatto il terzo incomodo, neppure se alla fine avesse scelto lui. E poi, non voleva condurla a fare una scelta, tanto per cominciare. Draco stava imparando a scegliere le sue battaglie con cautela ed era certo che quella fosse una causa in cui non avrebbe trovato nulla di buono. La Granger sembrava proprio una che non riusciva ad avere rapporti occasionali, tolto l’episodio condiviso, in cui era convinto le sue azioni fossero state dettate più dal gin e dalla sua voglia di uscire dagli schemi in cui era stata confinata, piuttosto che da lei stessa. Dubitava seriamente che alla luce del sole Hermione Granger potesse essere quel tipo di ragazza, e non c'era niente di male in questo; semplicemente, erano su due pianeti diversi.
Che era stato bello era fuor d’ogni dubbio. Ma infondo, era stato meglio non essersi spinti oltre; continuava a ripetersi di averla protetta da uno sbaglio colossale. La Granger aveva appena iniziato a porsi delle domande su chi voleva essere, e quell’errore l’avrebbe solo confusa di più. 
Sì ma lui? Lui cosa voleva? Era a quel tipo di domande che non aveva ancora trovato risposta.
Di sicuro era più vicino alla soluzione di quanto lo fosse mai stato il vecchio sé. Sarebbe stata questione di tempo, ne era sicuro.
Era arrivato a tutte queste digressioni per ammettere che quindi non sapeva cosa avrebbe fatto Hermione con Weasley. E questa difficoltà a leggere i suoi piani lo lasciava sempre un po’ stizzito, rimuginandoci sopra arrivava alla fine del pacchetto di sigarette prima del solito e doveva aspettare che il suo gufo tornasse con altre scorte, rimanendo anche due giorni interi senza fumare.
Questo poi, lo stizziva più di qualsiasi altra cosa. 

 

Era marzo e la primavera era alle porte. Hermione adorava la primavera. Specie perché per gli standard inglesi faceva già molto caldo e poteva uscire senza portarsi dietro il mantello. Gli alberi erano in fiore e persino quell’odioso, aggressivo platano picchiatore diventava più carino; le sue parvenze lo facevano apparire più docile, come se con quei fiori addosso si rifiutasse di colpire persino una mosca per non perdere i petali. S
ui prati compariva qualche margherita e gli studenti si sdraiavano nell’erba fresca tra una lezione e l’altra, facendo sì che ci fosse sempre quel vocio indistinto ed eccitato nell’aria, risate limpide e giovani.
Per questo adorava le lezioni all’aperto di Hagrid, che presentava ai suoi studenti qualche strana creatura con cui dover interagire anche se non se n’era letto mai nulla. Persino lei a volte veniva colta impreparata, e questo senso di inconsapevolezza le piaceva sempre di più. Ultimamente non faceva altro che farsi cogliere di sorpresa da tutti, si stava sforzando di non anticipare i passi, i pensieri, lo studio, e vivere alla giornata. 
All’inizio fu davvero faticoso, perché doveva sempre giustificare la sua mancata preparazione ai suoi compagni.
Ginny aveva preso ad osservarla più attentamente, ma non le diceva nulla, segretamente divertita da quell’improvviso atto di ribellione. Voleva vedere come andava a finire, perciò era l’unica che in presenza di Harry e Ron riusciva a stemperare quell’aria inquisitoria distraendoli con qualche strategia di gioco che avrebbero messo a punto nella prossima partita di Quidditch.  
Il mattino dopo la notte del Ballo del Ceppo Ron le chiese dove fosse finita perché “ti ho cercata dappertutto” le aveva detto, ma “forse non volevi trovarmi” aveva risposto lei, comunque grata del fatto che non vi riuscì.
Non sapeva cosa avrebbe fatto, in caso contrario. L’ultima cosa che voleva era che il suo ragazzo la cogliesse in fragrante mentre si strusciava sui pantaloni di un suo acerrimo nemico, e per giunta di un Serpeverde. 

Solo che, quando lo coglieva di sfuggita nel parco, disteso nella stessa posizione di qualche mese fa, ridendo a crepapelle con i suoi amici, la camicia bianca scomposta e la cravatta verde e argento abbandonata senza un nodo sul suo torace, Hermione pensava che contasse più quello che non aveva fatto, con quel Serpeverde.
Per qualche tempo dopo la vicenda, si era detta che l’impeto che la colse fosse stato dettato solamente dal troppo bere e da tutto quel fumo che le aveva annebbiato il cervello. Per qualche giorno si sentì in colpa nei confronti di Ron, che nonostante la discussione di quella sera era riuscito a farsi perdonare con ogni mezzo di cui disponeva. Le aveva dedicato persino l’ultima partita vinta contro i Corvonero. E non che questo non le piacesse, ma man mano che i giorni si tramutavano in notti e poi le notti in nuovi giorni, Hermione arrivò alla consapevolezza che si sentiva più in colpa per non aver baciato Malfoy alla buonanotte.
Non faceva che ripensare a quelle ultime parole che si erano scambiati, e ciò nonostante continuava ad evitarlo con tutte le sue forze. Non voleva che trapelasse nemmeno il minimo sospetto tra chi aveva intorno, specialmente data la sua vicinanza alle ragazze più popolari della scuola. Senza contare Ivy Locket e Gracie Boots dei Corvonero, con le quali aveva preso ad uscire ad Hogsmeade molto di frequente. Nella battaglia di Hogwarts la Locket l’aveva salvata da un attacco alle sue spalle e da allora erano come legate da un filo invisibile di stima e affetto reciproco, la stessa intima connessione che si instaura tra i sopravvissuti. Gracie era la compagnia di avventure della Locket fin dal primo anno. Quella scoperta la fece sorridere, perché da bambina, presa dai guai in cui il trio l’aveva sempre coinvolta, era come assente da qualsiasi altra dinamica venutasi a creare ad Hogwarts; scoprire che come per lei si erano create tante altre amicizie forgiate da altrettante avventure le mise addosso una strana adrenalina. 
Le due ragazze erano estremamente intelligenti e intuitive, non a caso erano state smistate tra i Corvonero, e nonostante si fidasse ciecamente di loro, non riusciva ancora ad aprire bocca sulla vicenda. Sapeva benissimo che più manteneva il silenzio più quella cosa dentro di lei cresceva e avrebbe chiesto più importanza del dovuto, ma un po’ si crogiolava nell’idea che solo loro due fossero a conoscenza di quello che avevano condiviso. Custodiva gelosamente quella notte perché per lei ebbe più significato di quanto Malfoy avrebbe creduto. E non perché era con lui che l’aveva condivisa, per Malfoy non provava nient’altro che attrazione fisica, e come non avrebbe potuto, insomma, era il tipo più ambito della scuola e lei non era estranea ai turbamenti e ai piaceri del corpo, contrariamente a quanto i suoi due migliori amici si ostinassero a pensare. Quella notte ebbe un significato in più perché fu la prima in cui Hermione smise di essere la strega più brillante della sua età e iniziò ad essere solamente Hermione. 
Era intenzionata a vivere i giorni così come quella notte, ma poteva anche farlo con Ron, giusto? 
Queste e altre domande affollavano la sua mente, mentre lassù, in quel dormitorio maschile dietro il ritratto della Signora Grassa al settimo piano, Hermione Granger stava perpetuando un dolce assalto alle labbra di Weasley. Era a cavalcioni su di lui e lo invitava a muoversi seguendo il ritmo dei suoi fianchi. Le mani del ragazzo erano cautamente posate sulle sue cosce scoperte, mentre si lasciava slacciare la cravatta rossa e oro con una velocità a cui non era abituato. 

«Herm..siamo in pieno pomeriggio» 
«Ha importanza?»
«No..cioè..se qualcuno entrasse e ci vedesse così..?»
«Sarebbe così imbarazzato da chiudersi la porta alle spalle e lasciarci in pace» ammise lei, leggermente contrariata da quelle interruzioni e insicurezze continue. 

Conosceva bene Ron, fino a poco tempo prima era solo uno dei suoi migliori amici, ma a volte era proprio questo il problema. Hermione si chiese se dopo tutto ciò che avevano condiviso finire l’una nelle braccia dell’altro fosse stato inevitabile e se, in altre circostanze, non avrebbero semplicemente continuato la loro vita di sempre, uno accanto all’altra certo, ma da semplici amici. Esperienze traumatiche come quelle lasciavano il segno e legavano in un modo che forse non era possibile capire ad un semplice essere umano, ma quanto di quei momenti aveva infierito nei loro sentimenti, distorcendoli e accrescendone la portata e allontanandoli dalla più pura verità?
Possibile che solo una serata di ribellione l’aveva portata a mettere in questione i suoi sentimenti?
Ron insistette dolcemente e riuscì a liberarsi dalla stretta di Hermione che, ormai sconfitta, dovette ripiegare e allontanarsi. Aveva tentato invano di farlo desistere scendendo lungo i pantaloni e iniziando a toccarlo, ma quel gesto inibì ancora di più il ragazzo, che con uno scatto non proprio aggraziato le prese le mani e le posò un dolce bacio sulle labbra per poi scusarsi di quella brusca reazione.
Lo avevano fatto altre volte, ma essendo comunque tra le prime, i due ragazzi erano ancora arrugginiti, forse inibiti dalle aspettative e da quello che ritenevano fosse giusto fare; i loro incontri, o meglio dire goffi scontri, consistevano sempre in una processione a tentoni sui corpi affannati e vibranti di un desiderio che non erano mai riusciti a soddisfare del tutto per via della poca esperienza. Prima di lui, Hermione non aveva neanche mai dato un bacio, figuriamoci essersi spinta più in là. E Ronald con Lavanda non si era mai spinto oltre, aveva soltanto tastato qua e là senza un vero e proprio scopo. 
Quello che stavano condividendo era perciò la prima esperienza, quella nella quale si finisce sempre per venirne delusi in un modo o nell’altro.
Dopo essersi congedata in fretta e ricomposta il minimo necessario (non che Ron l’avesse scombinata tanto, dopotutto), Hermione decise di prendere una boccata d’aria nel corridoio. 

Al terzo giro del settimo piano su cui vagava ormai senza meta insieme a Nick quasi senza testa che le parlava nemmeno lei sapeva di cosa, si imbatté in Malfoy proprio di fronte all’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll. 

«...Granger mi stai ascoltando? Oh, buonasera Malfoy»
«Salve Nick» Draco rispose cordialmente, non staccando gli occhi dalla Granger, visibilmente colta di sorpresa. Pensandoci bene non le piaceva più così tanto l’inaspettato.
Alla fine, esasperato, il fantasma si dileguò contrariato dalla compagnia poco loquace, e borbottando qualcosa che i due ragazzi non riuscirono a intercettare. 

«Ciao»
«Ciao»
Fu impossibile stabilire chi avesse salutato per primo chi. Draco teneva una mano in tasca e nell’altra un paio di libri appoggiati al suo fianco. Hermione si rese conto solo grazie allo sguardo poco allusivo del ragazzo sulla sua scollatura, che la camicia della divisa era più sbottonata rispetto alle norme consentite da Hogwarts. 
Il Serpeverde sembrava non rispondere più di sé stesso, perché in un momento di mancata lucidità (e ce n’erano stati molti durante la serata), lasciò solo per un breve istante le labbra della ragazza per svicolare lungo il suo collo e arrivare a sfiorare con la lingua l’incavo del seno.
Improvvisamente, senza neanche il minimo rumore, la Stanza delle Necessità accanto a loro cominciò lentamente ad emergere dalla parete. Hermione guardò quello strano, inaspettato fenomeno e poi guardò di nuovo lui, altrettanto sorpreso e vagamente divertito. 
Si chiesero entrambi a cosa stesse pensando l’altro. 
Dal nulla sbucò poi un bigliettino con le alette dorate che si piazzò di fronte allo sguardo imbarazzato della Granger. 
Salvata proprio in calcio d’angolo.
La piccola pergamena leggeva “Corri! Siamo in giardino, Melton Hazel ha fatto un incantesimo alla sua rana e gli si è ritorto contro”. La Grifondoro mugugnò qualcosa che Draco non riuscì a capire, e poi la vide prendere le scale in fretta e furia. 
La ragazza raggiunse Ivy e Gracie in giardino, dove per un po’ non pensò a niente se non alla scena esilarante che aveva davanti: Hazel, studente Tassorosso del quarto anno, aveva fatto un incantesimo alla rana dal quale si aspettava cominciasse a parlare, invece l’esito fu che lui si trasformò in rana e si, l’incantesimo era in un certo senso riuscito perché continuava a parlare come un umano. 
L’unica cosa ad infastidirla era l’intenso odore di cioccolato che la inondò quando prese a fare le scale lasciandosi alle spalle Malfoy. Era così impregnante che una volta raggiunte le ragazze in giardino queste lo notarono subito e Gracie le chiese se si fosse fatta un bagno con quei sali che avevano comprato al negozio dei fratelli Weasley.

«Come sono? Li devo assolutamente provare!»
Non se ne liberò fino a che quella sera non si fece un bagno lungo due ore.
Al settimo piano Draco si chiese perché la Stanza delle Necessità fosse comparsa così all’improvviso. Aveva fame, questo si, ma non sapeva con esattezza di che fame si trattasse. Si decise ad aprire la porta, curioso di vedere che scenario la stanza avesse preparato per loro.
Rimase dubbioso nel constatare dentro non ci fosse nulla di particolare se non le solite sporche vetrate e un vassoio d’argento con quella che aveva tutta l’aria di essere una torta al cioccolato. Solo dopo averne preso un pezzo Draco constatò che la fame non si era placata per niente. Uscì dalla stanza e tornò alla sua quotidianità con un enorme buco nello stomaco.
 
 

La professoressa Myrtle Reynards stava passando tra i banchi con la bacchetta dietro la schiena e gli occhiali da vista che le scivolavano continuamente lungo il naso. Doveva sempre rimetterli a posto con un dito, ormai quel gesto era diventato più un tic che una questione di necessità. 

«La prossima settimana c’è l’esonero ragazzi e questa è l’ultima volta che ve lo ricordo. La prova sarà pratica e questo mi permetterà di valutare se avete le competenze teoriche necessarie per superare i GUFO ed aspirare ai MAGO»
La nuova professoressa di Babbanologia stava ricordando il programma dell’esonero primaverile alla ventina di studenti del settimo anno presenti. Tra questi c’era anche Malfoy, che da un mese a quella parte aveva preso la questione di Babbanologia seriamente. In un certo senso si sentiva un po’ in dovere, dopo aver assistito all’uccisione di Chastity Burbage morta davanti ai suoi occhi sul tavolo di Malfoy Manor. 
La professoressa Burbage non aveva mai fatto nulla di male, se non fare propaganda – a detta di Voldemort- sul potenziale dei babbani e sulla possibilità di vivere pacificamente con loro. Draco non aveva mai avuto niente contro di lei, anzi, dopo la sua morte si pentì di aver frequentato solo le lezioni necessarie per superare gli esami finali. Tornando indietro, avrebbe agito diversamente. Ma questo ormai gli era chiaro. Perciò all’inizio di quell’anno scolastico, Malfoy aveva deciso di provare a diventare un frequentatore abituale della disciplina.
Dopotutto, ottenere i MAGO in qualche materia in più non faceva male alla sua media già eccellente, e avrebbe avuto qualche possibilità di carriera in più una volta fuori dalla scuola. Non che volesse occupare i più alti gradi del Ministero della Magia, ma superare a pieni voti quella materia avrebbe aumentato la distanza tra lui e il suo passato, perciò voleva provarci.
Non nascondeva a sé stesso che uno degli interessi principali che lo legavano a quella materia era proprio la Granger. E questo più per scopi accademici che per altro, nonostante avesse avuto modo di studiare il suo corpo per pochi minuti in quella ormai lontana sera di febbraio. 
Voleva capire il suo mondo, capire lei, solo per scopi accademici, si ripeteva. E poi averla come conoscente (amica?) gli sarebbe tornato utile per superare gli esami. Lei, essendo una maga nata babbana, non era tenuta a frequentare la disciplina, con immensa sfortuna per il Serpeverde, che doveva condividere le lezioni solamente con Neville e altri suoi amichetti Grifondoro. 

«Mi scusi professoressa, esercitarsi con la pratica sui babbani non è illegale?»
In effetti poteva consolarsi anche con quell'idiota di Seamus. 
«Signor Finnigan non intendevo questo. Il vostro esame consisterà in una prova di cucina babbana senza utilizzare la magia»
«Forse erano meglio le maledizioni» commentò Seamus a bassa voce, suscitando però l’ilarità degli studenti a lui vicini. Anche Malfoy fece una smorfia divertita.
L’idea di cucinare non lo allettava per niente, ma se questa era la strada per i MAGO allora avrebbe impugnato fruste e mattarello.
Alla fine della lezione gli studenti estrassero a sorte la ricetta che avrebbero dovuto preparare il giorno dell’esonero.
Gli capitò il pudding di Natale al cioccolato. 
La Stanza delle Necessità. L’odore nei capelli di Hermione.
 
 

«Qual è lo scopo di un esame di cucina in cui non puoi nemmeno usare la magia?»
I capelli bruni di Astoria erano sciolti sparsamente sul petto di Draco, assorto nei suoi pensieri. La ragazza si sollevò sui gomiti e gli diede qualche morso innocente sul petto per cercare di attirare la sua attenzione. Draco sorrise per il leggero solletico dei capelli sulla sua pelle e la guardò. 
«È proprio questo lo scopo, cucinare senza la magia, come dei babbani»
«Continuo a non capirne l’utilità» ribatté lei stavolta imitandolo e mettendosi a sedere appoggiata allo schienale del letto. Si accese una sigaretta e poi cominciò a rivestirsi. Draco non glielo impedì. Astoria era praticamente identica a lui, e avevano lo stesso scopo, ovvero divertirsi senza creare legami. 
Se non vedeva un profitto, per lei non aveva significato fare nulla. Perciò le sembrava insensata la prova che Malfoy doveva affrontare, insensata e inutile, perché tanto non avrebbe mai vissuto a contatto con il mondo babbano. Per Astoria le discipline scolastiche avevano lo scopo di prepararla alla vita vera e non solo ad alzare la media, e di conseguenza, Babbanologia non era una cosa necessaria alla vita vera. 
Con quella secca conclusione la ragazza si apprestò ad uscire dal suo dormitorio, non prima di avergli piazzato un bacio distratto e fugace sul braccio. Fuori era buio, la cena sarebbe stata servita a momenti.

«Dove vai?”
«Mi vedo con Gorgon»
«Ancora? Non starà mica diventando ufficiale, la cosa» commentò lui senza guardarla. Era assorto nell’osservare la sigaretta che lentamente si prosciugava tra le dita e a notare come forse aveva un piede più lungo rispetto all’altro.
«Potrebbe, non lo so, è un Grifondoro, con loro niente è mai certo»
«Capisco». Era quasi un esperto in materia.
«Non fumare troppo, ci vediamo più tardi»
«Si»
 le rispose lui flebilmente. Ma Astoria era già volata via perché potesse sentirlo.
 
 
Hermione non si presentò a cena quella sera. Ron le aveva annunciato senza troppi dettagli che avrebbero cenato fuori, con il lasciapassare di Hagrid, in una specie di picnic all’aperto. Fortunatamente le giornate avevano cominciato ad allungarsi, e comunque con qualche stratagemma magico non avrebbero lasciato che finissero per mangiare al buio. Pensandoci bene, la sera del Ballo del Ceppo lei e Draco non modificarono il corso degli astri con qualche luce artificiale. Nessuno dei due ci aveva pensato e forse fu meglio così. Al buio si erano lasciati andare come forse con un po’ più di luce non avrebbero mai fatto. D’altronde si sa, la notte è il lasciapassare per creature misteriose e anche per istinti che di giorno riposano nascosti nelle viscere. 
Draco notò subito i posti vuoti accanto a Potter e alla Weasley. Avvertì un crampo allo stomaco che quasi lo fece vomitare. 
Non desiderava farsi scegliere dalla Granger, voleva solo che la smettesse di fare la ragazzina.
Lasciò la Sala Grande a metà pasti, senza dare spiegazioni a un Blaise accigliato. Daphne Greengrass gli fece spallucce come per fargli sapere che non aveva idea di quello che stesse succedendo e Astoria, forse l’unica che avrebbe potuto capire, era troppo occupata ad imboccare Leo Gorgon al tavolo dei Grifondoro con una fragola per fare caso ai disturbi ormonali di Malfoy.
La Stanza delle Necessità gli offrì un rifugio e anche una cucina. Draco non credeva proprio di aver bisogno di quello ma forse esercitarsi per l’esonero di Babbanologia lo avrebbe distratto da quel nonsoché che lo aveva infastidito. Si sentì immensamente piccolo.

Dopo due intense ore di tentativi mal riusciti in cui aveva bruciato praticamente tutto, persino gli strumenti da lavoro, Draco si diede per vinto. Aveva buttato la cravatta da un angolo, si era sbottonato la camicia e alzato le maniche fin su i gomiti per avere la libertà necessaria nei movimenti. Stava lentamente capendo che la cucina senza una bacchetta era davvero un’arte che forse possedevano in pochi. Non riusciva proprio a capire come potessero riuscirci i babbani senza la magia. Nonostante il mescolare, lavorare gli ingredienti e assemblarli erano pratiche molto simili alle pozioni, Draco dovette ricredersi.
Forse doveva ricredersi di molte cose, ma ci arrivò più tardi, quando sentì la porta della stanza aprirsi e vide la Grifondoro entrare. Indossava un paio di jeans a vita alta che scendevano a dritti lungo le gambe. Erano stretti e accentuavano la sua figura sottile e longilinea. Il paio di scarpe da tennis ai piedi erano di una marca che non conosceva, sicuramente babbana anche quella. Aveva un maglione blu scuro un po’ vecchio e slabbrato che le pendeva da una spalla e si rimodellava solo in vita dove entrava malamente nei pantaloni. I capelli erano raccolti in una crocchia alta. 

«Granger» esclamò sorpreso, dell’inflessione un po’ stizzita se ne pentì subito dopo.
«Buonasera a te Malfoy» gli fece eco lei, con un tono sarcastico. 
Aveva sentito odore di bruciato nel corridoio ed essendo una gran ficcanaso aveva propinato a Ron una scusa per indagare. Assurdo come preferisse andarsene all’avventura piuttosto che amoreggiare con il suo ragazzo. Ma Ronald, che nelle passioni di Hermione non osava frapporsi anche quando doveva, la lasciò fare e le comunicò che avrebbe raggiunto Harry in Sala Grande per il dolce. 
Seguì l’odore fino all’arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll ed ecco che le si ripresentò la Stanza delle Necessità. 

«Perché sei qui?»
Hermione si rifiutò di dirgli dell’odore in corridoio, primo perché non capiva ancora per quale strano fenomeno riuscì ad avvertirlo, dato che la Stanza delle Necessità era famosa proprio perché non faceva trapelare nulla del suo interno a prescindere dall’aspetto che assumesse, secondo perché visto lo sguardo sconvolto e stressato del Serpeverde comunicargli che ciò che si sentiva era solo odore di bruciato avrebbe potuto offenderlo e da lì magari si sarebbero persi in insulti reciproci.
«Avevo fame» riuscì solo a dire. 
Avrebbe potuto inventare qualcosa di meno scontato, pensandoci su.
«Non hai cenato?» chiese lui con espressione di nuovo neutra. La camicia presentava qualche macchia di cioccolato sul davanti. I capelli, di solito perfettamente in ordine, adesso erano scomposti. 
Con quella domanda sperava che Hermione gli avrebbe rivelato il motivo della sua assenza a cena nella Sala Grande. 

«No...cioè si, ma avevo voglia di qualcosa di dolce» Si stava scavando la fossa da sola.
Draco decise di sorvolare sul quel doppio senso spiattellatogli in faccia e sbuffò stancamente, appoggiandosi su un ripiano di quella cucina improvvisata.

«Se vuoi un po’ di questa poltiglia bruciata fa pure» 
«Stavi...cucinando?»
«Però, che occhio»
«Perché?» chiese lei leggermente divertita e sorvolando sul suo piccato sarcasmo. Faticava a nascondere il sorriso, specie perché vedere Draco Malfoy affaticato e disordinato come se avesse combattuto contro un Minotauro non si vedeva tutti i giorni. 
La Grifondoro nel frattempo si fece avanti, tenendo le mani in tasca e stringendosi nelle spalle. Esitava.

«Mi sto preparando per il primo esame di Babbanologia, dobbiamo cucinare una ricetta babbana senza magia»
«Adesso capisco» rispose lei ancora più divertita, mentre con una mano cercò di sollevare un mestolo che si era magicamente appiccicato ad una ciotola contenente quello che sembrava fango denso.
«Sai, forse ti converrebbe esercitarti alla luce del giorno e non di sera, avresti la mente più fresca, sembra proprio un’impresa impossibile» Lo stava prendendo in giro, esattamente come quella sera in giardino.
«Pensi di saper fare di meglio?» Draco la guardò con un sopracciglio alzato, una parvenza di sorriso si fece strada tra le sue labbra ed Hermione constatò che con la luce della luna che filtrava dalle vetrate, la sua pelle diafana sembrava risplendervi come un riflesso.
«Pronto? Stai sconfinando nel mio mondo, non c’è cosa che non riesca a fare a casa mia» la ragazza gli rispose senza guardarlo, cominciando a studiare il piano di lavoro e agitando la bacchetta per pulire tutto quel disordine. Aveva quell’espressione presuntuosa che il Serpeverde aveva imparato ormai a conoscere (e ad accettare) fin dal primo anno lì ad Hogwarts, quella attraverso cui la poteva scovare anche tra mille senza doversi aiutare con un Lumos.
«Sei proprio una Grifondoro sotuttoio» scosse la testa e sogghignò divertito, come se quella con lei fosse una battaglia persa. 
Mai mettersi contro un Grifondoro dopotutto, riusciva a trovare anche una sola briciola di qualcosa per cui combattere e scontrarsi, finanche ad inciampare sui suoi passi per via del peso del suo stesso coraggio. 
Nel dir questo, il Serpeverde le sfiorò il viso con un dito ancora infarinato, sporcandola un po’ sulla guancia. Hermione lo guardò più intensamente, tutt’altro che divertita. Smise di agitare la bacchetta con il risultato che alcune ciotole caddero malamente su un tagliere. Lui le sorrise lievemente, poi, notando la sua reazione inaspettata, lasciò spegnere quella piccola intromissione di tenerezza prendendo una delle ciotole sul tagliere.

«Allora» si schiarì la voce «mi è toccato fare un pudding di natale al cioccolato, che ha una quantità di ingredienti e passaggi spaventosi, perciò ci metteremo un po’, sicura di volermi aiutare?» Il ragazzo la guardò inclinando il viso verso il basso, i capelli raccolti della Grifondoro sfioravano il suo mento. La vicinanza dei loro corpi sembrava una cosa normale, completamente ordinaria e familiare. Il braccio di lei coperto dal maglione combaciava con quello nudo di lui. 
Un’ affinità insolita ma giusta. 

«Aiutarti? Credevo ci stessi riuscendo benissimo da solo, non era una sfida quella che volevi?»
Draco comprese che la ragazza voleva chiedesse il suo aiuto esplicitamente, una cosa che non faceva mai, primo perché Draco Malfoy non si metteva mai in una situazione in cui doveva dipendere dall’aiuto degli altri, secondo perché il suo orgoglio poteva benissimo fronteggiare quello ostinato e spavaldo di un Grifondoro. 
Eppure, giacché si trovavano nella Stanza delle Necessità e in un’altra situazione fuori dall’ordinario, Draco lo ammise.

«Aiutami Granger»
Sembrava piuttosto un ordine che una richiesta. Ma il tono di voce carezzevole con cui pronunciò quelle due parole non le destarono alcun sentimento di contrasto. 
Cominciarono a leggere attentamente la ricetta, ogni tanto Draco la interrompeva facendole notare come avesse seguito il passaggio alla lettera e che puntualmente era la cucina ad essere contro di lui.

«Se c’è una cosa che mia nonna dice sempre è che bisogna iniziare a cucinare con serenità, altrimenti tutta l’energia negativa con cui vi ci approcciamo riuscirebbe a rovinare persino i sapori»
«Lo dici come se ci credessi davvero. È solo cucina»
«E qui ti sbagli Malfoy, la cucina, almeno nel mondo dei babbani, è tutta questione di chimica e non solo quella degli ingredienti»
Il Serpeverde ebbe la sensazione che da quell’esperienza ne sarebbe uscito con qualche pezzo in meno.
Messe le bacchette da parte, si misero all’opera.
Draco tritava la mollica del pane, le mandorle e il cioccolato, mentre Hermione si occupava di far sciogliere il burro e montare i tuorli con lo zucchero. 
In tanti momenti si smascheravano a vicenda mentre rubavano qualche pezzetto di cioccolato dal tagliere, ma nessuno diceva niente, Draco si limitava a sorridere quando coglieva in fallo la Grifondoro, mentre lei alzava gli occhi al cielo, segretamente divertita quanto lui. 

«Allora…me lo dici dov’eri a cena?»
«Non ti sfugge niente, eh?»
Draco sorrise ricordandosi della stessa scena la sera del Ballo del Ceppo. 
«No». Cominciò a tritare i chiodi di garofano e il finocchio nel mortaio. 
«Ron aveva organizzato una specie di picnic all’aperto, vicino casa di Hagrid, lui ci ha coperti» La Grifondoro grattugiava la scorza di limone. 
«Ovviamente»
Per un attimo lei non rischiò di grattugiarsi anche un dito.
«Come è andata?»
«Come doveva andare? Bene, suppongo» Hermione iniziò ad occuparsi degli albumi.
«Ne parli con la stessa intensità con cui racconteresti di un incontro in banca» Lui unì gli ingredienti tritati alla crema ottenuta con il burro fuso e i tuorli zuccherati. 
La Grifondoro interruppe per un momento quello che stava facendo per lanciargli un’occhiataccia. 

«Hermione, non puoi fermarti mentre monti gli albumi altrimenti non si montano, lo hai detto tu prima» Draco, che aveva spiato quella sua espressione dalla coda dell’occhio, la provocò ulteriormente senza nemmeno guardarla, continuando a mescolare il composto che aveva unito poco prima. Sarebbe potuto esplodere in una risata da un momento all’altro. 
Hermione al momento si trovava su un’altalena di emozioni che lottavano tra di loro per avere il primato. L’aveva provocata non troppo velatamente riguardo al suo appuntamento con Ron e stentava a comprenderne il motivo, visto che non si era mai permesso prima di esprimere anche velatamente una sua opinione a riguardo. L’aveva poi chiamata Hermione e presa in giro nella stessa frase. L’unica cosa che non la fece esplodere fu il modo vellutato con cui la chiamò per nome. Forse si stava immedesimando troppo in quella spuma di albumi soffice come la neve. 
Draco, notando che non arrivò nessuna reazione a scombinargli le carte, parlò di nuovo.

«Okay, alleggeriamo un po’ questa atmosfera lugubre, cosa ne dici?» si allontanò per un momento dal ripiano della cucina e riprese la bacchetta. Agitandola, questa iniziò a produrre una leggera musica natalizia.
«Malfoy, in caso non lo avessi notato siamo quasi in primavera»
«Granger, in caso non lo avessi notato questa ricetta si chiama pudding di natale al cioccolato, non semplicemente pudding al cioccolato, quindi ci vuole un’atmosfera natalizia altrimenti il dolce non viene su, lo hai detto tu stessa» Stavolta il Serpeverde le sorrise apertamente, consapevole che quella musica non fosse adatta ma risoluto nel trovare dei modi che potessero farla innervosire. Evidentemente adorava sentirsi rimbeccato, e il modo tutto suo che aveva di puntualizzare cose per lui ovvie. 
«Veramente io non…ah, come vuoi». Hermione, che invece aveva preso più seriamente la cosa, cominciò a versare gli albumi nel composto che Malfoy aveva creato stando attenta a non smontare l’effetto nuvola. Nel far questo, si ritrovarono nuovamente vicini. Per due volte le mani di lei gli sfiorarono le braccia, ferme sulla ciotola. L’espressione concentrata della Grifondoro era impagabile. Draco si leccò le labbra dando la colpa di quel gesto all’invitante miscela che avevano creato -e senza l’aiuto della magia!
Il Serpeverde si spostò a preparare l’occorrente per la cottura e la Granger finì di mescolare il tutto, in ultimo versando il contenuto nella forma a ciambella. 

«Adesso dovrebbe cuocere per una quarantina di minuti a bagnomaria»
«Cos’è un bagnomaria?»  chiese curioso lui. Osservava la Grifondoro passare il composto nella formina e poi metterlo in forno. 
«Un tipo di cottura»
«Certo che i babbani sono strani»
«Mai quanto i maghi» esclamò lei chiudendo il forno con un gesto sicuro. 
Rimasero in silenzio per qualche minuto. Draco procedette a ripulire tutto con la bacchetta, la musica continuava ad aleggiare per la stanza e le candele erano quasi arrivate alla fine della cera.
La Grifondoro si era fatta taciturna, la sua espressione non lasciava trapelare niente, si mordeva il labbro inferiore con insistenza. 

«Perché sei qui, veramente?»
«Te l’ho detto, avevo fame»
«Il picnic non ti è bastato?»
«No»
«Lui lo sa?»
«Perché ferirlo? Dovrei dirglielo?»
«Dovresti fare solo quello che senti. Se vuoi dirglielo fa pure, se non vuoi, non farlo»
«Cambierebbe qualcosa per te?» un’ammissione di troppo.
«No…e poi, sei qui comunque» Draco glielo disse all’orecchio, sfiorando la porzione di pelle scoperta dal maglione. 
Nel frattempo, i loro corpi si erano fatti più vicini, assecondando la musica distrattamente, involontariamente. 

«Io non sono così, io non...ho mai tradito»
«Eri ubriaca Hermione, non abbiamo fatto nulla di male, non ha significato niente»
In lei, qualcosa a cui non aveva ancora dato nome e volto, si incrinò leggermente.
«E adesso?»
«Adesso stai solo ballando»
Non stavano veramente ballando. Erano quasi fermi nella posizione in cui erano stati interrotti. Le mani che si sfioravano, si intrecciavano e si inseguivano, dall’altra la mano libera di lei appoggiata alla spalla, quella di lui che la teneva stretta dietro la schiena mentre esercitava una leggera pressione. Il mento le sfiorava la fronte.
«Non ti sto offrendo una scelta Granger, lo capisco quando il tuo cervello va al galoppo cercando soluzioni. Questo non è un problema da risolvere, io non sono compreso nella vostra equazione»
Hermione si risentì improvvisamente. Non che avesse mai considerato l’idea di Malfoy come qualcosa di lontanamente simile ad un fidanzato, non lo aveva mai considerato nemmeno come amico, ma lui si stava discolpando di un affare in cui pur non volendo era entrato e non poteva sostenere di non essere la causa di tutti i suoi dubbi.
Poi però la ragazza realizzò che il Serpeverde non poteva sapere cosa gli stesse passando per la testa, lui ignorava la sua difficoltà nel cercare un’intesa con Ronald, ignorava la preoccupazione che l'assaliva ogni volta che constatava che l’intesa tra loro era molto più forte di quella che aveva con il suo stesso ragazzo.

«Non ho intenzione di fare una scelta, infatti»
Hermione si dileguò da quello strano abbraccio e si volse a dare un’occhiata al dolce. La sensazione provata quella sera, quando erano avvinghiati, ubriachi, la abbandonò.
Draco si sentì di nuovo scoperto. Che si era innervosita, gli era perfettamente chiaro. E la sua ultima affermazione ne era una prova ulteriore. Solo che sentirsi esplicitamente escluso lo urtò in un modo a cui non era preparato. 


«Questo è strano»
«Cosa?» Draco le si rivolse preoccupato, guardando il dolce con apprensione. Era cresciuto velocemente, come per magia, sembrava quasi cotto.
Si guardarono dubbiosi.

«Io non c’entro niente»
«Io non ho fatto niente» dissero all’unisono.
La ragazza estrasse il dolce dal forno, e dopo qualche minuto lasciato a farlo raffreddare, constatarono che si, era pronto.

«Però non è male» disse lui a bocca piena.
«Non mi spiego come abbia potuto cuocere in dieci minuti»
«Questione di chimica, magari», rispose naturalmente lui. 
«Adesso mi dirai anche che il dolce ha una ragione che la logica non conosce?»
«Anticipi anche le mie battute, Granger, ma che brava!»
Esplosero in una grande risata.
Dopo qualche minuto in silenzio passato ad assaggiare il dolce, la Granger si ricordò improvvisamente che aveva lasciato Ron ed Harry in Sala Grande e che ormai a quell’ora avrebbero dovuto essere già in Sala Comune. 

«Allora io...andrei» decretò infine. 
Draco, aveva ancora con la bocca piena, annuì lentamente, procedendo a raccogliere le sue cose intenzionato a fare lo stesso.
Hermione recuperò la sua bacchetta e strofinatasi le mani sui pantaloni per togliere i residui di briciole fece per voltarsi in direzione dell’uscita. La musica era lentamente andata spegnendosi e Draco imitò tutti i suoi gesti, prese la bacchetta, cerco di sistemarsi la camicia ormai indelebilmente macchiata di cioccolato e si passò una mano tra i capelli disordinati. 

«Granger, aspetta» la richiamò, bloccandola dolcemente con la mano sul polso.
Hermione si voltò e solo allora sollevò lo sguardo. Non disse nulla. Dopo brevissimi istanti Draco le sorrise (gli veniva naturale più del necessario, sorriderle), e le passò il pollice sulla guancia, facendo poca pressione per pulire qualche residuo di farina e cioccolato. Si stava offrendo lui stesso di coprire le tracce di quell’incontro, per nulla intenzionato a creare scandalo o a metterla in una posizione compromettente con Weasley. Non desiderava sollevare un polverone, aveva già i suoi problemi, i suoi giri a cui dare corda. Come aveva cercato di farle capire, non voleva essere il problema e nemmeno la soluzione.

«Ora puoi andare»
Interruppero il contatto un’ultima volta. Avevano silenziosamente optato per uscire separatamente, così da evitare qualsiasi possibile spiacevole sorpresa una volta fuori. 

  
Il giorno dell’esame Draco Malfoy cucinò con una tale scioltezza e semplicità da stupire tutti in classe, persino la professoressa Reynards, che senza pensarci due volte gli fece superare l’esame e lo congedò con un ampio sorriso. Quando uscì dall’aula si sentiva leggero, più sé stesso.
Trovò la Granger seduta sul prato nel cortile d’ingresso, insieme alle sue due amiche Corvonero di cui non ricordava i nomi. Era insolito vederla in un trio che non includesse anche il Prescelto.
Si avvicinò a passi spediti e sicuri, mentre le sue amiche, che lo notarono già a metri di distanza, avevano un’espressione sconvolta, simile a quella che assumevano di fronte a una delle strane creature che gli presentava Hagrid a lezione.

«Ma quello è veramente…?»
«Sta venendo qui! Hermione, sta venendo qui!»
«Che cosa vorrà mai?»
In quel dialogo fatto solo di esclamazioni sorprese e agitate, Hermione si era autoesclusa. Mentre le sue amiche erano in preda al panico lei osservava il ragazzo avvicinarsi. Si alzò spontaneamente, con un sorriso stampato in faccia che Ivy e Gracie stentavano a capire. Notò che in mano portava un tovagliolo piegato su sé stesso.
«Buon pomeriggio Granger»
«Come è andata?»
«A meraviglia. La Reynards mi ha congedato con un Eccezionale e l’accesso diretto al prossimo esame»
Hermione lo guardò con un sorriso vittorioso, come se parte di quel voto fosse suo. In un certo senso lo era.
«Volevo solo darti questo» Nel consegnarle il contenuto del tovagliolo le prese la mano e la toccò. Con naturalezza, alla piena luce del sole, nel cortile della scuola. Draco le appoggiò il tovagliolo sulla mano e questo si aprì, rivelando un pezzo di pudding che era avanzato dalla lezione. Hermione comprese che quello era il suo modo per ringraziarla e non avrebbe chiesto di più. Non quel giorno.
«Ci si vede» sussurrò piano. Poi spostò lo sguardo dietro alle spalle di Hermione. Fece un cenno con la testa e «Ragazze...» si congedò, facendo un cenno con la testa a mo' di saluto.
Hermione non riuscì ad assaggiare di dolce perché le amiche gli si avventarono sopra credendolo avvelenato. Dopo il lascia passare della Grifondoro, lo assaggiarono e come se avessero assistito all’evento di qualche giorno prima nella Stanza delle Necessità, cominciarono ad arrossire. 
Ivy e Gracie si lanciarono uno sguardo complice e capirono che il pudding aveva lo stesso odore che avevano sentito sui capelli di Hermione quel giorno in giardino.

«Da quant’è che tu e Malfoy vi cimentate in esperimenti culinari?» Ivy avrebbe voluto farle una domanda più esplicita, ma la mente brillante di Hermione colse comunque la sua vera curiosità. 
Non li avrebbe proprio definiti esperimenti culinari, quanto piuttosto esercizi di accettazione.
Cosa c’era da ammettere però, non le era ancora troppo chiaro.

«Da un po» ammise infine, rimettendosi a sedere in mezzo a loro. Da quel momento in poi fu seppellita di domande a cui non diede risposta, cominciò a ridere cercando di eludere le insistenze delle sue amiche, propinando scuse e piccole bugie bianche. Non era ancora arrivato il momento in cui gli avrebbe rivelato quanto successo tra lei e Draco.
Nel frattempo, il Serpeverde stava circumnavigando il cortile per raggiungere la prossima lezione. L’eco della sua risata gli arrivò dritta al cuore. 


 
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Ivy Locket, Gracie Boots, Leo Gorgon, Melton Hazel e Myrtle Reynards sono personaggi inventati.
  
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