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Autore: Babbo Dark    27/04/2020    4 recensioni
Cross-Over "La Bella e la Bestia/Teen Wolf", ovviamente Sterek!
Mieczyslaw Stilinski non è un Omega tutti gli altri, sogna una vita di avventure lontano dalla piccola cittadina di Beacon Hills; etichettato come strambo, Mieczyslaw vive le sue giornate nella più odiosa quotidianità tra il fornaio che vende il pane, la sua amata libreria e le attenzioni non richieste di Theo. La sua vita, però, cambia drasticamente quando si ritrova costretto a barattare la sua libertà in cambio di quella del padre; il ragazzo, quindi, si ritroverà ospite in un castello incantato con la compagnia dei servi, trasformati in oggetti, e di un mostro. Ma se da tutto ciò, andando oltre le apparenze, la Bestia si rivelasse ben diversa da quello che si vede?
Genere: Avventura, Erotico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Il branco, Stiles Stilinski, Theo Raeken
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sterek in Disney... '
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Note iniziali: ma è un aggiornamento in anticipo? E bene sì, signori e signore, ho deciso di aggiornare oggi perché… Perché sì, ecco ^^”

Dunque vediamo cosa posso dire su questa storiella bella, bella…

Finalmente vediamo il vero Theo, l’essere spregevole che nasconde sotto la scorza perfettamente lucida di “bravo ragazzo”; sinceramente, credo che né lui e né Gaston fossero realmente innamorati di Stiles/Belle ma mandassero avanti tutta quella sceneggiata solamente per prendersi la ragazza/Omega più bella/o della città. I loro personaggi si basano sulle apparenze e visto che sappiamo quanto possono essere schifosi (Theo lo vedrete nel prossimo capitolo) dubito che siano in grado di amare veramente, sbaglio a pensarla in questo modo? Fatemi sapere la vostra, sono curioso.

Io vi auguro una buona lettura, ci vediamo nelle note finali!
 

Babbo Dark
 
 
Theo
Paesani
 


 
Little Red Riding Hood and the Cursed Wolf
Capitolo XI – La furia di Theo
 
 

Un dolce calore abbracciò il corpo stremato di Noah e l’uomo, attratto da quella piacevole sensazione, mugugnò qualcosa d’incomprensibile e si sistemò meglio in quel comodo giaciglio che profumava così tanto di suo figlio da fargli dimenticare tutte le angosce che gli avevano tormentato l’animo; non c’erano più missioni da compiere, foreste da perlustrare o castelli da trovare. Noah stava finalmente bene.

Qualcuno gli carezzò la testa con dolcezza mentre un tenero bacio veniva posato sulla sua fronte ma poi, violento come un ceffone inatteso, giunse anche la voce di un ragazzo; era appena un sussurro, qualcosa di apparentemente impercettibile, ma bastò per far sgranare gli occhi al vecchio Alpha, ritrovandosi a specchiarsi in quelli del proprio figlio illeso, sano e salvo.

Incurante di tutto, Noah si sollevò di scatto dal letto e afferrò saldamente il corpo del ragazzo prima di stringerselo contro con tutta la forza che aveva mentre scoppiava in un pianto liberatorio, incurante di tutto e tutti; il suo bambino era lì con lui, era salvo, e null’altro era importante in quel momento. Le mani di Stiles iniziarono a carezzargli delicatamente la schiena, cercando di calmare il padre, ma al tempo stesso non riusciva ad abbandonare quella disgustosa sensazione di tristezza che non lo voleva abbandonare, nelle orecchie riecheggiava ancora l’ultimo ruggito di Derek; ci volle una mezz’ora buona affinché l’Alpha riuscisse a calmarsi ma alla fine, stendendosi nuovamente a causa della stanchezza, iniziò a scusarsi e a baciare le mani del figlio.

Era convinto che non l’avrebbe più rivisto e alla fine, invece, era lì davanti a lui; Stiles si beò del contatto provocato con il suo Alpha di famiglia ma qualcosa, nel suo cuore, gli sussurrava che non era quella la carezza che ricercava. Voleva delle grosse zampe all’apparenza mostruose a toccarlo, a venerarlo, e per quanto amasse suo padre tutta quella sensazione gli sembrava sbagliata; si chiese come stesse Derek, se si fosse coricato e, soprattutto, si chiese se avesse continuato a comportarsi il più umanamente possibile oppure se sarebbe ripiombato nel baratro della disperazione.

A distrarlo da quei pensieri deprimenti giunse la voce del padre che, tra un singhiozzo e l’altro, narrò tutto quello che aveva vissuto in quei mesi: raccontò del ritorno al villaggio e della taverna da cui era stato cacciato, riassunse il primo viaggio nella foresta e l’intervento delle due guardie; spiegò al figlio il mese trascorso a letto per la polmonite e l’incidente che lo aveva costretto, a neanche una settimana di libertà, a finire in carcere. Infine, baciandogli nuovamente le mani, raccontò di come fosse uscito dall’Inghilterra per correre nuovamente nella foresta per cercarlo e salvarlo per poi cadere vittima del freddo e della stanchezza.
 
 
«Ma parla, figlio mio, come sei fuggito da quell’inferno?» chiese Noah quando terminò il racconto prima di carezzargli la guancia; l’Alpha notò con un pizzico di tristezza come Stiles, a differenza delle altre volte, si godette quelle carezze ma non spinse mai il volto verso la sua mano.

«Mi ha liberato.» rispose semplicemente facendo sgranare gli occhi al padre.

«M… Ma qu… Quel… Mostro… Lui…» balbettò Noah, incapace di capire appieno quella semplice frase all’apparenza prima di doppi significati.

«Derek, papà, si chiama Derek…» sussurrò Stiles prima di sospirare rumorosamente e sorridere, incurante dello sguardo che suo padre gli rivolse «Oh, papà! Non è un mostro, quella era solo l’apparenza! In realtà è dolce, sensibile e così timido che non immagini…» disse sollevandosi dal letto e iniziando a camminare per la strada, le mani strette contro il petto e un dolce sorriso a tirargli le labbra «Mi ha salvato dai lupi, sai? E poi è cambiato così tanto, papà, e abbiamo mangiato così tante volte insieme… Mi ha regalato una biblioteca e ci siamo baciati… Oh, papà…» sussurrò per poi sospirare innamorato, il corpo premuto contro la finestra e lo sguardo perso a fissare le stelle; Noah sbuffò rumorosamente e si schiarì la gola ma suo figlio sembrava perso in un mondo tutto suo; un sorriso tirò le labbra dell’Alpha, il suo bambino era innamorato…

«Perché non mi racconti meglio…» disse picchiettando la mano contro il materasso e, un paio di secondi dopo, Stiles si sedette e iniziò a elencare nel dettaglio tutte le giornate passate nel castello.
 
 
I due Stilinski, però, non si resero conto della presenza di un Beta invadente che, notate le luci delle candele, era entrato nella loro casa per poi uscirne rapidamente non appena udì le loro voci.
 

 
***

 
 
«È ANDATO VIA?!» Alan fissò attentamente i presenti che, per l’occorrenza, si erano tutti riuniti all’interno delle cucine; non sa bene chi ha fatto girare la voce, visto che lui aveva richiesto solamente la presenza di Peter, ma alla fine l’orologio si è ritrovato costretto a rivolgere il proprio sguardo dispiaciuto a Melissa, Malia e Allison. Sospirando rumorosamente, Alan si ritrovò ad annuire a quelle parole mentre un borbottio costante riecheggiava tra loro.

«Cos’è successo?!» chiese Allison avvicinandosi di qualche passo, incurante della polvere trasportata dalle sue piume.

«Non lo so… Il Padrone non si è espresso molto…» ammise l’orologio con un’alzata di spalle «Ma prima di rinchiudersi in un pesante silenzio ha ammesso di averlo fatto per amore…» disse osservando attentamente i colleghi; Peter iniziò a saltellare avanti e indietro, sul volto ceroso un’espressione pensierosa.

«Ma è fantastico, no?» domandò Malia come se nulla fosse «Ha imparato ad amare e ora torneremo tutti umani!» disse euforica osservando i presenti che sospirarono in sincrono.

«Non basta…» le rispose Peter con un sussurro «Per rompere l’incantesimo è essenziale che il Signorino lo ami a sua volta…» ricordò ai presenti per poi sospirare pesantemente «E alla corona della rosa mancano solamente tre petali, quindi circa due ore… Il tempo è scaduto…» un singhiozzo abbandonò le labbra di Melissa mentre Alan iniziava ad allontanarsi dalla stanza, ormai stufo di quelle chiacchiere inutili.

«Proprio ora che aveva scoperto l’amore…» sussurrò la teiera nel silenzio generale «Speriamo solamente che non regredisca allo stato bestiale.» aggiunse con un sospiro.

«Quel che sarà, sarà.» intervenne Alan con un tono fin troppo secco «Ormai siamo condannati a rimanere oggetti di servizio fino alla morte del Padrone, accettiamolo e riprendiamo a comportarci come abbiamo sempre fatto per questi dieci anni…» ordinò aprendo le pesanti porte che davano sul salone principale «Cerchiamo di mantenere pulito il castello e non farlo piombare nuovamente in quel degrado, vi prego…» sussurrò mentre i primi singhiozzi iniziavano a scuotergli le spalle legnose «Io andrò nella biblioteca per accettare la situazione, chiamatemi se necessario.» aggiunse prima di abbandonare definitivamente le cucine.
 
 
Uno alla volta i servi si dileguarono, percependo la necessità di rimanere da soli a crogiolarsi nel dolore dell’accettazione; per un attimo, in quella dannata sera, si erano convinti che l’incantesimo sarebbe stato finalmente spezzato, riottenendo quindi l’umanità che tanto desideravano e che avevano perduto da anni ormai. Sapere che il loro ospite fosse fuggito così rapidamente, senza una valida motivazione sotto, incendiò i loro animi e in molti si ritrovarono a maledire il giorno in cui l’Omega giunse al castello; aveva dato loro una speranza e poi, come un Dio sadico e vendicativo, se l’era ripresa senza pensarci due volte.
Peter non avrebbe mai più abbracciato la figlia, Melissa non avrebbe più gioito del calore provocato dai corpi di Scott e Isaac contro il suo; Allison e Matt non si sarebbero più baciati e Chris non avrebbe mai più chiesto al suo Omega di legarsi…

Tutto era perduto e, come aveva detto Alan, il loro tempo era scaduto.
 
 
 
***
 


Noah sospirò rumorosamente e si massaggiò le tempie, cercando di lenire quell’emicrania che minacciava di spaccargli a metà il cranio, ma nonostante tutto era felice di poter sentire nuovamente la voce di suo figlio nonché la sua risata cristallina; padre e figlio si erano raccontati a vicenda quel periodo affinché l’altro sapesse che fine avesse fatto e Stiles sgranò gli occhi quando venne a sapere che l’Alpha, dopo essere stato gettato fuori dalla locanda, era svenuto nella foresta a causa della febbre. Noah sottolineò più volte come il dottor Gerard gli impedisse di fare qualsiasi cosa, minacciandolo di legarlo al letto, e Stiles spalancò la bocca quando il padre gli disse del disguido con la guardia e del successivo arresto, nonché il periodo passato dietro le sbarre che aveva peggiorato ulteriormente la sua salute; dal canto suo, invece, Stiles narrò la sua vita al castello nei minimi particolari.

Descrisse al padre il modo irruento con cui lui e Derek si rapportarono i primissimi tempi, della fuga dal castello e del successivo attacco dei lupi; spiegò come l’Alpha lo avesse salvato e di come Stiles fosse intervenuto a sua volta per riportarlo indietro e, cosa più importante, raccontò di tutti i cambiamenti che la creatura aveva fatto in quel breve periodo di convivenza forzata. Noah non si perse il tono di voce sognante né l’espressione innamorata del figlio e per un attimo il suo animo s’inquietò, rabbuiandosi a causa del timore che tutte quelle situazioni non fossero altro che un pretesto per incastrare l’Omega in un legame; ricordava perfettamente il modo in cui quel mostro, Derek gli sussurrò la coscienza, lo aveva trattato quella sera e di certo Noah avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere per impedire al figlio di compiere quella follia.

D’un tratto, però, la voce della sua Compagna gli riecheggiò nella mente e Noah si ritrovò ad abbassare il capo mentre assimilava quelle nuove informazioni; ‘Tutti noi nascondiamo un Io interiore, amore mio… Non commettere l’enorme sbaglio di fidarti delle apparenze, di limitarti al guscio esterno; ci sono persone avvolte da mantelli dorati ma che nascondono la feccia dell’umanità e, naturalmente, ci sono persone che appaiono mostruose ma che in realtà nascondono dei diamanti sotto quella dura corazza impenetrabile…’. Mai, prima di quel momento, Noah si ritrovò a darle ragione; lui si era scontato solamente con la corazza di quel Derek ma suo figlio, il suo bambino, aveva avuto la fortuna e la caparbietà di rompere quelle mura apparentemente invalicabili per poter osservare e gioire di quel meraviglioso diamante che custodivano.

Improvvisamente, Noah si ritrovò a deglutire un amaro boccone; il suo bambino era cresciuto, trasformandosi sotto i suoi oggi in un giovane Omega maturo, e lui non era altro che un povero Alpha del tutto disarmato davanti al destino. Se Stiles e Derek erano destinati a legarsi, ad amarsi, lui non li avrebbe ostacolati in alcun modo ma, naturalmente, si sarebbe tenuto pronto qualora le cose precipitassero e il ragazzo necessitasse di un porto sicuro in cui ormeggiare la propria barca.

Con un sorriso emozionato e lo sguardo intristito, l’Alpha fissò il volto pensieroso del proprio figlio e si apprestò ad aprire bocca nello stesso istante in cui la sacca da viaggio che Stiles si era portato dietro iniziò a muoversi, catturando immediatamente la sua attenzione.
 
 
«Ehm… Figliolo…» sussurrò Noah indicando l’oggetto incriminato e spingendo il ragazzo a voltare lo sguardo, sollevando un sopracciglio davanti a quegli strani movimenti; poco a poco, timido come non mai, dalla stoffa della sacca emerse un tremante Scott che si fissò attentamente attorno prima di avvicinarsi con un paio di saltelli alle scarpe di Stiles che, ridacchiando, s’inchinò per recuperare l’amico e permettergli di accomodarsi sulle lenzuola.

«Toh! Un clandestino…» ridacchiò il ragazzo mentre la tazzina si avvicinava a suo padre che sorrise e lo salutò con un cenno della mano; Scott, ricambiato il saluto con timido sorriso, si voltò e incrociò gli occhi di Stiles prima di avvicinarsi al suo corpo esile.

«Signorino, perché se ne è andato?» domandò tristemente la tazzina mentre lo sguardo s’incupiva «Il Padrone è disperato, tutti abbiamo sentito il suo ruggito di dolore…» aggiunse con un sospiro «Voi… Vi siete stancato di lui?» domandò abbassando leggermente lo sguardo e sospirando nuovamente; Stiles, però, prese un profondo respiro e abbassò il capo mentre una piccola, solitaria lacrima abbandonava i suoi occhi, facendo sollevare di scatto le sopracciglia di Noah che si apprestò ad asciugarla con il dorso della mano, facendo nascere un debole sorriso sulle labbra del ragazzo.

«Io…» sussurrò Stiles voltandosi verso la finestra per poi sgranare gli occhi davanti a quell’alone rossastro che rischiarava la notte; alzandosi rapidamente dal letto, e ignorando i richiami del padre, Stiles si affacciò alla finestra e spalancò la bocca quando si rese conto che tutta la popolazione di Beacon Hills si stava radunando sotto casa sua armata di torce e forconi. E lì, davanti a tutti, spiccava la figura di Donovan intenta ad aizzare la popolazione; percependo la furia aumentare e accecargli la ragione, Stiles uscì rapidamente dalla propria stanza e si diresse a passo spedito verso la porta d’ingresso per poi spalancarla con forza, incurante dell’aria fredda che lo travolse in pieno.
 
 
Il ragazzo spalancò la bocca davanti a quella folla furiosa e armata che non aspettava altro che un agnello sacrificale, qualcuno su cui riversare tutta la rabbia e l’odio accumulati nel corso dell’anno; un brivido di disperazione gli attraversò la schiena quando i suoi occhi si soffermarono sulla cupa carrozza del manicomio e, subito dopo, sulla figura scheletrica di un uomo che sorrideva malignamente nella sua direzione. Stiles si sentì mancare: Donovan, o chi per lui, aveva radunato tutta la città affinché suo padre venisse arrestato visto che, come gli aveva spiegato poco prima, appena rimesso piede nella città si era recato immediatamente alla taverna e aveva parlato apertamente di Derek.
 
 

«Ehi, Noah!» esclamò con una risata Donovan, attirando l’attenzione di Stiles sulla sua figura prima di spostarla su quella del padre che, rabbrividendo, osservava terrificato la folla «Raccontaci ancora del mostro!» urlò mentre un coro di risate malvage riecheggiava nella sera, facendo indurire lo sguardo dell’uomo e serrare i pugni; Stiles non aveva mai visto la rabbia prevalere su suo padre eppure, mentre ne osservava la reazione, il ragazzo ne fu intimorito. Noah sembrava pronto a scattare sul posto e attaccare, stanco delle prese in giro e delle umiliazioni sul suo conto, ma poi un uomo si avvicinò lentamente all’Alpha e unì le mani in preghiera mentre un sorriso maligno gli tirava le labbra.

«Signor Stilinski, la prego di accomodarsi nella carrozza…» sussurrò il dottor Raphael indicando il veicolo con la mano destra, incurante del tentativo disperato di Stiles di porsi davanti al corpo del padre per proteggerlo; l’Omega, infatti, era stato afferrato malamente dagli abitanti i quali, ridacchiando, ignorarono le sue lamentele e gli strappi provocati sui suoi vestiti «Odio queste stronzate.» sbuffò il medico prima di schioccare le dita e, nel giro di pochi secondi, un paio di Alpha afferrarono Noah per le braccia e lo trascinarono malamente verso la carrozza, incuranti delle imprecazioni e delle preghiere dell’uomo.

«MIO PADRE NON È PAZZO!» tuonò Stiles mentre veniva scaraventato malamente al suolo e, ignorando il bruciore che percepiva sui palmi e sulle ginocchia, il ragazzo si rialzò e si avvicinò al medico nel disperato tentativo di bloccare quella follia quando, dalle sue spalle, due braccia lo afferrarono per i fianchi e lo costrinsero a scontrarsi con un petto muscoloso «THEO! CI MANCAVI SOLAMENTE TU!» sbuffò l’Omega osservando il ghigno malizioso che tirò le labbra dell’Alpha «MIO. PADRE. NON. È. PAZZO.» ripeté in un sibilo, percependo la rabbia ribollirgli nelle vene.

«Ma certo, Law, ma certo…» sussurrò Theo intristendo la propria espressione e sospirando rumorosamente e, a quella reazione, Stiles sollevò di scatto le sopracciglia e afferrò le mani dell’Alpha, rigirandosi poi in quello strano abbraccio.

«Aiutami, Theo, ti prego!» gli urlò contro l’Omega afferrandogli il maglione rosso per le spalle e scuotendolo violentemente; l’Alpha, però, sospirò rumorosamente e scosse il capo prima di sgranare gli occhi e sorridergli apertamente.

«Sai, Law, potrei anche aiutarti se tu…» sussurrò lascivamente osservando attentamente lo sguardo spaventato del ragazzo, immaginandosi già l’attimo in cui si sarebbe perso in quel corpo vergine; ignorando il ‘Se io…’ sussurrato da Stiles, proseguì «Se tu ti legassi a me!» esclamò nello stesso istante in cui Noah veniva gettato malamente nella carrozza, sotto gli sguardi derisori e le risate di scherno della folla; Stiles, però, nell’udire quella richiesta capì e perse le staffe. Con una forza che non credeva di avere, si allontanò dalle braccia di Theo e lo colpì violentemente al volto con un pugno, facendo cadere a terra l’Alpha che lo fissò sconvolto.

«Mi fai schifo!» urlò Stiles, incurante degli sguardi della folla e dei sospiri stupiti scappati da quest’ultima «Sei un verme, Theo, una feccia! La merda della merda e non mi degnerei di farti una fottutissima sega, figuriamoci legarmi con te! Fanculo Theo, tutta questa sceneggiata solo per scoparmi?! Muori, verme!» urlò tirandogli un calcio per poi tornare rapidamente in casa, incurante della collera che quelle parole avevano scatenato nell’Alpha che, sollevandosi da terra, urlò di furia e fissò la porta d’ingresso; incurante di tutto, Stiles era rientrato nella propria camera e aveva recuperato lo specchio magico prima di tornare in mezzo alla folla «Posso dimostrare che mio padre non è pazzo!» urlò attirando l’attenzione dei presenti «Ti prego, mostrami Derek…» la folla sgranò gli occhi quando quello che sembrava un normalissimo specchio venne percorso da dei lampi di luce verde che crearono strane ombre sul volto dell’Omega e poi, nonostante tutto, un sorriso innamorato distese le labbra di Stiles perché lì, nello specchio, si trovava il suo Derek… L’Alpha che aveva fatto tanto per lui senza chiedere nulla in cambio… «Ecco la Bestia!» urlò voltando lo specchio e sollevandolo, permettendo a tutti di poter vedere l’Alpha che gli aveva catturato il cuore; un grido terrorizzato abbandonò le gole dei presenti mentre Theo, incuriosito, strappava lo specchio dalle mani di Stiles «Ridammelo! È un regalo!» disse tentando di recuperare l’oggetto senza ottenere grandi risultati.

«È un mostro!» sussurrò sconvolto Theo, incurante di tutto e tutti.

«No, deficiente!» l’Alpha folgorò con lo sguardo Stiles e irrigidì la mascella, stufo di quel comportamento insolito e fastidioso «TU SEI IL VERO MOSTRO, THEO! TUTTI CREDONO DI PARLARE CON UN GRAN FICO MA IN REALTÀ SEI SOLO UN PEZZO DI MERDA CHE CAMMINA!» tuonò Stiles, il volto sempre più caldo a causa della rabbia e negli occhi una luce che fece infuriare Theo ancor di più «Lui è importante per me! È dolce, sensibile, timido, romantico, buono! Tutto quello che non sei tu!» e lì, sotto gli sguardi di tutti, Theo perse la ragione; con la rapidità tipica di un Alpha, il ragazzo aveva assestato un pugno nello stomaco di Stiles con tutta la forza che possedeva, costringendolo a chinarsi sotto il suo stesso peso mentre si ritrovava a vomitare i succhi gastrici.

«SONO TUTTI E DUE PAZZI! PADRE E FIGLIO!» tuonò l’Alpha prima di afferrare i capelli di Stiles e tirarli con forza, incurante delle urla di dolore e delle lacrime che bagnarono il volto dell’Omega che voleva, per poi spostarsi verso il laboratorio di Noah «Il mostro ci ucciderà tutti!» urlò mentre gettava malamente il ragazzo giù per le scale e, non appena Theo scioccò le dita, anche Noah fece la stessa fine del figlio «Intrappoliamoli ed evitiamo che fuggano, potrebbero avvertire quel figlio del demonio!» disse mentre alcuni Beta si prodigavano a bloccare la porta che conduceva al laboratorio.
 

 
In agguato se ne sta e di notte colpirà!
Per saziare il suo appetito i nostri figli ucciderà!
 
 
 
«Verrà di notte e ci ucciderà tutti!»

«Mangerà i nostri piccoli!»

«Distruggerà il bestiame!»

«Divorerà tutto quello che troverà sul suo cammino!»

«Beacon Hills non è più un luogo sicuro! Non finché vivrà questo mostro!»
 
 
 
Theo sorrise vittorioso udendo quelle frasi terrorizzate e, non contento dell’effetto che stava ottenendo, iniziò a urlare a destra e manca tutte le imprecazioni che gli venivano in mente contro quella bestia maledetta che aveva catturato il cuore di quello stupido Omega; così, sorridendo nell’afferrare il proprio fucile e legandosi lo specchio alla vita, Theo iniziò a organizzare una spedizione di caccia contro quel mostro.


Omega e bambini vennero immediatamente allontanati mentre gli Alpha e i Beta si armavano, preparandosi per iniziare quella notte di sanguinoso odio; immaginandosi dare il colpo di grazia al mostro, mutilarlo delle zampe e della coda, la folla accese con l’ausilio delle torce tutto quello che gli capitava a tiro, incuranti del fatto che anche casa Stilinski iniziò a bruciare a causa della loro follia.
 
 
 
 
Il villaggio con quel mostro più sicuro ormai non è!
Su muovetevi venite tutti, ora, insieme a me!
 
 
 

«Appendiamo la sua testa alla mia parete e liberiamo la città!» tuonò Theo, sorridendo quando udì i ‘SÌ!’ urlati dalla popolazione esultante «Donovan, il mio cavallo!» ordinò all’amico che rapidamente si defilò dalla mischia.

«Cosa facciamo, Theo?» domandò un Beta avvicinandosi.
 
«Come raggiungiamo il demonio?!» inveì il panettiere con furia.

«Le tracce, amici miei!» rispose tranquillamente l’Alpha «Law era sparito misteriosamente e ora so che quel mostro lo teneva prigioniero ma deve essere scappato, no?» disse, facendo annuire i presenti che si ammutolirono all’istante «Seguiremo le tracce lasciate dall’Omega e raggiungeremo il castello, nulla ci fermerà! Né la foresta, né i lupi e né il mostro!» urlò a squarcia gola prima che tutto il resto della folla si unisse a quel ruggito primordiale.
 
 
 
 
Su corriam, galloppiam attraverso le foreste e i monti non c’è nulla che ci fermerà!
Forza andiam, che aspettiam?
Dentro quel castello c’è una bestia spaventosa che ci assalirà!
Può squartar con gli artigli affilati, con le zanne ti può divorar!
Può ruggir, può ringhiar ma da noi non potrà mai scappar!
Morirà!
Sì!
Morirà!
 


«Ricordatevi delle sue armi!» disse Theo mentre montava in sella al proprio cavallo prima di iniziare a dirigersi verso il bosco che costeggiava la proprietà degli Stilinski «Ha le zanne lunghe quattro metri con cui fracasserà le ossa di tutti gli idioti che proveranno ad avvicinarglisi troppo…» Donovan deglutì rumorosamente all’ipotesi e fissò l’amico, comodamente seduto sul suo mastino nero «I suoi artigli sono di puro metallo e dalla lunghezza di dieci metri, un movimento fulmineo e vi taglia a metà come una fetta di pane!» qualcuno, dietro di loro, sussultò visibilmente a quella ipotesi; poco a poco il folto gruppo entrò nel bosco, illuminando gli alberi con le proprie torce e disegnano tutt’intorno ombre sinistre «Lui ci attaccherà, è nella sua natura, ma noi siamo più forti e furbi di lui! MORIRÀ!» tuonò, facendo riecheggiare attorno a sé un coro di ‘MORIRÀ!’ urlato dalla folla «Oh, eccome se morirai disgustosa bestiaccia…» sussurrò maniacalmente Theo mentre un ghigno malvagio gli tirava le labbra; quella creatura terrificante sarebbe stato un trofeo meraviglioso per la sua parete, tutti l’avrebbero ricordato come il miglior Alpha e cacciatore della città e tutti gli Alpha si sarebbero ricordati di lui in futuro. E alla fine, ma non meno importante, con la morte della creatura lui si sarebbe finalmente scopato quell’Omega; ormai non gli interessava più neanche il legame, desiderava solamente prenderlo rudemente e poi abbandonarlo a se stesso mentre lui puntava lo sguardo sulla sua prossima preda.
 
 
 
Con le torce corriam, il coraggio non vi mancherà!
Con te Theo, nessun fuggirà!
Tutti noi guiderai nel castello c’è un spirito maligno che ben presto morirà!
È più grosso di una montagna, ma di lui non avremo pietà…
Perché noi, solo noi, siamo eroi, grandi eroi, il Signore è qui con noi!
 
 
 

Seguire le tracce lasciate da Stiles fu più semplice del previsto vista la presenza della neve fresca e Theo, nonostante il freddo glaciale che gli avvolgeva le membra, percepiva il sangue ribollirgli nelle vene, preparandolo per quella battuta di caccia epica; desiderava poter raggiungere il castello il prima possibile, pregustandosi il momento in cui avrebbe sgozzato il mostro, e per un attimo desiderò ardentemente che un branco di lupi sbucasse all’improvviso e attaccasse la folla. Il desiderio di uccidere era forte ma sapeva, da buon predatore qual era, che quelle sensazioni dovevano macerare per bene nel suo animo per poterlo soddisfare a dovere, rilassandolo e permettendogli di trovare la pace che bramava; poco a poco ignorò il vociare alle sue spalle, stanco delle congetture fatte dai contadini che lo avevano seguito.

Quasi urlò di frustrazione quando iniziarono a colpire un vecchio e massiccio albero con le accette per poterlo abbattere e creare un ariete, necessario per sfondare le porte del castello ma alla fine, cedendo alle preghiere di Donovan, smontò da cavallo e si unì alla folla; i colpi riecheggiarono sinistramente attorno a loro, facendo volare terrorizzati i rapaci notturni e i pipistrelli, e quando l’albero scricchiolò minacciosamente e cadde nella foresta con un pesante tonfo sulla neve, Theo salì nuovamente a cavallo e osservò pazientemente i Beta togliere i rami e preparare quell’ariete artigianale.

Alla fine, sbuffando sonoramente per il tempo sprecato, l’Alpha riprese a seguire le tracce fino a raggiungere una vecchia segnaletica in legno e lì, oltre un piccolo burrone, le tracce ricominciavano; ghignando, il viaggio dell’Alpha riprese.
 
 


 
Chi sarà, chi lo sa?
Questa bestia è misteriosa e una gran paura ci accompagnerà!
Fuggirà, morirà, salveremo i nostri figli e il villaggio rivivrà!
Lei morirà!
 
 

Alla fine il gruppo si arrestò davanti a una vecchia e malconcia cancellata; Theo smontò da cavallo e vi si avvicinò prima di spalancarla con un calcio ben assestato, permettendo alla folla di entrare e proseguire lungo il ponte che li avrebbe condotti al portone in mogano scrostato.
Incuranti di tutto, nessuno si accorse dei piccoli oggetti affacciati da una delle finestre del castello; la servitù, infatti, attirati dalla luce aranciata delle torce era corsa nella speranza di poter osservare il ritorno di Stiles ma poi, notando la presenza di Theo e degli inglesi, il panico s’impadronì dei loro animi.
 
 

«INVASORI!» tuonò Peter terrorizzato mentre Theo si avvicinava a passo rapido verso il portone principale e, non appena l’Alpha si arrestò per permettere al gruppo di utilizzare l’ariete, un tuono riecheggiò nell’aria mentre un fulmine fendeva l’oscurità del cielo.
«HANNO LO SPECCHIO!» disse Melissa osservando il ragazzo sollevare l’oggetto magico a destra e sinistra «Peter, andiamo a chiamare il Padrone!» urlò la teiera mentre usciva dalla sala, subita seguita dal candelabro.

«Allison, Malia.» sibilò irritato Alan, ottenendo l’attenzione dei due spolverini «Richiamate tutta la servitù in grado di spostarsi; se questi villici voglio la guerra, l’avranno!» disse inviperito mentre usciva anch’esso dalla sala, subito seguito dalle due serve.

«PADRONE!» l’urlo di Melissa accompagnò i movimenti dell’orologio verso l’ala nord «CI STANNO ATTACCANDO!» Derek, sospirando fin troppo rumorosamente nell’osservare l’ennesimo petalo che si staccava dalla rosa e cadeva placidamente contro la superficie del tavolo, sollevò lo sguardo verso il cielo plumbeo e scosse il capo; l’Alpha si maledisse, nuovamente, ma questa volta il suo aspetto esteriore non c’entrava nulla… ‘Se mi fossi comportato meglio con la fata, a quest’ora io e Stiles staremmo insieme…’ pensò tristemente la creatura, incurante dei richiami della servitù.

«Lasciateli entrare…» ordinò mentre tornava a fissare la sua rosa morente.
 

All’esterno del castello, invece, i colpi dell’ariete contro il portone accompagnavano i tuoni sempre più rombanti e prima che qualcuno potesse far qualcosa un acquazzone iniziò a cadere sulle loro teste, spegnendo le fiaccole e bagnandoli dalla testa ai piedi.
 

«PRENDETE TUTTO QUELLO CHE VOLETE MA RICORDATE, IL MOSTRO È MIO!» ricordò Theo all’ennesimo colpo dell’ariete.
 
 


 
Su marciam, avanziam!
Le bandiere al vento, in alto i cuori, dentro la battaglia ci gettiam!
Diverrà, canterà, siamo un gruppo di francesi che la bestia ucciderà!
Ucciderà!
Ucciderà!
 
 

TUM. TUM. TUM.

TUM. TUM. TUM.

TUM. TUM. TUM.

TUM. TUM. TUM.

TUM. TUM. TUM.
 

L’ariete si abbatteva con furia contro il portone e, mentre gli inglesi si preparavano a invadere quella dimora apparentemente terrificante, la servitù accorse dalle quattro ale del castello, pronta a difendere la loro casa con le unghie e con i denti; Lydia e Matt si posarono con forza contro l’ingresso, aiutati dai colleghi di ogni misura, ma a ogni colpo il portone sembrava cedere un po’ di più e la paura che da un momento all’altro cedesse aumentò l’irrequietezza nei loro animi ma, improvvisamente, Peter sgranò gli occhi e sorrise euforico.
 
 
«HO UN’IDEA!» urlò.
 

Alla fine, dopo l’ennesimo colpo, il portone si spalancò ma ad accogliere gli inglesi furono solamente dei normalissimi mobili messi alla rinfusa; Donovan entrò, guardandosi a destra e sinistra, subito seguito da Alpha e Beta malintenzionati e prima che se ne rendessero conto l’attacco iniziò.
 

 
Note finali: eccoci qui alla fine di questo capitolo, che ne pensate? Piaciuto il modo con cui Stiles e Theo si sono relazionati? Inizialmente il nostro villain picchiava con forza Stiles, arrivando a dargli dei calci al ventre, ma mentre rileggevo mi sono detto che tutto questo sfogo di violenza era sì in linea con il personaggio ma rovinava così tanto la lettura del capitolo che alla fine l’ho tolto.

Invece di Noah cosa mi dite? Questo padre che ascolta rapito i discorsi del figlio e capisce che il suo bambino si è innamorato, awwwww… Nel Classico le cose in questo punto sembrano andare fin troppo velocemente per i miei gusti, Morisse non fa neanche in tempo ad abbracciare la figlia che la folla arriva davanti casa sua; cioè, io capisco il fatto che volessero farlo urlare come un folle per descrivere la Bestia ma Gaston avrebbe lo stesso ottenuto quello che voleva perché aveva corrotto il medico. Boh…

Devo dire che questa canzone, “Attacco al castello!” per l’appunto, è stata una delle più difficili da incastrare nella storia; mi sono limitato a riportare i pensieri di Theo e la creazione dell’ariete, come si vede nel Classico, e ho preferito tagliare tutto il resto che era di un’inutilità imbarazzante…

Finalmente si sta avvicinando lo scontro finale e, soprattutto, l’epilogo… Non vedo l’ora! Vi avverto qui, poi lo farò anche nelle note finali de “Il più raro e il più bello di tutti…”, che la prossima AU!Disney ci impiegherà un pochino per arrivare; infatti la sto incentrando sul Classico “Tarzan” e sto scrivendo l’infanzia del protagonista, quella che viene racchiusa nella canzone “Figlio di un uomo per intenderci”, e devo dire che sto trovando qualche difficoltà quindi abbiate pazienza <3
 
 

Prima di lasciarvi vorrei ringraziare con tutto il cuore coloro che leggono o stanno leggendo questa storia, chi l’ha aggiunta in una delle categorie di EFP e soprattutto un enorme ringraziamento va a obvmike e linn86 per aver recensito lo scorso capitolo! Vi adoro <3
 

Alla prossima!
 

Babbo Dark
   
 
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