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Autore: _ A r i a    27/04/2020    1 recensioni
{ wizard!au | questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it }
«Negromanzia, eh?»
Reiji aveva finito per strozzarsi con il suo stesso respiro. Nell’aria risuonava ancora il trillo della campanella.
«C-che…?»
«Il libro. L’ho riconosciuto, so leggere il runico» aveva replicato il ragazzo, come se stesse constatando qualcosa di ovvio.
«Tutti… tutti i maghi sanno farlo» gli aveva fatto notare Reiji.
«Già» il ragazzo aveva sospirato, uscendo finalmente dalla bottega. Un momento dopo, era già sparito nel nulla.
Il tempo, che era parso fermarsi nell’attimo in cui quel giovane misterioso aveva messo piede all’interno del negozio, sembrò riprendere a scorrere solo in quel momento.
Kageyama non ne comprendeva ancora il motivo, ma aveva come l’impressione che avrebbe rivisto molto presto quel ragazzo.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Non c’era mai molto da fare in bottega.

Soprattutto il pomeriggio, a dir la verità.
Quando il sole iniziava a calare e i suoi raggi aranciati s’infrangevano contro i mobili del negozio, l’atmosfera diventava in un secondo più solenne. Come se ogni cosa s’animasse di vita propria, sangue che pulsa ad una velocità impazzita in invisibili arterie.
Anche se, in realtà, quasi tutto ciò che era presente all’interno della bottega era già dotato di vita propria.
Kageyama sfogliò un’altra pagina del libro di rune. Quando aveva aperto la bottega non si era aspettato di avere successo e, in effetti, era andata esattamente così. O meglio, aveva una sua clientela, ma non certo ampia come quella di alcuni bazar magici noti in tutto il mondo. Ciononostante, per quanto cercasse di dare a vedere all’esterno che di quell’impiego non si curasse poi tanto, aveva passato gli ultimi vent’anni della sua vita a dedicarsi unicamente ad esso, investendo la sua intera anima nel curarlo. Reiji era fatto così, dopotutto: detestava l’approssimazione, e, se decideva d’impegnarsi in qualcosa, sapeva che avrebbe dovuto farlo finché non fosse riuscito a primeggiarvi, di qualsiasi attività si trattasse.
Così, la sua bottega era diventata un piccolo punto di riferimento per tutti i maghi e le streghe di Tokyo, per quanto fosse restio ad ammetterlo. Amava essere gratificato per il proprio operato, tuttavia preferiva che le lusinghe fossero esternate senza essere indotte. Aveva cercato sempre, nel suo piccolo, d’investire nella qualità dei prodotti, che, sebbene costassero un po’ di più, arrivavano direttamente dai prestigiosi mercati di Rabat, e proprio il loro pregio li faceva apprezzare maggiormente dai suoi clienti. Per cui, se avesse dovuto individuare il segreto del suo successo, l’avrebbe indicato in quello.
Tuttavia, la comunità magica era da sempre una minoranza rispetto alla popolazione globale.
Per anni, lotte intestine s’erano succedute, seppur lontane dai resoconti bellici. A quanto pareva, gli umani non avevano mai nutrito simpatia per quelli che vedevano come mostri. A Kageyama piaceva pensare che l’ignoranza generasse paura e, da quella stessa paura, era stata scaturita la scintilla che per anni aveva ingenerato soprusi e vessazioni ai danni di chi possedeva un potere da parte degli umani. Probabilmente doveva essere difficile comprendere qualcosa che non si possiede e che, potenzialmente, può costituire un pericolo. Non che la comunità magica avesse mai pensato di intraprendere una guerra contro gli umani, certo. Paradossalmente, invece, questo era ciò che gli umani avevano invece fatto con loro: perseguitati, torturati, infine uccisi. Reiji aveva perso il conto di quanti aveva visto perire.
Col tempo, tuttavia, comunità magica e genere umano erano arrivati ad un accordo: ciascuna delle due stirpi avrebbe dovuto continuare a vivere in sintonia con l’altra, senza però immischiarsi mai più nelle faccende altrui. Quella grande tregua durava ormai da un centinaio di anni e, con grande sorpresa ma anche un immenso sollievo, sembrava reggere.
Non passava mai nessuno a quell’ora della sera. La clientela di Kageyama era composta principalmente da habitué e, pertanto, Reiji ne conosceva ormai orari e abitudini. Sapeva quando sarebbero passati in negozio, con quale frequenza si presentavano, perfino quali ingredienti erano soliti acquistare. Probabilmente, vista dall’esterno, la sua vita appariva monotona e noiosa, tuttavia Reiji sapeva che non avrebbe mai potuto chiedere niente di meglio: una vita tranquilla e senza sorprese.
Almeno fino a quel momento.
Mentre si soffermava su un incantesimo, tornando indietro a rileggerlo diverse volte, aveva afferrato con nonchalance il manico della tazza che aveva accanto a sé, portandoselo alle labbra e prendendo un piccolo sorso di tè. Probabilmente avrebbe dovuto chiudere, iniziava a farsi tardi.
Era allora che era successo.
La campanella sopra alla porta d’ingresso della bottega aveva trillato, annunciando l’arrivo di un nuovo cliente. Il che era insolito, perché Kageyama non aspettava nessuno, sul serio.
Aveva capito fin dal primo momento, proprio grazie all’orario, che non si trattava di uno dei suoi clienti di fiducia. Non appena aveva posato lo sguardo sul nuovo arrivato in negozio, poi, ne aveva avuto la conferma definitiva.
Era certo di non averlo mai visto prima di allora. Se così fosse stato, se ne sarebbe senza ombra di dubbio ricordato.
Sapeva di non trovarsi di fronte a una persona comune. Tutto, nella figura esile che s’era ritrovato davanti, sembrava gridarlo: gli abiti di seta nera, dalla fattura evidentemente preziosa più di qualunque introvabile ingrediente per pozioni Reiji potesse celare in negozio, il lungo e pesante mantello purpureo, che ora strisciava con garbo sulle vecchie assi di legno del pavimento della bottega. E poi quegli occhi. Rossi come il sangue, come quelli di un demone.
Così estremamente magnetici.
Reiji non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasto a fissare quel cliente. C’era qualcosa di misterioso in lui, potente, pericoloso. Lo sapeva, lo percepiva.
Aveva un’aura forte e definita, di un rosso brillante. Sembrava che quest’ultima, col suo solo bagliore rubizzo, fosse in grado di uccidere chiunque, in maniera sprovveduta, ci si fosse avvicinato troppo.
Forse avrebbe dovuto cacciarlo, dirgli di andare via, perché in fondo stava per chiudere il locale, ma c’era qualcosa di forte e sinistro che glielo impediva.
Lo sconosciuto teneva lo sguardo basso. S’aggirava furtivo tra gli scaffali, cercando di non dare troppo nell’occhio, ma era evidente che fosse impossibile, per lui.
«Ehm, buonasera» aveva cercato di richiamare la sua attenzione Kageyama. «C’è qualcosa che posso fare per lei…?»
L’altro mago aveva inclinato la testa di lato, osservando Reiji di traverso. Sotto quello sguardo rosso e inquisitore, Reiji non era riuscito a fare a meno di deglutire, sentendosi a disagio. Era come se riuscisse a leggere dentro di lui. Uhm, forse non avrebbe dovuto parlare…
Lo sconosciuto aveva sospirato pesantemente, per poi abbassare le palpebre. Sembrava… stanco.
«Sì, forse farei prima a chiedere» aveva convenuto, raddrizzando il capo e facendo scrocchiare il collo, muovendolo con piccole rotazioni che lo portavano a sfiorare le spalle.
Reiji non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, sembrava come ipnotizzato da quelle iridi rubizze. Non ne aveva mai viste di così belle e particolari, era innegabile. Per di più, il suo misterioso cliente sembrava irradiare fascino da ogni angolazione, e ciò lo portò a desiderare ancor di più di non perdersi nemmeno un minimo movimento dell’altro.
Camminava in modo sinuoso. Mentre si avvicinava al bancone, con calcolata lentezza, Reiji riusciva a sentire ogni millimetro di stoffa del mantello strisciare a terra.
Non appena gli fu davanti, Reiji si sentì quasi schiacciare da tutto il suo potere. Sembrava un mago estremamente potente, possibile che non ne avesse mai sentito parlare?
«Sto cercando un cristallo»
La voce del suo interlocutore parve ridestare Reiji da una catarsi. Non s’era neppure accorto d’essersi incantato ad osservare ancora una volta l’altro. Sembrava incredibilmente giovane, non gli avrebbe dato più di vent’anni. Come diavolo era possibile che una magia tanto potente risiedesse in un ragazzo così giovane…?
Reiji s’era portato un dito alla base del collo, grattandolo nervosamente. «Che… che genere di cristallo?»
«Per un rituale»
La risposta era arrivata repentina, breve, secca. Spiazzante, in un certo senso: gli aveva detto tutto, ma al tempo stesso niente.
Oh.
Più i minuti passavano, e più Kageyama si convinceva di avere a che fare con uno stregone estremamente potente. Nonostante ciò, Reiji si limitò a voltarsi: alle sue spalle, infatti, si trovavano diversi scaffali. Su ciascuno di essi, erano impilate decine e decine di scatole, ognuna contenente materiali differenti: alcune custodivano radici, altre ali di pipistrello, altre ancora piume di corvi. Una, infine, conteneva i cristalli.
Ce ne erano di ogni tipo: lucidi, grezzi, opalescenti… possedevano ogni tipo di sfumatura di colore, dal blu profondo dei lapislazzuli al verde smeraldo. C’era perfino il rosso rubino, così simile alle iridi della persona che gli stava davanti.
Quest’ultimo, tuttavia, non sembrava interessato a nessuna delle pietre precedenti.
Poco dopo, infatti, aveva sollevato dalla scatola alcuni cristalli, dalle dimensioni assai minute. Erano scuri, di un nero assai intenso.
Reiji aveva osservato con preoccupazione la merce: quelle erano pietre estremamente rare, utilizzate solamente per un determinato tipo di magia.
«Questi andranno bene» aveva mormorato lo sconosciuto, lasciandoli cadere nel palmo di Reiji senza sfiorarlo.
Kageyama avrebbe voluto chiedere. Avrebbe voluto informarlo… ma sapeva che, con ogni probabilità, sarebbe stato inutile. Se davvero quel giovane mago era tanto potente quanto la sua aura prometteva, allora era perfettamente conscio di ciò che aveva scelto.
E Kageyama dubitava di sbagliarsi.
Si era limitato a preparargli una piccola confezione con i suoi cristalli, con carta color sabbia, simile a quella che di solito si usava per ricoprire i pacchi destinati alla spedizione, e corda sottile. Quando aveva comunicato il prezzo al suo acquirente, decisamente dispendioso sia per la qualità dell’artefatto sia per ciò in cui generalmente veniva adoperato, quest’ultimo non aveva battuto ciglio, estraendo da una tasca del pantalone nero giusto le monete d’oro che gli servivano per saldare il suo conto.
Intascato l’importo, Reiji aveva porto il pacchetto al cliente. Quest’ultimo l’aveva recuperato direttamente dal palmo della sua mano e, per un singolo e apparentemente insignificante istante, le loro pelli si erano sfiorate.
La sensazione che Reiji aveva provato era simile a una scossa elettrica. Era intensa, quasi travolgente.
Era quella la sua magia?
Gli occhi di Reiji erano subito saettati alla ricerca di quelli dell’altro. Sul volto del ragazzo aveva trovato l’accenno di un sorriso. Divertito, sarcastico… malizioso?
«La ringrazio» aveva concesso in conclusione, ossequioso. Si era poi voltato, cominciando a muoversi lento e sinuoso lungo il percorso che aveva già solcato, in direzione dell’uscio, seppure quella volta a ritroso. Reiji stava quasi per lasciare andare un sospiro – non s’era accorto d’aver trattenuto il fiato fino a quel momento –, ma il giovane si arrestò di colpo, un momento prima di uscire finalmente dal locale, la porta già aperta.
«Negromanzia, eh?»
Reiji aveva finito per strozzarsi con il suo stesso respiro. Nell’aria risuonava ancora il trillo della campanella.
«C-che…?»
«Il libro. L’ho riconosciuto, so leggere il runico» aveva replicato il ragazzo, come se stesse constatando qualcosa di ovvio.
«Tutti… tutti i maghi sanno farlo» gli aveva fatto notare Reiji.
«Già» il ragazzo aveva sospirato, uscendo finalmente dalla bottega. Un momento dopo, era già sparito nel nulla.
Il tempo, che era parso fermarsi nell’attimo in cui quel giovane misterioso aveva messo piede all’interno del negozio, sembrò riprendere a scorrere solo in quel momento.
Kageyama non ne comprendeva ancora il motivo, ma aveva come l’impressione che avrebbe rivisto molto presto quel ragazzo.



▬ note

L'avevo detto che sarei tornata presto, lol.
Se qualche anno fa m'avessero detto che avrei scritto una long in meno di una settimana probabilmente non c'avrei creduto. Dark Necessities l'ho ultimata in sei mesi, il suo seguito giace marcescente nell'archivio del mio pc da non so nemmeno io quanto tempo. È capitato, tuttavia, che lunedì scorso 
– okay, era già martedì visto che era passata la mezzanotte, ma dettagli  –, scorrendo la home di Facebook, m'imbattessi in un post della pagina Fanwriter.it: in esso, si annunciava che, dal 27 aprile al 3 maggio, si sarebbe tenuto un evento, chiamato Writing Week. In cosa consiste? È presto detto: ogni giorno, durante questa settimana, si dovrà postare una storia – che sia essa una drabble, una flash, una os o il capitolo di una long –, purché segua il tema di una delle sedici liste proposte. Per ogni giorno, sono presenti due prompt, di cui ne va scelto solo uno e, attorno ad esso, dovrà ruotare la trama della storia. La lista, infine, può essere personalizzabile, scegliendo un prompt a giornata dalle diverse opzioni.
Per quanto mi riguarda, ho deciso di seguire la lista a tema Witchcraft. I prompt tra cui scegliere oggi erano candela e cristallo, e io, come credo che si evinca già abbastanza chiaramente dal testo, ho optato per cristallo.
Era da un po' di tempo che l'idea di scrivere una witch!au 
– o wizard!au che dir si voglia – mi solleticava. Quando ho visto la lista non c'ho pensato due volte, sembrava un segno del destino. Fin dal primo momento le parole sono fluite dalla mia mente al foglio di Word con una facilità sorprendente, e ne sono lieta, perché è un progetto a cui tengo davvero tanto.
La cosa che mi diverte di più in tutto ciò è che, compresi prologo ed epilogo, questa storia ha sette capitoli, esattamente come Dark Necessities. Allora è vero che sette è il numero massimo di tutte le cose.
Pensavo avrei avuto più cose da dire, invece ho già finito. Dubito che qualcuno recensirà, ma nel caso in cui aveste delle perplessità non esitate a farmi domande!
E niente, ci si rivede all'incirca tra ventiquattr'ore, mi sa.

Aria
   
 
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