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Autore: _ A r i a    01/05/2020    1 recensioni
{ wizard!au | questa storia partecipa a #TheWritingWeek di Fanwriter.it }
«Negromanzia, eh?»
Reiji aveva finito per strozzarsi con il suo stesso respiro. Nell’aria risuonava ancora il trillo della campanella.
«C-che…?»
«Il libro. L’ho riconosciuto, so leggere il runico» aveva replicato il ragazzo, come se stesse constatando qualcosa di ovvio.
«Tutti… tutti i maghi sanno farlo» gli aveva fatto notare Reiji.
«Già» il ragazzo aveva sospirato, uscendo finalmente dalla bottega. Un momento dopo, era già sparito nel nulla.
Il tempo, che era parso fermarsi nell’attimo in cui quel giovane misterioso aveva messo piede all’interno del negozio, sembrò riprendere a scorrere solo in quel momento.
Kageyama non ne comprendeva ancora il motivo, ma aveva come l’impressione che avrebbe rivisto molto presto quel ragazzo.
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jude/Yuuto, Kageyama Reiji
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Mancava una settimana a Samhain.
I dettagli del rituale erano ormai definiti. Il cerchio non era più una sagoma incerta e tremolante, bensì le sue linee erano precise e ben definite – e così dovevano essere, se volevano che tutto andasse per il meglio. Yuuto aveva perso il conto delle volte in cui aveva letto e riletto le parole dell’incantesimo. Ormai le sentiva marchiate nella sua mente, e sul libro di negromanzia i suoi appunti rincorrevano quelli di Tougo. Una sera, dopo che Yuuto aveva lasciato la bottega, Kageyama s’era perso per qualche momento ad osservarli: la grafia di suo padre era tozza e sghemba, quella di Yuuto, invece, sembrava della stessa leggerezza di una nuvola, sottile e raffinata. Quel ragazzo non riusciva a non eccellere in ogni cosa, o forse ormai lo sguardo di Reiji non poteva evitare di essere filtrato da ciò che provava per lui.
Da giorni non faceva altro che piovere. Pioggia, pioggia e ancora pioggia, in quantità torrenziali. Le previsioni segnalavano tuttavia un miglioramento per la notte di Samhain, e quello era davvero un sollievo: avrebbero dovuto compiere il rituale in un luogo ampio e, preferibilmente, all’aperto, poiché era più facile richiamare una concentrazione di anime in uno spazio vasto, per cui l’assenza di pioggia sarebbe stata una benedizione.
In effetti, ora che ci stava pensando, Reiji si rese conto che non avevano ancora scelto il luogo preciso per il rituale. Non una mossa sveglia, a pensarci bene. Avrebbero subito dovuto rimediare.
Reiji si voltò in direzione di Yuuto. Come tutti i pomeriggi, da un mese a quella parte, erano nello scantinato, totalmente concentrati sulla sistemazione degli ultimi dettagli in vista del grande giorno. Yuuto era seduto su una delle poltrone, lo sguardo perso nel manuale di negromanzia. Reiji era fin dispiaciuto di interrompere la sua lettura, tuttavia quel nodo era di fondamentale importanza e avrebbero fatto meglio a scioglierlo il prima possibile.
Sorprendentemente, tuttavia, non fu Kageyama a iniziare la conversazione.
«Kageyama?» l’aveva richiamato infatti il ragazzo, gli occhi ancora puntati tra le pagine del sul libro.
Per poco Reiji non finì per strozzarsi con il suo stesso respiro. Assurdo, era come se gli avesse letto nel pensiero.
«S-sì…?» rispose, cercando di usare un tono quanto più casuale possibile – ci mancava solo che il ragazzo si accorgesse che lo stava fissano per l’ennesima volta, in fin dei conti.
Yuuto sollevò lo sguardo dal libro di incantesimi per la prima volta in tutto il pomeriggio. Aveva un’espressione strana, come se stesse provando più sentimenti contemporaneamente: curiosità, sollievo e, impossibile negarlo, stanchezza. Nell’ultimo mese s’era lanciato senza sosta in quegli studi, e probabilmente gli effetti di non risparmiarsi alcuno sforzo cominciavano a farsi sentire.
In quel momento, Reiji non riuscì a non sentirsi tremendamente in pena per lui. Non era giusto che quel ragazzo così giovane si sobbarcasse di colpo di uno stress tanto grande, e per quanto cercasse in ogni modo di alleviare i suoi compiti Kageyama aveva sempre la sensazione di non fare abbastanza per lui. Probabilmente avrebbero dovuto parlare assieme di quella cosa, cercare una soluzione…
La voce di Yuuto lo strappò nuovamente via dalle sue elucubrazioni.
«Dove porta la scala a chiocciola che si trova nella bottega?»
Di tutte le domande possibili, quella era davvero l’ultima che Kageyama si sarebbe aspettato di ricevere. Reiji sobbalzò per un momento sul posto, la bocca socchiusa, cercando di fare mente locale.
«La scala, dici? Oh, ecco… sopra alla bottega c’è il piccolo appartamento in cui vivo, in teoria. Dico “in teoria” perché passo molto più tempo in negozio e, da quando abbiamo cominciato le ricerche, qui nello scantinato. Ormai si potrebbe dire che torno là sopra solo per mangiare e dormire…» ammise, lasciandosi sfuggire un sorriso. «Come mai me lo chiedi?»
«Pura curiosità» rispose il ragazzo, chiudendo il libro sulle sue gambe. «Posso vederlo?»
Era un’altra richiesta strana. Nell’ultimo mese ad attenderli non c’era stato altro che pagine e pagine polverose, e Reiji ormai dava per scontato che quella fosse l’unica dimensione esistente, per loro. Forse, però, aveva dimenticato che Yuuto era pur sempre un ragazzo molto giovane, ed era normale che, di tanto in tanto, si ponesse delle domande, magari anche nel tentativo di evadere da quella realtà così soffocante. E poi c’era anche un altro aspetto, che faceva sentire Kageyama tremendamente in colpa: il tempo a loro disposizione stava per scadere. Nessuno di loro sapeva cosa sarebbe successo a Samhain e, data la possibilità che il rituale potesse andare per il verso storto, non sapevano neppure se ci sarebbe stato qualcosa dopo. Era una consapevolezza destabilizzante, e per la maggior parte del tempo cercavano di non pensarci, ma l’avevano ormai messo in conto entrambi.
Reiji pensò allora che forse glielo doveva, questo e molto altro. Fosse stato per lui, avrebbe messo il mondo intero nelle mani del ragazzo in quel preciso istante, perché era certo che nessuno sarebbe stato in grado di amministrarlo in maniera migliore di lui, né esisteva qualcuno di cui si fidasse di più. Inoltre, nessuno l’avrebbe meritato tanto quanto Yuuto.
Ultima, ma non meno importante, ragione: l’amava. Era innamorato di lui, di un sentimento folle, eppure così puro e sconfinato, e avrebbe fatto qualunque cosa pur di compiacerlo e renderlo felice.
La risposta, pertanto, era pressoché scontata.
«Certo che puoi.»


Salirono dallo scantinato avvolti in un silenzio quasi innaturale, seguiti a breve distanza dai famigli.
La bottega giaceva in uno stato di calma che perdurava ormai da un mese intero. Era avvolta nel buio della sera, e ogni cosa era immobile nella propria consueta posizione. Fuori, invece, in totale contrapposizione con la quiete dell’interno, la tempesta: la pioggia continuava a cadere, anche quella sera.
Aveva trascurato parecchio il locale, di recente. Quando tutto fosse finito, Reiji avrebbe dovuto dare una bella spolverata.
Poi, finalmente, a sinistra del bancone, eccola lì: la scala a chiocciola. Era in ferro battuto nero, e saliva verso il piano superiore attraverso alcune eleganti volute.
Reiji cominciò a salire per primo. Sentiva i passi di Yuuto seguirlo a distanza ravvicinata, lenti e silenziosi.
Era un tragitto che percorreva giornalmente, eppure quella volta sembrava avere un sapore diverso. Kageyama non aveva idea del perché, e l’unica spiegazione che riusciva a darsi era il fatto che Yuuto fosse lì con lui.
Una volta arrivati in cima, lo scenario che trovarono ad attenderli era ben diverso da quello dello scantinato a cui si erano ormai abituati.
L’appartamento era quasi un grande open space. Anche nell’abitazione, come nella bottega al piano inferiore, le tenebre avevano invaso ogni angolo, e sembrava quasi che ogni cosa fosse stata tinta di una tonalità cerulea.
A sinistra c’era la cucina. Piccola, essenziale – e tremendamente in disordine. Un piano cottura elettrico con pochi fuochi, un forno, il frigorifero e un acquaio invaso da pentole e posate arretrate, che non aveva ancora lavato dopo diversi giorni. A lato, una credenza perennemente vuota.
Accanto alla cucina era posto un tavolo di legno, dove Kageyama era solito consumare i suo pasti rapidi e frugali.
Una grande libreria separava la zona giorno da quella notte: non aveva un fondale, così che i libri potessero essere prelevati sia da un lato che dall’altro, ed era divisa in ampi riquadri.
Quanto alla camera da letto, beh… definirla tale era farle un immenso complimento. Un vecchio letto matrimoniale era addossato alla parete che delimitava la fine del modesto appartamento, mentre i vestiti erano conservati in una cassettiera. Per di più, sembrava che una bomba fosse scoppiata di recente: le lenzuola erano decisamente non rassettate, e diversi indumenti erano sparsi a terra.
«Ah, è un disastro…» s’era affrettato a scusarsi Reiji. «Negli ultimi giorni sono stato talmente concentrato sul rituale che non ho avuto tempo di passare a mettere in ordine…»
«Non è un problema» l’aveva tranquillizzato Yuuto. In effetti, il ragazzo sembrava alquanto affascinato da ciò su cui i suoi occhi si erano posati.
Reiji era confuso. Non riusciva a immaginare che qualcuno potesse apprezzare sinceramente il disastro che era la sua vita, men che meno se quella persona era Kidou Yuuto. Più ci pensava, e più faticava a visualizzare uno stregone del calibro del ragazzo in un luogo tanto desolante.
Gli occhi di Kageyama si posarono su una finestra, alla sua destra. Le gocce di pioggia continuavano a colpirla, impietosamente. Erano così abbondanti che sembrava che un torrente in piena stesse per travolgerli, da un momento all’altro.
Reiji distolse lo sguardo, e solo in quel momento parve accorgersi del fatto che Yuuto s’era mosso. Ora, infatti, aveva raggiunto un mobile, alla sua destra, e stava osservando l’oggetto posto sopra di esso.
Oh, Kageyama sapeva fin troppo bene cosa fosse.
Lentamente, aveva percorso lo spazio che li separava, fino ad arrivare alle spalle di Yuuto.
Tra le mani, il ragazzo sorreggeva un portafoto, dalle dimensioni non maggiori di quelle di un foglio di carta. Al suo interno, spiccava uno scatto in cui era stato imprigionato un delizioso momento di quotidianità: tre persone sorridevano in direzione dell’obiettivo, un uomo, una donna e un ragazzo. L’unica figura femminile presente era in dolce attesa.
La foto era in bianco e nero, segno che doveva risalire a diverso tempo prima.
«La sua famiglia» aveva dedotto Yuuto.
«Già» era stato l’unico commento di Kageyama.
Il ragazzo si voltò nella sua direzione. In volto aveva un’espressione preoccupata.
«Ha voglia di parlarmene?» aveva chiesto, col tono più innocente che potesse esistere al mondo.
Reiji aveva inarcato un sopracciglio. «Non avevi detto di aver fatto le tue ricerche, ragazzo?» l’aveva schernito. «Ti credevo più informato.»
Di contro, Yuuto gli aveva rivolto un sorriso. Un semplice, meraviglioso sorriso – e in quel momento Kageyama aveva compreso di essere irrimediabilmente rovinato. «La verità è solo quella che può raccontarti qualcuno che l’ha vissuta, no?» era stata la sua replica.
Reiji era rimasto a corto di parole. Era come diceva lui, e non esisteva modo in cui avrebbe potuto contraddirlo.
Questo e altro, Kageyama. Si merita ogni cosa.
Uno sorriso triste aveva fatto capolino sul volto di Reiji.
«Quello è stato probabilmente l’ultimo momento in cui siamo stati tutti assieme e felici. Non c’erano mai mancate molte cose, a dir la verità: avevamo sempre condotto una vita semplice e modesta, e in fin dei conti quella mediocrità non ci era mai andata stretta. I miei genitori mi avevano sempre amato alla follia, e l’arrivo di un altro bambino aveva riempito il cuore di tutti di gioia. Mia madre era convinta che sarebbe stata una femmina, e aveva già deciso che avrebbe voluto chiamarla Izumi. Qualcosa, però, andò per il verso sbagliato: ci furono delle complicazioni durante il parto, e sia lei che la bambina morirono.» Kageyama prese una pausa, i ricordi che si facevano sempre più dolorosi man mano che andava avanti. «Shizuku era una donna dolcissima, dall’incontaminata purezza. La sua perdita fece scivolare mio padre sempre di più nella follia. All’inizio credevo si trattasse solo di una profonda tristezza, dopotutto entrambi avevamo perso qualcuno di molto caro. Ben presto, però, mi resi conto di quanto il problema fosse assai più grave.»
Un’altra pausa. Yuuto posò una mano su quella di Reiji, cercando di dargli conforto.
«Mia madre aveva sempre cercato di usare la magia per aiutare gli altri, in particolare cercando di curarli. Mio padre, invece, aveva a lungo subito la fascinazione della negromanzia. Shizuku non aveva mai sopportato l’idea che l’uomo che aveva sposato praticasse una magia tanto oscura, e più volte m’aveva messo in guardia, sconsigliandomi di prendere la strada di mio padre. Quando venne a mancare, però, mio padre fu sopraffatto dal dolore, al punto da convincersi che l’unico modo in cui fosse riuscito a stare meglio sarebbe stato riportarla in vita. Decise allora di compiere un rituale, così da riaverla indietro dal mondo dei morti. Le cose, però, non andarono come aveva sperato: lei era già andata avanti, non aveva più motivo di restare sulla terra. La magia di mio padre, inoltre, era troppo debole: le anime lo sopraffecero, iniziando a distruggere ogni cosa si trovasse nei paraggi. Non so bene come feci a salvarmi: corsi via, il più lontano possibile, fino ad esaurire il fiato nei polmoni. Mi sentivo un vigliacco, perché forse avrei dovuto cercare di salvarlo, ma una parte di me continuava a ripetermi che ormai per lui non esisteva più alcuna possibilità di redenzione. Ci fu un’esplosione, poi un silenzio così denso da risultare innaturale. Della nostra casa non era rimasto più niente, stessa sorte era capitata a mio padre.»
Reiji si fermò per un’ultima volta. Chiuse gli occhi, inspirò profondamente, e infine tornò a lasciar posare il proprio sguardo su Yuuto.
«È per questo che all’inizio non volevo aiutarti» concluse. «La negromanzia esige sempre un pegno e, spesso, è fin troppo caro da pagare.»
Per un momento, Yuuto si ritrovò ad abbassare lo sguardo, incapace di sostenere quello di Reiji. C’era qualcosa, però, che spinse quegli occhi rubizzi a sollevarsi ancora una volta e a cercare le iridi nere di Kageyama.
E, in quel momento, Kageyama vide la propria disperazione riflessa nello sguardo di Yuuto.
Fu come se il tempo si fosse bloccato d’improvviso. Reiji prese il volto del ragazzo tra le mani, carezzandolo dolcemente. S’avvicinò con lentezza, come per assaporare meglio ogni attimo. Quando si ritrovarono a pochi centimetri l’uno dall’altro, Kageyama si fermò per un momento, permettendo a Yuuto di allontanarsi, qualora non l’avesse gradito.
La cosa sorprendente, tuttavia, è che Yuuto non fece nulla del genere.
Reiji lasciò allora che le loro labbra s’incontrassero. Sfiorò quelle del ragazzo con una dolcezza incredibile, come se avesse il terrore di sentirle infrangere da un momento all’altro sotto alle proprie. Yuuto si strinse maggiormente a lui, tenendosi ancorato al suo corpo stringendo tra le dita la sua camicia scura.
Aveva temuto che l’avrebbe disprezzato…
Kageyama lasciò scivolare una mano dietro alla schiena del ragazzo, così da poterlo tenere più vicino a sé. Questo gli permise anche di approfondire quel bacio: le loro lingue s’incontrarono subito, cominciando a danzare fameliche.
I loro corpi così vicini sembravano produrre scariche elettriche: la loro magia fremeva, pulsava. Nessuno dei due, però, pareva intenzionato a fermarsi, era tutto troppo belle e coinvolgente per farlo.
Si separarono per riprendere fiato, ma restando vicinissimi, perché la lontananza di colpo era un pensiero insopportabile per entrambi. Respiri e battiti erano già accelerati, ma non era ancora ora di fermarsi.
Kageyama iniziò a spingere Yuuto, affinché camminasse anche se di spalle attraverso la stanza. Nel mentre, continuò a lasciare brevi baci sulle sue labbra, senza sosta, come se non ne fosse mai sazio.
Ed era proprio così, in effetti.
Yuuto, nel frattempo, aveva già cominciato a spogliarlo. Lasciò che la camicia cadesse a terra, senza badare troppo a dove sarebbe finita. Quando le sue gambe premettero contro qualcosa di morbido, Yuuto comprese di aver raggiunto il letto: s’inginocchiò su di esso, senza mai perdere il contatto con le labbra di Kageyama.
Reiji gli sfilò in tutta fretta il maglione, per poi lanciarlo via, lontano. Posò una mano sulla spalla del ragazzo, spingendolo a distendersi. Un attimo dopo, lo aveva già sovrastato.
Scese lungo il collo del giovane, lasciando una scia di baci umidi e ingordi. Yuuto affondò la testa nel materasso e, dalle sue labbra, iniziò a scivolare la melodia più dolce che Kageyama avesse mai udito: gemiti.
Reiji cercò gli occhi di Yuuto, e il suo sguardo fu subito ricambiato. Il ragazzo aveva la bocca socchiusa, travolto da ansimi sempre più affannosi.
Kageyama non aveva mai visto niente di più bello.
Reiji scese ancora a baciargli le labbra, avido, mentre con le dita sfiorava quel petto candido che aveva tanto bramato. I loro fianchi continuavano a sfregarsi, ed entrambi tremavano al pensiero di ciò che sarebbe accaduto a breve.
Gli ultimi strati di indumenti caddero, e Reiji alzò nuovamente gli occhi per fissare il ragazzo. Non l’aveva mai visto così rosso in volto, e immaginare che Kidou Yuuto, lo stregone più potente attualmente in circolazione, potesse provare anche un sentimento come l’imbarazzo era una scoperta che non sapeva esattamente come prendere. Era abituato a vederlo attraverso quella sua maschera altera che era solito indossare per tutto il tempo, e scoprire adesso che c’era anche dell’altro era… emozionante. Seducente.
T’invogliava a desiderarne ancora di più.
«S-se la sta cavando bene…» gli concesse Yuuto, tra un bacio e l’altro, totalmente sedotto.
«Ne dubitavi?» replicò Reiji, scendendo lungo il collo e mordicchiando un poco quella pelle così sensibile.
Sollevando appena il capo, trovò il sorriso sornione di Yuuto ad attenderlo. E quella fu per Kageyama la risposta più eloquente in cui avrebbe potuto confidare.
S’avvicinò al suo volto, e prese a carezzarlo con dolcezza. Sembrava essere fatto di porcellana, e si chiese come un potere tanto forte potesse albergare in un corpo così fragile.
Reiji si rese conto che quella era la prima volta che si lasciava vedere da qualcuno senza alcun genere d’armatura addosso, essendo semplicemente se stesso, ed era felice che la persona accanto a lui in quel momento fosse Yuuto, perché sapeva che era l’unico di cui si potesse fidare, e che non l’avrebbe mai deluso.
Forse era la prima volta anche per Yuuto, valutò Kageyama.
Reiji si sentiva libero, come non lo era mai stato in vita sua.
Yuuto si lasciò essere suo, e la notte si riempì di preghiere e gemiti dolcissimi. Furono l’uno dell’altro, due corpi che si fondevano e ne diventavano uno solo, come se fossero sempre stati destinati ad esserlo.
Dopo che il piacere li ebbe del tutto colmati, Kageyama coprì i loro corpi stanchi con un lenzuolo leggero. Si distesero l’uno al fianco dell’altro, incapaci di spezzare la catena che teneva imprigionati i loro sguardi. Sorridevano entrambi, come se finalmente avessero compreso il significato della parola pace. Perché era solo questa che provavano in quel momento: pace, sia dentro che fuori, la pioggia che ancora cadeva, da qualche parte all’esterno.
«Ti amo» mormorò Yuuto.
«Ti amo» confessò Reiji, e fu certo che quelle non fossero parole gettate al vento.




▬ note

Ormai questo è passato dall'essere "l'angolo dell'autrice" a "l'angolo delle lamentele".
Vbb, facciamo che ci togliamo subito il pensiero. Via il dente, via il dolore.
Ma quanto sono assolutamente incapace di scrivere certe scene? Eh? Quanto?
Chiaramente sto parlando della parte finale del capitolo. La cosa ironica è che all'inizio doveva essere una lemon, solo che, arrivata al punto in cui si doveva scendere un po' più nel dettaglio, track. Credo sia imbarazzo, e la cosa mi innervosisce a dismisura, perché è da una vita che leggo lemon d'ogni tipo senza scandalizzarmi mai, solo che, quando invece devo scriverne, mi blocco. Secondo me è paura di rendere tutto male o di essere troppo volgare. Comunque, alla fine ho deciso di optare per qualcosa di decisamente più soft, una lime che a me pare più un'arancia ammuffita. Quando ho finito di scriverla mi faceva abbastanza pena, soprattutto perché ho fatto una sorta di patchwork tra i vari pezzi e avevo paura che ci fosse una sproporzione di lunghezza tra la parte prima e la parte della roba in sé
– che è venuta decisamente più corta, chissà come mai. A rileggerla oggi mi sembra di avvertire meno questo distacco, quindi boh, magari la roba che scrivo migliora invecchiando, tipo il vino...
No, Aria. Hai solo passato l'ultima settimana a cercare di convincerti che andava bene così e che non avevi tempo di riscriverla perché avevi soltanto altri due giorni per finire una long
Che poi, a pensarci bene, mi sono bloccata scrivendo il seguito di Dark Necessities proprio dopo aver modificato una parte che avevo già scritto e che non mi piaceva più, ed è un blocco che è durato per più di un anno. Quindi uhm, diciamo che questa cosa mi preoccupava, perché essendo così stretti coi tempi non potevo proprio permettermi di bloccarmi. Anyway, fortunatamente non è andata così e oggi mi sembra tutto un pochino più decente, per cui extra stonks.
Non so se ci sia bisogno di specificarlo visto che Kageyama ha passato gli scorsi capitoli a ripeterlo di continuo, ad ogni modo Yuuto ha vent'anni qui !! comunque ho inserito l'avvertimento lime/arancia ammuffita/whatever, perché per quanto sia tutto molto lieve al punto che in certi momenti credo di vedere la cosa solo io, better safe than sorry.
Oggi sto facendo una pappardella, lo so. La verità è che sto ancora cercando di convincermi che vada bene così ! e che la dovrei proprio smettere di essere così dura con me stessa !
Okay, parliamo di altro. Oggi i prompt erano libro incantesimi e divinazione. Io ho scelto il primo, ma come vedete sono andata a parare da tutt'altra par
aehm.
Questo
again, chissà come mai – e il prossimo sono i capitoli più lunghi. Quando dovevo ancora scriverli ero convinta che questo sarebbe stato il mio capitolo preferito, perché c'era tutta questa dose di ammmore che a me piace sempre. Invece, paradossalmente, quelli che mi sono piaciuti di più sono gli ultimi due, ma non posso ancora svelarvi perché.
Abbiamo finalmente scoperto il passato di Reiji lo so, stanno venendo delle note lunghissime, abbiate pietà di me e devo dire che è stata il pezzo che più ho amato scrivere di questa parte di storia. Pensieri in merito?
Concludo dicendo che siamo arrivati al weekend, che oggi è il primo maggio auguri! – e che, nonostante tutto, sono ancora qui ad editare.
Bene, ho concluso vi vedo che esultate. Ci vediamo domani per il prossimo capitolo, in cui succederanno le cose serie, se volete fatemi sapere cosa ne pensate della storia!

Aria
   
 
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