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Autore: breezeblock    02/05/2020    2 recensioni
Non sapeva dire con esattezza quando si era perso. Sta di fatto che adesso faticava a ritrovarsi, tra quei ricci ribelli e morbidi, tra i lembi di stoffa del suo vestito color indaco, nell’incavo del collo che il suo maglione largo lasciava scoperto, nella sua bocca che sapeva di tè al limone. Si era perso in quel labirinto che sapeva di lei, c’era scivolato dentro e adesso annaspava per trovare una via d’uscita. [...]
La Granger alimentava i suoi desideri con i fiammiferi e poi li estingueva con secchiate di acqua gelida, tutto con la stessa bocca carnosa maledetta. [...] Sarebbe finito al San Mungo entro la fine dell’anno, di questo era ormai certo.
IN REVISIONE
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Muggle Studies - The Years '
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Muggle Studies

3.
 
HO POCHE PAROLE PER QUEL CHE VUOI TU
NON TE LO DEVO RACCONTARE
NON SO PIÙ NIENTE DI ME
Generic Animal - Sorry 

 
 
I Black danzavano da sempre sull’orlo di un baratro che affacciava sulla follia. A quanto ne sapeva l’unica ad esserci proprio caduta con tutti e due i piedi era stata sua zia Bellatrix Lestrange. A volte pensava di aver preso da lei, che si sarebbe rovinato dietro a battaglie vuote a perdere, inseguendo utopie ed ideali non praticabili in nessun mondo, in nessun tempo.
C'erano volte in cui si sentiva abbastanza sicuro nella sua incertezza da potersi sporgere ogni tanto, poter scorgere il suo riflesso nel lago nero e pensare di inseguirlo oltre quelle acque profonde. Chissà chi avrebbe trovato sul fondo. Poi però rifletteva sul fatto che quei pensieri sconnessi non avevano il minimo senso e forse si, erano una prova sufficiente della sua pazzia. 
Non conosceva bene i Black, nemmeno sua madre, che forse era l’unica stella ancora non morta in quella famiglia. Il fatto che il Prescelto fosse così unito a quel Sirius, gli dava più fastidio di quanto credesse. Di nuovo che Potter occupava i suoi spazi, contaminando ogni angolo con quella cicatrice e i suoi occhiali mezzi rotti. Sembrava che l’unica cosa in comune che Draco avesse con i membri della sua famiglia materna fosse il nome di costellazioni, e come tali sarebbero tutti quanti implosi in immensi buchi neri. I Black inghiottivano qualsiasi cosa e chiunque intralciasse il loro cammino nel firmamento.
Draco però del suo destino non ne voleva sapere, stava iniziando a godere dell’incertezza e dell’ignoto, senza seguire passi già compiuti prima di lui. Al tempo stesso però, il sottile filo che ancora lo teneva legato al suo destino lo teneva ancora fermo dov'era, a tormentarsi nella sua sete di conoscenza.
Amava e odiava i Black. Era quando li amava, il problema.

 
Noi ci saremo quando vorrai tornare.

Draco girava e rigirava la piccola pergamena tra le mani, osservandola come se stesse valutando una prova di un crimine. Non aveva ancora risposto al messaggio di sua madre, ed erano mesi che non metteva piede a Malfoy Manor.  I tempi in cui riceveva dolci squisiti dalla madre erano finiti. Negli anni precedenti tornava almeno una volta ogni due settimane durante i weekend e per le feste. Anche se in quegli spazi bui e angusti difficilmente si respirava aria di festa.
Era un posto lugubre, buio, umido, sembrava un’immensa prigione e gli mancava sempre l’aria, ma ultimamente più del solito. L’ultima sfuriata contro il padre non aveva fatto in modo di evitarla, al contrario, l’aveva proprio provocata, scagliandovisi contro senza nemmeno la bacchetta, direttamente con i pugni tesi. 
Non sopportava più la sua vista. Era un uomo patetico, ridottosi quasi ad un vegetale e questo solo perché non era riuscito a compiacere l’uomo che per primo aveva contribuito alla loro rovina. Lucius Malfoy non aveva mai considerato il bene di nessun altro essere umano se non di sé stesso. Non lavorava per il Signore Oscuro con l’obiettivo di garantire una vita migliore alla sua famiglia. Loro avevano già qualsiasi cosa avessero potuto desiderare. Lo faceva solo per sé stesso, per soddisfare quel piacere malato che traeva dalle torture, dalle maledizioni, dalle ingiustizie inferte agli altri. Non importava neanche più il sangue. 
Narcissa era tutta un’altra storia.
Una storia che non aveva mai capito del tutto.


I fine settimana ad Hogwarts erano diventati noiosi, senza più nessuna creatura maligna da tenere fuori dalle mura, gli studenti erano sempre svogliati e stravaccati sull’erba o nelle sale comuni ad oziare senza uno scopo. E non che Draco desiderasse il pericolo, quei tempi erano finiti e ne era sollevato, ma a volte necessitava di spazi non solcati da studenti in preda ai bollori di filtri d’amore e scherzi firmati Weasley. 
Era la quarta sera che passava a Grimmauld Place. Praticava la smaterializzazione dalla torre di astronomia, pur sapendo di star infrangendo un'infinità di regole, ma ormai era diventato un gioco da ragazzi. 
Non erano le prime volte che metteva piede a Grimmauld Place; a seguito della battaglia, lui e i suoi genitori si erano rifugiati lì per qualche giorno, in attesa di scoprire quale fosse il loro destino. Non sapeva come, ma riuscirono a cavarsela anche quella volta. Lucius evitò di finire ad Azkaban perché ormai definito quasi incapace di intendere e di volere. Se erano fuori dai guai lo dovevano solo a sua madre e alla sua incontrastata bravura nella legilimanzia. Si era infiltrata nei pensieri più oscuri di uno dei nuovi funzionari del Ministero e aveva scoperto chissà quale segreto che usò per ricattarlo. 
I corridoi sapevano di malinconia. Kreacher continuava a spolverare i quadri e i comodini come se stesse aspettando chissà quali ospiti, e non si risparmiava dall’insultarlo a bassa voce quando lo incrociava per i corridoi. Quell’elfo aveva la capacità di avvertire il tradimento ovunque, pertanto doveva esserci abituato. Draco non sapeva spiegarsi il perché quella creatura gli serbasse così tanto odio, visto che a prova contraria rimaneva pur sempre un mangiamorte. In quelle notti passate lì rasentò la paranoia nel tentare di scoprire cosa sapesse quel dannato elfo sul suo conto. Non che avesse chissà che da nascondere, dopotutto. 
Anche se, pensandoci bene qualcosa c’era. 

 
La sua stanza preferita era quella che raffigurava l’albero genealogico della famiglia Black. Passava delle ore seduto per terra di fronte a quell’affresco. Si ricopriva sempre i pantaloni di una polvere così spessa che a stento riusciva a pulirla, perché quello era l’unico posto che Kreacher lasciava sempre intoccato durante le ore di pulizia. Non metteva mai i piedi lì e dopo qualche vano tentativo di far spaventare Draco e indurlo a fare altrettanto, si diede per vinto non senza sussurrargli qualche maledizione dietro le spalle. Draco faceva finta di non sentire e chiudeva la porta dietro di sé, bloccando anche le voci che provenivano da quelle figure all’interno con lui. Gli piaceva poi, passare le dita sulle immagini, era come se potesse arrivare a conoscere ancora di più le persone dietro quei dipinti, come se potesse rivivere la loro storia, sentirla pulsare nelle sue vene. Si soffermava sempre di più sul dipinto bruciato di Sirius e di sua zia Andromeda. 
Sua madre non gli aveva mai parlato di loro. Scoprì da Bellatrix stessa che era morto perché una volta tornata a Malfoy Manor con il Signore Oscuro dopo l’accaduto, non faceva altro che raccontare i dettagli della morte. Per Draco non significò nulla, eppure poté percepire un sussulto appena udibile da Narcissa, che nonostante questo la guardò calma, sorridendo lievemente, così come si fa con un pazzo che non si vuole far agitare ancora di più. 
La morte di Sirius non ebbe alcun effetto sulla sua vita, eppure, sfiorando con le dita la piccola pergamena che una volta raffigurava il suo nome, sentì per la prima volta un senso di appartenenza diverso, per niente familiare.
Il sangue non c’entrava nulla.

 
Hermione Granger non ci mise molto a capire che Draco Malfoy stava di nuovo tramando qualcosa. Avevano smesso di parlarsi. Quando si incrociavano per i corridoi lui la osservava per qualche secondo, passando poi oltre come se si fosse trattato di un quadro della cui presenza era abituato e non serviva soffermarvisi a lungo.
La Grifondoro si sentiva parzialmente offesa da quel suo trattamento, ma optò per non chiedere spiegazioni che l'avrebbero sicuramente fatta pentire dei suoi propositi.
Tuttavia, non poteva non notare che ci fosse qualcosa di diverso. Quel ragazzo stonava con i colori gioiosi e caldi della primavera, sembrava trovarsi in un eterno inverno, al punto che sentiva sempre freddo quando lo incrociava per i corridoi o lo vedeva a lezione. Riusciva sempre ad eccellere però, anche se sembrava avere la testa altrove. Un lusso questo, che la Granger pensava di non potersi permettere, quantomeno a lezione. 
Durante i giorni liberi si dileguava come fumo, di questo era ormai sicura perché sembrava non esserci più traccia di lui. Ivy e Gracie non avevano più fatto domande, anche perché non più incoraggiate, visto che Malfoy aveva smesso di ronzare attorno alla Granger come se lei fosse miele e lui un’ape regina. Dopo qualche battuta sulle ricette babbane, che però non sortirono alcun effetto sulla diretta interessata, capirono che quella storia non era nemmeno una storia, tanto per cominciare. Le due Corvonero però continuavano segretamente a sperare ci sarebbe stato altro a coinvolgere quei due, qualsiasi cosa pur di risollevare la scuola dal mortorio in cui era sprofondata dopo la battaglia contro Voldemort. 
Fortunatamente per loro, l’istinto della Grifondoro per i guai non aveva eguali, anche se non sapeva nemmeno da quando Malfoy era diventato il suo guaio, aveva l’impressione lo fosse sempre stato.
L'attimo perfetto arrivò una sera a cena; lo osservò attentamente, cercando di risultare il meno impacciata possibile, e nel frattempo sgranocchiava qualcosa per non far insospettire i suoi compagni. Draco le appariva tranquillo, sorrideva alle battute di Blaise continuando a fissare il suo piatto.

All’improvviso il ragazzo si alzò, salutò i compagni e si avviò a passi lenti verso il portone. Hermione trovò una scusa qualunque, salutò Ron e gli altri inventando una scusa su due piedi e rassicurandoli sul fatto che si sarebbero visti più tardi in Sala Comune. Quindi, senza destare sospetti, si avviò verso l’uscita e cominciò a seguire il Serpeverde a dovuta distanza. 
Ivy, che nel frattempo aveva osservato tutto dal tavolo dei Corvonero, sorrise compiaciuta, pensando che forse l’anno migliore ad Hogwarts doveva ancora cominciare.

 
Il ragazzo raggiunse la torre di astronomia, si guardò attorno per assicurarsi che fosse solo e poi si smaterializzò. Nei brevi istanti che seguirono, nessuno dei due capì cosa stesse succedendo. Hermione fece un balzo da felino avventandosi sulla camicia del Serpeverde, il quale era ormai in fase di smaterializzazione, e senza che riuscì a dire niente trascinò anche la Grifondoro con sé, nel corridoio principale di casa Black. 
«Cazzo, Granger…ma che ti è saltato in mente?» Il ragazzo aveva la manica destra della camicia scucita per l’irruenza della smaterializzazione, Hermione perse il suo mantello e si accasciò un secondo per prendere fiato.

«Dove siamo?»
«No, la domanda giusta sarebbe che ci fai tu qui! Mi stavi pedinando, per caso?»
«Volevo vedere…cosa stessi tramando» Hermione si tirò su facendo leva sulle ginocchia scoperte. 
«Possibile che per voi un Serpeverde taciturno stia sempre tramando qualcosa? Guarda che tramare non è lo scopo della mia vita»
«Ma questo è l’Ordine» affermò lei senza soffermarsi un secondo di più alla risposta di Draco. Sapeva che il Serpeverde aveva ragione, era ormai abituata a vedere trame losche ovunque e non abbassava la guardia quando invece avrebbe solo potuto farsi gli affari suoi. La sua curiosità però prendeva il sopravvento sul buon senso la maggior parte delle volte. 
«Veramente è casa nos…mia, prima di ogni cosa»
«Perché sei venuto qui?»
Non avrebbe potuto mentirle, anche se ci avesse provato. Draco non aveva intenzione di rimanere sul ciglio della porta a subire il suo terzo grado, avrebbe dovuto fare bene ad accettare quella condizione già che erano lì insieme.
«Ultimamente vengo spesso qui, non mi dispiace a volte il silenzio» nel dirle questo, il ragazzo abbassò lo sguardo verso la ragazza, sorrise malizioso come a voler rimarcare la battuta poco velata appena fatta. Hermione non rispose.
Percorsero il corridoio, Draco prese le scale e lei, non sapendo cos’altro fare, lo seguì.

«Quindi è qui che vieni ogni sera»
«Non proprio ogni sera, ma si. Adesso mi spii anche, Granger?»
«Non ti ho spiato, è facile notarti, tutto qui» si pentì subito dopo aver pronunciato quelle parole. Per poco non inciampò. Avrebbe preferito precipitare da quelle scale piuttosto che confrontarsi con i suoi occhi. Eppure, lui non si girò, le rispose ancora di spalle.
«Così non te la cavi meglio» ribattè piccato. Hermione poteva chiaramente vedere quel sorrisetto impertinente stampato sulla faccia del Serpeverde pur osservandolo di spalle.
Arrivarono in cucina. La ragazza conosceva bene quella casa, era lì che il trio si era nascosto prima della battaglia finale, spendendo notti e giorni in totale solitudine e apprensione.
Trovarsi lì con Draco era come ripercorrere le vecchie vie del passato ma con uno sguardo nuovo, inaspettato, diverso.

«Hai fame?»
«No, ti ringrazio. Posso anche andarmene, d’altronde è casa tua»
«Se avessi voluto, a quest’ora ti avrei fatto smaterializzare a forza, Granger»
Il Serpeverde le fece levitare una tazza di tè bollente davanti e lei la prese. 
Si dileguò al piano di sopra, dicendole che voleva buttare la camicia ormai inutilizzabile e lei annuì, sorridendo appena, un po’ mortificata per l’accaduto di poco fa.
La curiosità innata di quella Grifondoro però la vinse ancor prima di tentare di resistere contro sé stessa, non esitò neanche un momento. Così, iniziò subito a guardarsi intorno, voleva vedere se ci fosse stato qualche cambiamento dall’ultima volta che era stata lì.
Quel posto era infestato di ricordi.
Arrivò alla stanza dell’affresco, guidata da quella che la sua razionalità spiegò subito come illusione uditiva. Lungo il corridoio, voci degli antenati Black sussurravano parole indecifrabili, come bisbigli che si perdevano fra la polvere. 
Tra un sorso di tè e un altro, osservava attentamente le figure della famiglia Black osservarla di rimando dalla vecchia parete, finché non posò gli occhi sul ritratto di Narcissa Malfoy, sul suo sguardo tagliente, sul viso altezzoso. Passata oltre quello sguardo giudicante, la giovane posò gli occhi sul volto di un giovane Draco, il volto furbo, un sopracciglio alzato in segno di sdegno e un grugno a storpiargli i lineamenti. 

«Ci avrei scommesso tutto il mio oro che eri qui» cantilenò il ragazzo, appoggiatosi alla parete con le braccia conserte davanti a sé. Hermione sussultò e per poco non si versò del tè addosso colta alla sprovvista.
Nel frattempo, Draco si era cambiato con una semplice maglietta bianca a maniche corte e un paio di jeans che ricadevano leggermente larghi sulle sue gambe toniche. I capelli scompigliati scendevano sulla fronte.
Era stranissimo vederlo in quelle vesti. Senza marchio nero sarebbe sembrato un ragazzo qualunque.

«Non sapevo che fare in cucina» 
«Non sai stare un attimo ferma, ecco cosa»
Hermione distolse lo sguardo dopo averlo sollevato al cielo in segno di dissenso, segretamente divertita da quel solito battibecco che da qualche tempo a quella parte distingueva tutte le loro conversazioni. 
«Hai seguito le voci?»
Lei annuì, non capendo il motivo di quella domanda. Draco accolse l’informazione ad annuì di rimando, concentrandosi sulle sue scarpe mentre rifletteva su qualcosa che la Granger non riuscì a decifrare.
«Perché vieni qui, Draco?» Non riusciva a capire perché imporsi una sofferenza che se fosse stata in lui avrebbe invece lottato per lasciarsela alle spalle.
Il Serpeverde sollevò nuovamente lo sguardo su di lei, stupito nel sentirsi chiamare in quel modo proprio dalla giovane.
Erano passate alcune settimane da quando si erano trovati soli l’ultima volta. Forse molto più tempo da quando lo aveva chiamato per nome la prima volta. 
I mesi passavano ma loro sembravano appesi in un limbo da cui non riuscivano a liberarsi, forse Draco nemmeno lo voleva. Dopotutto -pensò- il limbo era sempre meglio dell’inferno.
Si staccò dalla porta e fece alcuni passi verso di lei. Si rivolse alla parete, standole di fianco. Le braccia sempre conserte. Hermione invece era rivolta con le spalle verso di lui e lo guardava, in attesa di una risposta. 

«Cercavo...ah, no, non ha importanza» scosse le spalle cercando di togliersi quel pensiero di dosso.
Cos’è che cercava esattamente? Risposte? 
Si incantò ad osservare il ritratto bruciato di Sirius davanti a lui, ed Hermione seguì il suo sguardo. Le mancava la sua saggezza e la sua ironia. Era stato lui a darle quella conferma di cui forse non aveva bisogno ma che comunque aveva apprezzato. “Sei davvero, la strega più brillante della tua età”. Una definizione in cui Hermione si riconosceva, certo, ma che non era l’unica che voleva. Sentiva di avere più spessore di quello che gli altri notavano.

«Sai, avete più cose in comune di quanto sembri»
Draco spostò lo sguardo su di lei, accigliato, in attesa di una spiegazione che rendesse più chiaro quel contorto e assurdo ragionamento.
«Sei diverso» riprese lei, avendo notato la sua espressione confusa. «E se anche l’ultima volta che te l’ho detto ero ubriaca, ero comunque sincera» La Granger sogghignò impacciata dopo quell’affermazione e diede un lungo sorso di tè per celare l’imbarazzo.
«Perché sei qui Granger? Voglio la verità, stavolta» Gli sembrava  che dietro le azioni della Grifondoro ci fosse sempre uno scopo chiaro e definito, e siccome lui stentava a riconoscerlo, chiedeva a lei delle conferme. Se solo lui avesse saputo della mancata chiarezza negli scopi della Granger da qualche mese a quella parte, probabilmente avrebbe smesso di porsi quella domanda.
«Perché è così che ho scelto» 
Non c’era altro modo di descrivere qualcosa di cui non conosceva ancora la natura. Tutte le sue azioni, persino quelle in cui appariva meno lucida, erano frutto di una scelta. E se ancora ne ignorava la ragione, non poteva fare a meno di prendere sempre la stessa strada. E quella strada si incrociava con la sua.
Nessuno era più lo stesso dopo l’ultima battaglia. E forse avevano iniziato a cambiare già da tempo ma erano così impegnati a proseguire sul tracciato di altri che non si erano posti alcune domande fondamentali su chi veramente volessero essere. 
Draco sapeva la metà di lei quello che stava succedendo, e non era uno che prima di allora si era fatto molte domande. 
Le accarezzò una guancia, spostandole qualche ciuffo riccio ribelle dietro l’orecchio ed Hermione glielo lasciò fare senza opporsi, senza aggiungere altre parole.

«Vorrei baciarti»
Glielo sussurrò a pochi centimetri da lei. Non voleva che prendesse più di quanto lei volesse dargli. 
«Puoi»
Disse lo stesso quando al Ballo del Ceppo lei si muoveva su di lui invitandolo a seguirla. Draco se lo ricordò e le sorrise sulla bocca appena schiusa.
In pochi secondi, la tazza del tè cadde e si frantumò, generando un rumore sordo, fuori dall’ordinario per quella casa dominata da spiriti. Draco sapeva che da lì a momenti sarebbe arrivato quell’odioso elfo domestico a lamentarsi chissà per cosa e non aveva intenzione di sopportare le sue lamentele, specialmente in quel momento. 
Perciò, senza staccarsi un centimetro da lei, Draco si smaterializzò in un’altra stanza, allontanandoli dal luogo del misfatto e lasciando così Kraecher a bocca asciutta. Una volta arrivato sul luogo del delitto però mise in fila una serie di maledizioni infinite che continuarono a profanare le orecchie degli altri quadri della casa fino a tarda notte e solo per del thé rovesciato.
Erano finiti nella vecchia stanza di Regulus Black, lei c’era già stata. In un altro tempo e spazio.
I movimenti erano frenetici, le bocche si esploravano staccandosi solo per pochi attimi e prendere fiato e poi riprendevano. In quegli istanti di tregua si occupavano di altre porzioni di pelle, accompagnate dalle mani, che altrettanto frenetiche procedevano al tenero assalto muovendosi come se sapessero già dove andare, come muoversi, come scatenare reazioni. Draco teneva una mano tra i suoi capelli, a volte li tirava leggermente facendole inarcare il collo,  una posizione favorevole alle sue labbra, che potevano così continuare indisturbate a mordicchiare e leccare quella parte di pelle chiara e sensibile.
Lo stesso faceva Hermione, che senza farsi sopraffare sapeva stabilire una certa tensione tra i loro corpi frementi, si appoggiava con tutto il corpo su di lui, infiltrando le mani sotto la maglietta e sulla schiena, percorrendone ogni centimetro che riuscisse a raggiungere.
Altrettanto freneticamente i vestiti caddero a terra.
Draco la sollevò e se la portò in braccio mentre si sdraiava sul letto con movimenti scattanti. I respiri erano affannati, le bocche arrossate, i corpi aggrovigliati in una morsa i cui effetti si sarebbero rivelati il giorno dopo, ma nessuno dei due voleva pensare alle conseguenze. 
I baci sul collo di Hermione erano una tortura a cui si sarebbe sottoposto fino a morire, e forse sarebbero bastati solo quelli a farlo precipitare nel baratro della pazzia. Avrebbe fatto volentieri compagnia a sua zia Bellatrix in quell’inferno di fuoco e Sanguepuro, se vi fosse stato spedito per mano di Hermione in persona.
Lei era la sua tortura e la sua appartenenza.
Il sangue non c’entrava. Non più.
Si persero e si ritrovarono l’uno dentro l’altro, diversi, uguali.
 
 
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Ho cambiato alcune cose riguardo alla casa di Grimmauld Place. In realtà è passata ad Harry come da testamento e non ai Malfoy.
 
  
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