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Autore: GeaRose Malfoy    02/05/2020    5 recensioni
"Rose Weasley aveva scelto una casa nel Barnes, un delizioso quartiere di Londra che l'aveva subito rapita.
Una zona residenziale con tantissimo verde che costeggiava il Tamigi, prediletta da tantissime famiglie con bambini. Le case caratteristiche e i diversi cottages erano piacevoli, discreti, assolutamente squisiti.
Essendo un quartiere benestante non mancavano negozi, ristoranti, pub e le strutture sportive e, soprattutto, le scuole erano di ottima qualità. Ed era tutto ciò di cui Rose aveva bisogno."
Rose Weasley ha ventisei anni, una pasticceria, una casa nella Londra babbana, un gatto di nome Spongebob, una macchina blu, settemila euro nel conto in banca e, la cosa più importante, una figlia. Ma chi è il padre?
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Guilt Feelings. 





“Ma dai, stai scherzando?!” Prorompe Dominique al telefono, mentre sento il rumore dei suoi tacchi frenetici.

“No, magari! Ha avuto il coraggio di presentarsi in pasticceria, reclamando a gran voce la sua paternità e mi ha lasciato una busta con diecimila dollari.”

“Che ne farai?”

“Ovviamente glieli restituirò. Non ho bisogno dei suoi soldi.” Gracchio innervosita, con la cornetta del telefono incastrata tra mento e spalla, mentre guarnisco bignè alla crema di pistacchio.

“Frena, frena, frena! Il tuo ex compare dal nulla e l'unica cosa che vuole fare è il padre e aiutarti economicamente con Mhina e tu lo cacci via in malo modo e rifiuti i suoi soldi? Rose, ma ti è andato di volta il cervello?”

“Ho fatto da madre e da padre per sette anni, quasi otto. Non ho bisogno di lui!”

“Lo sai che il tuo discorso non ha senso, vero? Sei tu ad essere scappata, mica lui!”

Taccio, punta sul vivo. Ha ragione, in fondo, io non gli ho nemmeno permesso di provarci. Avevo troppo paura del suo rifiuto, così prima di essere ferita, ho preferito ferire io.

Forse Domi ha ragione, eppure...eppure...Rose, sto per sposarmi.

Le sue parole mi rimbombano furiosamente nella testa.

Maledetto, maledetto lui, il suo tempismo e le sue buone intenzioni!

Abbasso lo sguardo sui bignè, inevitabilmente, orridi. Mai decorare dolci quando si è arrabbiati o agitati.

Respira, Rose, respira.

“Sei ancora in linea o posso ufficialmente andare a stilare il mio testamento? Se mi lasci quei diecimila dollari, posso darli in eredità a Ball, altrimenti ti resterà sulla coscienza e dovrai prendertene cura.” Mi riporta alla realtà la voce di mia cugina, mentre la immagino ad attorcigliarsi un riccio tra le dita nervosamente.

“Ma piantala, lasceresti diecimila dollari a un pesce?” Sbotto infastidita.

“E a chi dovrei lasciarli? Devo ricordarti che, attualmente, l'unica relazione stabile è quella che ho con il fattorino che mi recapita il sushi ogni venerdì sera?”

Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, perché malgrado mi scappa un sorrisetto.

“Proprio per questo, non credi sia il caso di pensare alla tua vita amorosa, piuttosto che alla mia?”

Sistemo i bignè con qualche pistacchio sopra, sperando di salvarli.

“Io sto benissimo! Single è un pensiero di vita.” La vedo: seduta con le gambe lisce e snelle accavallate, stretta in un tailleur cipria, mentre alza gli occhi blu al cielo, i ricci d'oro le crollano sulle spalle delicati ma selvaggi, si osserva le unghie annoiata e qualsiasi essere di sesso maschile e non cade miseramente ai suoi piedi.

“Si, sì, certo, single è meglio!” Imito la sua voce, deridendola.

“Per me lo è, tu non sei fatta per queste cose. Hai bisogno di stabilità, di qualcuno che ti ami e soprattutto, hai bisogno di un padre per Mhina.”

“Pensiero piuttosto maschilista.” Commento, arricciando il naso.

“Nah! - esclama, immediatamente – Non è questione di padre o non padre per Mhina. Quella bambina è un fiore! Sei tu che stai male, suvvia, lo sappiamo che ci starai male per tutta la vita! Lei lo supererà, tu no.” Usa un tono sbrigativo, ma serio.

Domi ha questo fastidiosissimo vizio di centrare perfettamente le ferite, riaprile e, se possibile, spolverarle di sale.

“Ho fatto del mio meglio.” Soffio piano, con le mani tremanti.

“Tesoro, lo so! Sei stata bravissima, sei bravissima! Ti fai in quattro per tutti tranne che per te, ma è arrivato il momento ci pensarci. Non costringerti all'infelicità.”

Mi prudono le mani, mentre sento un lieve magone salire dalla mia gola e infrangersi nell'aria in un singulto di dolore.

Maledetto bastardo.

“Sta per sposarsi!” Sputo fuori, finalmente, con le gote paonazze e liberandomi dell'ultimo peso che ho sul cuore.

Dalla cornetta posso solo ascoltare il respiro pacato di Dominique, in netto contrasto con il mio, agitato e incostante.

“Questa è un'altra questione, in effetti.” Celia, infine, dopo essere stata in silenzio vari secondi.

“Grazie, senza di te non l'avrei mai capito!”

“Ma tu...tu lo ami ancora?” La domanda, inaspettata, mi fa immobilizzare mentre preparo il necessario per la crema pasticcera.

Un uovo quasi mi scappa dalle dita instabili.

Respiro profondamente, chiudendo gli occhi.

“Non lo so, credo di amare il ricordo. Chissà quanto è cambiato in questi anni, sicuramente non è più lo stesso, come non lo sono io. La vita è andata avanti e... e sarebbe ora che lo facessero anche i miei..i miei sentimenti.” Deglutisco faticosamente, parlare di questo argomento mi costa un terribile sforzo, ma Domi è l'unica a sapere tutto di Scorpius, di come sia andata e che è il padre di Mhina.

Nemmeno i miei genitori hanno mai avuto la conferma di chi fosse.

Era ed è la mia migliore amica, sa dove ci siamo scambiati il nostro primo bacio, mi ha tenuto la mano durante il travaglio ed è la madrina di mia figlia.

“Facciamo così, domani sera sushi io, te e la piccola peste?”

Mi asciugo la lacrima che non sono riuscita a controllare e tiro su con il naso.

“Offri tu?” Propongo.

“Ehi, non sono io quella con diecimila dollari in tasca!”

“Allora cucinerò i-”

“NO! Offro io, domani da te alle 18, d'accordo?” Propone frettolosamente.

I dolci sono il mio forte, ma quanto a salato...

“Va bene!” Acconsento, alzando gli occhi al cielo fintamente offesa “Ma non sai che ti perdi!”

Ridacchio, felice di aver cambiato argomento. Sa sempre come tirarmi su di morale.

“Correrò il rischio di non assaggiare le tue delizie.”

“Mhina apprezza!” Cerco di difendermi.

“Per forza, è un angelo!”

“Ehi! Guarda che-” Ma mi interrompe prima che possa continuare

“Pausa pranzo finita, sta arrivando l'arpia, quella aspetta solo che mi si spezzi un'unghia per sbattermi fuori! Domani finiamo il discorso, eh! Ciao, ciao, ciao!” E chiude bruscamente la chiamata.

Fisso interdetta il telefono, travolta come al solito dell'uragano Domi.

Inaspettatamente, però, mi viene a ridere.

 

 

 

 

Accosto nel parcheggio della scuola di Mhina e trovo miracolosamente parcheggio vicino all'ingresso. Devo consegnare i soldi alla rappresentante di classe per la gita di Natale al paese dei balocchi, così scendo dall'auto e la trovo davanti al cancello con tutti i genitori intorno.

“Nancy, qui ci sono quelli per me e Mhina.” Le dico, porgendole la busta.

“Solo voi due, Rose?” Mi chiede, segnando qualcosa su un taccuino.

“Ehm, sì? - Domando spaesata – Chi altro dovrebbe venire?”

“Oh, perdona la mia maleducazione! Pensavo venisse anche il papà, ma magari lavora?” Incalza, curiosa. D'altronde, tutti se lo chiedono nella classe di mia figlia.

Non amo che le persone si impiccino nella mia vita privata, così stringo i denti in un sorriso sintetico.

Ma, poi, mi scorre davanti l'immagine del viso della mia piccolina che guarda malinconica i suoi amici mano nella mano con i loro genitori e sento una piccola stretta allo stomaco. Potrei invitare Al, lei ne sarebbe felicissima, non importa che non sia suo padre.

“Ripensandoci, in effetti, potrebbe liberarsi...” Soffio a disagio, estraendo il portafoglio e rimanendo di sasso quando noto che ho finito i contanti. La mano mi scatta alla tasca interna del cappotto , in cui custodisco gelosamente i soldi di Scorpius.

Andrò a prelevare domani e glieli restituirò.

Così, girandomi imbarazzata estraggo la busta e ne tiro fuori una banconota da cinquanta dollari, per poi porgergliela.

“Ecco, segna pure tre persone, per me.” Concludo, sentendomi un po' bene e un po' male. Non mi piace mentire.

“Perfetto, allora. Arrivo, Janette!” Urla, rivolgendosi ad un'altra mamma che le pone mille domande sullo svolgimento della gita.

In quell'istante la campanella trilla, decretando l'uscita dei bambini, che a piccole onde si catapultano all'uscita.

Ad un tratto, però, una mano mi si posa delicata ma decisa sulla spalla, facendomi voltare spaventata. Il respiro mi si blocca in gola, mentre una scossa elettrica mi percorre la schiena violentemente e le mia gambe si trasformano in cemento e gelatina insieme.

Due occhi profondi e limpidi si incastrano con i miei e, per un attimo, direi che il tempo si è bloccato.

“Rose.” Sussurra, fissandomi profondamente. “Scusa l'intrusione, Al mi ha detto dove si trova la scuola di Mhina, mentre mi parlava di lei. Non sapevo dove altro trovarti e nella tua pasticceria le tue commesse mi guardano come un bocconcino di pollo.” Si giustifica, grattandosi la nuca a disagio.

Sento la voce di Mhina che mi chiama dall'uscita e mi riscuoto immediatamente.

“Che cosa ci fai qua, razza d'idiota?!” Esclamo sconvolta. Non qui, non può essere qui.

“Lasciami spiegare, perfavore. E poi...” Ma non riesce a terminare la frase, perché la vocetta liquida e dolce di mia, nostra, figlia ci interrompe allegra.

“Mamma!” Urla, arpionandomi una gamba con le braccia.

Poi, come se si fosse accorta solo ora che non siamo sole, alza lo sguardo sull'imponente figura di Scorpius, che dall'alto del suo metro e novanta la fissa paralizzato.

“Ciao.” Sussurra, diventando d'un tratto rossa sulle guance e abbassando lo sguardo.

Non so cosa dire, non so cosa fare. Che le dico?

Scorpius, inaspettatamente, si abbassa, sedendosi sui talloni e le sorride lievemente, porgendole il palmo della mano aperto.

Sembra intimidita, ma ricambia il gesto, poggiando la sua manina sulla sua e, a quel punto, lui gliela bacia chiudendo gli occhi.

“Salve, principessa! Io sono Scorpius, un amico della mamma.” E per qualche secondo restano così, immobili e sembra quasi che lui stia assaporando il momento.

Mhina, se possibile, arrossisce ancora di più, incantata dai suoi occhi di giada e dal sorriso malandrino.

“Si, amore, lui è un mio amico, ma adesso è proprio l'ora di tornare a casa.” Trillo, sfoderando il sorriso più disinvolto e allegro del mio repertorio.

Lei sembra delusa, ma non ribatte, troppo intimidita.

“Ma veramente – ci blocca, rialzandosi e rivolgendosi a me – qui vicino c'è una gelateria, andiamo a prendere un gelato?”

“Si, mamma, si!” Esulta, immediatamente, la piccola peste.

“No! Voglio dire...abbiamo un sacco di cose da fare.” Mento.

Mhina mi strattona la manica, facendomi segno di avvicinarmi

“Perfavore, per domani non ho compiti.” Mi soffia nell'orecchio, guardandomi con i suoi occhietti di miele e congiungendo le mani in segno di preghiera.

“Ti prego.” Continua.

Sposto il mio sguardo, in difficoltà, su uno e sull'altro.

“Mezz'ora, Rose. Concedimelo.” La sua voce mi avvolge, mi inchioda, perché è...supplicante?

Il mio istinto mi dice di non farlo, se accettassi ci ricadrei inevitabilmente.

Eppure una piccola particina di me lo vuole, con tutta sé stessa.

“Mamma, farò la brava, promesso!” Insiste nuovamente la mia piccola.

“Oh – sbotto, vinta – e va bene! Ma piccolo!” Concedo, alzando gli occhi al cielo.

“Sì, sì, sì!” Esulta di nuovo Mhina.

Prendo per mano mia figlia e fisso Scorpius, che mi guarda con un cipiglio contento.

Mentre ci avviamo verso la gelateria, non posso fare a meno di notare due medesimi sorrisi, stessa inclinazione delle labbra, stessa fossetta che spunta, che si specchiano l'uno sull'altro, decretando un patto di complicità.

Dovrebbe preoccuparmi, eppure, senza che possa controllarlo, sento come se del miele tiepido mi avesse avvolto lo stomaco,

 

 

 

 

“Io prendo cioccolato e panna!” Si impone Mhina, in ginocchio su una sedia.

Alla fine abbiamo deciso di occupare un tavolino, un po' in disparte ma che si affaccia sulle vie londinesi.

“Avevamo detto una cosa piccola.” Le ricordo, leggendo il menù.

“Ma è piccolo.” S'impunta imbronciandosi testarda. Chissà perché, mi ricorda qualcuno.

“Io prendo una banana split.” Dice Scorpius, chiudendo il menù in un gesto secco. Non ci credo, il bastardo ha preso la sua cosa preferita.

“Mamma, anche io, ti prego!” Le si accende lo sguardo.

“Non se ne parla, poi non mangi a cena.”

“Prometto che mangio!” Ribatte, ostinata, gonfiando le guance paonazze.

“Ho detto di no.” Sentenzio.

Scorpius ci guarda ridacchiando e una strana luce gli illumina gli occhi.

“Possiamo fare a metà, se vuoi.” Propone.

Mhina, istintivamente, abbassa lo sguardo. Un attimo prima gli sorride radiosa e un attimo dopo non riesce nemmeno a guardalo in faccia. C'è qualcosa in lui che la mette evidentemente in imbarazzo.

“Dai, Rose, può mangiarla con me. Io sono un golosone, dovrai sbrigarti per mangiarne un po'.” Scherza, guardandola. Più la guarda e più percepisco una strana connessione tra di loro.

Mi sistemo meglio contro lo schienale, per poi fare un cenno di assenso.

“Se fai a metà con Scorpius...” Cedo, ancora una volta, infine.

C'è qualcosa che questa bambina non riesce a spillarmi?

“Allora, Mhina – Inizia lui, appoggiando i gomiti sul tavolo e sporgendosi verso di lei – quanti anni hai?”

“Sette, quasi otto.”

“Ma dai, sei grande allora!”

“E tu?” Ripropone a sua volta Mhina.

Scorpius sembra preso in contropiede, evidentemente non si aspettava che glielo chiedesse a sua volta.

“Io sono un vecchiaccio – le risponde, scrollando le spalle larghe e muscolose, fasciate in un maglione nero dallo scollo a V – ne ho ventotto.”

“Come la mamma!” Osserva

“Sì, sai, noi eravamo amici a scuola. Abbiamo la stessa età.”

“Andavi a scuola con la mamma? Quindi anche tu sei...” Sussurra, guardinga.

Per tutta risposta, Scorpius, prende un tovagliolo dal tavolo e ne strappa un lembo richiudendolo a pugno nella sua mano. Quando la riapre, si è trasformato in una piccola colomba di carta.

Mhina spalanca la bocca ammirata.

“Ma sei bravissimo! La mamma non usa mai la magia, a lei non piace!”

“Infatti non dovresti usarla con così tanta leggerezza.” Lo riprendo “Siamo fra babbani.”

“Non ci vede nessuno, non preoccuparti.” Si difende.

Nel frattempo, una cameriera si avvicina cordiale e si sofferma qualche secondo di troppo su Scorpius. Possibile che non ci sia posto in cui va senza che lascia l'amaro in bocca a qualcuno?

“Siete pronti per ordinare?” Estrae un taccuino dal grembiule.

“Per me una cioccolata calda e poi una banana split, con due cucchiaini, se possibile.” Ordino velocemente, sentendo il cocente desiderio che se ne vada e smetta di guardarlo come...come...come un bocconcino di pollo. Ha ragione! Lo guardano esattamente così.

“Arrivano subito!” E gira i tacchi, lasciandoci finalmente soli.

“Che lavoro fai tu? La mia mamma ha una pasticceria belliiisssima!” Si vanta Mhina, so che ama il mio lavoro e ogni tanto le piace gironzolare nella cucina per assaggiare e dirmi se c'è qualcosa che non va nei dolci.

“Io giocavo a Quidditch, sono stato via molto tempo a causa dei tornei. Ma ora l'ho lasciato e ho deciso di seguire le orme di mio padre.”

“Cioè?” Continua imperterrita, curiosa.

“Investimenti, roba da adulti noiosi.” Fa un gesto con la mano, come per scacciare l'argomento.

Arrivano le nostre ordinazioni e i due si fiondano sul loro piatto in comune e noto come Scorpius faccia piccoli cucchiaini per lasciarle i bocconi più succulenti e golosi.

Sorseggio la mia cioccolata vagamente a disagio, non vorrei entrassero troppo in confidenza.

“Ma perché hai deciso di smettere di giocare a Quidditch? Ho visto lo zio Al giocare con lo zio Hugo e sembra molto divertente! Io ho una scopa giocattolo, ma la mamma nemmeno quella mia fa usare!” Si imbroncia, con le labbra sporche di panna e granella.

“Questo perché la mamma è una fifona!” Mi prende in giro, strizzandole l'occhio.

“Questo è perché viviamo nel mondo babbano!” Mi difendo, dandogli un leggero pizzicotto sull'avambraccio.

Mhina ride di questo scambio, ma ancora una volta si rigetta nelle domande.

“Allora, perché hai smesso?”

Questa volta sembra averlo messo a disagio, resta in silenzio qualche secondo, increspando le labbra. Fa sempre così quando è nervoso, ma sa che non può rispondere male ad una bambina.

“Ecco, – si gratta la nuca, come se stesse scegliendo bene le parole – quando vuoi bene ad una persona, cerchi di fare le cose in modo che possa stare bene. Io voglio bene a una persona e lei si era stancata di accompagnarmi in giro per il mondo, così finito il campionato abbiamo deciso di tornare a casa.” La accontenta, prendendo un cucchiaino di gelato. La luce che ha avuto fino ad ora negli occhi sembra spegnersi lentamente.

“Lei è la tua fidanzata?”

No, no, ti prego, non fargli questa domanda.

“Tesoro, non essere troppo invadente.” La riprendo.

“Va tutto bene, Rose. Sì, lo è, diciamo.” Sorride in modo tirato.

“E vi volete tanto bene? Come vi siete conosciuti?”

Lo fisso di sottecchi, sotto le ciglia, quasi per fargli capire che bramo la sua risposta come niente al mondo.

La mia bocca, però, è più veloce del mio volere.

“Adesso basta, Mhina. Non fare più queste domande, non devi essere troppo curiosa con chi non conosci.”

Le mie parole hanno un effetto tagliente su Scorpius, che si irrigidisce sulla sedia, quasi come lo avessi pugnalato alla schiena. Loro non si conoscono. Ed è suo padre.

Qualcosa mi fa tremare le mani.

Mhina ha spazzolato tutto il gelato, così le chiedo di andare in bagno a lavarsi le mani.

Non dobbiamo più rivederci, o qualcuno finirà inevitabilmente ferito.

“Torno subito, aspettatemi qui!” Batte le mani appiccicose di panna e residui di gelato sciolto.

Se non voglio più rivederlo, gli devo restituire ora i soldi, così appena Mhina si chiude la porta alle spalle sotto i nostri sguardi vigili, tiro fuori la busta imbarazzata.

Lui mi osserva in modo strano, quasi...deluso?

“Ecco, non mi servono. Mancano cinquanta dollari, scusami ma avevo finito i contanti e mi servivano per una gita di Mhina. Appena vedrò Al glieli restituirò e te li farò dare.” Spingo la busta verso la sua direzione, con decisione.

Lui la prende tra le mani, rigirandola e osservandola.

“Hai pagato una gita a Mhina, con questi soldi?”

“Sì, ma come ti ho detto...”

“Ti prego, non restituirmeli.” La sua voce trema ed aspira profondamente, sfregandosi il volto con le mani. Il suo umore è completamente cambiato e adesso sembra stanco.

Mi sono focalizzata solo sui dettagli piacenti, solo ora noto le occhiaie scure, le unghie mangiucchiate- cosa che non ha mai fatto – e i capelli in disordine, come se ci passasse le mani costantemente.

Istintivamente, una delle mie mani scatta sulla sua, abbandonata sul tavolo. Il contatto è così intenso che mi bruciano le dita e una scossa elettrica mi attraversa il braccio.

La sua mano è grande, ruvida, calda...famigliare.

“Mi dispiace.” Riesco solo a sussurrare, mentre lui mi fissa sbigottito. Neanche io mi sarei mai sognata di toccarlo di mia spontanea volontà, ma per tutto il tempo mi sono soffermata su cosa lui suscitasse in me e non in lui veramente.

Lo guardo e non vedo il ragazzo che ho amato, stavolta, ci vedo il mio migliore amico.

D'un tratto abbiamo diciannove anni, la sua mascella non è così pronunciata, i suoi occhi non sono velati di dolore e il suo sorriso è tutto per me.

Avevamo fatto sesso da una settimana e ancora non riuscivamo a parlarci.

Solo dopo un mese saremmo riusciti a chiarire e a metterci insieme. Prima di essere il mio fidanzato era stato il mio migliore amico. Non c'è stato momento in cui non mi abbia fatta ridere o abbracciata fra le lenzuola, per riscaldarmi nei momenti di paura. E ora, con questa barba di due giorni e gli occhi tristi, come se questa mezzora con noi fosse stata acqua fresca, mi sento il cuore stretto in una morsa di sensi di colpa.

Che cos'ha fatto in questi otto anni? Come si è innamorato di lei? Quando si sposeranno?

La notte in cui sono scappata era tornato a casa per un week end, gli ho lasciato una lettera in cui gli dicevo una marea di stronzate. Che non lo amavo più, che non ero più felice di questa vita e che forse non lo ero mai stata. E che era colpa sua.

Invece scappavo con il cuore in mano e una bambina in grembo.

Pensavo che non avrebbe mai avuto tempo per noi, che la carriera l'avrebbe prosciugato di ogni sua energia e non era la vita che volevo. Egoisticamente mi ero convinta di fargli un favore, di avergli tolto un peso.

Gli devo qualcosa. Qualcosa che gli ho tolto con le mie mani e che, forse, non meritava. Forse le cose sarebbero andate diversamente. Poteva presentarsi da me irato e vomitarmi addosso l'ingiustizia che ho commesso. Poteva fregarsene di noi e andare via come se non esistessimo.

Invece è qui, con la mascella contratta e il capo rigido, come se stesse lottando per non affogare.

É venuto qui, a mangiare un gelato in un angolo della Londra babbana, per vederla.

“Se vuoi, ogni tanto la puoi vedere.” Soffio, così piano che quasi non riesco a sentirmi io.

Lui mi sorride amaro, abbassando lievemente lo sguardo e mettendo la busta con i soldi nel suo cappotto.

“È...è...stupenda. Grazie” Mormora.

Restiamo a fissarci, finché una mano spunta e picchietta sul braccio di Scorpius.

“Allora, andiamo? Ho fatto anche la pipì, visto che c'ero!”

Lei guarda Scorpius stranita, come percependo il suo umore.

“Brava, signorina! Ma adesso si sta facendo tardi, ed è ora di tornare a casa.” Annuncio.

“Si, concordo, sta facendo buio.” Sorride Scorpius a sua volta, indossando di nuovo la maschera di ragazzo gioviale e allegro.

Insiste per pagare con un “Non posso lasciar pagare una principessa!” Rifacendole l'occhiolino.

Torniamo nel parcheggio della scuola e Mhina, arrossendo, lo saluta timidamente con una mano. Non ha il coraggio di toccarlo ancora.

La osservo salire in macchina frettolosamente, dopo che lui le ha sorriso radioso, e uno strano impulso mi fa vibrare il cervello.

È una pazzia, ma sento che è giusto.

Gli porgo un foglietto su cui ho scarabocchiato velocemente con una penna.

“Castlenau LN, 618.” Legge stranito.

“O Martedì o Giovedì, dalle 16:30 in poi siamo a casa.” Gli spiego, stringendomi nel cappotto per proteggermi dal freddo e sbuffo, fingendomi scocciata.

Quando realizza, un sorriso radioso gli illumina il volto e per un attimo il peso sulle sue spalle sembra alleggerirsi.

“Ci vediamo, allora.” Gli dico, salendo in macchina senza aspettare una risposta, a disagio.

“Mamma?”

“Mh?”

“Il tuo amico Scorpius è così...bello.” Ammette.

Povero amore, anche lei nella rete. Però, forse, lei ne ha il diritto.

“Ti piace davvero?”

“Si, è anche simpatico. Ma strano.”

“Strano?”

“Sì, sembra...un po' triste.”

La osservo e resto stupita dal suo spirito d'osservazione.

“Già...” Rispondo, accendendo la radio e lasciando cadere la conversazione.

Metto in moto e partiamo, sotto lo sguardo vigile di Scorpius, che ancora ci osserva stringendo tra indice e medio il foglietto.

Chissà perché, tra la nebbia e il buio calante, mi è sembrato di scorgere una lacrima.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

 

Non credevo sarebbe successo e, invece, eccomi qua.

É passato tanto – trooooppo – tempo da quando avevo iniziato questa storia e tante cose sono cambiate.

Mi scuso in anticipo per alcune incongruenze, ma sono passati quattro anni e ho ricreato un po' la trama ripartendo dalla basi. Un esempio è che negli scorsi capitoli Mhina non conosce la magia, mentre qui si. Appena avrò tempo revisionerò i capitoli e sistemerò tutto. Mi rendo conto che ci siano parecchi errori e tanto da revisionare.

Al momento abbiamo una bella gatta da pelare su questi due, chissà cos'è successo a Scorpius e perché si comporta in questo modo.

Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate.

Un grazie immenso a chi in tutto questo tempo mi ha scritto per chiedermi di riprendere in mano questa storia e provare a finirla.

 

Gea

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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